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PARTE SECONDA: L’OPERA
Capitolo 3 - SEN TO CHIHIRO NO KAMIKAKUSHI: LA TRAMA
La complessità dell’intreccio richiede un’analisi dettagliata della trama, scena per scena. Un breve
riassunto non riuscirebbe a dare una visione completa e precisa dei rapporti tra i personaggi e dello
svolgersi degli eventi, e certo non renderebbe giustizia alla profondità della sceneggiatura. Mi sono
quindi attenuta alla divisione in scene della versione italiana in DVD, mantenendone anche i titoli,
inserendo inoltre qualche breve riflessione preliminare riguardo i contenuti.
Scena prima: Inizio film
La prima inquadratura del film è
un’esplosione di rosa: un mazzo di fiori
con un bigliettino che recita all’incirca
“Chihiro, abbi cura di te, speriamo di
rivederti presto!”, mentre nella versione
italiana una vocina infantile recita
sommessamente “Addio Chihiro, mi
mancherai”. La bambina di dieci anni che
stringe il mazzo di fiori rosa se ne sta sdraiata sul sedile posteriore di un’Audi stracarica di borse e
pacchetti, tra briciole di snack e un petalo ormai appassito, con un’aria apatica e stanca, gli occhi
appena socchiusi. Il padre a la madre sembrano invece contenti e dalla loro conversazione capiamo
che la famiglia sta traslocando: “Oggi è un gran giorno per noi: cambiare casa è un’avventura!” dice la
mamma. Passandoci davanti, invitano Chihiro a guardare la sua nuova scuola: lei si alza con fatica per
guardare dal finestrino, e per tutta risposta all’entusiasmo dei genitori - non vista - fa una debole
linguaccia all’edificio, che noi vediamo solo tramite il riflesso del finestrino dell’auto. Dopo un po’ di
lamentele, Chihiro si rimette buona sul sedile. Durante una panoramica del verde paesino verso il
quale la famiglia si sta dirigendo, appare il titolo del film, che è stato mantenuto in caratteri giapponesi.
La macchina passa quindi dalla strada asfaltata ad un sentiero sterrato, all’imbocco del quale c’è
1
un grosso albero contorto al quale è appoggiato un torii . L’auto si ferma per qualche secondo, i
1 Torii: la costruzione di pali di legno incrociati e spesso dipinti che segna l’ingresso dei santuari shintoisti. Simbolicamente
rappresenta il confine tra il mondo degli uomini e quello dei kami (vedi la nota n. 2 di p. 34). Nel Giappone antico i torii
erano usati comunemente come ingressi, ma nel corso del tempo questo uso si è limitato ai santuari, ai mausolei imperiali ed
a qualche tomba. Occasionalmente si incontra qualche torii ai piedi di alberi molto grandi, rocce particolari o anche pozzi e
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genitori stanno infatti cercando di capire se hanno preso la strada sbagliata, e Chihiro è l’unica a notare
che tra il muschio e le foglie sotto il grande albero ci sono delle “casette” di legno: chiede alla mamma
cosa siano e lei risponde “Altari abitati da piccoli spiriti. Così credono alcuni…” con espressione
neutra. La strada sterrata si addentra nel bosco, e la macchina comincia a sobbalzare: il padre, cocciuto,
spinge ancor più sull’acceleratore; durante la corsa Chihiro nota, stupita, una statua di pietra in mezzo
agli alberi, raffigurante una sorta di nano che sorride. La macchina si ferma con una brusca frenata
davanti all’ingresso di quello che sembrerebbe un palazzo antico di pietra dipinta di rosso, che si rivela
invece essere una costruzione posticcia: il padre, curioso, scende dalla macchina e decide di entrare,
contro il parere della moglie che teme di arrivare in ritardo rispetto al camion dei traslochi. Chihiro
guarda con terrore la statua bifronte, del tutto simile a quella che ha visto tra la vegetazione, davanti
alla quale la loro auto si è fermata; non vuole assolutamente mettere piede dentro il tunnel d’ingresso
dell’edificio, e comincia a piagnucolare e a piantare i piedi. Quando però vede che i suoi si
allontanano, corre ad aggrapparsi al braccio della mamma, e li segue con espressione tra l’offeso e il
terrorizzato. Il lungo tunnel sbuca in una stanza molto ampia che potrebbe essere la sala d’attesa di una
stazione ferroviaria abbandonata. All’esterno, una distesa di prati verdissimi, con qualche casetta
dall’aspetto abbandonato quanto l’edificio rosso, e strane pietre tondeggianti simili a quelle di prima,
dalle svariate e fantasiose forme, sparse in mezzo all’erba.
Scena seconda: Il parco dei divertimenti
Il padre è convinto che si tratti di un
parco a tema, chiuso in seguito alla
grande depressione degli anni ’90.
Chihiro vorrebbe tornare indietro ma i
suoi genitori proseguono attirati dalla
curiosità e da un buon profumo di cibo.
Attraversano un torrentello e salgono dei
gradoni di pietra, alla cui sommità
troneggia una statua a forma di rana: si addentrano quindi in una sorta di paesino, con casette dalle
facciate posticce, da parco giochi appunto, dipinte in colori sgargianti ma dall’intonaco ormai un po’
scrostato. Da una parte all’altra della strada sono appese file di lanterne colorate, e altre statue a forma
di animaletti ornano le vie piene di ristoranti. Il tutto sembrerebbe in completo abbandono, se non
fosse per un tipico ristorante all’aperto, che dietro le tradizionali tendine di stoffa rossa espone una
quantità di pietanze dall’aspetto un po’ insolito ma appetitoso, calde e fumanti. I due adulti, anche se
cascate: si tratta in ogni caso di indicare che il luogo ha qualcosa di sacro. Spesso infatti un elemento naturale particolarmente
suggestivo, antico o singolare veniva considerato abitazione o manifestazione della divinità.
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non vedono nessun cuoco, si servono e cominciano letteralmente ad ingozzarsi: già il loro inghiottire
enormi pezzi di cibo comincia ad essere inquietante e ci preannuncia che qualcosa di strano sta per
succedere.
Chihiro intanto si allontana, girovagando tra le stradine del “villaggio”, e nota subito l’edificio
principale: un imponente palazzo a più piani, anche questo dipinto di rosso, che si erge ad una
estremità del paesino, subito dopo un grande ponte in stile giapponese. In questa scena vediamo
dipinto più volte il carattere abura [油] (olio, grasso) dal nome dell’edificio, Aburaya [油屋] (lett.
Casa dell’Olio, in realtà un semplice nome proprio che ai giapponesi ricorda le terme). Dalla calda
acqua che sgorga a lato dell’edificio capiamo infatti che si tratta di bagni pubblici: l’edificio è uno
yuya [湯屋], un tipico stabilimento termale nipponico. Chihiro si dirige verso di esso e si affaccia dal
ponte: sotto lo strapiombo, nessun fiume, ma da una galleria appare un treno. Mentre le ombre si
allungano a vista d’occhio, portandoci verso il crepuscolo, Chihiro vede un ragazzino che sembra
essersi improvvisamente materializzato accanto a lei. La sorprende per il vestito, quello di un giovane
nobile del medioevo giapponese, e la pettinatura certo non moderna. Lui è allarmato e sorpreso quanto
lei, e subito l’avverte di fuggire; voltandosi poi verso lo yuya opera un incantesimo per facilitarne la
fuga. La bambina non si fa pregare, e scappa sulle sue gambette secche: la sera sta calando con una
velocità impressionante, le luci si accendono nei negozi e nei locali, ed inquietanti ombre nere
compaiono ovunque. Chihiro riesce a ritrovare il ristorante dove erano i suoi, che non hanno ancora
smesso di ingozzarsi e si sono trasformati, con orrore della bambina, in grossi maiali: i vestiti stanno
per lacerarsi addosso ai loro corpi gonfi. Chihiro scappa presa dal panico, e non sembra volersi
rassegnare all’idea che quelli siano proprio i suoi genitori, infatti continua a chiamare “Mamma! Papà!
Dove siete?”. Intorno a lei, la strada e gli edifici si popolano di questi strani spettri; ne vediamo anche
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uno che, da dietro il bancone di un ristorante, fa il gesto del manekineko di invitare i clienti ad entrare.
La bambina corre disperata fino alla scalinata di ingresso del villaggio, fa per attraversare il
torrente di prima ma finisce dentro l’acqua alta: il fiumiciattolo si è trasformato in un lago enorme e
invalicabile, ed alla lontanissima sponda opposta, vediamo l’edificio che sembrava una stazione
ferroviaria tutto illuminato; da lì è partito un traghetto, anch’esso pieno di luci che splendono
sull’acqua nera, che si avvicina alla scalinata. Chihiro sta cercando di convincersi che è solo un brutto
sogno, e continua a mugolare “Sparisci!”, ma per una sorta di logica rovesciata, è invece lei che sta
svanendo: alcune parti del suo corpo stanno diventando trasparenti. Intanto assiste, a pochi passi, allo
sbarco degli strani e inquietanti passeggeri del traghetto: si tratta di maschere dotate di ombra che
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fluttuano dalle cabine verso la passerella, e “riacquistano” il corpo toccando terra . Sembrano dei
2 “Gatto che invita”: oggettino che in Giappone si trova praticamente nella vetrina di ogni negozio, in varie forme, alcune
snodate nelle quali una zampa anteriore si alza e si abbassa ritmicamente. Si pensa porti fortuna al negozio, attirando molti
clienti all’interno.
3 Secondo il sito www.nausicaa.net si chiamerebbero Kasugasama, cioè “signori di Kasuga”, perché le loro maschere
sarebbero le stesse utilizzate al famoso santuario della città di Kasuga per una danza tradizionale chiamata ama.
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nobili antichi, con mantelli rossi e strani copricapi, tutti uguali, e passano accanto a Chihiro senza
notarne la presenza, che tra l’altro si sta facendo sempre più evanescente. Mentre lei si allontana,
scappando su una collinetta, vediamo scendere dal traghetto altri stravaganti - e a volte buffi -
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personaggi che poi vedremo dentro le terme: tra gli altri, il placido e gentile Spirito del Ravanello .
Chihiro, che si è nascosta dietro una casetta, è salvata dal giovane mago che aveva incontrato sul
ponte: lui la trova e le offre una piccola bacca rossa (“un cibo di questo mondo”, dice) da mangiare
assolutamente, altrimenti scomparirà. E in effetti lei fa il gesto di scostarsi da lui ma le sue braccia,
omai inconsistenti, lo attraversano. Ingoiata la “pillola”, in una scena molto delicata il giovane le
porge il palmo della mano per controllare di stare meglio, e le piccole dita di lei stavolta riescono a
toccarlo. Chihiro chiede dei suoi genitori ma non ottiene la risposta sperata. Lui poi la protegge col
suo corpo dalla vista di un orrendo uccello con la faccia di una vecchietta (che ci diventerà molto
familiare) che volteggia nel cielo per cercare l’intrusa, e quando la via è libera scioglie l’incantesimo
che le ha bloccato le gambe al suolo. I due fuggono a velocità impressionante, certamente merito della
magia del ragazzo, attraversando buie stradine late