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Costretta a lottare contro censure e pregiudizi, conseguenze di un passato che discriminava il sesso
femminile, escludendolo da ogni di forma di partecipazione sociale e collettiva. Questa esclusione ha
determinato comportamenti sociali di subordinazione all’uomo che si riflettono anche nelle abitudini
linguistiche letterarie. È possibile riscontrare questa subordinazione perfino nei dizionari della lingua
italiana. Nel Novissimo dizionario della lingua italiana di Fernando Palazzi del 1939, il termine donna
è definito come femmina dell’uomo. Nel dizionario Garzanti della lingua italiana del 1965, donna è
definito come essere umano dotato di sesso femminile andando così oltre il limite prima citato.
Le donne che scrivono rompendo così il silenzio pubblico dominante per secoli, e quelle che iniziano
ad affermarsi pubblicamente come autrici, si trovano a compiere una trasgressione profonda.
Perciò ogni donna che matura la propria consapevolezza e riesce a darle struttura, non parla solo per sé,
ma parla per tutte le donne. Le donne autrici, per riuscire ad esprimere il loro mondo sono riuscite
creare un vero e proprio linguaggio femminile adattando, il linguaggio tradizionale, alle proprie
esigenze attraverso l’esaltazione delle parole: dotate di un sentimentalismo tipicamente femminile
caricato di espressività. La natura biologica della donna legata al dono della maternità, le permette di
incentrare le proprie esperienze sul corpo. La donna scrittrice prova quindi ad esprimere sensazioni
fisiche legando la scrittura al corpo. La corrispondenza tra il dentro e fuori, tra emozioni ed apparenza
come per esempio l’arrossire.
Figure chiave di questo studio sono le emblematiche scrittrici: Mary Wollstonecraft e Virginia Woolf.
Condurranno vite totalmente diverse ma entrambe impegnate nella scrittura dei problemi concernenti la
condizione della donna in rapporto alla vita, al sociale e al sapere.
Mary Wollstonecraft, donna dal passato e della vita turbolenta, orfana di madre e con un padre incapace
di mantenere la famiglia si ritrovò ben presto a doversi prendere cura dei suoi fratelli e sorelle. Fu
proprio per esigenze prettamente economiche che iniziò a scrivere. Diviene famosa grazie alla presa di
parola pubblica. La sua fu una vita travagliata, dura, irregolare e a volte perfino insensata. Diversi sono
gli episodi legati alla sua vita amorosa che testimoniano la realtà complessa in cui viveva. Per esempio
il suo innamoramento nei confronti di un affascinante americano di passaggio, Imlay, che la sedusse
senza troppa fatica. Due anni dopo aver scritto i diritti delle donne, dopo un’inelegante gravidanza,
illegittima e solitaria, dette alla luce Fanny e il padre si volatilizzò. Dopo averlo perseguitato per mesi,
si rassegnò alla solitudine e alla irrazionalità della sua vita di donna libera. Convinta che un marito è
parte utile del mobilio di una casa, sposò il filosofo William Godwin. La sua vita era stata un
esperimento fin dall’inizio, un tentativo di far sì che le convenzioni umane aderissero meglio ai bisogni
umani. Stava per avere un bambino, ebbe una levatrice e non un medico per il parto. Ma morì dandolo
alla luce a 36 anni. La sua morte assumerà un aspetto esemplare, la storia ci narra diede alla luce Mary
Shelley, colei che diede vita al genere gotico, scrivendo un’opera grandiosa Frankenstein, che diverrà
un colossal della letteratura inglese.
Virginia Woolf, invece, non fu orfana di madre ed i suoi genitori appartenevano alla sottoclasse
dell’alta borghesia. Il suo periodo giovanile all’insegna della felicità e spensieratezza viene
bruscamente interrotto dalla morte della madre. Un evento che segna l’inizio di una lunga e incurabile
depressione. Una condizione che non abbandonerà mai e che la condurrà al termine tragico della sua
esistenza: l’annegamento nel fiume Ouse. Alla crescente depressione e perdita di controllo delle proprie
facoltà razionali, Virginia si opponeva immergendosi fino allo svenimento nel processo di scrittura.
Virginia scelse di vivere una vita in qualche modo disincarnata, separata dal suo corpo di donna. Solo
così, al riparo dai movimenti e dei ritmi del corpo femminile, si sentiva sicura e capace di creare.
Nonostante questo suo vivere la sessualità in maniera del tutto differente, divenendo androgina nella
sua visione unica del binomio donna/uomo; decise di sposarsi per pura affinità intellettuale con
Leonhard Woolf. Il loro fu un matrimonio di menti fedeli, in cui fu consentito anche di rifiutare la
sessualità. Con lui non mise al mondo dei figli ma dei libri. Il centro emotivo che ispira e dà forma alla
sua narrativa è proprio quell’elemento femminile dal quale, con tanto accanimento, ha sempre cercato di
sfuggire e di rimuovere dalla propria vita. Il tratto che caratterizzante di Virginia è la visione diversa
del femminile, che pone l’accento della questione piuttosto che sull’uguaglianza tra gli uomini e le
donne, sulla loro diversità. Scrisse opere che saranno determinanti per il risveglio della coscienza
femminile, tra queste “A Room of One’s Own”, definita come la Bibbia di ogni aspirante scrittrice.
Nel 1792 la Francia è in piena Rivoluzione quando la scrittrice inglese Mary Wollstonecraft, con “A
vendication of the rights of women”, un quaderno sulla rivendicazione dei diritti femminili, diede
origine al movimento femminista. Partendo dal presupposto che le donne si collocassero o fossero state
collocate in una posizione subordinata rispetto agli uomini, il femminismo in tutte le sue sfaccettature
cercava di chiarire e di affrontare le ragioni e le condizioni che avevano portato a questa
subordinazione. Come una delle tendenze più importanti della sociologia del XX secolo, lo studio di
genere ha portato un nuovo paradigma femminista ed ha aperto nuovi argomenti di ricerca, in
particolare la connessione tra sesso, razza e classe sociale. Dagli studi effettuati durante l’osservazione
dell’interazione sociale è emerso che tutta l’interazione sociale è sessuata ed è quindi guidata dallo
stato sociale di appartenenza e dal relativo comportamento individuale, dettato dai ruoli e dalle
posizioni. Nel momento in cui lo stato e i ruoli dell’uomo e della donna diventano ruoli stereotipati,
emergono il sessismo e la discriminazione. Con il termine sex si intende la componente biologica di un
uomo o di una donna maschio/femmina, mentre con il termine gender si fa riferimento alla componente
sociale psicologica, uomo-donna, quindi componente appresa, non innata. Le femministe americane
introdussero l’uso del termine gender per affiancare alla storia delle donne la storia di genere come
categoria analitica per scrivere una nuova storia.
Le due fasi del femminismo, dalla fine dell’Ottocento ai primi decenni del Novecento, e gli anni 60/70
del Novecento, sono importanti per le scritture femminili perché segnano il passaggio da forme di
coscienza soggettive ad una coscienza collettiva e politica della propria condizione. In questo contesto
di coscienza, nasce il romanzo borghese italiano. L’amore è una delle tematiche primarie ma
l’elemento che accomuna i testi femminili è la tendenza ad una letteratura socialmente impegnata.
Le donne scrittrici possono dedicarsi a generi particolari di scrittura tra cui raccolte di lettere,
epistolari, diari e autobiografie, concepiti sulla logica del frammento, prive apparentemente di unità
complessiva e per questo considerate maggiormente scorrevoli e praticabili. Il loro tratto distintivo, è
quello del privato, dell’intimità. Il romanzo d’amore, il romanzo rosa, l’autobiografia, ma l’idea di
scrittura privata, trova la sua massima forma di espressione nel diario. Il diario è la culla emotiva in cui
il silenzio femminile trova posto, il luogo in cui ci si riappropria di un’identità repressa dal mondo
esterno.
È possibile suddividere le donne scrittrici italiane del Novecento in due generazioni.
La prima generazione è costituita da donne tra cui Elsa Morante, Lalla Romano, Sibilla Aleramo, nate
e cresciute in un periodo di grande chiusura sociale, politica e culturale. Ognuna di loro ha dovuto
costruire in un clima di grande isolamento, la propria presenza intellettuale e il proprio mestiere di
scrittore. Il romanzo cardine dell’emancipazione femminile è Una donna di Sibilla Aleramo: «...scritto
nel 1901, è la storia di una presa di coscienza femminile che si attua attraverso un travagliato rifiuto
della maternità e del matrimonio». Segue un gruppo di donne più giovani, cresciute in un mondo in
trasformazione e mosse dal desiderio di ricerca di una propria identità differente. Tra queste Dacia
Maraini, Fabrizia Ramondino e Oriana Fallaci.
Il Novecento si è quindi concluso con una presenza sempre più importante di scrittrici. Tante furono le
battaglie intraprese, tra cui quelle per la contraccezione, per la legge sul divorzio ed infine quella per la
legalizzazione dell’aborto. Aspirando e richiedendo leggi che garantissero loro i diritti fondamentali
per la libertà. L’intero studio di questa Tesi è improntato sul concetto di libertà nelle sue diverse
sfaccettature e sfumature: libertà come aspirazione, libertà in ambito personale, familiare, nell’intimità,
nel quotidiano; l’aspirazione alla libertà, ma anche la perdita della stessa e le connessioni possibili con
la scelta della maternità. Nelle opere Un Clandestino a bordo, di Dacia Maraini e Lettera a un bambino
mai nato, di Oriana Fallaci, le voci delle autrici riflettono pienamente una realtà dominata
dall’ipocrisia, dal finto perbenismo dietro il quale si cela la non libertà di scelta, alla quale la donna è
costantemente sottoposta. L’idea di femminilità distante dalla realtà, un’idea melensa e cinica come la
stessa Maraini sostiene. Quest’idea che viene inculcata nelle donne già durante l’infanzia attraverso
l’uso e la trasmissione di cartoni animati, giocattoli e fumetti. Idea alla quale alcune bambine avranno
modo di ribellarsi e si ribellano, diventando dei maschiacci. Crescendo, cresce con le ragazzine
l’eccessiva preoccupazione nei confronti dell’apparire, un apparire legato principalmente
all’appagamento malizioso del desiderio maschile. Questo genera la nascita di una sorta d’identità
doppia che permette loro di calarsi nel gioco della seduzione per adeguarsi agli stereotipi ed essere così
desiderate. Non sono libere di essere sé stesse, sono insicure e la ricerca della felicità del corpo
femminile sembra via via instradarsi e combaciare con la rinuncia, con la liberazione dalla sessualità.
La felicità della Marain