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ARMATI E DI POLIZIA
4.1 Nozione di arma e di altri strumenti di coazione p. 50
4.2 Disciplina giuridica delle armi p. 52
4.3 Armi proprie ed improprie p. 55
4.4 Uso legittimo delle armi da parte del pubblico ufficiale p. 58
4.5 Fattispecie speciali dell’Art. 53 c.p. p. 60
4.6 La scriminante dell’Art. 53 e gli orientamenti giurisprudenziali p. 61
CONCLUSIONI p. 74
BIBLIOGRAFIA p. 77
SITOGRAFIA p. 81
2
INTRODUZIONE
Il presente lavoro di tesi si prefigge di analizzare, non solo da un punto di vista
meramente normativo ma anche dottrinale e giurisprudenziale, un argomento
di grande attualità ed interesse, ovverosia “La scriminante dell’uso legittimo
delle armi nell’ambito del diritto penale”.
Procedendo con ordine, nella prima parte della trattazione si approfondirà la
nozione di “scriminante” o “causa di giustificazione”.
Sarà poi richiamata la disciplina delle cause di giustificazione, soffermandosi in
particolare sugli artt. 59, commi 1 e 4, e 119 c.p.
Saranno altresì analizzati l’elemento soggettivo nelle scriminanti ed il concorso
di norme nelle cause di giustificazione alla luce di quanto dettato dall’art. 15 c.p.
Si continuerà con la disamina delle cause di giustificazione nel concorso di
persone nel reato, assumendo come riferimento quanto disposto dall’art. 119
c.p. in combinato disposto con l’art. 70 c.p.
Ancora, al fine di approfondire l’esclusione della punibilità del reato militare, si
esaminerà l’art. 42 del codice penale militare di pace, il cui contenuto sarà
raffrontato con l’art. 52 c.p.
Il secondo capitolo della tesi sarà dedicato, invece, alla scriminante di cui all’art.
53 c.p. In merito, si effettuerà un interessante excursus storico-normativo
adottando quale iniziale parametro i codici preunitari sino ad arrivare al Codice
Zanardelli, sottolineando come tale scriminante sia stata introdotto soltanto con
il Codice Rocco del 1930. Si proseguirà analizzando la condotta tipica della
scriminante di cui all’art. 53 c.p., prima di compiere un raffronto con lo stato di
necessità di cui all’art. 54 c.p.
Nel terzo capitolo, poi, si indagheranno i rapporti con le altre scriminanti, quali:
a) il consenso dell’avente diritto di cui all’art. 50 c.p., ai sensi del quale: “Non
è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può
validamente disporne”; 3
b) l’adempimento del dovere ex art. 51 c.p., secondo cui: “L’esercizio di un
diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine
legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità. Se un fatto costituente reato è
commesso per ordine dell’autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che
ha dato l’ordine. Risponde del reato altresì chi ha eseguito l’ordine, salvo che, per errore
di fatto abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo. Non è punibile chi esegue
l’ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità
dell’ordine”
c) la legittima difesa prevista dalla disposizione normativa di cui all’art. 52
c.p.;
d) lo stato di necessità previsto dalla previsione giuridica di cui all’art. 54
c.p.
Nell’ultimo capitolo l’attenzione sarà rivolta al concetto di arma e, quindi, all’art.
585, comma 2, c.p., da cui emerge come con tale previsione normativa il
legislatore abbia introdotto una prima distinzione generale fra le armi proprie e
quelle improprie in merito alle quali non ci si esimerà dall’eseguire i debiti
approfondimenti.
Peraltro, in Italia la disciplina normativa in tema di armi, originariamente
inclusiva di un numero delimitato di previsioni, è andata incontro negli anni
successivi a molteplici interventi novellatori, pure al fine di conformarsi al diritto
dell’Unione Europea.
Si rileverà in tal modo come sia andato originandosi un corpus complesso ed
eterogeneo, ancora oggi non opportunamente ordinato in un testo unico
organico.
Dopo alcune riflessioni riguardanti l’uso legittimo delle armi ad opera di un
pubblico ufficiale, si approfondiranno i talvolta contrapposti indirizzi
giurisprudenziali e dottrinali circa il dettato di cui all’art. 53 c.p.
Seguiranno le conclusioni dell’elaborato di tesi. 4
CAPITOLO PRIMO
LE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE
E ALTRE FORME DI PUNIBILITÀ
1.1 Nozione di scriminante
Iniziamo questo primo capitolo fornendo una definizione di “scriminante” o
causa di giustificazione.
Essa può essere definita come quella situazione normativamente prevista, in
presenza della quale viene meno il contrasto tra un fatto penalmente rilevante e
l’intero ordinamento giuridico. Si può verificare anche il caso in cui venga meno
l’antigiuridicità, e ciò accade quando una norma differente rispetto a quella
incriminatrice rende lecita quella stessa fattispecie penalmente rilevante.
Tale istituto riguarda le norme di tutti gli ordinamenti giuridici; per tale motivo
non si possono applicare sanzioni di tipo civile o amministrativo, oltre a quelle
penali.
In base alla definizione offerta dal codice penale, una scriminate è una
circostanza che esclude la pena, in base all’art. 59 c.p. 1
In merito, è molto importante distinguere questo istituto da altri due:
“Le circostanze che attenuano o escludono la pena sono valutate a favore dell’agente anche se da lui non conosciute, o da
1
lui per errore ritenute inesistenti.
Le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell’agente soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate
per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa.
Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze aggravanti o attenuanti, queste non sono valutate contro o a favore di
lui.
Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui.
Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge
come delitto colposo”. 5
1) le cause di esclusione della colpevolezza (o scusanti) => hanno la
capacità di lasciare integra l’antigiuridicità, anche se viene a mancare
l’opportunità di rimproverare il soggetto attivo. In più, le scusanti non
ricadono su eventuali concorrenti;
2) le cause di estinzione della pena => in questo caso permane il profilo
antigiuridico della fattispecie di reato e la colpevolezza. Si fonda su
considerazioni di opportunità in relazione al concetto di meritevolezza
di pena. Anche questo istituto non ricade su potenziali concorrenti che,
quindi, hanno partecipato alla commissione del reato.
Le cause di giustificazione possono essere di due diverse tipologie:
1) comuni = quando vengono applicate a ogni reato; 2
2) speciali = quando, al contrario rispetto al caso precedente, sono applicate
soltanto ad alcune fattispecie penali.
Il fondamento sostanziale che si trova alla base di una scriminante può basarsi:
1) su un modello di tipo monistico, secondo il quale le cause di
giustificazione devono essere collegate agli stessi principi:
a) Strumento idoneo al conseguimento dell’obiettivo lecito;
b) Prevalenza del vantaggio sul danno;
c) Bilanciamento tra beni materiali che si trovano in conflitto.
Nonostante ciò, è chiaro che ogni causa di giustificazione mostra delle
proprietà peculiari.
2) su un modello di tipo pluralistico, in base al quale ciascuna scriminante
è collegata a un differente principio (il giudice valuta di caso in caso):
a) L’interesse prevalente (si applica alla legittima difesa, all’uso legittimo
di armi, all’adempimento di un dovere e all’esercizio di un diritto);
b) L’interesse mancante (si applica allo stato di necessità e al consenso
dell’avente diritto).
G. Grasso, Commentario sistematico del codice penale, Milano, 1987.
2 6
Detto ciò, è chiaro come le scriminanti abbiamo un’importanza processuale, dal
momento che sono in grado di far venire meno un reato. 3
Ancora, la definizione di “causa di giustificazione” è stata formulata dalla teoria
dell’illecito, a cominciare dalla teoria del reato, adottando quale riferimento
l’unità dell’ordinamento giuridico. 4
In particolare, secondo autorevole dottrina, l’autonomia delle singole sue parti
5
(diritto penale, civile, amministrativo, ecc.) è qualificabile in termini di
autonomia di strutture e funzioni nell’ambito di una cornice unitaria, il cui
legame unificante è rappresentato dalla Carta Costituzionale da cui tutte le altre
leggi traggono la loro legittimità. 6
Per l’esegesi, si tratta di un’unità che si manifesta nella coerenza e richiesta non
tanto la logica e nemmeno dall’ideologia della conservazione dei testi normativi
quanto piuttosto dallo Stato di diritto, caratterizzato - a tutela dei consociati - da
inequivoci confini tra lecito e illecito e nel cui seno non è, di conseguenza,
ammissibile la qualificazione antinomica di uno stesso fatto da parti differenti
dell’ordinamento come “lecito” o “illecito”. 7
Tale corrente di pensiero reputa che quello che può spettare alle singole parti
del sistema giuridico, altro non è che l’autonoma scelta dei fatti da ricondurre
fra i presupposti dei provvedimenti sanzionatori.
È un’opzione che chiaramente può sboccare nella ricomprensione di un identico
fatto in più cataloghi, ovverosia fra i presupposti di più sanzioni
qualitativamente differenti (penali, civili, amministrative ecc.).
Per attirare pure un’unica sanzione, il “fatto” deve però essere prima di ogni altra
cosa “illecito” e se lo sia o sia, invece, “lecito” può deciderlo solamente l’intero
ordinamento.
G. Fiandaca, E. Musco, Diritto penale: parte speciale, Bologna, 2012.
3 Sul punto, K. Engisch, Untersuchungen über Vorsatz und Fahrlässigkeit im Strafrecht, Berlino, 1930, p. 10
4
ss.; Id., Die Einheit der Rechtsordnung, Heibelberg, 1935, p. 19 ss.; Id., Der Unrechtstatbestand im Strafrecht.
Eine Kritische Betrachtung zum heutigen Stand der Lehre von der Rechtswidrigkeit im Strafrecht, DJT-Festschrift, Bd.
I, Berlino, 1960, p. 401 ss.
G. Marinucci, Cause di giustificazione, in Digesto pen., II, Torino, 1988, p. 137 ss.
5 Al riguardo, C. Pedrazzi, Le rôle sanctionnateur du droit pénale, Edition Universitaires Fribourg S