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2.5. I MODELLI EMPIRICI EVOLUTI: L’ANALISI MULTIVARIATA
L’analisi multivariata comporta l’applicazione, alla tecnica dell’analisi di
discriminante
bilancio, di metodologie statistiche multidimensionali che consentono un esame congiunto
le condizioni di equilibrio dell’impresa
dei diversi indicatori in grado di esprimere
analizzata.
La finalità perseguita è quella di classificare le imprese in due gruppi, sane e insolventi,
rendendo minimo l’errore di classificazione, così come accade nell’analisi univariata.
Tuttavia, a differenza di quest’ultima, il parametro che consente tale discriminazione non
è rappresentato da un singolo indice di bilancio, ma da uno score, determinato dalla
ponderazione di più indici. In tal modo è possibile sostituire una pluralità di misure (i
31
diversi indici di bilancio) con un solo valore discriminante .
In particolare, l’obiettivo dell’analisi multivariata è dare soluzione a due problemi. Data
una matrice di dati X che contiene p variabili quantitative (indici di bilancio) rilevate su n
imprese, e una variabile qualitativa che contraddistingue l’appartenenza delle n unità ai
l’analisi
gruppi considerati (gruppo delle imprese sane e delle imprese insolventi),
multivariata consente di:
- individuare quali variabili, tra quelle indagate, risultano maggiormente
maggiormente sull’appartenenza delle
discriminanti, ovvero influiscono unità
economiche ai due gruppi;
classificare, riducendo al minimo l’errore di classificazione, altre imprese
-
esterne al campione indagato, di cui si conoscono le modalità delle p variabili ma
non il gruppo di appartenenza.
A tal proposito, occorre configurare una funzione discriminante, in cui siano prese in
considerazione sia le variabili indipendenti discriminanti x (indici di bilancio) sia i
i
coefficienti o pesi di ponderazione a . Tali pesi sono attribuiti in maniera oggettiva senza
i
alcuna interferenza da parte dell’analista. La funzione discriminante, nell’impostazione
più diffusa di tipo lineare, assume tale configurazione:
+…+a
y = a x +a x x
1 1 2 2 p p
Ciascuna impresa si vedrà attribuito uno score discriminante (y) che dovrà essere
confrontato con il valore di cut-off, ovvero il valore che permette di distinguere le imprese
insolventi da quelle sane. Se il punteggio discriminante è inferiore al valore di cut-off,
l’impresa è classificata tra le fallite; se il punteggio è superiore essa è classificata tra le
imprese sane.
31 Bisogno M., I modelli di previsione delle insolvenze. Profili teorici e applicazioni empiriche in ambito
giuridico, Milano, FrancoAngeli, 2012, pp. 42-45 24
In termini statistici, la finalità perseguita mediante l’analisi discriminante può essere
conseguita massimizzando la varianza tra i gruppi rispetto alla varianza nei gruppi.
Tuttavia, affinché possa essere applicata l’analisi discriminante lineare è necessario che
la matrice di varianza-covarianza delle variabili quantitative (gli indici di bilancio) sia
uguale per i due gruppi e che tali variabili siano distribuite in modo normale.
2.5.1 Il modello Z-Score di Altman
Tra i diversi modelli ad analisi multivariata, il primo ed il più famoso è il noto “Z-
Score” di Altman risalente al 1968 e migliorato più volte, dallo stesso autore e da altri, nel
corso degli anni successivi.
L’autore costruisce un campione di 33 aziende fallite (nel periodo 1946-1965) e di 33
aziende sane, escludendo le imprese di piccole dimensioni, per la difficoltà di reperimento
dei dati contabili, e scegliendo imprese appartenenti esclusivamente al settore
manifatturiero.
Altman considera 22 indici di bilancio tra i più noti, ripartiti in 5 categorie (liquidità,
32
redditività, leverage, struttura del capitale investito e solvibilità) . Da questi ne estrapola
poi 5, ai quali assegna un peso ponderale, per stimare la seguente funzione discriminante:
Z = 0,012 X +0,014 X + 0,033 X + 0,006 X + 0,999 X
1 2 3 4 5
dove:
X = Capitale circolante netto / Capitale investito
1
X = Utili accantonati a riserva / Capitale investito
2
X = Reddito al lordo degli oneri finanziari e delle imposte / Capitale investito
3
X = Valore di mercato del capitale netto / Valore contabile dei debiti
4
X = Ricavi di vendita / Capitale investito
5
Il primo indicatore (X ) è un una misura espressiva della liquidità aziendale e ci si
1
attende una sua diminuzione in prossimità di crisi aziendale, come conseguenza della
contrazione del suo numeratore.
) esprime la capacità dell’azienda di reinvestire, nella propria
Il secondo indice (X 2
attività, parte dei redditi conseguiti. Ci si attende, dunque, una riduzione di tale indice in
prossimità del fallimento originata dalla difficoltà di conseguire utili e accantonarli a
riserva.
Il terzo indicatore (X ) è un classico indice di redditività operativa. Esso misura
3
l’attitudine dei risultati conseguiti, nelle aree ordinaria, accessoria e straordinaria, a
remunerare congruamente l’intero capitale investito in azienda. L’andamento dell’indice
dipende dall’andamento del numeratore; esso tende a 0 in situazioni caratterizzate da
inefficienze economiche e diviene negativo in caso di perdite.
) è un indice “innovativo” introdotto da Altman,
Il quarto indicatore (X in quanto tiene
4
conto della valutazione di mercato, fino ad allora non considerata da altri autori.
L’ultimo indicatore (X ) esprime la capacità del capitale investito di generare ricavi di
5
vendita. In particolare, indica il numero di volte in cui il capitale investito ritorna in forma
liquida per effetto dei ricavi di vendita, e subisce una variazione in diminuzione in
33
prossimità di crisi .
32 Rossi C., Indicatori di bilancio, modelli di classificazione e previsione delle insolvenze aziendali, Milano,
Giuffrè, 1988, p.120
33 Poddighe F., Madonna S., I modelli di previsione delle crisi aziendali: possibilità e limiti, Milano, Giuffrè,
2006, pp. 218-236 25
Individuate le variabili indipendenti della funzione, per ognuna di esse è stato definito
un peso ponderale che permettesse di amplificare le differenze tra le aziende in normali
condizioni di equilibrio e quelle in situazioni di dissesto.
Definito il modello, Altman ha poi testato le capacità predittive dei singoli indicatori in
un’ottica univariata. Da tale analisi è emersa un’elevata capacità discriminatoria dei primi
quattro indicatori. La quinta variabile, invece, non ha mostrato differenze sostanziali tra il
gruppo delle aziende sane e quelle anomale.
Dal controllo replicato in termini di analisi multivariata è emerso, invece, come il
all’interno dei due gruppi,
maggior contributo per la corretta classificazione delle imprese
fosse riconducibile all’indice di redditività X e proprio a quello di turnover X .
3 5
Infine, Altman ha verificato i risultati ottenuti allo scopo di valutare il grado di
accuratezza del modello.
Tali verifiche hanno evidenziato una buona capacità predittiva del modello nei due anni
precedenti il fallimento. Esso si è dimostrato in grado di classificare correttamente il 95%
nell’ultimo esercizio precedente il fallimento e l’83% nei due anni
delle imprese indagate
precedenti.
Queste verifiche hanno consentito di determinare il punto di cut-off e i valori soglia
dell’area di incertezza (grey area) della funzione.
Il punto di cut-off è il valore di Z che permette di distinguere le imprese insolventi da
quelle sane, consentendone così la riclassificazione tra i due gruppi.
L’area di incertezza riguarda la zona in corrispondenza della quale risulta incerta
l’attribuzione di un’impresa al gruppo delle aziende sane o insolventi e si richiedono, di
conseguenze, indagini aggiuntive.
Per definire tali valori, Altman ha osservato le imprese che il modello aveva
erroneamente classificato. Da tale osservazione è emerso che tutte le imprese con uno
score superiore a 2,99 erano state correttamente classificate come sane, mentre tutte le
imprese con uno score inferiore a 1,81 erano state correttamente classificate come fallite.
Le imprese erroneamente classificate avevano uno score compreso tra i due valori, per cui
l’aera di incertezza era definita dall’intervallo compreso tra i due valori.
Valore di Z Numero di errori di classificazione
1,81-1,91 5
1,98-2,10 4
2,10-2,67 3
2,67-2,68 2
2,68-2,78 3
2,78-2,99 4
Fonte: Poddighe F., Madonna S., I modelli di previsione delle crisi aziendali: possibilità e limiti,
Giuffrè, Milano, 2006, p. 232
Dato che il minor numero di errori era stato registrato per valori compresi tra 2,67 e
2,68, il valore medio pari a 2,675 è stato assunto da come punto di cut-off.
Da ciò consegue che le imprese aventi uno score superiore a 2,675 sono da considerarsi
sane, mentre quelle aventi un punteggio inferiore a 2,675 sono da considerarsi fallite.
Tuttavia, la presenza della zona di incertezza suggerisce di procedere con prudenza, per
l’autore definisce come “sane” le imprese che presentano un valore di Z >2,99 ,
cui
“fallite” le imprese con un valore di Z<1,88 , ed “incerte” quelle che con un valore di Z
compreso nell’intervallo della zona grigia. 26
zona di zona di
grey zone
insolvenza rischio
certa nullo
1,81 Z = 2,675 2,99
Fonte: Fonte: Poddighe F., Madonna S., I modelli di previsione delle crisi aziendali: possibilità e
limiti, Giuffrè, Milano, 2006, p. 233
successiva, l’autore ha esteso il modello a due campioni di verifica. Il primo
In una fase
è composto da 25 imprese dichiarate fallite nello stesso periodo delle imprese appartenenti
al campione originario e il test ha evidenziato una corretta riclassificazione nel 96% dei
casi nell’anno precedente il fallimento. Il secondo campione è composto da 66 imprese
non fallite ma che avevano generato risultati economici negativi negli anni 1958 e 1961,
ottenendo una percentuale di riclassificazione corretta del 79%.
Infine, l’autore ha esteso la verifica ai 5 anni precedenti il fallimento. Da ciò è emerso
che il modello permette di formulare previsioni attendibili per un periodo non superiore al
secondo anno prima dell’insolvenza.
Negli anni successivi alla sua pubblicazione, il modello di Altman è stato criticato da
diversi studiosi. In particolare Johnson afferma che il modello non è affidabile ai fini della
previsione