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Comunitario e l’adeguamento a questo tributo di tutto il sistema
dell’imposizione indiretta e previde anche una incisiva ristrutturazione
dell’amministrazione finanziaria. La poca sensibilità del governo
portò alle dimissioni di Cosciani.Successivamente la presidenza fu
assunta da Bruno Vicentini. Il primo intervento in questo secondo
periodo di lavoro della commissione riguarda la sostituzione
dell’imposta ordinaria sul patrimonio, osteggiata dal parlamento, con
un’imposta sui redditi patrimoniali. La commissione propone
un’imposta locale sui redditi fondati ai quali furono poi aggiunti, per
motivi antievasivi, i redditi di lavoro autonomo. Si arriva in questo
modo all’ILOR. Rispetto alle imposte di fabbricazione vi fu una
riduzione secondo le direttive CEE. Inoltre venne sostituita l’imposta
sulle aree fabbricabili e dei contributi di miglioria con un’imposta
locale sull’incremento di valore degli immobili (INVIM). Si giunge
alla ristrutturazione generale del sistema della finanza locale con
l’eliminazione di quasi tutti i tributi diretti e indiretti, e preferendo
l’adozione di un sistema transitorio di ispirazione centralistica. Il
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problema che si pone al termine dei lavori della Commissione di
studio è ora quello di trovare lo strumento normativo attraverso cui
realizzare la riforma. La scelta cade sulla delega legislativa (riforma
anni 51-56 e doganale ) che principalmente rimette al governo il
potere decisionale sui singoli tributi. La durata abnorme della delega
continuamente prorogata, ha portato ad una sovrapposizione di decreti
per cui ne è sorta la necessità , specialmente con riguardo ai Testi
Unici, di consentire integrazioni e correzioni della norme delegate
nonché di quelle apportate da leggi ordinarie per potersi ispirare al
principio del disegno unitario di attuazione. Concetto espresso
chiaramente dall’articolo 1 L. 29 dicembre 1987 n 550 che recita: “…
al fine di attuare il coordinamento sistematico secondo principi unitari,
di adeguare la normativa alle direttive comunitarie, di eliminare
lacune ed incertezze interpretative, di migliorarne la formulazione, di
assicurarne la corretta applicazione delle norme tributarie e di
prevenire l’inadempimento dell’obbligo tributario”.
2.1.5 La fiscalità di massa e la crisi della riforma
L’Italia giunge con questa riforma ad un sistema strutturalmente più
legato a quello degli altri paesi industrializzati. Ma pur se proiettato
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verso la modernità tale sistema evidenzia degli inconvenienti.La
riforma si presenta adeguata sul piano strutturale ma non in relazione
all’accertamento, alla riscossione e al contenzioso. Rispetto al primo
vengono messi in atto continui interventi legislativi miranti a
selezionare i contribuenti da accertare e a introdurre criteri di
accertamento specie per le imprese minori. Rispetto alla riscossione si
estende l’autoliquidazione alle imposte indirette così come il
versamento spontaneo del tributo e si introducono acconti sempre più
vicini al cento per cento dell’imposta. Rispetto al piano strutturale
esigenze di semplificazione e sentenze della Corte Costituzionale
spingono verso la progressiva cedolarizzazione dell’IRPEF. La crisi
petrolifera, la fuga dei capitali, l’attenzione dell’opinione pubblica per
le questioni fiscali, il dissesto di una finanza locale portarono
inevitabilmente a parlare di crisi e a interrogarsi sempre più
frequentemente sul futuro del sistema tributario.
2.1.6 Il dissesto e il risanamento della finanza pubblica
Negli anni 80, l’Italia che da una parte comincia ad aprirsi ai fenomeni
di internazionalizzazione, dall’altra però, risente della crisi finanziaria
mondiale e ne subisce gravi conseguenze in termini di inflazione. Vi è
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una notevole crescita del PIL ma una corrispondente crescita del
debito pubblico, e ad aggravare questa situazione vi sono le esigenze
di gettito che condizionano di molto la politica fiscale. Si assiste ad
una vera e propria crisi della finanza pubblica: il sistema tributario
cede sul piano strutturale e formale. Sul piano strutturale è il tramonto
del mito dell’imposizione personale progressiva. Da un lato bisogna
sostenere i mercati e i risparmiatori, dall’altro contrastare l’elusione e
la programmazione fiscale internazionale.Il fisco è sottoposto ad un
notevole fenomeno di evasione e la cedolarizzazione progressiva
dell’IRPEF incide sul verificarsi di tale fenomeno. Concorrono alla
crisi del sistema anche l’elevata inflazione, il debito pubblico
crescente, l’inefficienza del sistema stesso che si basa su accertamenti
forfetari e su ricorrenti condoni. Si riconosce che in presenza di
aliquote nominali assai elevate occorre ampliare la base imponibile.
Rispetto a questa manovra, per evitare fenomeni elusivi, sia per
l’IRPEF che per l’IRPEG si ricorre all’aumento del carico fiscale sulle
persone fisiche e sulle società, e per quanto riguarda le imprese viene
introdotta un’imposta sul patrimonio netto. Ma tutti questi interventi e
l’inasprimento delle sanzioni penali, non scoraggiano gli evasori
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fiscali e cresce il divario tra ricchi e poveri. Il disagio, però , non è
soltanto sostanziale, bensì anche formale poiché i numerosi e reiterati
decreti legge non fanno chiarezza ed anzi confermano l’inaffidabilità
del sistema. La situazione peggiora con le vicende socio-politiche
degli anni 90. La coeva decisione politica di ricorrere alla moneta
unica alimentava nell’immaginario dell’opinione pubblica e della
stessa classe politica, l’idea di un possibile percorso che avviasse al
risanamento della finanza pubblica attraverso l’unione delle economie
dei vari pesi europei in un comune destino di mercato. Così come
entrare nel Mercato Comune aveva indotto l’Italia alla riforma degli
anni settanta e all’introduzione dell’IVA, con i parametri di Maastricht
la finanza pubblica italiana e il sistema fiscale si avviano verso un
processo di risanamento. Ciò in gran parte fu possibile con il ricorso
alla leva fiscale (tributo straordinario per l’Europa, poi rimborsato per
il 60%) e in parte con il sostegno dei mercati internazionali per i nostri
titoli di Stato, (compensato con coinvolgimento delle banche d’affari
internazionali nelle successive privatizzazioni degli enti di Stato
italiani). Le onerose misure fiscali adottate aumentarono
temporaneamente la pressione fiscale ma permisero anche una drastica
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riduzione degli interessi del debito pubblico. Gli anni 1995-96 sono
decisivi per il sistema fiscale, poiché si ricorre a tre misure
fondamentali che concorreranno a creare le premesse per la revisione
realizzata poi negli anni 1997-2000: il condono, che fruttò ben 11.500
miliardi di lire; un’imposta straordinaria per l’Europa nel 1996 e
l’entrata in funzione dei parametri e degli studi di settore per
l’accertamento. Con la revisione del sistema, l’IRAP prende il posto
dell’ILOR; vengono introdotte poi l’ICIAP, la tassa sulle concessioni
governative per la partita IVA, l’imposta sul patrimonio netto delle
imprese e soprattutto il contributo al servizio sanitario nazionale. Il
sistema prevede inoltre un’addizionale regionale all’IRPEF tra lo 0,5 e
l’1% , e concede a comuni e province una forma di autonomia nel
potere decisionale del reperimento delle loro fonti. Tale riforma era
diretta a favorire la capitalizzazione attraverso l’attribuzione agli utili
corrispondenti alla remunerazione ordinaria del capitale investito di
un’aliquota ridotta rispetto a quella ordinaria compresa tra il 12,5 il
27% . Inoltre per facilitare la competitività internazionale delle nostre
imprese, la riforma prevedeva l’applicazione di un’imposta sostitutiva
agevolata per tutte le operazioni di ristrutturazione societaria. Rispetto
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ai redditi di capitale l’intervento della riforma completava quanto già
introdotto precedentmente disciplinando così un regime unitario
basato sull’uguaglianza dell’ aliquota del 12,5% per tutti i tipi di
redditi di capitale e sulla canalizzazione degli investimenti nelle forme
del risparmio amministrato o del risparmio gestito. Sul piano
dell’evasività, la riforma, accanto a una serie di misure dirette a
contrastare l’elusione interna e quella internazionale, prevedeva la
disciplina a regime della partecipazione del privato all’accertamento,
la revisione complessiva del regime sanzionatorio ed infine la
disciplina degli enti non commerciali e degli enti non lucrativi di
utilità sociale ONLUS). Questi i passaggi innovativi della riforma
realizzata negli anni 1997-2000, ma accanto ad essi va ricordata una
serie di interventi relativi alla riscossione e alla disciplina dei
concessionari, così come all’amministrazione finanziaria strutturata in
agenzie indipendenti; inoltre, e soprattutto da ricordare, l’ampio
progetto di informatizzazione che ha permesso di acquisire ed
elaborare in tempo reale le dichiarazioni dei contribuenti ed una serie
di effetti positivi da tale procedura, relativi alla tempestività delle
varie operazioni effettuate. Si assiste, vediamo, a tutto un sistema di
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semplificazione che investe le esigenze del sistema, sia sul piano
sostanziale che su quello formale. Rispetto al primo veniva a
scomparire l’INVIM in vista di una riorganizzazione dell’imposizione
immobiliare, e lo stesso accadeva con l’imposta sulle successioni e
donazioni. Rispetto al piano formale avveniva una semplificazione per
i contribuenti su tutta una serie di adempimenti. In conclusione, è
questo il quadro dell’Italia al terzo millennio: da una parte, una
finanza ora sicuramente più sotto controllo ed un sistema fiscale in
linea con i parametri di Maastricht; dall’altra un ordinamento
tributario ancora imperfetto, poco trasparente e confuso, un
contenzioso ormai quasi efficiente, un sistema di accertamento
distinto a seconda della grandezza delle imprese, un sistema
sanzionatorio riordinato anche se perfettibile. Sicuramente possiamo
affermare, un fisco in condizioni ora civili per le quali, però, bisogna
trovare riscontro anche nel campo dell’amministrazione, che ancora
non si è adeguata alla ristrutturazione attuata all’interno del sistema
tributario, e che deve imparare ad utilizzare al meglio gli strumenti
legislativi di cui dispone. 49
2.2. Verso il federalismo
E’ utile comprendere i motivi, le esigenze e soprattutto la tipologia di
decentramento legislativo-amministrativo attuato nel