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PARTE SECONDA
Canto e scene di canto nell'Odissea 38
Capitolo I
Canto e in-canto: Calipso, Circe, le Sirene (Od. VI e XII)
Poema che dà ampio spazio a immagini di canto e di cantori, l'Odissea conosce due
principali e diversissime tipologie di “figure cantanti”: non soltanto quella dell'aedo,
che, per le motivazioni che si sono spiegate nell'Introduzione, non sarà in questa sede
oggetto di trattazione, ma anche quella costituita da una serie di creature femminili,
accomunate dal fatto di esercitare nel poema una funzione che si potrebbe definire di
106
“incantatrice” . La figura femminile che canta, nell'Odissea, è entità sovrumana e
potente, seduttrice e al tempo stesso pericolosa, o quantomeno evocatrice di una
dimensione di marginalità, di lontananza fisica e metaforica rispetto alla normale
107
esperienza umana . A cantare non sono donne mortali, ma dee come Calipso, maghe
come Circe, creature fantastiche e misteriose come le Sirene: e, sul piano narrativo,
l'incontro di Odisseo con queste figure si traduce in una situazione o di pericolo, come è
il caso di Circe e delle Sirene, oppure, come accade invece con Calipso, di sosta forzata,
di dilazione del viaggio e quindi del raggiungimento della meta. I tre episodi presentano
alcuni tratti in comune ma anche significative differenze, a partire proprio dalla
funzione che ha in ciascuno di essi il canto: se nel caso di Circe e, in maniera ancora
106 Il termine “enchantress” è utilizzato in Gresseth 1970, p. 208, in riferimento specialmente alle Sirene;
tuttavia lo stesso Gresseth nota come anche Calipso e Circe possiedano caratteristiche tali da
permettere di considerarle appartenenti a questa categoria e conclude rilevando in Omero “a close
motif connection between female gender and seductive singing” (p. 216), che sarà appunto oggetto di
questo capitolo.
107 Cfr. Gresseth 1970, p. 208, in cui si prendono in esame alcune caratteristiche peculiari dello spazio
geografico al cui interno opera l'incantatrice, intesa come categoria antropologica individuabile anche
in altre culture indoeuropee (p.e. la collocazione su un'isola sperduta, situata in un luogo non meglio
identificato o ai margini del mondo conosciuto). Per il concetto generale di “marginalità” nell'Odissea
si veda Guidorizzi 2004, pp. 48-49: “Nelle sue peregrinazioni Odisseo incontra ciò che sta in alto, ben
sopra l'esperienza umana, rappresentato dagli dei (Ermes nel bosco, Calipso su un'isola, Atena che lo
riaccompagna in patria) […]. La sua meta è ritornare in patria, tra uomini come lui, perché è soltanto
tra loro che può trovare la sua collocazione […]. Potrebbe essere immortale e vivere accanto a una
dea, ma sceglie di tornare a casa, affrontando i pericoli del mare e quelli che lo attendono in patria
nella sua casa.” 39
108
maggiore , delle Sirene il canto è a tutti gli effetti lo strumento di seduzione che
innesca la situazione di pericolo, nella descrizione di Calipso esso sembra invece avere,
a prima vista, una funzione meramente esornativa, volta tutt'al più a sottolineare il
carattere “idilliaco” del paesaggio di cui la ninfa è parte. Del resto, tale differenza non è
che l'ovvia conseguenza della diversità dell'episodio di Calipso, rispetto agli altri due,
dal punto di vista narrativo, in quanto il libro V dell'Odissea non narra l'incontro di
Odisseo con Calipso, bensì l'epilogo del soggiorno dell'eroe presso la ninfa, durato ben
sette anni: non c'è pertanto da stupirsi del fatto che il legame canto-seduzione/pericolo,
così evidente negli episodi di Circe e delle Sirene, appaia qui molto più labile, anche se
non del tutto assente, come si avrà modo di osservare in seguito. La scena si apre con
l'arrivo sull'isola di Ogigia di Hermes (V 55 sgg.) per persuadere la ninfa a lasciare
Odisseo libero di proseguire il suo viaggio per Itaca, poiché così vuole Zeus. Inoltratosi
nella grotta ove abita Calipso, il messaggero degli dei sorprende la ninfa intenta a
tessere e a cantare armoniosamente (60-61):
...h( d' e!ndon a)oidia/ous' o)pi_ kalh?=
i(sto_n e)poixome/nh xrusei/h?= kerki/d' u!fainen.
«...lei, dentro, cantando con bella voce
intenta al telaio, tesseva con una spola dorata».
A prima vista, la descrizione sembra non rappresentare nulla di più che uno spaccato
di vita quotidiana, una sorta di quadretto che arricchisce e completa il locus amoenus
che nei versi successivi si dispiega agli occhi ammirati di Hermes (63-75). In effetti la
donna che tesse è un'immagine tradizionale del repertorio omerico, in quanto la tessitura
109
costituisce l'attività più tipica e consona a una donna di alto rango , spesso in
contrapposizione ad altre occupazioni e spazi della casa che sono invece appannaggio
esclusivo degli uomini (così, ad esempio, si rivolge Telemaco a Penelope in Od. I 356
108 Cfr. Grandolini 1996, pp. 150 sgg.
109 Esempi si possono trovare in Il. III 125 sgg., VI 490 sgg., XXII 440, e in Od. I 356 sgg., II 93 sgg.,
IV 130 sgg., X 222-223, XVII 97, XIX 138 sgg., XXI 350 sgg. Cfr. anche Grandolini 1996, p. 115 e
Montanari 2010, p. 176. 40
sgg.: «Ma su, va' nella tua stanza e occupati dei tuoi lavori, la tela e la conocchia, e
ordina alle ancelle di mettersi all'opera: del racconto [dell'aedo] s'interesseranno gli
uomini, tutti, e in particolare io, poiché ho il potere nella reggia». Gli stessi versi sono
ripetuti anche in XXI 350 sgg., con la sola sostituzione della parola “racconto”
mu=qov,
di I 357 con “l'arco”). Ciò che invece è inedito è il binomio tessitura-canto,
to/con,
presente soltanto qui e nella descrizione di Circe all'arrivo dei compagni di Odisseo
sull'isola di Eea (X 220-223):
! Estan d' ei)ni_ qu/rh?si qea=v kalliploka/moio,
Ki/rkhv d' e!ndon a!kouon a)eidou/shv o)pi_ kalh?=
i(sto_n e)poixome/nhv me/gan a!mbroton, oi[a qea/wn
lepta/ te kai_ xari/enta kai_ a)glaa_ e!rga pe/lontai.
«Si arrestarono sulla soglia della dea dai bei riccioli,
sentivano, dentro, Circe cantare con bella voce
intenta a una tela, grande, splendida come i lavori delle dee,
raffinati, eleganti, meravigliosi.»
Altrove, i due elementi del canto e della tessitura raramente sono menzionati
insieme e, quando ciò accade, sono presentati in antitesi l'uno con l'altro: è significativo
110
che il racconto aedico, ossia il canto come momento socialmente istituzionalizzato ,
sia annoverato in I 357 da Telemaco come prerogativa esclusivamente maschile, e
proprio in contrapposizione alla tessitura. Con ciò non si vuole certo affermare che nella
111
vita quotidiana il canto sia totalmente precluso alle donne , né trascurare la
112
fondamentale diversità tra le varie tipologie e funzioni che esso può avere in Omero :
110 Si può quindi individuare una distinzione di fondo tra la sfera pubblica e quella privata: il canto
aedico appartiene alla prima, e come tale è riservato agli uomini, mentre il rapporto tra figura
femminile e poesia ha sempre luogo in una dimensione privata, domestica.
111 Alcune scene di canto corale nell'Iliade comprendono anche donne o ragazze: ad esempio il in
li/nov
XVIII 567 sgg., o le lamentazioni funebri per la morte di Ettore (XXIV 723 sgg.). Quello che manca
del tutto in entrambi i poemi, con la significativa eccezione delle scene qui trattate, è il cantore solista
di sesso femminile, come si dirà più avanti.
112 Tutta la I parte del presente lavoro è stata intesa a dimostrare e analizzare, mettendone in luce la
pluralità di funzioni narrative, proprio la presenza, già nell'Iliade, di forme di canto alternative all'epos
e codificate nelle loro differenti modalità di esecuzione e situazioni di impiego: si vedano in
41
il canto dell'aedo nel di una reggia è cosa ben diversa dalle monodie di
me/garon 113
Calipso e di Circe, più assimilabili casomai al tipo della “canzone di lavoro” , così
come differente è la formalità del contesto in cui opera l'aedo rispetto alla dimensione di
intima quotidianità in cui sono calate le due figure della ninfa e della maga. Tuttavia,
nessun'altra figura femminile nell'Odissea (e nemmeno nell'Iliade, ad eccezione della
114
serie dei compianti individuali delle donne troiane per la morte di Ettore ) esegue un
115
canto a solo, per di più senza neppure l'ausilio dello strumento accompagnatore
(anche se forse quest'ultimo dato non è particolarmente significativo, in quanto può
discendere semplicemente da una motivazione pratica: Calipso e Circe hanno entrambe
le mani occupate dal telaio). L'eccezionalità del canto di Calipso – e, forse ancora di
più, di quello di Circe – è evidente sia, come si è cercato di argomentare finora, sul
piano narrativo, sia su quello estetico: di entrambe (rispettivamente in V 60 e X 221) si
dice che cantano , “con bella voce”, con la stessa espressione che nell'Iliade (I
o)pi_ kalh? = 116
604) qualificava il canto delle Muse e che non si trova riferita a nessun altro
personaggio che canti in nessuno dei due poemi. Nell'episodio di Circe, nella fattispecie,
la perfezione del canto è tale che i compagni di Odisseo, sentendolo, si chiedono se a
cantare sia una donna o una dea (X 224-228.):
Toi=si de_ mu=qwn h]rxe Poli/thv, o!rxamov a)ndrw=n:
“ w] fi/loi, e!ndon ga/r tiv e)poixone/nh me/gan i(sto_n
kalo_n a0oidia/ei, da/pedon d' a!pan a)mfime/muken,
h@ qeo_v h)e_ gunh/: a)lla_ fqeggo/meqa qa/sswn.”
«Tra loro prese la parola Polite, condottiero d'eroi:
“Compagni, là dentro, tessendo una grande tela
armoniosamente canta, e l'intero edificio ne risuona,
una dea o una donna: su, presto, rispondiamole”».
particolare i capitoli I, II e III.
113 Cfr. Grandolini 1996, p. 148: “Il lavoro al telaio diventa occasione per un canto che ha la funzione di
alleviare la monotonia e la fatica.”
114 Il. XXIV 723 sgg.
115 Cfr. Grandolini 1996, p. 115.
116 Così nota anche Grandolini 1996, p. 115. 42
L'insieme di questi elementi basterebbe già a identificare il canto di entrambe come
qualcosa di soprannaturale, che esula dalle normali prerogative di un essere umano (e,
nella fattispecie, di una donna); tanto più che a eseguirlo sono, rispettivamente, una dea
e una maga, collocate entrambe nello scenario “marginale” per eccellenza, un'isola non
117
popolata da esseri umani .