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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI NAPOLI "FEDERICO II"
FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA
CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN LETTERE MODERNE
TESI DI LAUREA IN STORIA DELLA FILOSOFIA
IL RAPPORTO TRA FEDE FILOSOFICA E FEDE RELIGIOSA NEL PENSIERO FILOSOFICO DI KARL JASPERS
RELATORE: Ch.mo Prof. Domenico Conte
CANDIDATA: Raffaella Romano MATR. 543\000926
ANNO ACCADEMICO 2006\2007
INDICE
INTRODUZIONE....................................................................2
CAPITOLO PRIMO
IL RAPPORTO TRA FEDE FILOSOFICA E FEDE RELIGIOSA
1.1- I concetti di fede filosofica e fede rivelata............................5
1.2- Le tre forme di negazione della fede...................................17
1.3- Possibile compromesso tra le due fedi................................21
CAPITOLO SECONDO
LA RELIGIONE BIBLICA E LA NECESSITA’ DELLA SUA RIFORMA
2.1- La religione biblica.............................................................25
2.2- La Chiesa..........................................................................34
2.3 - Liberalität come autentico Protestantismo.........................39
CONCLUSIONE.....................................................................47
BIBLIOGRAFIA......................................................................49
CAPITOLO PRIMO: IL RAPPORTO TRA FEDE FILOSOFICA E FEDE RELIGIOSA
1.1 - I CONCETTI DI FEDE FILOSOFICA E FEDE RIVELATA
Karl Jaspers, medico e filosofo, è considerato insieme ad Heidegger il più grande esistenzialista tedesco e uno dei più significativi pensatori del Novecento. Durante la sua attività filosofica egli ha affrontato molte ed importanti questioni, ma per ovvi motivi, in questo elaborato che mi accingo a scrivere tratterò la tematica della fede filosofica in rapporto alla fede religiosa, tema che Jaspers riprese più volte e che fu certamente centrale nel suo pensiero. Il filosofo già nella sua opera principale del 1932 affronta la tematica della fede, ma la riprenderà solamente a partire dal 1948. C'è da dire che in questo arco di tempo le opere jaspersiane riesaminano le medesime tematiche senza grandi variazioni, forse perché come afferma Filippo Costa in un saggio del 1969 "la ripetizione è lo stile proprio del filosofare jaspersiano1". In altri termini per lui la ragione di un’opera non sta nel mutamento di vedute e teorie, ma nella ripresa di vecchi temi non definitivamente fissati e dunque il suo pensiero avrebbe non uno sviluppo lineare, ma piuttosto circolare. Costa afferma inoltre che la ripetitività stilistica sarebbe strettamente connessa alla visione storica del filosofo che
1 F. Costa, La filosofia della religione in K. Jaspers, Longanesi, Milano 1969 pp. 12-13
priori la sicurezza definitiva del successo. In virtù di questo chi crede dovrebbe considerare che la fede in generale comporta il rischio (Wagnis),la minaccia di una possibile nullificazione. Il credente religioso, per Jaspers non possiede tale consapevolezza,invece colui che crede nella fede filosofica si distingue proprio per la coscienza della problematicità e del rischio. Entrambe le fedi attendono dalla trascendenza la cifra che indichi la via che conduce alla verità,quando la cifra è creduta, diventa autorità per le due fedi,ma a questo punto seguono itinerari diversi.
La fede filosofica non conferisce alla cifra creduta il valore di una verità universalmente valida, perché questo carattere appartiene al sapere apodittico e non all’esistenza. La fede filosofica non scomunica,non proclama martiri ,non ha libri sacri privilegiati rispetto ad altri. Essa non riconosce nessuna autorità al di fuori della cifra in cui ha deciso di credere,perché sa che è autorevole in quanto rinvia alla Trascendenza e non perché ha autorità nel mondo. La cifra però può rivelare ma anche occultare la trascendenza,essa è enigmatica e non priva di dubbi. Dunque chi sceglie la fede rischia e per questo non può attirare nel proprio rischio gli altri come se fosse una sicurezza e non si può presentare la cifra problematica come verità assoluta. Al contrario la fede religiosa scambia se stessa per la verità. Essa sostituisce alla volontà di verità la volontà di potenza,per cui la cifra non rinvia più a qualcosa che è oltre il mondo ma chiede manifestazioni mondane come strutture visibili a cui partecipano alcuni uomini che in cambio di fede ricevono la salvezza mentre tutti gli altri ne restano esclusi.
stemperato ricorrendo ai contenuti biblici e mi stupisce che Jaspers abbia pensato che tale eventualità fosse possibile.
Comunque le differenze tra le due fedi su cui egli maggiormente insiste sono che una è annunciata, ha contenuti, riti e dogmi definiti e condivisi dai credenti, si palesa in strutture organizzate ed ha una dimensione comunitaria. L’altra non ha organizzazione, non predica e si ritrova solo nel singolo perciò ha una dimensione privata e considera la propria una possibile verità tra tante. Dunqu aggiusta principale che il filosofo fa al Cristianesimo e più in generale alla religione biblica è la pretesa di possedere la verità esclusiva. La pretesa di possedere la verità, secondo Jaspers, rende impossibile il dialogo con i teologi suoi contemporanei che si arresta ogni qualvolta si arriva ad un punto centrale tanto che Jaspers li considera intolleranti. A questa critica rispose il teologo Fries secondo cui: “tolleranza e intolleranza non sono questioni riguardanti la verità, bensì solo problemi di comportamento che vanno a toccare il settore delle persone e i loro rapporti vicendevoli8. Al contrario la fede filosofica è inseparabile dalla volontà di comunicare, anzi è uno dei suoi compiti principali. Essa alla lotta (Kampf) con la fede preferisce la comunicazione o “lotta amorosa” (Liebende Kampf).
Tuttavia pur non condividendola, il filosofo deve occuparsi della religione e delle sue manifestazioni mondane in quanto sono opere umane e perchè potrebbe diventare una valida alternativa ad essa, soprattutto in un periodo in cui i fedeli
_____________________ 8H. Fries, Cristianesimo e Chiesa al vaglio della critica odierna, Queriniana, Brescia 1965 pp. 124-125
La terza forma di negazione della fede è la divinizzazione dell'uomo. Questa è presente in tutte le epoche e in tutti i luoghi. Infatti da sempre in tutto il mondo ci sono uomini che ne adorano altri e che addirittura sono disposti a sottomettersi ad essi. Jaspers cita come esempio Gandhi che era costretto a difendersi e a scappare da coloro che cercavano il Darshan ovvero l'apparizione di un santo. Ricorda inoltre uomini come Napoleone e Cesare, straordinari per intelligenza,carisma,abilità,che sono stati elevati a divinità dai loro seguaci, tanto che Jaspers afferma: " il culto di un uomo è un bisogno insaziabile delle masse".
Ora la questione è perché tutto questo accade? La risposta di Jaspers è che nell’uomo c'è sempre stata e sempre ci sarà la necessità di credere in un essere umano superiore e perfetto che realizzi in sé ciò che si vorrebbe, ma non si riesce ad essere. Jaspers sottolinea che la fede filosofica ripugna la divinizzazione di un essere umano, in quanto considera l’uomo un essere incompiuto e finito e dunque non c'è alcun uomo che possa essere Dio.
Detto ciò,si può osservare che egli accomuna le suddette tre tematiche e le definisce negazioni della fede in quanto esse compaiono quando c'è assenza di fede. Il problema è che per quanto il nichilismo sia indubbiamente una mancanza di fede,non si può dire lo stesso delle altre due. Infatti la demonologia e la divinizzazione sono più che altro fedi esse stesse cioè sono alternative alla trascendenza, eppure questa differenza non viene colta da Jaspers o per lo meno non viene evidenziata. Sappiamo che non è raro per coloro che non credono nel
13 K.Jaspers,La fede filosofica, cit.p.182