INDICE
INTRODUZIONE 3
1. LA MARCA 4
1.1 COS’E’ LA MARCA? 4
1.2 RUOLO DELLA MARCA 8
1.3 L’IDENTITA’ E L’IMMAGINE 12
L’ISCRIZIONE DEL MARCHIO A BILANCIO
2. 14
2.1 MARCA O MARCHIO? 14
2.2 IL BILANCIO 14
2.3 LE IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI 16
2.4 IL MARCHIO NEI PRINCIPI CONTABILI NAZIONALI 17
2.5 IL MARCHIO NEI PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI 18
2.6 VALORIZZAZIONE DEL MARCHIO SECONO I PRINCIPI
CONTABILI INTERNAZIONALI (IAS 36) 20
3. VALUTAZIONE DEL MARCHIO 22
3.1 METODI DEL COSTO 23
3.1.1 MODELLO DEL COSTO STORICO AGGIORNATO 24
3.1.2 MODELLO DEL COSTO DI RIMPIAZZO 25
3.2 METODO DEI FLUSSI ATTESI 26
3.2.1 METODO DEL PREMIUM PRICE 27
3.2.2 METODO DEL COSTO DELLA PERDITA 27
3.3 METODO DEL MERCATO 28
1
3.3.1 METODO DEL TASSO DI ROYALTIES 28
3.3.2 METODO DELLE TRANSAZIONI COMPARABILI 30
3.4 METODO DEGLI INDICATORI EMPIRICI 30
CONCLUSIONI 32
BIBLIOGRAFIA 34
2
INTRODUZIONE
Quest’elaborato tratterà il tema del brand sia da un punto di vista economico che da un punto
di vista prettamente contabile.
La curiosità di trattare quest’argomento mi è sorta osservando quanto sia importante il brand
per le multinazionali dei giorni nostri. Per questo mi sono documentato su come sia cambiato
nel tempo il ruolo della marca ed ho riscontrato che esso è passato da un mero scopo distintivo
di un prodotto da un altro ad un catalizzatore di valori riconosciuti dai consumatori.
l’evoluzione storica che
Il primo capitolo avrà proprio lo scopo di spiegare cosa sia la marca,
ha subito e il perché sia importate l’adozione di politiche d’incentivazione al brand.
Proseguendo la ricerca ho cercato quali fossero i maggiori brand presenti sul mercato ed ho
riscontrato che, osservando i bilanci delle maggiori aziende mondiali, la gran parte delle attività
presenti nello Stato patrimoniale sono composte dalle immobilizzazioni immateriali. Questo è
dovuto al fatto che molto spesso in mercati estremamente concorrenziali, come quelli creatisi
ai giorni nostri, un corretto investimento sul marchio è probabile renda più che investire in
impianti o macchinari.
Allo stesso tempo però mi sono reso conto di quanto potesse essere difficile calcolare il valore
di un bene immateriale e quindi la mia curiosità sui metodi di contabilizzazione del brand. Allo
stesso tempo rendendomi conto di quanto fosse poco oggettiva la stima del valore delle risorse
immateriali ho cercato di capire quali fossero i limiti posti a livello nazionale ed internazionale
alla contabilizzazione degli intagibles ed in particolare del marchio.
l’ottica si sposterà sugli aspetti meramente contabili, attraverso una
Nel secondo capitolo infatti
breve presentazione della collocazione in bilancio del marchio, una descrizione di cosa siano le
e concludendo focalizzando l’attenzione
immobilizzazioni immateriali, di cui il brand fa parte,
su come i principi contabili nazionali ed internazionali regolano il marchio. In questo capitolo
inizierà a porsi il problema di come riuscire a valutare un bene intangibile, come il marchio, in
modo corretto. Come si vedrà saranno i principi contabili stessi ad imporre delle rivalutazioni
del marchio in bilancio nei casi in cui sia sovrastimato in bilancio.
Il terzo e ultimo capitolo invece si occuperà di descrivere quei metodi di valutazione che
possono essere utilizzati soprattutto per valutare il valore di un marchio in casi eccezionali come
la cessione o l’acquisto d’azienda o di un ramo di essa.
In conclusione si cercherà di capire quali dei metodi descritti nel terzo capitolo sono più consoni
in funzione di quanto previsto dai principi contabili internazionali.
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1. LA MARCA
COS’E’ LA MARCA?
1.1
La marca è un articolato e complesso costrutto commerciale e sociale. Nel suo movimentato e
millenario processo di sviluppo e di evoluzione, il concetto di marca ha subìto un radicale
cambiamento, passando dall’essere un puro elemento denotativo, utile cioè esclusivamente a
richiamare la notorietà, all’essere un elemento prevalentemente connotativo, dove cioè i valori
richiamati sono frutto di un processo di interpretazione semi-simbolico. Oggi la marca
comunica cioè molto più della provenienza di un prodotto, offrendone un plesso variegato di
significati e di valorizzazioni: secondo Semprini, la marca moderna ha incorporato in sé le
funzioni di identificazione, appropriazione, differenziazione e qualificazione, attraverso un
lungo e tortuoso processo evolutivo.
Il processo di sviluppo, da segnale ad attrattore, è rilevabile anche a livello linguistico, visto
che con il termine marchio ci si riferisce usualmente al puro elemento denotativo dell’impresa,
mentre il termine marca è destinato alla concezione più articolata.
A tal proposito va sottolineato che la lingua italiana evidenzia in modo blando queste differenze,
infatti ben più rilevante è la distinzione fatta dalla lingua inglese, dove viene utilizzato il termine
per indicare il concetto di segnale, mentre per l’elemento attrattivo è stato coniato il
trademark
termine brand. Questa distinzione non è però affatto univoca e altri idiomi, quali lo spagnolo,
il francese e il tedesco, non presentano alcuna distinzione tra le due interpretazioni del concetto.
Le ragioni di questo diverso approccio linguistico non sono certamente di semplice indagine e
devono essere ricercate nelle declinazioni locali dello sviluppo della nozione.
Il concetto di marchio, inteso come segno denotativo di identificazione e di appropriazione, è
nato con le prime forme di civilizzazione dell’esistenza umana infatti, già nelle prime forme di
comunità neolitiche, gli antenati creavano dei segni distintivi per evidenziare la proprietà degli
animali marchiando il proprio bestiame.
Ma quanto appena detto era solo l’inizio, infatti il marchio si è poi sviluppato in modo
alla crescita dell’intero sistema socio-economico: nell’antica
esponenziale parallelamente
Mesopotamia erano i mattoni con cui si costruivano i palazzi a essere marchiati, come le pietre
delle piramidi nell’antico Egitto.
Solo il fiorire delle civiltà greca e latina, con il loro florido sistema economico e commerciale,
ha però portato il segnale all’interno dell’ambito commerciale: le botteghe artigiane, come
4
testimoniato chiaramente anche dai reperti di Pompei, si erano dotate di un’insegna per
differenziarsi dall’offerta dei concorrenti.
Dopo un periodo d’immobilità, dovuto alla crisi e alla contrazione dello sviluppo sociale ed
economico conseguente alla fine del periodo romano, la marca si è riaffacciata con forza sulla
scena solo in epoca rinascimentale, anche se si trattava ancora di un segno meramente
denotativo: all’interno dei Comuni, infatti, l’attività economica era basata su due tipologie di
marchiature: la bottega e la corporazione.
Allo stesso tempo il marchio iniziava però a sviluppare al proprio interno il germe della
connotazione: ciascun prodotto presentava una duplice indicazione, richiamante l’azienda
produttrice e la gilda di cui l’azienda faceva parte. Il sistema economico del tempo era infatti
strutturato in classi gerarchiche molto rigide, con l’impossibilità per chiunque non fosse iscritto
alla corporazione e i cui prodotti non fossero fedeli alle direttive imposte, di avviare una
qualsiasi attività economica. Il sistema inibiva cioè qualsiasi forma di concorrenza proveniente
dall’esterno, certificando nel contempo il rispetto degli standard da essa fissata. Mentre il
marchio della bottega fungeva cioè da denominazione di origine, quello della gilda tutelava la
stessa corporazione, finendo però per svolgere anche la funzione degli odierni marchi di qualità
a tutela dei consumatori. Questo articolato sistema prevedeva così la facile individuazione di
ciascun prodotto contraffatto, non certificato dalla corporazione e dei produttori che non
rispettavano le norme tecniche prescritte.
un nuovo impulso di sviluppo è stato portato dall’affermazione della
Una certa novità e
rivoluzione francese, infatti l’abolizione delle corporazioni ha eliminato il vecchio spirito
protezionistico, in funzione di un apertura ad una maggior concorrenza tra le imprese. Il
marchio, ritornato a essere esclusivamente un indicatore della provenienza, veniva arricchito
da un’altra forma di garanzia di qualità, non più fornita esplicitamente dalla corporazione, ma
correlata alla pubblicità e al passaparola: da quanto detto emerge come si è quindi affermata la
prima vera funzione di notorietà della marca moderna.
Il successivo salto di qualità è arrivato con la prima rivoluzione industriale e la diffusione della
produzione di massa: l’industrializzazione della produzione, con l’ampliamento delle distanze
tra l’ambito produttivo e l’ambito di consumo, ha fatto perdere la vicinanza fisica tra il
produttore e il consumatore, con una forte novità in ambito commerciale. Per ovviare alla
crescita delle distanze, come collante tra produttori e consumatori, si sono così affermate
strutture di distribuzione più o meno articolate e complesse. Ai marchi di produzione hanno
quindi iniziato ad affiancarsi i marchi di distribuzione: le funzioni di garanzia e di notorietà
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hanno così iniziato a integrarsi, con una prospettiva non più orientata alla produzione, ma al
cliente.
La rivoluzione industriale ha quindi determinato pesanti cambiamenti all’interno della struttura
economica e sociale, portando, con la crescita della produttività e l’abbandono delle campagne,
anche a una contestuale rivoluzione dei consumi: è proprio in questo contesto che nascono le
prime marche dell’era moderna, derivanti dalla marchiatura delle commodity (prodotto che è lo
stesso indipendentemente da chi lo produce, cioè sono beni che non presentano differenze
qualitative e sono fungibili, come per esempio il petrolio ed i metalli).
Il XX secolo grazie all’innovazione tecnica e alla progressiva liberalizzazione della
comunicazione ha visto la definitiva affermazione delle marche: il generale miglioramento delle
in un contesto globale dove il flusso
condizioni economiche, con la crescita dell’offerta,
d’informazioni e comunicazioni ha raggiunto livelli di sviluppo non prevedibili, ha portato alla
strutturazione di un sistema economico dove la materialità dei prodotti è posta in second’ordine
dalla forza dei vari elementi immateriali.
La discontinuità verificatasi nel pas
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