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IL PENSIERO E “LE PASSANTI”
3.1 I temi delle canzoni di Brassens
Ascoltando o leggendo l’opera di Brassens, sembra di rivivere il copione
27
di una Comédie humaine piena di stereotipi presi in prestito dal patrimonio
i personaggi, spesso “catturati”
tradizionale e popolare: tanti dalla vita
quotidiana, tanti i contesti che rievoca in musica, abbastanza evidente anche
all’immaginazione.
lo spazio concesso
I temi trattati dal cantautore francese sono quelli della poesia classica: la
difficoltà di esistere, l’amicizia, l’amore, la morte, l’Eros, la concezione
e limitata dell’uomo, le ambientazioni notturne, la natura.
finita È
impegnato in una lotta senza quartiere contro i falsi valori, le false ideologie
che generano fanatismi, intolleranza e violenza esercitata contro i deboli, gli
emarginati, i diseredati; narra un mondo patetico di poveri sventurati che
non saranno mai eroi ma che all’interno di una sua canzone possono
diventare, almeno per quei pochi minuti, dei protagonisti, comunque tutti
perdenti di fronte alla vita.
27 La Comédie humaine è un insieme di scritti di Honoré de Balzac, composto da 137 opere
comprendenti romanzi, racconti, saggi, studi analitici e novelle. I testi sono classificati per
ambiente sociale, luoghi geografici o per categorie psicologiche. L’ambizione dell’autore
era quella di descrivere in modo quasi esaustivo la società che lo circondava, costruendo
così un edificio che avrebbe potuto far concorrenza allo stato civile, racchiudendo tutta la
sua epoca nell’opera (nel titolo è evidente il riferimento, in antitesi, alla Divina Commedia
di Dante Alighieri). 25
La maggior parte delle canzoni di Brassens, dunque, non parlano di fatti
ma di personaggi, scelti in un mondo di una normalità quasi banale, con una
psicologia dominata da sentimenti e azioni non razionali, circondati da
comparse che hanno il solo compito di illustrare i vizi dell’umanità,
evidenziandone i difetti peggiori, in contrapposizione alla rappresentazione
Le sue canzoni sono un po’ come
del protagonista come artefice del riscatto.
i teatrini delle marionette, ed egli è il burattinaio che ne tira i fili, giocando
con le loro sensibilità e i loro sentimenti. Il suo distacco dal mondo, con una
volteriana, non vuol essere un’apparente indifferenza
notevole influenza
presuntuosa, bensì un modo per far filtrare saggiamente la sua razionalità.
Non esita talvolta a ricorrere a una fine ironia e al gusto della farsa per
sdrammatizzare i suoi racconti, un filo sottile che rompe la tensione
drammatica, facendo sfoggio anche in questo caso di un’abilità fuori dal
comune.
In molte canzoni ricorre anche l’immagine femminile come perno della
storia, nelle sue mille sfaccettature: donna, madre, amante, traditrice,
fortemente stereotipata nella sua concezione, frutto spesso delle esperienze
di vita stesse del cantautore, dalla madre (fortemente dominante nella sua
ereditato l’inclinazione per la musica) a
formazione e dalla quale ha
28
Jeanne , altra figura dominante in molte sue canzoni, presso la quale trovò
rifugio per molti anni dopo essere scappato da un campo di lavoro tedesco.
Le canzoni di Brassens, come anche quelle di De André, sono state
sempre foriere di conoscenza, sono state capaci di trasmettere concetti e
messaggi finalizzati fondamentalmente ad una presa di coscienza da parte
umana e dell’assoluta
degli uomini, tutti gli uomini, della dignità
uguaglianza di tutti gli esseri. E dato che la poesia, con le sue immagini, è
furono due figure fondamentali per la vita e l’opera
28 I coniugi Jeanne e Marcel Planche
del cantautore, in quanto presso la loro abitazione a Parigi trovò rifugio per nascondersi nel
1944 quando scappò da un campo di lavoro forzato tedesco. A loro, alla donna in
particolare, dedicò numerose canzoni, tra cui Jeanne, La cane de Jeanne, Chanson pour
l’Auvergnat. 26
dotata della capacità di portare con sé messaggi in grado di aprire gli occhi
agli uomini e di far loro comprendere il valore della vita e della giustizia, si
intuisce perché sia De André che Brassens non disdegnano di attingere al
ricchissimo patrimonio poetico del passato per rimodellarlo e plasmarlo,
adattarlo alle proprie melodie e utilizzarlo come moderno strumento di
conoscenza.
Il loro rinnovamento dei canoni e dei contenuti è eccezionale proprio
perché, paradossalmente, è strettamente legato alla tradizione, non tanto per
l’audace modernità del linguaggio, quanto per un ritorno immaginario allo
stato primordiale della figura del menestrello.
della lingua
3.2 L’uso
“J’aime m’amuser avec les mots”, diceva Georges Brassens.
Veri e propri giocolieri delle parole lui e Fabrizio De André: le loro canzoni
sono ricchissime di esperimenti linguistici, enjambements, proverbi, frasi
fatte, doppi sensi e modi di dire che sono spesso lo specchio della loro
culture. Ne viene fuori una scrittura poetica raffinata ma efficace, erudita ma
popolaresca, con le parole che si mescolano, si rompono per poi riapparire
in rima, si susseguono deliziosamente e soprattutto toccano il cuore
dell’ascoltatore. Spesso non solo creano, ma citano e ricordano frasi ed
espressioni provenienti da tempi lontani, utilizzano come espediente
letterario la trasformazione ludica delle frasi idiomatiche, senza però farla
dall’effetto
sembrare una mera trovata tecnico-linguistica comico. Diceva
“La chanson pour moi est une fête et un divertissement”.
Brassens:
Nell’immaginario che offrono al pubblico, i due cantautori incarnano i
vizi e le virtù, i valori antichi e le contraddizioni delle loro culture, in cui
entrambi sono entrati a farne parte a pieno titolo. Soprattutto Brassens, agli
27
inizi, faceva un uso talmente ardito e libero del vocabolario da risultare
spesso trasgressivo per i costumi dell’epoca, incappando a volte anche nella
censura (il brano Le gorille, tra i suoi più famosi, fu oscurato dalle radio
francesi); questa sua carica esplosiva si è poi pian piano affievolita col
passare del tempo, fino a mostrarsi alla coscienza collettiva come “il grande
vecchio saggio”, cantore di un’intera cultura.
J’ai un certain talent pour se faire rencontrer les mots les uns aux
autres, mais je crois que ce n’est pas véritablement de la poésie, c’est une
espèce d’habilité, de sensibilié poétique, c’est une certaine tendresse que je
29
mets dans mes chansons.
Per scelta o per vocazione, De André e Brassens hanno sempre tenuto
una certa distanza dai temi di stretta attualità e dal prendere quindi posizioni
in merito, mantenendo sempre un saldo attaccamento al loro mondo
interiore e ai loro valori: ciò da un lato poteva apparire come un totale
disinteresse ai problemi concreti quotidiani, dall’altro invece poteva
simboleggiare un’irremovibile saggezza.
Per manifestare e comunicare le proprie emozioni e per dare sfoggio
della loro incantevole abilità nel mettere insieme le parole, entrambi hanno
scelto dunque prevalentemente una forma d’arte molto più popolare,
riportando la canzone ad un livello molto più dignitoso di quanto non
facessero altri loro colleghi dell’epoca, facendone a tutti gli effetti un
elemento e un esempio di cultura.
Ascoltando un loro brano si percepisce subito la perfezione della lingua,
la sottigliezza di una poesia che appare semplice, tanto è costruita. Nelle
loro storie si costruisce un piccolo teatro immaginario, senza tempo, per il
quale faranno passare una filosofia umanista dalla quale, oggi, noi
29 Entretien avec Luc Bérimont (www.nakataimpastato.com). 28
scopriamo ogni giorno di più la modernità. Partendo da un anarchismo
istintivo, il loro discorso “morale” mette al primo posto l’individuo, la pace
e il cosiddetto “mondo migliore”, che devono venire dal travaglio interiore
di ogni uomo: un approccio, per certi versi, vagamente buddista, ma lontano
dalle religioni organizzate e totalmente ateo.
Ancora Brassens diceva in una sua intervista:
La chanson n’est pas une affaire de genie, c’est fait pour n’importe qui;
c’est une poèsie à la portée de toutes les borses. La chanson est inférieur au
poème parce qu’elle est obligée de tenir compte de l’oreille des gens. 30
Nonostante ciò Brassens e De André, prendono dalla poesia tutte le
risorse, unendo la provocazione e il lessico dei suoi contenuti a
un’attenzione maniacale della classicità della forma, per avere infine come
risultato un’opera estremamente rara e meditata. Ad essere sacrificati per
questo scopo, paradossalmente, sono spesso la musica, il ritmo e il tempo:
non è raro imbattersi infatti in canzoni dalle anomale caratteristiche, prive di
ritornello, dalla durata sproporzionata (Supplique pour être enterré à la
tutt’altro che facile, a tal
31
plage de Sète dura più di sette minuti), linguaggio
punto da dover ascoltare alcuni brani con il dizionario in mano.
“Le Passanti”
3.3 Ero in piena crisi personale e, piuttosto che non scrivere più nulla, mi
sono messo a tradurre brani di Cohen, Brassens e Dylan. Chissà perché,
mentre i nostri migliori poeti hanno ricevuto consensi nel tradurre i loro
30 Entretien avec Luc Bérimont (www.nakataimpastato.com).
Undicesimo album di Georges Brassens (1966), all’interno del quale vi è l’omonima
31
canzone che è una sorta di testamento dell’autore e, nello stesso tempo, una dichiarazione
d’amore per la sua terra natale, facendo ricorrere il tema della morte. 29
colleghi stranieri, per i cantautori invece questo tentativo, peraltro umile, di
divulgazione di culture straniere diventa immediatamente sinonimo di
32
inaridimento della vena poetica.
Come già detto, Le passanti è uno dei brani di Georges Brassens
riadattati in italiano da Fabrizio De André e incluso nell’album Canzoni
(1974), conosciuto anche come “album rosa” per via del colore della sua
copertina, settimo album registrato in studio dal cantautore genovese.
La sua storia però ha un percorso quanto meno più complesso delle
altre: l’originale, incisa da Brassens nel 1972, ha il testo di una poesia di
Antoine Pol, poeta minore francese, poco conosciuto ai più, ma molto amato
da Brassens, che il cantautore scoprì alla lettura di una racco