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COLPO DI STATO: UNA DITTATURA IN LOTTA CON SE STESSA
La dittatura tenta la via della “normalizzazione”: concessa l’amnistia ai
4.1- detenuti politici, compreso Panagulis, e un referendum.
Anche se il già citato ammutinamento del Velos non ebbe conseguenze decisive
dal punto di vista del controllo delle forze armate da parte del regime, lanciò un
segnale molto forte circa l’affidabilità delle stesse. Dopo 6 anni di proteste e
repressione, l’opposizione al regime non poteva più essere apertamente ignorata e
fisicamente liquidata. Gli stessi colonnelli cominciarono a subire pressioni interne
ed esterne affinché mettessero in moto un processo di “democratizzazione”. La
Giunta si giocò quindi le sue ultime carte e nel giungo 1973 Papadopoulos abolì la
monarchia in Grecia e proclamò la Repubblica, eleggendosi unico candidato alla
Presidenza e indicendo un referendum per il luglio successivo. La risposta
dell’opposizione era molto difficile, poiché non poteva proporre candidati, mentre
le autorità avevano l’uso esclusivo dei mass media e della stampa e avevano
pubblici da parte dell’opposizione. Anche la
proibito comizi carica di vice-
presidente vedeva un candidato unico: il generale Anghelis Avroff, capo delle
forze armate. Il referendum si svolse il 29 luglio e dal carcere di Boyati trapelò la
“NO” col proprio sangue sulla parete della cella in
notizia che Panagulis scrisse
segno di voto. Il 31 luglio, il Ministero dell’Interno annunciò che più di tre quarti
della popolazione (78,4%) si era espressa a favore della Repubblica.
del ’68 (peraltro mai
Papadopoulos si affrettò ad integrare la Costituzione
pienamente attuata) e a promettere elezioni per l’anno successivo. Il 19 agosto,
spinto anche dalle pressioni internazionali, Papadopoulos annunciò a sorpresa, in
l’amnistia
occasione del suo primo indirizzo alla nazione in qualità di presidente,
generale ai prigionieri politici e la grazia a Panagulis. Grazia non chiesta e non
voluta. Nella già citata intervista, così Alekos spiega la sua reazione:
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Tesi di laurea triennale di Samantha Falciatori, Università della Tuscia
“Quando lo seppi non provai nessuna gioia. Mi dissi: se ha deciso che gli
conviene liberare anche me, significa che il suo disegno è più ambizioso; significa
che conta davvero di legalizzare la Giunta nell’ambito della Costituzione.
Entrando nella cella, il comandante del carcere m’aveva annunciato «Panagulis,
hai ottenuto la grazia». Gli risposi: «Che grazia? Io non ho chiesto la grazia a
nessuno. Vi accorgerete presto che mettermi dentro è facile ma tirarmi fuori è
1
difficile”.
La procedura che accompagnava la scarcerazione prevedeva una vera e propria
e Alekos non perse l’occasione
cerimonia con il procurator generale e le autorità,
per ridicolizzare il tutto:
“Verso mezzogiorno, arriva il procuratore Nicolodimus per la cerimonia e mi
fanno uscire per condurmi dinanzi ai quartieri del comandante dove sono tutti in
piedi. Io vedo una sedia e, immediatamente, mi accomodo. Smarrimento,
sorpresa, e: «Panagulis! In piedi!» ordina Nicolodimus. «E perché?» gli rispondo
«perché devi leggere un foglio che chiami decreto presidenziale ma per me è
soltanto il foglio di un colonnello?... No, non mi alzo.» E rimango seduto. Gli altri
in piedi, sugli attenti, e io seduto. Non avrei lasciato quella sedia nemmeno se mi
avessero fatto a pezzi. Hanno dovuto celebrare la cerimonia mentre me ne stavo
così, con le gambe accavallate. Non ho mai smesso di provocarli. Quando il
tenente colonnello è venuto a prendermi, verso le due del pomeriggio, ho
provocato anche lui. «Panagulis, sei libero. Prendi le tue cose.» «Io non prendo
nulla. Prendile te. Non l’ho chiesto io di uscire. [..] [Uscire] non è stato nemmeno
bello. È stato come accecare. Erano tanti anni che non uscivo da quella tomba di
cemento, che non vedevo lo spazio e il sole. M’ero dimenticato com’è fatto il sole
e lo spazio. La mia cella era lunga un metro e mezzo per tre, camminando potevo
1
solo due passi e mezzo. Al massimo tre.”
fare
Comunque, il 21 agosto 1973 Alekos era finalmente libero. Furono circa 300 i
1 O. Fallaci, Intervista con la storia, cit., p. 624-625
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Tesi di laurea triennale di Samantha Falciatori, Università della Tuscia
detenuti politici liberati con l’amnistia, compresi una sessantina di ufficiali. Anche
il fratello di Panagulis, Stathis, fu scarcerato, solo però per essere costretto a
cominciare il servizio militare, il che segnò l’iniziò di altri gravi soprusi che
culminarono con il confino nel campo di concentramento di Yaros.
si era anche arricchita la costituzione del ’68 con nuovi articoli
Con il referendum,
che però segnavano un cambiamento democratico solo sulla carta, dal momento
che la legge marziale e le leggi speciali rimanevano in vigore. Questi
provvedimenti, dalle false sembianze democratiche, avevano lo scopo di
legittimare la dittatura, ingannare le opinioni pubbliche e i Governi dei Paesi
democratici e consolidare i rapporti con gli Stati Uniti senza imbarazzarli con
un’alleanza, agli occhi del mondo, con una dittatura militare. Infatti, secondo la
Costituzione, il presidente era il solo responsabile di politica estera, difesa e
ordine pubblico e il bilancio della difesa non era controllato né dal Governo né dal
parlamento, bensì esclusivamente dal capo delle forze armate (ossia il
vicepresidente Averoff).
Esilio e resistenza all’estero: incontro con Oriana Fallaci e
4.2- inizio di un intenso rapporto con l’Italia.
Pochi giorni dopo la scarcerazione, nel settembre 1973, Panagulis concesse la più
volte citata intervista alla giornalista Oriana Fallaci, destinata a divenire sua
compagna di vita. Da quella intervista emerge, oltre alla drammatica
testimonianza del giovane democratico e alle motivazioni che ne determinarono le
appena riconquistata. L’amnistia fu un
azioni, anche la precarietà della libertà
provvedimento frutto di una oculata scelta politica, ma Panagulis, divenuto
simbolo della resistenza al regime dei colonnelli, rimaneva un elemento
estremamente pericoloso per la Giunta, anche alla luce delle primissime
dichiarazioni che egli rilasciò alla stampa appena scarcerato, in cui ribadiva la sua
lotta al regime e affermava di non essere pentito delle sue azioni. Dopo varie
Panagulis fu costretto a lasciare la Grecia alla volta dell’Italia,
minacce, dove
di organizzare dall’esterno una resistenza al regime. Furono tre politici
sperava
italiani a riceverlo e ad ascoltarlo: Ferruccio Parri, che aveva guidato la Resistenza
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Tesi di laurea triennale di Samantha Falciatori, Università della Tuscia
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nell’Italia del nord, Sandro Pertini , allora presidente della Camera dei Deputati, e
Pietro Nenni. Se i primi due si mostrarono disposti a sostenere Panagulis nel suo
progetto di resistenza armata, il terzo si espresse in maniera molto più cauta.
Nenni comprendeva che, date le circostanze, la lotta armata non era possibile e
che gesti isolati ed eclatanti non erano sufficienti ad abbattere un regime
apparentemente solido come la Giunta. Ma la testardaggine e la determinazione
del giovane Panagulis lo spinsero ad andare avanti nei suoi propositi anche da
solo. Scelse l’Italia, che egli considerava la sua seconda patria, come base politica
e geografica della sua lotta e da qui partiva per i suoi viaggi in Francia, in
Germania, in Svezia, ed anche in patria, dove rientrò clandestinamente varie volte
per cercare sostegno alla sua lotta, mai rintracciato dalla polizia militare, anzi,
sfidando Joannidis con spavalderia quasi suicida, inviando una volta persino una
Ad Atene aveva ricostituito l’organizzazione
cartolina con un saluto beffardo.
Resistenza Ellenica e il gruppo Laos. Con questo gruppo effettuava le azioni più
pericolose, attento però a non spargere sangue di innocenti: nessuna bomba fece
mai una vittima. In Europa, invece, agiva attraverso gli emigrati, i partiti
democratici, la stampa, la radio, la televisione e i rapporti coi partiti socialisti, cui
era legato. Soltanto negli Stati Uniti non riuscì a entrare a causa dell’annullamento
del suo passaporto al consolato americano. Solo dopo che Panagulis ebbe riempito
tutti i moduli necessari e che il funzionario americano ebbe apposto il timbro sul
passaporto, il viceconsole comprese chi aveva davanti e a quel punto sequestrò il
3 . Annunciò d’aver commesso un errore e che non poteva concedere il
passaporto
visto senza l’autorizzazione del greco. L’unico modo per riaverlo indietro
governo
era cancellare il timbro, corrompendo inevitabilmente il passaporto. Così fu fatto,
compromettendo la validità del documento e la possibilità per Panagulis di
rientrare in Grecia, in un momento in cui la situazione a Atene stava precipitando.
2 cfr intervista a Sandro Pertini in G.Ferrara, Panagulis zei , cit., p.191e O. Fallaci, Un uomo,
Rizzoli Editore, Milano, luglio 1979, p. 645 e foto in Appendice
3 in “L’Europeo”,
Si rimanda alla provocante lettera di denuncia di O. Fallaci, Lettera a Kissinger,
Il Dipartimento Americano giustificò il rifiuto a causa della “turpitudine
22/11/1973, pp. 30-31.
morale” di Panagulis, in quanto condannato a morte da un tribunale militare per un attentato contro
il Capo dello Stato (in realtà, la condanna a morte fu emanata per diserzione e tentata sovversione
dello Stato, non per l’attentato, per cui la condanna fu di 15 anni di carcere).
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4.3- Processo di democratizzazione: Papadopoulos sempre più isolato, gli Stati
Uniti prevedono un altro golpe.
I provvedimenti decisi da Papadopoulos (referendum, amnistia, annuncio di
prossime elezioni) avevano suscitato inquietudini non solo tra le forze armate, ma
anche tra i suoi alleati d’oltreoceano. Dai documenti e dalle corrispondenze del
Dipartimento di Stato americano dell’estate 1973 emerge che gli Stati Uniti
cominciarono già allora a dubitare della tenuta del regime greco. In una nota del
Bureau of Intelligence and Research datata 1 agosto 1973 si legge:
“Over the long run, however, Papadopoulos is not likely to preserve his current
dominance. He will confront serious problems in coping with skyrocketing
inflation, discontented students, and, perhaps most important, growing
disaffection within the military which was badly shaken by the de