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“ IL RUOLO DEL SISTEMA NERVOSO NELL’IPERTROFIA MUSCOLARE ”

Tesi di laurea a cura di Valerio Cietta

INDICE DEI CAPITOLI

1• Introduzione: il concetto di ipertrofia muscolare 4

2• L’altra faccia della medaglia: l’atrofia muscolare 8

3• La gestione della contrazione muscolare per massimizzare l’ipertrofia nel soggetto sano: gli

stimoli ipertrofici 13

4• L’importanza dei lavori di forza nell’atleta: “educazione neurale” e guadagno ipertrofico 18

4.1• L’importanza dei lavori di forza nell’invecchiamento: la lotta alla sarcopenia 23

5• Conclusione 29

5.1• Ringraziamenti 31

Bibliografia

5.2• 31 3

1• INTRODUZIONE : IL CONCETTO DI IPERTROFIA MUSCOLARE

L’ipertrofia muscolare è un adattamento del sistema muscolare consistente in un aumento del

volume delle cellule che ne compongono il tessuto, con conseguente incremento della sezione

trasversale del muscolo stesso. E’ un fenomeno multifattoriale che coinvolge il miocita in seguito a

stimoli meccanici, metabolici, ormonali (ma solo in parte e vedremo perché) e che rientra di diritto

nel concetto di “ forma segue funzione” (Russell et al., 2000): la forma, e questo vale per il muscolo

come per ogni sistema o struttura plasmabile, ha uno sviluppo “secondario” alla funzione, è un

a seconda delle richieste e dei caratteri di quest’ultima. Nel caso

elemento plastico che si modifica

in questione, un muscolo soggetto a carichi e tensioni sufficienti, superiori alla soglia e/o

sufficientemente prolungate nel tempo subirà modifiche strutturali atte a renderlo sempre più

preparato a carichi maggiori, a tensioni sempre più durature… Questo si verifica principalmente con

due meccanismi: il primo consiste in un rafforzamento del sistema contrattile (la parte miofibrillare

contrattile rappresenta il 20-30% della cellula muscolare) in seguito a uno stimolo meccanico come

può essere ad esempio una contrazione eccentrica ben enfatizzata e in generale l’utilizzo di carichi

importanti (≥ 70-80% 1RM) che sono in grado di reclutare tutte le fibre muscolari (in particolare

intorno all’80 % 1RM come asseriscono la legge di Henneman e Bosco e colleghi, anche se vi sono

studi che parlano di reclutamento elevato delle fibre bianche già con il 60% 1RM ,Tesch et al.,

1998); il loro effetto è quello di creare microlacerazioni alla loro struttura, la quale viene in seguito

riparata (Figura 1). Il secondo meccanismo si realizza tramite una supercompensazione (che

necessita per forza di cose di un riferimento a una strategia dietetica) del glicogeno sarcoplasmatico

(anche il sarcoplasma costituisce il 20-30% della cellula muscolare), in seguito a uno stimolo

metabolico che svuota appunto le riserve di glicogeno, ma anche fosfati ed ATP muscolare, con

innalzamento dell’acido lattico: per fare in modo che ciò avvenga, è utile sviluppare lunghe tensioni

con carichi di conseguenza non molto elevati (diciamo in un range del 30% fino a circa il 60% 1RM

che come detto prima basterebbe già per reclutare praticamente tutte le fibre) atti a mantenerle nel

tempo in maniera ottimale (Figura 1) (Delfitto M., 2015). 4

E’ stato infatti dimostrato che si possono raggiungere risultati ipertrofici “quantitativamente” simili

(dico quantitativamente perché ci sono invece diversi risvolti qualitativi funzionali, lo vedremo in

seguito) con resistance training che si avvale di alti carichi e di bassi carichi quando il lavoro con

questi ultimi viene protratto fino all’esaurimento muscolare (Ozaki et al., 2016): in questo caso il

minor stress meccanico viene compensato dal maggior stress metabolico dell’esercizio, che si

avvale essenzialmente di una maggior acidosi (grazie anche alla restrizione del flusso sanguigno

che non permette appunto lo smaltimento di prodotti metabolici tra cui ad esempio l’acido lattico),

abbassamento di ATP e creatinfosfato e svuotamento del glicogeno sarcoplasmatico come detto

prima (Figura 1).

Insomma, i due principali stimoli ipertrofici sono di natura diversa ma è bene fare chiarezza sul

fatto che essi convivono sempre durante esercizio con la manifestazione in seguito di entrambi gli

adattamenti, quello miofibrillare e quello più prettamente sarcoplasmatico (Delfitto M., 2015); sono

poi le modalità di esecuzione dell’esercizio stesso a determinare quale dei due prevale sull’altro. 5

[Figura 1. Principali stimoli e condizioni per il verificarsi dell’ipertrofia muscolare nel resistance

training. (N.B. Per quel che concerne “l’area” ormonale, rappresentata dall’azione di tutti quegli

ormoni a funzione anabolica (testosterone, GH, per citarne alcuni), essa non verrà trattata

approfonditamente in questa discussione in quanto recentemente il loro ruolo è stato messo in

discussione dagli studi di diversi ricercatori (Wilkinson et al., 2006; West et al., 2009, 2010;

Phillips, 2009;West & Phillips, 2010, 2012; Loenneke et al., 2011), che hanno evidenziato qualcosa

di molto interessante e discordante rispetto alle teorie che risultavano in realtà scientificamente

fondate e supportate da una buona letteratura del passato , vedi la “hormone hypothesis”: teoria che

in sintesi afferma che l’elevazione ormonale post-esercizio abbia un importante ruolo ipertrofico

(Goto et al.,2005; Hansen et al., 2001) (Pansini L., Hormone hypothesis); si è infatti visto che le

variazioni ormonali indotte dall’allenamento ed in particolare dall’esercizio con sovraccarichi

ricoprono un lasso di tempo molto ristretto nel post-workout e che sono finalizzate più al

mobilizzare le riserve energetiche che al promuovere l’anabolismo dei tessuti (West & Phillips,

2010), dimostrando che l’ipertrofia avviene anche in assenza della tanto acclamata elevazione

sistemica di questi ormoni (Wilkinson et al., 2006; West et al., 2010); essi non sono quindi

significativamente coinvolti in guadagni rilevanti di massa magra. Il discorso varia se parliamo ad

esempio di crescita in pubertà, che non è interesse del discorso, oppure di dosi sovra-fisiologiche di

ormoni caratterizzanti l’ambito del doping: in questi due casi tali ormoni sono davvero anabolici

(Delfitto M., 2015); per soggetti in condizioni “naturali” che si allenano con l’obbiettivo di ottenere

importanti guadagni in termini di massa magra, questi ormoni anabolici vanno quindi sì considerati,

in quanto nel processo ipertrofico sono responsabili di un’azione si può dire permissiva secondo i

ricercatori sopracitati, ma nulla più, non potendo essere a questo punto, dati alla mano, ritenuti a

coprire un vero e proprio ruolo centrale come stimolo per l’ipertrofia muscolare.]

Tenendo conto di questa breve trattazione circa alcuni dei principali elementi scatenanti ipertrofia

muscolare (e premettendo che in tutto questo discorso, spero interessante, si farà quasi sempre

6

riferimento al resistance training anche per esperienza e interesse personale), si può poi ragionare

con riferimento pratico su diversi metodi allenanti e fattori su cui giocare per ottenere questo

adattamento; di questo si parla in continuazione. Nelle palestre, in ambito fitness/bodybuilding

(dove si ha chiaramente la maggior ricerca di uno sviluppo muscolare che dev’essere il più

armonico possibile) gli argomenti più gettonati sono il tal modo di allenarsi, la tal dieta, la tal

integrazione alimentare, ecc.. e in fondo è forse naturale che sia così. Eppure c’è un aspetto che,

parlando pur sempre di corpo umano, riveste un’importanza assoluta e su cui ci si focalizza ancora

complessità dello stesso: l’aspetto neurale. Sì,

troppo poco, probabilmente anche per via della

perché per quanto si provi a ridurre questo adattamento ad una concezione il più fisica e

“meccanica” possibile (esempio in soldoni: io faccio il tal esercizio con un certo carico e il mio

muscolo reagisce in una certa maniera) non si può prescindere dal fatto che come ogni nostro

processo fisiologico anche quello dell’ipertrofia e del trofismo muscolare generico è governato dal

sistema nervoso e subordinato ad esso. Il SN ad esempio, durante esercizio, gestisce la modalità di

contrazione attraverso la frequenza degli impulsi, attivando fibre di un tipo piuttosto che di un altro

(le fibre 2b sono quelle col maggior potenziale ipertrofico), può inibire la contrazione muscolare in

particolari casi, permette di focalizzarsi selettivamente su un gruppo muscolare piuttosto che su un

altro durante gesti che coinvolgono appunto diversi gruppi (la famosa “mind-muscle connection”,

Calatayud et al., 2016); ma ancora prima di tutto questo, e di ancora più fondamentale importanza

per l’argomento qui trattato, il ruolo del SN è quello di mantenere e condizionare il trofismo

muscolare e questo si realizza tramite la “comunicazione” nervo-fibre muscolari presente nelle unità

malfunzionamento può portare all’esito

motorie. La mancanza di questo contatto o il suo

fisiologicamente opposto all’ipertrofia, ovvero l’atrofia, che si realizza essenzialmente tramite

disuso dell’apparato muscolare; viene definita infatti come la perdita di massa e volume muscolare

a seguito dell’assenza dei vari stimoli che contribuiscono al mantenimento o al miglioramento del

trofismo muscolare. 7

2• L’ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA: L’ATROFIA MUSCOLARE

Come detto pocanzi, l’esito fisiologico opposto all’ipertrofia muscolare è quello dell’atrofia, che si

verifica in condizioni di mancata o errata comunicazione nervo-fibra muscolare e quindi in quanto

si ha disuso del muscolo. Diventa allora interessante osservare quelle situazioni in cui questa

comunicazione viene destabilizzata per cercare di capire quanto effettivamente sia importante il

muscolare, ponendo sotto la lente d’ingrandimento la condizione nervosa come

rapporto nervo-fibra “l’aspetto” e la funzione muscolare, che è il fulcro di tutto questo

base da cui si sviluppano

discorso; a tal proposito, questa importanza a cui cerco di dare espressione è giustificata e

sottolineata anche, per fare un esempio, da studi che affermano che durante lo sviluppo dei

motoneuroni, se essi vengono privati del loro muscolo target (della loro innervazione) vanno

incontro a morte (Henderson et al., 1983, 1993); viceversa, lo sviluppo di un muscolo si arresta in

assenza di motoneuroni, per questo con un processo di “sprouting” assonale da nervi vicini (trattato

più nei particolari in seguito) e richiamato con specifici segnali dalle fibre muscolari denervate

stesse, la situazione cerca di essere riportata alla norm

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
45 pagine
1 download
SSD Scienze biologiche BIO/09 Fisiologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ValeCietta di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fisiologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pavia o del prof D'Antona Giuseppe.