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2.1.DEFINIZIONE DEL FANTASTICO SECONDO CALVINO

‹‹Poi piovve dentro a l‟alta fantasia››: è il venticinquesimo verso del

83 84

canto XVII tratto dal Purgatorio della Divina Commedia di Dante,

un verso da cui ha origine la definizione di Italo Calvino sul concetto

85

di fantastico: ‹‹la fantasia è il posto dove ci piove dentro›› . In questo

80 Ivi, p. 58.

81 Ivi, p. 70.

82 Ivi, p. 72.

83 Dante Alighieri, Purgatorio, in Commedia (1472), Torino, Paravia, 2009.

84 Dante Alighieri, Commedia (1472), Torino, Paravia, 2009.

85 Italo Calvino, Lezioni americane, in Saggi 1945-1985, a cura di Mario

Barenghi, Milano, Mondadori, vol. I, p. 696. 33

canto Dante si rende conto dell‟importanza dell‟immaginazione tanto

da personificarla quando dice: ‹‹O immaginazione, che hai il potere di

86

importi alle nostre facoltà […] e di rapirci in un mondo esterno›› . Ed

il compito che si assume Dante nello scrivere la Commedia è quello

che lo impegna a partorire visioni e immagini dalla sua mente e a fare

il possibile nel credere di vederle.

Calvino cerca di spiegare da dove „piovono‟ le immagini che

giungono nella fantasia e afferma che, nel momento in cui lui si trova

a dar vita ad un racconto, gli viene in mente un‟immagine di cui però

non riesce a formulare il significato in termini di concetto ma, non

appena diventa ‹‹abbastanza netta nella mia mente, mi metto a

87

svilupparla in una storia›› . Queste immagini provengono da una

88

serie ‹‹di frantumi di immagini come un deposito di spazzatura›› .

Quindi si può dedurre che un‟immagine nasce da un‟altra e tutte

possono entrare in analogia o in contrapposizione con quella che le ha

generate; inoltre quelle che contribuiscono alla formazione di una

scena fantastica sono: ‹‹ la trasfigurazione fantasmatica e onirica, il

mondo figurativo trasmesso dalla cultura […], un processo

89

d‟astrazione›› . Le immagini di un racconto fantastico devono inoltre

rimanere quanto più indefinite e indistinte possibile affinché il lettore

possa completare quel racconto con immagini che provengono dalla

sua memoria e dalla sua immaginazione.

Oltre a svilupparsi attraverso le immagini, un racconto si crea anche

grazie alla nozione di „tempo‟. E‟ opportuno asserire che per Italo

86 Ivi, p. 698.

87 Ivi, p. 704.

88 Ivi, p. 707.

89 Ivi, p. 710. 34

Calvino un racconto non è altro che ‹‹un incantesimo che agisce sullo

90

scorrere del tempo, contraendolo o dilatandolo›› e per questo suo

carattere mutevole si può parlare di „relatività del tempo‟. Inoltre lo

scrittore ligure -così viene definito Italo Calvino- compie una

distinzione tra il tempo reale e quello letterario: nella realtà ci si sente

sempre a corto di tempo; in letteratura ‹‹il tempo è una ricchezza di

91

cui disporre con agio e distacco›› . Interessante è la posizione di

92

Calvino rispetto al bulgaro Tzvetan Todorov , autore del saggio sul

fantastico di cui si è parlato nel capitolo primo. Infatti, mentre per

Todorov alla base del fantastico si situa una sorta di „corrente

emozionale‟ tra l‟opera e il lettore, per Calvino invece alle radici del

fantastico si trovano non solo le immagini ma anche ‹‹una presa di

93

distanza […], l‟accettazione d‟un‟altra logica›› rispetto a quella

dell‟opera; e ancora, mentre per Todorov al centro della narrazione

fantastica si trova la spiegazione di un fatto che si situa al di fuori

dalla normalità, per Calvino al centro di essa sta invece ‹‹l‟ordine che

questo fatto straordinario sviluppa […] attorno a sé, il disegno, la

94

simmetria›› , per cui il fantastico per Calvino è logico e non a caso ha

scritto dei saggi sulla geometria dove paragona l‟artista che produce

l‟opera ad un aritmetico il quale, ispirato dalla sua immaginazione, ‹‹è

95

in grado di saltare molti passaggi e arrivare di colpo al risultato›› ,

quindi la fantasia si sviluppa all‟interno di operazioni logiche. Da ciò

si deduce che quello di Calvino è un fantastico diverso da quello del

90 Ivi, p. 660.

91 Ivi, p. 668.

92 Cfr. Tzvetan Todorov, La letteratura fantastica, cit.

93 Ivi, p. 122-123.

94 D. Frigessi (a cura di), Inchiesta sulle fate: Italo Calvino e la fiaba, cit., p. 34.

95 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 123. 35

racconto dell‟orrore o della paura. E‟ un tipo geometrico di fantastico,

con un ricorso ad una sorta di numerologia, e il tutto è teso a al

tentativo di capire quelle che sono le proporzioni del mondo.

Si può parlare, in definitiva, di modernità del fantastico che,

secondo Calvino, sta nel fatto che un racconto di questo tipo parla

dell‟interiorità dell‟individuo. Il fantastico del Novecento trae infatti

spunto dalla cultura e dalla società del suo tempo, spesso

denunciandone gli eccessi, e mira a mettere in luce e a colpire

atteggiamenti individuali e collettivi della società in cui si vive.

2.1.1. CALVINO E LA FIABA

Italo Calvino è stato impegnato per un paio d‟anni nella lettura delle

fiabe popolari e nella loro successiva traduzione dalla lingua dialettale

a quella italiana. A tale riscrittura seguì la pubblicazione del volume

Fiabe Italiane, edite per la prima volta a Torino dalla casa editrice

Einaudi, nel 1956.

Il suo lavoro di lettura, traduzione e trascrizione rappresentano un

valido esercizio per analizzare soluzioni linguistiche e stilistiche

basate sulla scelta di un italiano medio che rifiuta le scelte dialettali e

che ricerca la linearità e la trasparenza semantica.

Egli considera il proprio lavoro di riscrittura „ibrido‟, ma in realtà

secondo molti non lo è, ‹‹se per ibrido malamente s‟intenda una

96

mescolanza confusa›› . Vittorini invece a proposito del carattere

ambiguo e appunto ibrido di tali fiabe, è portato ad affermare che

96 D. Frigessi (a cura di), Inchiesta sulle fate: Italo Calvino e la fiaba, cit., p. 25.

36

97

Calvino adopera da una parte ‹‹un realismo a carica fiabesca›› ,

98

dall‟altra ‹‹una fiaba a carica realistica›› .

Da qui sorge un dubbio, ci si chiede quale sia la differenza tra fiaba

e favola nella narrativa di Calvino. Restando fermi a questo punto, i

due termini differiscono tra loro perché la fiaba è di origine popolare e

di tradizione orale, la favola invece è di origine colta e di tradizione

scritta; la prima narra per dilettare, la seconda per insegnare secondo

un intento didascalico; il protagonista della prima è solitamente un

essere umano, quello della seconda è un animale o un oggetto.

Ma al di là di queste riflessioni è Calvino stesso che dice: ‹‹Mi

interessa della fiaba il disegno lineare della narrazione, il ritmo,

99

l‟essenzialità›› , una fiaba che vede avventura e prove da superare

per giungere alla maturazione, al ritrovamento dell‟identità personale.

Quindi da tali premesse si può supporre che il fiabesco in Calvino

non è prodotto da situazioni disincantate e magiche e per questo si può

affermare che le sue narrazioni rientrano ‹‹sì nel fantastico, ma senza

100

troppe concessioni al fantasioso›› ; sicuramente è un fantastico che

si distacca da ciò che è realistico, e genera per questo un senso di

sorpresa, preceduto da motivi di illusione, di inganno, di illogicità.

Nel secondo saggio raccolto all‟interno delle Lezioni Americane, e

più precisamente intitolato Rapidità, Calvino afferma:

Se in un‟epoca della mia attività letteraria sono stato attratto dai folktales, dai

fairytales, non è stato per fedeltà a una tradizione etnica (dato che le mie radici

sono in un‟Italia del tutto moderna e cosmopolita) né per nostalgia delle letture

97 Ivi, p. 29.

98 Ibidem.

99 Ibidem.

100 Ivi, p. 33. 37

infantili [… ] ma per interesse stilistico e strutturale, per l‟economia, il ritmo, la

101

logica essenziale con cui sono raccontate.

Calvino si orienta subito verso un italiano né „troppo personale‟ né

„troppo sbiadito‟, che però non sta ad indicare grigiore o povertà

espressiva. Inoltre tale lavoro ha significato molto per lo scrittore

perché il suo intento era anche quello di ‹‹rappresentare tutte le

102

regioni italiane›› oltre che ‹‹rappresentare tutti i tipi di fiaba di cui è

103

documentata l‟esistenza nei dialetti italiani›› .

Calvino inoltre afferma che la sua principale preoccupazione, in

sede letteraria, era stata quella di «togliere peso alla struttura del

104

racconto e al linguaggio» . In effetti le Fiabe italiane lo mostrano

già intento, nella metà degli anni Cinquanta, verso questa operazione.

Il lavoro sulle Fiabe italiane prende le mosse dalla tradizione

popolare già trascritta dai vari dialetti ed ha come preciso intento

quello di rendere accessibile a tutti i lettori, italiani o stranieri, il

mondo fantastico contenuto in testi dialettali che purtroppo non sono

decifrabili da parte di tutti.

2.2.ESEMPI DI OPERE FANTASTICHE CALVINIANE

Calvino oltre ai racconti di fiaba scrisse anche opere che più si

rifanno all‟atmosfera fantastica. Egli si serve del fantastico per

esprimere la situazione dell‟uomo nel mondo moderno e soprattutto

per indagare i meccanismi che lo muovono.

101 I. Calvino, Lezioni americane, in Saggi 1945-1985, vol. I, cit., p. 660.

102 D. Frigessi (a cura di), Inchiesta sulle fate: Italo Calvino e la fiaba, cit., p. 18.

103 Ibidem.

104 I. Calvino, Lezioni americane, in Saggi 1945-1985, vol. I, cit., p. 631. 38

105

A tali scopi scrive Il visconte dimezzato . In quest‟opera, intrisa di

riferimenti fantastici, viene descritta la doppia personalità del visconte

protagonista in cui dominano due caratteristiche , una cattiva ed una

buona, ma alla fine sarà destinata a prevalere la prima sulla seconda.

Per cui il visconte si ritrova con due metà fuse insieme. Dietro questa

narrazione è pronta ad emergere la prospettiva allegorico-satirica della

storia che appare „dimezzata‟ come il cavaliere, impossibilitata a

tornare nella sua interezza ma caratterizzata da due ‹‹metà rifuse

106

insieme&r

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
67 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chiara9691 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teoria della letteratura e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Galvagno Rosalba.