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PMI.
Tra il 1989 e il 2001, il numero di banche presenti con loro sportelli nel
Centro Nord è aumentato di 75 unità mentre nel Mezzogiorno è diminuito di 56
unità ; questa diminuzione si è accompagnata con l’ingresso delle principali banche
meridionali in gruppi bancari nazionali. Complessivamente, la quota di mercato
delle banche del Mezzogiorno è diminuita di 5 punti percentuali, attestandosi al
6,9%. Tra le ragioni principali dell’espansione dei grandi gruppi bancari verso le
regioni meridionali vi può essere stata l’attrattiva offerta dalle capacità di risparmio
riscontrabile in queste regioni . Dunque, il livello degli impieghi tende ad essere
comparativamente inferiore : esse sono mercati di raccolta del risparmio il quale
viene “drenato”, per successivi impieghi, verso altre regioni del Paese con
rendimenti maggiori o con minore rischiosità . In termini di numero, le acquisizioni
hanno interessato prevalentemente banche di credito cooperativo. La direzione
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assunta dai processi di aggregazione è stata motivata con la necessità di risolvere
situazioni di crisi e con l’impossibilità di ricercarne le soluzioni all’interno dei
mercati meridionali, per motivi ascrivibili alle ridotte dimensioni delle banche o a
insufficienza dei requisiti patrimoniali e organizzativi necessari per operare le
acquisizioni. Purtroppo, questa ristrutturazione ha reso l’accesso al credito alle PMI
meridionali ancora più difficoltoso; i timori precedentemente riscontrati dagli
studiosi e precedentemente trattati, sono divenuti realtà avendo effetto tutt’ora.
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Capitolo III : Lo sviluppo del Mezzogiorno
3.1 Il Mezzogiorno dal dopoguerra ad oggi
La fine della dittatura fascista e il secondo dopoguerra rappresentarono la
constatazione che i vecchi problemi sussistevano intatti, accresciuti negli animi e
nella realtà dai disastri della guerra. Il risveglio fu particolarmente duro nel
Mezzogiorno, dove la propaganda del Regime Fascista aveva assopito le coscienze
sulla tragicità del momento. I termini della Questione Meridionale ricomparivano e
tornavano a riproporsi con accresciuta e riaffermata prepotenza . Nel 1946, a Napoli
si tenne il cosiddetto “convegno per le trasformazioni fondiarie nel Mezzogiorno” ;
nello stesso anno , a Roma si costituì la SVIMEZ (Associazione per lo sviluppo
industriale del Mezzogiorno). Fino al 1950, lo Stato ritenne inopportuno prendere
provvedimenti nel processo economico nazionale per correggere gli squilibri
regionali, convinto che il libero espandersi delle forze produttive fosse stato in grado
di determinare l’uniformazione economica tra Nord e Sud. De Gasperi, percepì
invece l’esigenza di rimettere in equilibrio non solo i rapporti tra le classi, ma anche
tra le diverse regioni del Paese, pena l’aggravio della tensione sociale a
danneggiamento della stessa stabilità del governo . Per questo, tra il 1949 e il 1951
prese avvio la riforma agraria: tale riforma prevedeva il passaggio di migliaia di
ettari in tutte le regioni meridionali dai proprietari originari ai contadini, rincorrendo
interessi economici collettivi, come l’incremento della produttività e del reddito del
latifondo meridionale. La riforma ha sicuramente rappresentato un serio sforzo di
decifrare il vecchio problema della terra del Mezzogiorno ; ciò nonostante tale
politica riformatrice risultò scarsamente organica e poco efficace a causa delle
crescenti anomalie della pubblica amministrazione e dell’ampiezza delle pratiche
clientelari nella gestione dei centri di potere dello Stato . Nel secondo dopoguerra ci
fu dunque un indiscutibile impegno da parte dei vari governi per integrare
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pienamente il Meridione nella società nazionale, per completare con l’unificazione
economica e morale la politica di cent’anni addietro, perché il Mezzogiorno non
venisse più considerato il problema cardine della Nazione, ma perché si consolidasse
il processo di sviluppo nazionale con la redistribuzione del reddito e del risparmio e
con la concentrazione di capitali e investimenti nelle zone maggiormente afflitte e
dove è più grave il fenomeno della disoccupazione. Per quanto riguarda il
Mezzogiorno, si pensò di fondare il 10 agosto del 1950 con la legge 646 la Cassa
del Mezzogiorno, come idea del meridionalista Pasquale Saraceno. È stato lo
strumento dell’intervento straordinario voluto dal governo di Alcide De Gasperi per
modernizzare un Sud, su cui pesava una fortissima disoccupazione; tale Ente
Pubblico era destinato a realizzare un piano di interventi propulsivi sull’arretratezza
economica delle regioni meridionali. Questa cassa rimase in funzione fino al 1984;
fu il governo di Bettino Craxi a deciderne la soppressione: la Cassa del Mezzogiorno
è stata però sostanzialmente convertita nell’Agensud , che durò ancora fino al 1993,
quando chiuse i battenti sotto il governo di Giuliano Amato. A questa data
l‟investimento complessivo per il Sud è calcolato in 279.763 miliardi di lire. I
finanziamenti effettuati grazie ai fondi monetari della Cassa ambirono a creare
infrastrutture e opere pubbliche (stradali, idrauliche, marittime, edilizie) e a
potenziare l’opera di industrializzazione, attraverso contributi a fondo perduto,
incentivi creditizi ed agevolazioni fiscali. Gli interventi della cassa, però, divennero
col tempo più sostitutivi che aggiuntivi, per cui conclusero con avvantaggiare
specialmente la crescita industriale delle regioni settentrionali, aumentando la
capacità di assorbimento da parte del mercato meridionale dei prodotti provenienti
dalle aziende del Nord. In altri termini, gli investimenti nel Sud non giunsero né da
parte della borghesia meridionale né da parte degli imprenditori settentrionali,
nonostante le agevolazioni creditizie e i molteplici incentivi. In ogni modo fu
l’industria settentrionale a trarre i maggiori vantaggi dall’operazione , fornendo i
macchinari occorrenti per le infrastrutture che la Cassa del Mezzogiorno veniva
realizzando e le macchine ed i trattori per l’ammodernamento dell’agricoltura. Le
grandi industrie pubbliche, generate grazie ai fondi della Cassa, sono rimaste
separate senza dare origine alle premesse per la nascita di molteplici industrie
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satelliti, ovvero le condizioni fondamentali per la crescita e lo sviluppo economico-
finanziario . In tal modo non sono stati risolti né il problema della disoccupazione,
né quello relativo ad una ramificata struttura industriale del Sud. In sostituzione
della Cassa per il Mezzogiorno al fine di erogare finanziamenti a progetti localizzati
nel Sud d'Italia, di stipulare convenzioni con enti locali, di completare le iniziative
della Cassa per il Mezzogiorno è stata costituita con la legge del 1 marzo 1986, n. 64
“L’agenzia per lo sviluppo del Mezzogiorno”. Con la legge 19 dicembre 1992, n.
488, anche l'Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno è stata
soppressa. L’Assistenzialismo, che ha caratterizzato la politica meridionalistica dal
dopoguerra ad oggi, si è rivelato del tutto insufficiente per sostenere, da solo, lo
sviluppo economico e sociale del Sud ; lo squilibrio, sempre esistito tra Nord e
Sud,invece di ridursi è aumentato.
3.2 Strategie e politiche da adottare per lo sviluppo economico del
Mezzogiorno
Attraverso l’esperienza storica possiamo desumere che, in assenza di politiche di
riequilibrio, l’impatto complessivo dell’integrazione economica sulle regioni
periferiche potrebbe essere negativo. I costi di trasporto e le economie di scala
tendono a favorire lo spostamento delle attività economiche dalle regioni meno
sviluppate, ossia dalla periferia, verso le aree più sviluppate,al centro.
L’unione economica e monetaria dovrebbe incoraggiare e guidare gli aggiustamenti
strutturali che possono aiutare le regioni povere a ridurre le distanze da quelle più
ricche. Al fine di sviluppare i diversi obiettivi per raggiungere vantaggi, gli
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interventi della politica economica dovrebbero concentrarsi, essenzialmente, sulla
produzione di beni pubblici capaci di creare condizioni di competitività nelle aree
arretrate. Uno dei diversi modi per trarre successo è attraverso il “ localismo” che
rappresenta anche il miglior meccanismo per stimolare scelte pubbliche competenti
(verificabilità delle responsabilità, maggiore credibilità) e, di conseguenza, una
maggiore riduzione dei rischi.
L’assetto istituzionale del governo dell’economia e dei mercati nel quale gli agenti
economici operano ,insieme alla natura dell’intervento pubblico, hanno effetti
rilevanti sulla dinamica dell’innovazione , per cui è rilevante ,se non necessario, che
gli interventi di politica economica di contesto siano proporzionati al grado di
sviluppo ed alla tecnologia della realtà in esame; in caso contrario risulterebbero
privi di effetto , nonché di ostacolo alla crescita.
Il Piano nazionale per il Sud interviene in una fase di ampio confronto a livello
europeo che, nell’ambito della più ampia strategia Europa 2020, è diretto a disegnare
il futuro della politica di coesione e il suo ruolo essenziale nel contribuire ad una
crescita, attraverso un percorso caratterizzato da elementi di innovazione e di
cambiamento coerenti con la posizione espressa dall’Italia.
Alcuni degli obiettivi posti dal Piano Nazionale per crescita del Sud si possono
riassumere in :
Concentrazione della strategia , della programmazione e delle risorse,
•
sugli obiettivi prioritari ( ricerca ed innovazione, istruzione e competenze ,
infrastrutture e beni pubblici );
Maggiore orientamento ai risultati;
• Attenzione specifica ai progressi che si occorre promuovere e garantire
• ( certezze delle regole , funzionamento della pubblica amministrazione ,
etc ) , al fine di creare nel Mezzogiorno un ambiente favorevole e pre-
condizioni adeguate al pieno dispiegamento delle sue potenzialità di
sviluppo; 21
Creare le condizioni per il conseguimento di standard nazionali ed
• europei nei servizi essenziali per i cittadini del Sud: scuola, giustizia,
sicurezza, acqua e rifiuti, cura degli anziani e dei bambini, trasporto;
Assicurare la messa in sicurezza, la tutela e la valorizzazione di risorse
• naturali e culturali attraverso un rafforzamento di centri nazionali di
competenza dedicati a questi obiettivi.
Fare progredire l’unificazione nazionale e promuovere lo sviluppo del
• mercato interno del Sud attraverso la realizzazione di grandi infrastrutture
di trasporto, soprattutto ferroviario.
Per la realizzazione ed effettiva messa in