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IL DELITTO DI INDEBITA PERCEZIONE DI EROGAZIONI A
DANNO DELLO STATO (ART 316 TER C.P.)
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Art. 316 ter, c.p.: “Salvo che il fatto costituisca il reato previsto
dall'articolo 640 bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di
dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero
mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per
sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni
dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da
altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da
sei mesi a tre anni.
Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a lire sette
milioni settecentoquarantacinquemila si applica soltanto la sanzione
amministrativa del pagamento di una somma di denaro da dieci a
cinquanta milioni di lire. Tale sanzione non può comunque superare il
triplo del beneficio conseguito.”
1. La genesi della norma e i precedenti normativi: l’art. 2 della
legge n. 898 del 1986, sulla protezione dei fondi FEUGA.
La disposizione è stata introdotta dalla legge n. 300 del 2000, scaturente
dalla ratifica da parte dell’Italia della Convenzione PIF, con funzioni di
completamento del sistema di tutela nei confronti delle sovvenzioni
pubbliche. L’esigenza è quella di garantire una corretta gestione delle
erogazioni di risorse pubbliche, come evidenziato anche dalla Suprema
Corte: “La norma applicata infatti è posta a tutela della libera formazione
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della volontà della Pubblica amministrazione o dell’Unione europea, con
riferimento ai flussi di erogazione e distribuzione delle risorse economiche
al fine di impedirne la scorretta attribuzione e l’ indebito conseguimento
(…), tutto ciò in quadro di generale perseguimento dell’interesse collettivo
nella collocazione finale del denaro pubblico erogato per i piani di
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realizzazione di singole politiche economiche e socio-culturali” .
E’ stata proprio la Convenzione PIF ad aver richiesto agli Stati membri una
tutela più forte, obbligandoli a contemplare come “frode comunitaria”, sia
in materia di entrate che di uscite, “qualsiasi azione od omissione
intenzionale relativa: all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o
documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua il percepimento o la
ritenzione illecita di fondi provenienti dal bilancio comunitario delle
Comunità europee (…); alla mancata comunicazione di un’informazione in
violazione di un obbligo specifico cui consegua lo stesso effetto; alla
distrazione di tali fondi per fini diversi da quelli per cui essi sono stati
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inizialmente concessi”.
La norma nasce quindi dall’esigenza di colpire le violazioni e le frodi
compiute prima che l’erogazione sia effettuata, al di fuori degli ambiti di
punibilità già previsti dal legislatore con l’art. 640 bis c.p. (truffa
aggravata). Nel codice penale italiano manca qualsiasi antecedente storico;
possiamo individuare il primo intervento sulla materia delle frodi
56 Cass. Pen., sentenza n. 31737 del 2008
57 Art. 1, lett. a) e b) della Convenzione PIF del 1995.
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comunitarie nell’art. 2 della legge n. 898 del 1986, sulla protezione dei
fondi FEOGA (Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia),
recante “Sanzioni amministrative e penali in materia di aiuti comunitari nel
settore agricolo”, come modificato nel 1992.
Così recita l’articolo 2: “1. Ove il fatto non configuri il più grave reato
previsto dall'articolo 640-bis del codice penale, chiunque, mediante
l'esposizione di dati o notizie falsi, consegue indebitamente, per sé o per
altri, aiuti, premi, indennità, restituzioni, contributi o altre erogazioni a
carico totale o parziale del Fondo europeo agricolo di orientamento e
garanzia è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Quando la
somma indebitamente percepita è pari od inferiore a lire venti milioni si
applica soltanto la sanzione amministrativa di cui agli articoli seguenti
(3/a) (3/cost).
2. Agli effetti della disposizione del precedente comma 1 e di quella del
comma 1 dell'articolo 3, alle erogazioni a carico del Fondo europeo
agricolo di orientamento e garanzia sono assimilate le quote nazionali
previste dalla normativa comunitaria a complemento delle somme a carico
di detto Fondo, nonché le erogazioni poste a totale carico della finanza
nazionale sulla base della normativa comunitaria.
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3. Con la sentenza il giudice determina altresì l'importo indebitamente
percepito e condanna il colpevole alla restituzione di esso
all'amministrazione che ha disposto la erogazione di cui al comma 1”.
Anche in questo caso abbiamo una condotta distrattiva dell’agente, che
interviene in un momento antecedente all’ottenimento del finanziamento
tramite falsità od omissioni. Si ritiene comunemente che i rapporti con
l’articolo 316 ter c.p. siano regolati dal principio di specialità; in
particolare, ad una condotta tipica pressoché comune, l’art. 2 aggiungerebbe
un elemento di specialità in quanto si riferirebbe alle condotte aggressive
dei fondi del FEOGA. Quindi, quest’ultimo costituirebbe l’unico soggetto
passivo del reato di cui all’art. 2, mentre i soggetti passivi del reato previsto
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dall’art. 316 ter sono lo Stato, gli enti pubblici e la Comunità europea .
Inoltre bisogna aggiungere che, poiché l’art. 2 non sembra prevedere
l’ipotesi di omissione di informazioni dovute e quella della presentazione o
utilizzazione di documenti falsi, da ciò deriverebbe che l’art. 316 ter troverà
applicazione in tutte le ipotesi suesposte anche se tali condotte sono rivolte
verso il FEOGA.
E’ in ogni caso da precisare come la dottrina dominante ritenga, ad oggi,
preferibile la soluzione che ritiene abrogato il citato art. 2 ad opera dell’art.
316 ter. Ciò in quanto “o in caso di indebita percezione mediante mera
omissione di notizie, nel settore agricolo del FEOGA, si applica la norma
58 Così B. Bevilacqua, I reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, I,
Cedam, Padova 2003, p. 593. 49
generale dell’art. 316 ter: e allora l’art. 2 coincidendo con la condotta
attiva della norma codicistica sarebbe inutile; oppure, l’omissione è
penalmente irrilevante: e allora l’art. 2 è illegittimo, poiché appresta una
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irragionevole minore tutela al primario settore in questione” .
L’art. 73 della legge 11 febbraio 1992, n. 142, ha modificato il primo
comma del citato art. 2, premettendo le parole “Ove il fatto non configuri il
più grave reato previsto dall’art. 640 bis del Codice penale”.
La Cassazione a sezioni unite ritiene che, anche anteriormente alle
modifiche apportate dal predetto art. 73, “la norma dell’art. 2 abbia
carattere sussidiario e non di specialità rispetto alla truffa aggravata (…).
Il legislatore è intervenuto non già per ridimensionare il sistema
sanzionatorio (…), bensì per rafforzare la tutela penale e cioè
riconoscendo la criminosità anche delle semplici esposizioni mendaci di
dati richiesti dall’ente comunitario, onde evitare che il fenomeno rimanesse
impunito allorquando, trattandosi di semplice menzogna e non essendo
essa presentata in modo tale da assumere l’aspetto della verità e
sorprendere l’altrui buona fede, non potessero identificarsi artifizi e
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raggiri alla punibilità della truffa” .
59 ROMANO, op. cit., pag. 86.
60 Cass. Pen., sezioni unite, 24 gennaio 1996, ric. Panigoni ed altri.
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2. La ratio della fattispecie: il bene giuridico tutelato ed i soggetti
coinvolti.
L’articolo 316 ter mira ad evitare la dispersione di denaro pubblico, sia
statale che comunitario, e a garantire l’attività di programmazione
economica attuata dagli enti pubblici anche sovranazionali, tramite
l’efficiente allocazione delle risorse disponibili. Lo sviamento delle
erogazioni pubbliche dunque non lede solo il patrimonio del soggetto
passivo, ma, ad uno sguardo più ampio, mette in pericolo gli obbiettivi di
volta in volta programmati dagli enti di riferimento. E’ quindi un reato
plurioffensivo: alla tutela del patrimonio si affianca la tutela del buon
andamento della pubblica amministrazione, interna e comunitaria, che
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promuove la corretta gestione delle finanze .
Anche in questo caso, come per la malversazione a danno dello Stato, è
stata da più parti sottolineata l’errata collocazione della norma. Il reato in
questione si trova infatti tra i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica
amministrazione, ma è lo stesso articolo a prevedere la punibilità per
“chiunque (…) consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi,
finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo,
comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici
o dalle Comunità europee”. Il soggetto attivo sarà quindi chiunque ottenga,
erogazioni di qualsiasi natura da parte di un ente pubblico, nazionale o
61 CIAMPA, op. cit., pag. 2. BENUSSI, op. ult. cit., pag. 320.
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comunitario. Il soggetto passivo è ovviamente l’ente che effettua nel caso
concreto l’erogazione.
3. L’elemento oggettivo: la condotta
L’articolo descrive più condotte alternative, attive od omissive. La condotta
commissiva consiste nella presentazione o nell’uso di dichiarazioni o
documenti falsi o attestanti cose non vere, con l’evidente intento da parte
del legislatore di includere ogni possibile modalità di trasmissione
all’amministrazione competente delle informazioni mendaci nella
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fattispecie criminosa . Sono esclusi gli artifizi e raggiri, che costituiscono,
come detto precedentemente, caratteristiche del reato di cui all’art. 640 bis.
L’erogazione dovrà essere ottenuta dunque senza che il soggetto agisca
ulteriormente alle dichiarazioni mendaci. Si pensi ad esempio al caso di un
finanziamento concesso solo sulla base delle dichiarazioni del ricevente,
con un controllo meramente formale, come confermato da una lettura della
Corte di Cassazione: “Occorre dunque guardare alle regole formali del
procedimento di concessione del contributo (o di altra erogazione
comunque denominata): se il contributo consegue alla mera presentazione
di dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere o all'omissione
di informazioni dovute, senza che rilevi ch