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∆E
in energia ( ) tra le due componenti del doppietto è proporzionale alla
j ξ
costante di accoppiamento spin-orbita , che dipende dal numero atomico
nl −3 |n,
< n, l|r l >
Z e dal valore dell'elemento di matrice , in cui r è il raggio
n l
dell'orbitale coinvolto. La separazione quindi, per ed costanti, cresce
l n
con il numero atomico Z, e decresce al crescere di per ssato. Questo
fenomeno si riscontra nello spettro di Fig 1.2: si osservano infatti le coppie
8
di picchi per i livelli 3p e 3d dell'argento, e in accordo con quanto detto la
separazione dei picchi del livello 3p è maggiore di quella dei picchi del 3d.
L'intensità relativa delle componenti di ciascun livello è data dal rapporto
2j + 1
tra le rispettive degenerazioni ( ).
L'intensità relativa di un generico picco corrispondente ad un livello di
core può essere espressa come I = kN σ λ (1.2)
i i i i
N σ
dove è la concentrazione atomica dell'elemento, è la sezione d'urto di
i i
λ
fotoemissione atomica, è il libero cammino medio del fotoelettrone nel
i
k
campione e tiene conto di tutti i fattori legati all'apparato sperimentale,
supposti costanti durante l'esperimento. Il fattore che maggiormente in-
σ
uenza l'intensità è la sezione d'urto , che dipende dal numero atomico, dai
n l j
numeri quantici , , e dalla prossimità dell'energia del fotone alla soglia di
fotoemissione [22, 23].
∆
La larghezza E dei picchi, denita come la larghezza a metà altezza (Full
Width at Half Maximum, FWHM), deriva da diversi contributi. In prima
approssimazione, assumendo per tutti i contributi una forma gaussiana, si
∆
può esprimere E come 2 2 2 1/2
∆E = (∆E + ∆E + ∆E ) (1.3)
n p a
∆E ∆E
in cui è la larghezza naturale della riga, è la larghezza della riga
n p
∆E
nella sorgente e è la risoluzione dell'analizzatore, tutte espresse in termi-
a
∆E
ni di FWHM. è costante per tutti i picchi e la si può rendere trascurabile
a
∆E
rispetto a ; quest'ultima, grazie ad un monocromatore, può essere ridot-
p
ta a circa 0.27 eV. In queste condizioni le righe spettrali abbastanza strette,
3d
come quella dell'argento metallico, possono raggiungere una FWHM di
5/2 ∆E
circa 0.45 eV, per cui, come si ricava dalla Eq. (1.3), assume un valore
n
di circa 0.36 eV. Ricordando che per il principio di indeterminazione vale
h
∆E = (1.4)
n τ
τ
si può ricavare il valore di , che denisce il tempo di sopravvivenza dello
3d
stato in cui è presente una lacuna nel core, che nel caso dell'argento è
5/2
−4
10
dell'ordine di s.
1.1.2 Serie Auger
Le lacune lasciate dai fotoelettroni nei livelli di core sono sempre riempite da
elettroni più esterni, che decadendo rilasciano una determinata quantità di
9
energia (pari alla dierenza di energia tra il livello da cui l'elettrone decade e
quello della buca) che può essere riassorbita dall'atomo, causando l'emissione
di un altro elettrone dai livelli più esterni. Questo eetto è detto eetto
Auger, e l'energia dell'elettrone uscente, detto elettrone Auger, è espressa da
∗
− −
E = E E E (1.5)
k A B C
E E
in cui è la BE del livello fotoionizzato (A), la BE del livello (B) da
A B ∗
E
cui un elettrone decade per riempire la lacuna e la BE del livello (C)
C
da cui viene emesso l'elettrone Auger (* indica che il livello C in presenza
E
della buca nel livello B non ha la stessa energia cinetica che avrebbe nella
C
congurazione di ground state), come rappresentato in Fig. 1.3.
Illustrazione dell'eetto Auger nella serie : un atomo fotoioniz-
KL L
Figura 1.3: 2 3
zato con una buca nel livello riempie la lacuna con un'elettrone del livello e
K L
1 2
l'assorbimento dell'energia così liberata causa l'emissione di un elettrone dal livello
.
L
3 .
I picchi delle serie Auger possono sovrapporsi ai picchi di fotoemissione in
maniera tale da impedirne la distinzione; la separazione dei picchi in questo
caso si ottiene variando l'energia di eccitazione dei raggi X. Infatti, come si
osserva in Eq. (1.5), l'energia cinetica di un elettrone Auger non dipende
dall'energia dei fotoni, diversamente da quella di un fotoelettrone; viceversa,
se si rappresenta lo spettro in funzione dell'energia di legame i picchi dei
fotoelettroni si trovano nella stessa posizione per qualsiasi energia di ecci-
tazione, mentre i picchi Auger si spostano a seconda dell'energia dei raggi
X. 10
Per denominare gli elettroni Auger si utilizza un tipo di nomenclatura
dierente da quella introdotta precedentemente. In questo caso si consid-
erano non gli stati in cui sono presenti gli elettroni ma quelli in cui sono
presenti le lacune. Queste tendono a spostarsi verso livelli più esterni, an-
dando ad occupare il posto degli elettroni che decadono nei livelli interni,
in modo da raggiungere la congurazione più stabile possibile. I valori di
n 1, 2, 3, 4 sono deniti rispettivamente con le lettere maiuscole K, L, M,
j
N, mentre si utilizza un pedice numerico crescente con il valore di per
K
tenere conto dei momenti angolari (si avranno per cui i livelli corrispon-
1
1s L L L 2s 2p 2p
dente a , corrispondenti a , , , ecc.). Il fenomeno
1 2 3 1/2 3/2 →
K L
è descritto in termini di transizione della buca: transizione per il
1 2
1s 2p
passaggio della lacuna dal livello al , corrispondente al decadimento
1/2
→ →
2p 1s K L
dell'elettrone che va a riempire la lacuna, transizione 1 3
1/2 →
2p 1s
corrispondente al decadimento dell'elettrone. La nomenclatura
3/2 KL L
per l'elettrone Auger è allora del tipo , in cui si riportano il livello
2 3
occupato inizialmente dalla lacuna, quello su cui la lacuna si sposta in segui-
to al decadimento di un elettrone, e il livello dell'elettrone che viene emesso
KL L
per eetto Auger, in cui si crea una ulteriore lacuna. Di tipo è ad
2 3
esempio l'elettrone Auger di Fig. 1.3; questo elettrone appartiene alla serie
KLL
Auger , ovvero alla serie degli elettroni che possono essere emessi da un
n = 2 n = 2
livello a causa del decadimento di un altro elettrone di livello sul
n = 1
livello . La nomenclatura per le serie che coinvolgono livelli più esterni
è analoga. Quando le transizioni delle buche (e le corrispondenti transizioni
elettroniche) rispettano le regole di delezione, il fenomeno Auger è in concor-
renza col fenomeno di rilascio energetico tramite processo radiativo, preferito
al primo negli elementi con alto numero atomico Z. Anche in questo caso il
processo è descritto con una nomenclatura specica; ad esempio le linee di
→ →
K L K L
emissione associate alle transizioni citate in precedenza ( , )
1 2 1 3
Kα Kα
sono indicate rispettivamente come linea e linea .
2 1
In esperimenti di spettroscopia fotoelettronica a raggi X sono state osser-
vate alcune principali serie Auger: la serie KLL, la serie LMM e quella MNN,
presente anche nello spettro di Fig. 1.2.
1.1.3 Livelli di valenza
I livelli di valenza sono quelli occupati da elettroni con bassa BE (tra 0 e
15 eV circa) che sono coinvolti negli orbitali delocalizzati o di legame. Lo
spettro in questa regione consiste in diversi livelli energetici molto vicini tra
loro, che producono una struttura a bande, detta banda di valenza. Con-
duttori e isolanti si comportano in modo dierente; nel caso degli isolanti la
11
banda di valenza, che è occupata dagli elettroni, è separata dalla banda di
E
conduzione, vuota, e l'energia di Fermi ( ) cade nell'intervallo di energie
F
proibite (gap) compreso tra le due bande. Nei conduttori, invece, si ha un'u-
nica banda attraversata dall'energia di Fermi, che si trova in questo caso in
corrispondenza dell'ultimo stato occupato. L'energia dei raggi X è piuttosto
lontana dalla soglia di fotoemissione della banda di valenza, che si trova nel-
l'UV, dunque la sezione d'urto ne risente, diminuendo rispetto a quella dei
livelli profondi. Bisogna poi considerare il fatto che la fotoemissione di elet-
troni dai livelli più interni causata dai raggi X modica anche l'assetto della
banda di valenza. Per questi motivi l'uso di XPS non è molto diuso nel-
lo studio della banda di valenza, per cui è più indicata l'UPS (Ultra-Violet
Photoelectron Spectroscopy).
1.2 Analisi degli spettri K
Usando come energia di eccitazione la radiazione del magnesio o dell'al-
α
luminio nello spettro prodotto si ottiene almeno un livello di core per ogni
elemento della tavola periodica (esclusi l'idrogeno in cui l'elettrone 1s è sem-
pre coinvolto in un legame e l'elio in cui la sezione d'urto è molto piccola). Le
posizioni dei picchi sulla scala della BE [24] sono sucientemente ben denite
da permettere l'identicazione degli elementi; ci sono solo poche sovrappo-
sizioni problematiche, in particolare quelle che coinvolgono gli elementi della
seconda riga (che hanno solo il livello di core 1s).
L'analisi di uno spettro XPS può essere quantitativa: l'intensità dei picchi
I (ovvero la loro area) è direttamente proporzionale (sotto condizioni sper-
n
imentali ssate) alla densità nel campione dell'elemento dal quale derivano.
C
Nel caso di un solido omogeneo, la concentrazione atomica relativa ( ) di
A
un qualsiasi elemento A si ottiene tramite
I
A
S
A (1.6)
C =
A I
P n
n S
n
C
in cui è espressa in percentuale atomica (su tutti gli elementi determinati
A S
escluso l'idrogeno), e dove i fattori di sensibilità possono essere calcolati
n
dai principi primi o tramite spettri di sistemi di stechiometria nota conte-
nenti l'elemento in esame. Il parametro che maggiormente pesa sul fattore
di sensibilità è la sezione d'urto. Il limite di rivelazione per gli elementi con
sezioni d'urto più bassa è tipicamente una concentrazione atomica dello 1%.
12
1.2.1 Fondo
La determinazione e la conseguente rimozione del fondo riveste grande im-
portanza nell'analisi di uno spettro. Le metodologie in generale pi&ugrav