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CAPITOLO II - IL FATTO DI REATO
Gli elementi positivi del fatto umano
Già siamo arrivati alla conclusione che il reato è formato da due elementi: il al quale va ad aggiungersi la volontà colpevole. Si parla, quindi, di una condotta umana.
Tuttavia, nel linguaggio legislativo, del termine condotta non si fa quasi mai menzione - salvo che in casi rari (vedi art. 133 c.p.). Capita, invece, di leggere altri due termini: azione ed omissione.
Il rapporto dialettico fra questi due termini caratterizza ogni sistema normativo, anche quando le norme di questo sistema non sono giuridiche (ma etiche, ecc.).
La dottrina dominante, negli illeciti di azione tiene conto del sostrato naturalistico: è un comportamento umano consistente in un'azione positiva, estrinsecazione dell'energia muscolare del soggetto agente nel mondo esterno. Invece, negli illeciti di omissione si tiene conto del dato normativo: l'illecito di omissione consiste nel non
aver tenuto una certa condotta normativa. Aliud condotta in rapporto ad un certo agere. Ma ciò risponde a verità? È esatto rinvenire la struttura naturalistica soltanto nell'azione, e sostenere che l'omissione tanto quanto il comportamento attivo non può essere che ravvisata solo in rapporto ad una norma? Per Gallo non è così; anzi: che quello omissivo si sostanziano in ESTRINSECAZIONI DI ENERGIA MUSCOLARE. Non è possibile, infatti, ipotizzare una condotta umana che non si ponga come atteggiamento esteriore: laddove, infatti, non vi sia estrinsecazione di energia muscolare vi sarà pur sempre inerzia. La definizione di un illecito come di azione o di omissione non dipende da come si è estrinsecato il comportamento del soggetto agente, da un elemento naturalistico dipende dal rapporto fra.fattispecie concreta e fattispecie astratta, del fatto in sé considerato, ma cioè il dato normativo. Ragion per cui il riscontro col dato normativo sarà sempre necessario, anche in caso di omissione.
Azione cosciente e volontaria azione ed omissione
Nella legislazione penale si parla di secondo diverse accezioni.
fatto costitutivo di reato:
- La prima, più ampia, fa coincidere azione ed omissione con l'intero dall'art. 81 I e II comma si evince che può trattarsi sia di fatto realizzato in violazione di un obbligo a contenuto negativo, quanto di un obbligo a contenuto positivo. Nel primo caso il reato sarà di azione (l'obbligo è di non fare e tu hai fatto); nel secondo di omissione (l'obbligo era di fare, tu non hai fatto). In entrambi i casi, comunque, azione ed omissione sono semplici sinonimi di fatto; nella stessa accezione in cui il termine appare in apertura del codice penale: "Nessuno può essere punito per"
condotta umana che cagiona l'evento dannoso o pericoloso
2. La seconda utilizza i due termini per indicare la responsabilità penale. È questa l'accezione dell'art. 40, I comma: “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione o omissione”. Tale significato, tuttavia, è utilizzabile solo nei reati che esigono come elemento costitutivo una conseguenza.
Stanti questi significati dei termini azione ed omissione, non ci resta che indagare su un altro requisito di fattispecie che deve riscontrarsi in ogni illecito penale: COSCIENZA E VOLONTÀ.
si tratta della Disciplina infatti l'art. 42 I comma: Art. 42. Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilità obiettiva. —Nessunopuò essere punito per un'azione o omissione preveduta dalla legge come reato, se non l'ha commessa con coscienza e volontà. Penalmente rilevante, questo articolo implica che affinché un fatto sia considerato un'azione o un'omissione, deve essere riferibile alla coscienza e alla volontà dell'individuo che l'ha compiuto. In altri termini, non sarà considerato un fatto rilevante versare il liquido che credo sia la medicina nel bicchiere di un parente ammalato. Se coscienza e volontà mancano, come nel caso in cui l'agente non poteva compiere, a causa di una forza esterna, una condotta diversa, l'atto non è riferibile al soggetto come persona umana, nonostante ci sia l'azione o l'omissione. È come se l'uomo non avesse agito, o come se ad agire al suo posto sia stata una forza della natura. L'indagine sulla dominabilità psicologica del soggetto è fondamentale per determinare se un'azione o un'omissione sia penalmente rilevante.serve – sul piano operativo – all'accertamento dell'elemento reato: del dolo o della colpa. Perché il codice opera tale separazione? Perché contrappone la coscienza e la volontà alle diverse conseguenze che si producono in caso di assoluzione, dolo ed alla colpa? La separazione risiede nelle cioè a seconda che essa sia avvenuta per mancanza di coscienza o volontà o per mancanza di dolo o colpa. Tali conseguenze si riverberano non solo nel campo degli effetti penali, ma anche in quello degli effetti extrapenali. Mancanza di coscienza e volontà: fatto oggettivo penalmente rilevante. In questo caso viene a mancare un requisiti della fattispecie oggettiva. Sul piano sistematico i due elementi sono, infatti, "il fatto non sussiste". In questo caso, la formula di assoluzione sarà In caso di difetto del requisito dellanon c'è fatto. coscienza e volontà,
infatti, Mancanza di dolo o colpa: in questo caso il fatto penalmente rilevante esiste; tuttavia, mancando l'elemento soggettivo, non è riconducibile alla coscienza ed alla volontà dell'agente. "il fatto non costituisce reato". La formula dell'assoluzione sarà:
Sul piano penale, la differenza che esiste in un caso ovvero nell'altro è solamente formale; in entrambi i casi il soggetto non è colpevole. Anche nel campo extrapenale dovrebbe essere lo stesso; tuttavia, in alcuni casi - ritenuti meritevoli di tutela rafforzata - rovesciamento dell'onere della prova. Ciò può accadere nei giudizi civili o amministrativi. Poniamo l'esempio di un guidatore che, nel primo caso, sia stato assolto per mancanza di prove sull'elemento soggettivo; nel secondo per insufficienza di prove sulla coscienza e volontà:
Guidatore assolto per mancanza di prove sull'elemento
soggettivo: ai fini del giudizio civile, ex art 2054● c.c., si verificherà l'inversione dell'onere della prova: "il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o cose dalla circolazione del veicolo se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno". Spetterà, dunque, all'autore del fatto di aver agito senza colpa (nel contesto dell'azione per risarcimento del danno). Guidatore assolto per mancanza di prove su coscienza e volontà: dal momento che queste ultime due● costituiscono una frazione dell'elemento oggettivo, il dubbio verterà sullo stesso fatto costitutivo di reato. È, indubbio che investe l'esistenza stessa del fatto. In altri termini, un Non potrà, così, operare il rovesciamento dell'onere della prova di cui al 2054 c.c. "tutela rafforzata". Ciò si chiama di certi interessi e conduce – inipotesi come quella appena vista – a non fermarsi difronte ad una motivazione di insufficienza di prove: toccherà al convenuto la piena prova dell'assenza di colpa. Coscienza e volontà e momenti dell'iter criminoso In rapporto a quali dei diversi momenti dell'iter criminoso va accertata l'esistenza della coscienza e della volontà? Il problema non è di poco conto. Tuttavia neanche in questo caso può essere data una risposta unitaria. Sarà, invece, necessario distinguere a seconda dei tipi di reato. Reati di azione: Reati a forma vincolata: qui la coscienza deve rivolgersi a quel segmento del fare dell'uomo che corrisponda alla descrizione della figura criminosa, è quindi lo stesso legislatore qui a stabilire il momento in cui deve essere presente. Reati a forma libera (o fattispecie causalmente orientate): qui la condotta non ha rilevanza per le forme intrinseche che la caratterizzano, quanto per laLa rilevanza del collegamento con un risultato adesso esterna. Un reato del genere è, ad esempio, l'omicidio. In tali reati l'atto tipico non può essere colto in funzione dell'idoneità causale dell'atto rispetto all'evento. Infatti, se fosse sufficiente la presenza della coscienza e della volontà in uno qualsiasi degli atti dell'iter criminoso, ogni atto preparatorio sarebbe tipico, e – di questo passo – si arriverebbe a punire anche la mera intenzione. Dolo "l'ultimo della catena". Nei reati a forma libera caratterizzati dall'atto tipico sarà prima del quale più si esprime la signoria si esplichi il processo causale in direzione dell'evento; quello nel quale dell'agente. Se coscienza e volontà mancano in quest'ultimo atto, sarà impossibile imputare il fatto all'agente, anche se tutti gli altri precedenti sono stati caratterizzati dalla volontà. Nel caso dell'omicidio,
a.e., pure se tutti gli atti preparatori (acquisto della pistola, mira, ecc) sono stati sorretti da dolo ma non l'ultimo – qualora l'agente sia scivolato ed il colpo partito accidentalmente uccidendo la persona designata – il fatto non sarà imputabile a titolo di dolo. E vale anche l'inverso, nel caso gli atti preparatori siano stati fatti sotto costrizione, ma l'ultimo con coscienza e volontà (perché l'agente ha cambiato idea). Invece, nei reati a forma libera caratterizzati da ciò che conta ai fini dell'imputazione a titolo di colpa, esistano le condizioni di rappresentabilità ed evitabilità nell'ultimo istante. La colpa è se in cui sarebbe stato ancora possibile rimuovere ciò che rendeva rappresentabile ed inevitabile l'evento. In entrambi i casi, quindi, l'atto tipico che deve essere assistito da coscienza e volontà è l'ultimo: l'ultimo della catena o quello.contrassegnato dall'ultima possibilità di rimuovere gli effetti del comportamento imprudente, leggero, imperito. Se nell'