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Estratto del documento

S

dicare la monocromaticità del fascio è il cosiddetto speed ratio , pari al

rapporto tra la velocità media e la larghezza della distribuzione, che è di

S

tipo maxwelliano. In particolare si può dimostrare che è proporzionale ad

M : perciò migliore è l'ecienza dell'espansione supersonica maggiore sarà la

monocromaticità del fascio.

2.2.1 Fasci molecolari supersonici inseminati

La monocromaticità di cui sopra si può attribuire principalmente alla zona

centrale del fascio, attorno all'asse; si tratta di una proprietà molto interes-

sante poichè consente di evitare collisioni e quindi ulteriori aggregazioni tra

le molecole in questa zona del fascio. Nelle zone più esterne invece la velocità

radiale è maggiore. Conseguentemente le particelle che si trovano nella re-

gione centrale mantengono durante l'espansione traiettorie quasi immutate,

mentre quelle che si trovano nelle regione più periferiche divergono maggior-

mente. Tale comportamento può essere vantaggiosamente sfruttato nei fasci

supersonici inseminati.

Se l'espansione interessa una miscela di gas bisogna infatti sostituire

alla capacità termica ed alla massa le corrispondenti medie pesate. Allo-

ra ciascuna specie presente nel fascio sarà caratterizzata da una dierente

energia: m

i

∼ T

E (2.5)

i 0

m

m

dove è la massa delle particelle dell'i-esima specie componente la misce-

i

m

la, ed è la media pesata delle masse. Conseguentemente, nell'espansione

una specie pesante viene accelerata dalla sua diluizione in una specie leg-

gera oppure una specie leggera viene decelerata se diluita in un gas pesante.

Questo eetto prende il nome di accelerazione aerodinamica ed il processo di

diluizione viene spesso chiamato inseminazione.

A causa di questo eetto se durante l'espansione sono presenti dei cluster

con masse superiori a quella media dei costituenti del fascio verranno ac-

celerati, mentre quelli con masse inferiori verranno decelerati. Inoltre bisogna

considerare che la risposta delle particelle alla forza radiale che causa la

divergenza è funzione della dimensione.

Sintesi di materiali nanostrutturati 25

La conseguenza di questi fenomeni è l'eettiva separazione delle particelle

di dimensioni dierenti. Questa separazione può essere anata e controllata

con un ulteriore sistema di focalizzazione aerodinamica.

2.2.2 Focalizzazione aerodinamica

La focalizzazione aerodinamica dei FMS ha due scopi fondamentali:

• concentrare una parte del fascio in un angolo solido molto piccolo, per

poter ottenere alti tassi di deposizione;

• controllare e selezionare in massa la distribuzione dei clusters che po-

polano la parte di fascio focalizzata.

Il dispositivo utilizzato in questo lavoro di tesi si basa sulla teoria della

focalizzazione aerodinamica elaborata e discussa da Liu [39], ed è descritto in

dettaglio in [40]. Esso consiste in una serie di lenti aerodinamiche, ovvero

dischi sottili con un foro centrale di diametro opportuno inseriti in maniera

equidistanziata all'interno di un cilindro cavo. Questo oggetto è chiamato

focalizzatore, ed è posto all'uscita del nozzle della sorgente, nella camera di

espansione.

Esso sfrutta principalmente due fenomeni:

• quando le particelle di un fascio attraversano un nozzle in una parete

sottile, esse divergono dopo aver attraversato il loro punto focale, la cui

posizione dipende dalla dimensione delle particelle;

• le particelle che si trovano vicino all'asse del fascio quando vengono

accelerate attraverso il nozzle sono sottoposte a forze radiali la cui

somma è nulla. Questo signica che le particelle che a monte del noz-

zle si trovano vicino all'asse del fascio all'attraversamento del nozzle

verranno accelerate solo nella direzione assiale.

Scegliendo accuratamente la distanza tra le lenti si riesce quindi a se-

lezionare un range di masse che le particelle devono avere per essere focaliz-

zate lungo l'asse del fascio. Le particelle con masse (e dimensioni) maggiori

non riescono a seguire il usso del gas e si depositano sulle pareti del fo-

calizzatore, mentre quelle con masse (e dimensioni) minori sono fortemente

accoppiate al gas e seguendone le linee di usso all'uscita dal focalizzatore

si trovano a divergere lateralmente (vedi Fig. 2.6). Il parametro utilizzato

per individuare a quale categoria appartiene una particella è il numero di

Sintesi di materiali nanostrutturati 26

Figura 2.5: Simulazione delle traiettorie di particelle di 15 nm all'interno del usso

del gas in un focalizzatore a 5 stadi aerodinamici [41].

Stokes (St), che dipende dalla massa delle particelle, dalle condizioni di pres-

sione e dalla geometria del sistema, ed esprime l'accoppiamento tra il gas e

le particelle.

Figura 2.6: Principio alla base del processo di selezione aerodinamica e

focalizzazione. St indica il numero di Stokes.

Poichè la sorgente PMCS è caratterizzata da una distribuzione di masse,

le masse che vengono focalizzate sono la convoluzione tra questa distribuzione

e la distribuzione delle masse che il dispositivo focalizza. Entrambe le dis-

tribuzioni dipendono strettamente dalle condizioni di pressione interne alla

sorgente. Variando i parametri di operazione della sorgente (pressione, tem-

po di apertura della valvola, durata dell'impulso elettrico) e variando gli

elementi aerodinamici si può dunque selezionare un intervallo di masse da

depositare.

Sintesi di materiali nanostrutturati 27

La distribuzione dell'intensità del fascio uscente è di tipo gaussiano, e

al centro si trovano le masse maggiori tra quelle selezionate mentre sui lati

quelle minori. In questo modo a seconda delle esigenze si può decidere di

intercettare solo una parte del fascio, riducendo ulteriormente la distribuzione

di masse che vanno a comporre il lm. Per ottenere un lm uniforme è

suciente eettuare un rastering su tutta l'area da ricoprire.

Oltre alla selezione delle masse, per poter controllare le proprietà del lm

è necessario che durante la fase di deposizione sul substrato le proprietà strut-

turali dei cluster non vengano alterate. Che la struttura del lm assemblato

da clusters conservi memoria della struttura dei precursori dipende da vari

fattori, tra cui il tipo e la temperatura del substrato. Simulazioni di dinamica

molecolare ([42], [43]) hanno però mostrato come il ruolo più importante sia

ricoperto dall'energia cinetica dei cluster.

Figura 2.7: Simulazione di dinamica molecolare dell'impatto di cluster metallici

di Mo su Mo(001) con energie di 0,1 eV (a,d), 1 eV (b,e) e 10 eV (c,f ) [43].

Possono essere in generale distinti tre regimi energetici di deposizione,

schematizzati in Fig. 2.7:

• deposizioni a bassa energia (0-1 eV/atomo): i cluster non danneggiano

la supercie del substrato e la loro morfologia e struttura non si mod-

icano. In questo modo si ottiene un lm poroso di densità inferiore

Sintesi di materiali nanostrutturati 28

alla metà di quella dello stesso materiale bulk. Le dimensioni dei grani

di cui è costituito il lm sono determinate dalle dimensioni dei cluster

che si depositano, e dai fenomeni di coalescenza che avvengono a causa

della loro reattività (Fig. 2.7 a,d).

• deposizioni a media energia (1-10 eV/atomo): i cluster intaccano debol-

mente la supercie e sebbene non vengano signicativamente modicati

la loro morfologia e la loro struttura cambiano. Il lm così ottenuto ha

densità maggiore della metà di quella del materiale bulk (Fig. 2.7 b,e).

• deposizioni ad alta energia (>10 eV/atomo): i cluster vengono comple-

tamente distrutti e la supercie viene danneggiata no a profondità di

svariati strati atomici. Si ottiene così un lm con densità prossima a

quella del bulk (Fig. 2.7 c,f ).

Gli intervalli energetici sopra riportati sono indicativi, ma in generale il

parametro fondamentale che permette di distinguere tra deposizione ad alta

e bassa energia è il rapporto R tra l'energia cinetica per atomo (E) e l'energia

di coesione degli atomi del cluster ( ). Se R 1 l'energia cinetica è insu-

ciente per danneggiare gli aggregati e quindi si è in regime di deposizione a

bassa energia, se R 1 invece si è in un regime ad alta energia. La sorgente

PMCS combinata con un apparato di deposizione mediante fascio superso-

nico permette di lavorare nella condizione R 1, per cui i lm sintetizzati

conservano memoria dei precursori.

Dalla trattazione eettuata emerge dunque come l'utilizzo delle sorgente

PMCS accoppiata con la deposizione mediante fascio supersonico presen-

ti diversi vantaggi. Si possono controllare le masse dei cluster variando

la pressione (più eventualmente altri parametri) nella sorgente e variando

gli elementi aerodinamici. All'interno del FMS infatti, come descritto nel-

la sezione precedente, non avvengono ulteriori aggregazioni tra le particelle

prodotte nella sorgente. Inoltre si può lavorare in regime di deposizione a

bassa energia, ottenendo così lm che conservano memoria dei precursori e

la cui morfologia può essere controllata.

Grazie all'utilizzo dei FMS e della focalizzazione aerodinamica si pos-

sono avere alti tassi di deposizione e contemporaneamente alta risoluzione

laterale. Questo permette di assemblare le particelle in micro-patterns me-

diante l'uso di maschere poste tra il fascio e il substrato [30]. In tal modo

è possibile evitare i trattamenti tipici del micro-patterning dell'industria dei

semiconduttori che possono avere eetti dannosi sulla struttura dei cluster.

Sintesi di materiali nanostrutturati 29

Inoltre questo procedimento è del tutto compatibile con la tecnologia di tipo

planare.

2.3 Apparato sperimentale

Figura 2.8: Una prima fotograa dell'apparato per la deposizione di materi-

ali nanostrutturati utilizzato, in cui si può osservare la sequenza di camere per

l'espansione supersonica.

L'apparato di deposizione utilizzato presso il Laboratorio Getti Molecolari

(LGM) è costituito da due camere da alto vuoto pompate individualmente

e separate da un collimatore (skimmer) che permette di ottenere un vuoto

Sintesi di materiali nanostrutturati 30

Figura 2.9: Una seconda fotograa dell'apparato per la deposizione utilizzato, in

cui si può osservare in primo piano il rack di controllo della sorgente.

dierenziato. La sorgente viene ssata sulla prima camera, detta camera di

espansione, come schematizzato in Fig. 2.3; la seconda camera è chiamata

camera di deposizione. Una valvola a gate interposta tra le camere

Dettagli
Publisher
A.A. 2010-2011
62 pagine
1 download
SSD Scienze fisiche FIS/01 Fisica sperimentale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher martaferri di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fisica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Milani Paolo.