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Questa legge, formulata nel 1856 e contenuta di una sua
intitolata: “Le fontane pubbliche della città di Digione”, getta le basi
pubblicazione
scientifiche quantitative della permeabilità dei fluidi per gli utilizzi nei campi più
dalla geofisica (filtrazione dell’acqua, idrocarburi e gas nel sottosuolo)
disparati:
all’ingegneria (isolamento l’agricoltura (sistemi di drenaggio e
termico) passando per
irrigazione, stoccaggio del grano) e tanti altri. [1]
Con il termine mezzo poroso si intende un materiale costituito da una matrice solida
con strutture interne vuote saturate da un fluido (liquido o gas). Queste piccole cavità
occupano una frazione misurabile del suo volume e possono essere di due tipi: quelle
grandi, chiamate pori e gole, che contribuiscono al flusso di massa del fluido; quelle
piccole, paragonabili alla dimensione delle molecole, che non hanno un impatto sul
flusso anche se possono partecipare ad altri fenomeni di trasporto come la diffusione.
Le complessità, relative alla struttura microscopica dei pori, vengono di solito
trascurate ricorrendo a proprietà fisiche macroscopiche per descrivere e
caratterizzare il mezzo poroso. Alcuni esempi di queste proprietà sono: la porosità e
la permeabilità. [2] 4
1.1 Porosità
La porosità è il rapporto tra il volume occupato dal fluido negli spazi vuoti (in altre
parole il volume degli spazi interstiziali) e il volume complessivo del materiale
(comprendente anche gli spazi vuoti). La indichiamo con
(1.1)
= < ,
Essendo un rapporto tra due volumi tali che la porosità è una grandezza
che assume valori inferiori all’unità.
adimensionale
significa che non c’è la presenza di pori (materiale impermeabile al fluido),
= 0
Se = 1
se allora non è presente il materiale solido (il fluido può muoversi liberamente
= 0.5
nello spazio), mentre se allora si è in presenza di una regione in cui metà
volume è occupato dal solido e l’altra metà è occupata dal fluido.
La porosità definita in questo modo è denominata in genere porosità totale. Tuttavia,
non tutti i pori sono idraulicamente interconnessi tra loro: per questo motivo, nelle
applicazioni pratiche, si è soliti distinguere tra porosità totale, cui contribuisce il
volume di tutti i pori, e porosità effettiva (o utile), cui contribuisce solo il volume dei
pori interconnessi.
Si riportano qui di seguito alcuni valori di riferimento della porosità per diversi
materiali: Fibra di vetro 0.88 ÷ 0.93
Mattone 0.12 ÷ 0.34
Sabbia 0.37 ÷ 0.50
Carbone 0.02 ÷ 0.12
Pelle 0.56 ÷ 0.59
Tabella 1: valori di porosità di alcuni materiali
5
1.2 Permeabilità
La permeabilità rappresenta l’attitudine di un mezzo a lasciarsi attraversare da un
fluido ed è una caratteristica del mezzo poroso indipendente dal fluido impiegato.
.
Essa è strettamente correlata alla legge di Darcy dove compare con il simbolo
La permeabilità ha le dimensioni di una lunghezza al quadrato e dunque la sua radice
quadrata definisce una scala tipica della dimensione lineare effettiva dei pori nota
come lunghezza di Brinkman (1.2)
= √
Il valore della permeabilità varia enormemente a seconda del materiale considerato,
−3 2 −15 2
10 cm 10 cm
passando da circa per le buone ghiaie a per le rocce granitiche.
[3]
La maggior parte dei mezzi porosi, naturali e sintetici, hanno un elemento di
disomogeneità in quanto la struttura del mezzo poroso è tipicamente molto
complessa con un consistente grado di casualità.
Tuttavia, finché la scala e la grandezza di queste variazioni hanno un impatto
trascurabile sulle proprietà macroscopiche in discussione, il mezzo può ancora essere
trattato come omogeneo.
Il moto dei fluidi nei mezzi porosi riflette la forte irregolarità geometrica di questi
ultimi, per questo motivo è caratterizzato da velocità generalmente modeste che
presentano molteplici e brusche variazioni di sezione.
Queste ultime fanno sì che la dinamica dei fluidi nei mezzi porosi sia caratterizzata
dalla composizione di due meccanismi fondamentali: la pressione idrostatica, che
spinge il fluido attraverso il mezzo, ed i processi dissipativi innescati dalle
irregolarità del mezzo, che si oppongono alla penetrazione del fluido nel mezzo
stesso. [3]
Come si evince la descrizione matematica del flusso nei mezzi porosi è
estremamente complessa e comporta numerose approssimazioni.
Finora, non è stata sviluppata nessuna soluzione analitica di meccanica dei fluidi
al flusso attraverso mezzi porosi. 6
Pertanto, per studiare questo tema, sono state sviluppate altre metodologie: le
principali sono l'approccio continuo, l'approccio del fascio di canali e il modello su
scala-porosa.
1.3 Fluidi non newtoniani
I fluidi possono essere classificati, per esempio, in base o alla risposta ad una
variazione di pressione o ad una forza di taglio.
Se si considera la pressione come variabile di controllo si definiscono fluidi
comprimibili e fluidi incomprimibili.
Tuttavia, l’effetto della pressione non è rilevante tanto quanto lo sforzo di taglio. Per
questo motivo ci si riferisce prevalentemente allo sforzo di taglio per classificare i
fluidi; in questo modo si distingue tra fluidi newtoniani e fluidi non newtoniani.
Un fluido newtoniano è un fluido che segue la legge fondamentale di viscosità
proposta da Isaac Newton = ̇ (1.3)
τ (shear stress)
nella quale si evince una diretta proporzionalità tra lo sforzo di taglio
̇
e la velocità di deformazione (shear rate). La viscosità [Pa s] è indipendente dalla
velocità di trasformazione sebbene potrebbe essere influenzata da altri parametri
fisici come temperatura e pressione.
Se si volesse graficare il comportamento di un fluido newtoniano si noterebbe che la
per l’origine e ha un’inclinazione, cioè una viscosità,
sua curva caratteristica passa
costante per qualsiasi valore di velocità.
Alcuni esempi dei più comuni fluidi newtoniani sono l’acqua e l’olio di oliva.
Tutti quei fluidi che mostrano una deviazione dal comportamento sopra descritto
sono definiti fluidi non newtoniani.
In genere la viscosità di tali fluidi varia col variare della velocità. Se ne individuano
tre classi:
fluidi tempo-indipendenti: sono quei fluidi per i quali la velocità di
deformazione in ogni punto dipende esclusivamente dalla sollecitazione
istantanea in quel punto; 7
fluidi tempo-dipendenti: sono quei fluidi in cui la velocità di deformazione
dipende sia dalla durata che dall’intensità della sollecitazione;
fluidi viscoelastici: sono tutte quelle sostanze che mostrano un parziale
recupero elastico in seguito alla rimozione di una sollecitazione deformante.
In realtà questa suddivisione non è così netta: ci sono infatti sostanze che esibiscono
una combinazione delle proprietà sopraelencate e vengono definiti come fluidi
complessi.
In letteratura è stato proposto un gran numero di modelli reologici per cercare di
classificare tutti i tipi di fluidi non newtoniani sotto diverse condizioni di flusso.
Tuttavia la maggior parte di questi modelli sono di natura fondamentalmente
empirica.
Qui di seguito verrà effettuata una breve descrizione di ciascuna delle tre categorie
sopra elencate. Alla descrizione dei fluidi tempo-indipendenti (oggetto di
numerica) verrà affiancato il modello
approfondimento dell’analisi che, nei vari casi,
meglio descrive il comportamento dei fluidi in questione.
1.3.1 Fluidi tempo-indipendenti
Questa classe di fluidi, a sua volta, si suddivide in tre sottocategorie:
fluidi pseudoplastici (shear-thinning): fluidi caratterizzati da una viscosità
apparente che diminuisce con l’aumentare della velocità di taglio. Alcune
sostanze comuni che rientrano in questa categoria sono ad esempio gli
inchiostri da stampa, i polimeri in soluzione, il sangue;
fluidi viscoplastici: si deve superare un valore di soglia minimo prima che
tutto il fluido venga messo in moto o possa essere deformato. Una volta in
movimento si può avere un comportamento lineare (fluidi plastici di
Bingham) o non lineare (fluidi Yeld-plastici). Alcuni esempi sono il
dentifricio, la maionese, le gelatine;
fluidi dilatanti (shear-thickening): questa tipologia di fluidi è simile a quella
dei fluidi peseudoplastici con la differenza che la loro viscosità apparente
aumenta all’aumentare della velocità di taglio. Rientrano in questa categoria,
per esempio, la sabbia bagnata e le sospensioni di amido.
8
I più importanti modelli che descrivono il comportamento dei fluidi tempo-
indipendenti sono:
Modello di Ostwald de Waele o Legge di potenza (Power Law)
Questo modello impone che: −1
= ̇ (1.31)
dove viene definito come fattore di consistenza ed come indice di
comportamento del flusso. Entrambi sono numeri empirici e per lo più si trovano
tabulati per le diverse sostanze e condizioni operative.
A seconda dei valori assunti da possiamo distinguere:
< 1:
se comportamento pseudoplastico
= 1:
se comportamento newtoniano
> 1:
se comportamento dilatante
Quando ci si discosta dalla legge di potenza, cioè a bassi e alti valori di shear rate si
deve cambiare modello e tenere conto dei valori limite delle viscosità e .
∞
Modello di Carreau
Questo modello descrive gli andamenti di nelle zone in cui il modello di fluidi con
legge di Potenza non riesce a fare. −
0 ∞
= +
∞ (1.32)
1−
2
(1 (̇ ) )
+ 2
(< 1)
dove e sono coefficienti che adattano la curva. Viene riprodotto il
= = 1 = 0
modello newtoniano quando e o o entrambi.
0
Modello di Ellis
Quando il discostamento dal modello di Potenza è significativo a bassi valori di
shear rate si può usare questo modello.
0
= −1
(1.33)
1 + ( )
1/2
(> 1)
dove e sono due parametri.
1/2 9
1.3.2 Fluidi Tempo-dipendenti
I fluidi tempo-indipendenti non hanno memoria delle sollecitazioni alle quali sono
stati sottoposti dunque, una volta cessata l’azione del