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IL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO (DOC) E IL SUO
TRATTAMENTO
3.1 Il disturbo ossessivo-compulsivo: caratteristiche cliniche
3.1.1 Cos’è il disturbo ossessivo-compulsivo
Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è un disturbo mentale molto invalidante,
caratterizzato da ossessioni e compulsioni.
(la quinta edizione del “Diagnostic and Statistical Manual of
Secondo il DSM-5
Mental Disorders”, dove il DOC è una categoria a sé stante, della quale fanno parte
le ossessioni sono “pensieri, impulsi o immagini
anche altre patologie associate),
ricorrenti e persistenti, vissuti, in qualche momento nel corso del disturbo, come
intrusivi e indesiderati e che nella maggior parte degli individui causano ansia o
disagio marcati”.
vengono invece definite “comportamenti ripetitivi o azioni mentali
Le compulsioni
che il soggetto si sente obbligato a mettere in atto in risposta a un’ossessione o secondo
regole che devono essere applicate rigidamente” (APA, 2013).
che teme di essersi “contaminata” con l’urina e
Si pensi, ad esempio, a una persona
che, non riuscendo a togliersi dalla testa tale pensiero e nel tentativo di eliminare
l’ansia provocata da tale ossessione, ricorra a lunghe docce.
Oppure a una persona che, mentre è alla guida, viene sopraffatta dal dubbio di aver
investito inavvertitamente qualcuno e che, per questo motivo, fosse “costretta” a
tornare indietro per rassicurarsi che ciò non è avvenuto.
Oppure alla persona che controlla cento volte che la porta di casa sia chiusa, o la
persona che trascorre buona parte del suo tempo a cercare di mettere perfettamente in
ordine il materiale presente sopra la sua scrivania.
Oppure, ancora, all’individuo che teme di poter essere pedofilo.
Le ossessioni provocano ansia e disagio molto forti e il paziente tenta di ignorarle o
sopprimerle. Egli è consapevole che si tratta di propri pensieri.
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Ma perché le ossessioni sono considerate “intrusive”? Le ossessioni sono intrusive nel
senso che possono comparire in maniera del tutto scollegata dal contesto e dallo stato
mentale del paziente, sono intrusive nel senso che sono esperite dall’individuo in
contrasto con i suoi valori, e possono essere intrusive in quanto incongrue con la
visione che egli ha della realtà (Mancini et al., 2016).
Le compulsioni hanno come finalità risolvere il problema posto dalle ossessioni e il
disagio emotivo derivante (Mancini et al., 2016). Vengono messe in atto per ridurre
l’ansia provocata dalle ossessioni. Esse sono comunque modi poco realistici o
esagerati di far fronte al problema posto dalle ossessioni (Mancini et al., 2016).
Per formulare una diagnosi di disturbo ossessivo-compulsivo la sintomatologia deve
essere presente per più di un'ora al giorno o causare disagio clinicamente significativo
o compromissione del funzionamento sociale, lavorativo o in altre aree importanti
(DSM-5; APA, 2013).
Ecco ciò che succede nella mente di una persona con disturbo ossessivo-compulsivo:
l'ossessione compare probabilmente (ma non necessariamente) in relazione ad uno
stimolo esterno (questo diventa superfluo una volta che il DOC è consolidato), produce
ansia (talvolta disgusto e vergogna) e la persona si sente costretta a eseguire le
compulsioni (almeno all'inizio connesse logicamente alle ossessioni), le quali
producono sollievo (Dorz et al., 1999).
I sintomi ossessivi non sono così “strani”: pensieri intrusivi analoghi a quelli dei
pazienti DOC possono presentarsi in tutti, sebbene con una frequenza assai minore
(Abramowitz et al., 2003; Ladouceur et al., 2000; Freeston et al., 1991; Salkovskis &
Harrison, 1984; Rachman & de Silva, 1978). Quindi, secondo le ricerche, non vi sono
differenze qualitative tra DOC e normalità, ma solo differenze quantitative (Mancini
et al., 2016) I pazienti DOC valutano molto negativamente le loro ossessioni,
diversamente dalla popolazione generale che invece tende a non dar loro importanza
(Rachman, & de Silva, 1978). Come vedremo, questo aspetto è di fondamentale
importanza.
I sintomi ossessivi possono essere divisi in quattro sottotipi: washing, checking,
pensieri proibiti, ordine e simmetria. Ciascuno di questi sottotipi è composto da
ossessioni e compulsioni. Le principali ossessioni appartengono alle seguenti categorie
(Mancini et al., 2016): 52
- Contaminazione: pensieri o immagini mentali relativi al dubbio di contatto con
sostanze “pericolose” o “disgustose” (es. siringhe);
- Danno: pensieri o immagini mentali relativi a potenziali danni a sé o ad altri,
dovuti a proprie disattenzioni, leggerezze o mancanze (es. “la fabbrica fallirà per colpa
mia se non correggo gli errori dei miei colleghi”);
- Scaramantiche: pensieri o immagini mentali relativi a possibili eventi negativi
che possono accadere qualora non si seguano certe regole di comportamento o non si
negativo (es. “alcuni numeri possono provocare
agisca neutralizzandone l’effetto
danni”);
- Somatiche: preoccupazione eccessiva per parti del corpo o per il proprio
aspetto (es. “ho qualcosa che non va nello sfintere anale”);
- Aggressive: pensieri, immagini mentali o impulsi di far male a propri cari o a
se stessi pur non desiderandolo (es. impulso di accoltellarsi);
- Omosessuali: pensieri, immagini mentali, fantasie o impulsi omoerotici, che
innescano nella persona eterosessuale il dubbio di poter essere un omosessuale latente
“se ho apprezzato l’abbigliamento di quel ragazzo allora sono omosessuale”);
(es. Relazionali: dubbi sull’adeguatezza o meno del proprio partner e sul
-
sentimento nei suoi confronti; pensieri, immagini mentali, fantasie e o impulsi sessuali
verso persone diverse dal proprio partner, che attivano nella persona il dubbio
ossessivo di non essere innamorato di quest’ultimo (es. “ho riso con un’amica, quindi
non amo più la mia ragazza?”);
- Religiose e morali: pensieri o immagini mentali a contenuto blasfemo (es.
immagine involontaria di Gesù che si masturba);
- Sessuali e di pedofilia: pensieri, immagini mentali, fantasie o impulsi sessuali
verso parenti, animali, bambini, ecc. (es. “un bambino mi ha sfiorato, e se fossi
pedofilo?”);
- Ordine e simmetria: esigenza di simmetria, uniformità, equilibrio o esattezza.
Sensazione che qualcosa non sia fatto nel “modo giusto” (es. “i quadri devono essere
appesi a distanze equivalenti”).
Le principali compulsioni appartengono alle seguenti categorie (Mancini et al., 2016):
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- Checking/controllo (es. controllo di finestre, di luci);
- Washing/lavaggio (es. lavare le mani più di 40 volte al giorno, rituali nel fare
la doccia);
- Ordine e simmetria (es. riordinare i libri posizionandoli in modo simmetrico);
(es. ripetere tra sé e sé: “Amo Gesù con tutto me stesso”,
- Rituali mentali
neutralizzare pensieri inaccettabili con pensieri “buoni”);
- Ripetizione di azioni (es. riscrivere gli assegni bancari, accendere e spegnere
più volte la luce finché non ci si sente a posto);
- Conteggi (es. contare i respiri per evitare i numeri pari);
- Accumulo (es. accumulare buste e sacchetti vuoti della spesa);
Miste (es. confessare tutti i pensieri “cattivi”, ripetere le stesse domande per
-
avere rassicurazioni).
I pazienti ossessivi non ricorrono soltanto alle compulsioni (Abramowitz, 2006;
Ladouceur et al., 2000; Freeston & Ladouceur, 1997) ma anche ad evitamenti, tentativi
di distrarsi o di sopprimere le ossessioni, richieste di rassicurazioni, confessioni e
ruminazioni (Ladouceur et al., 2000). La ruminazione ossessiva è una compulsione
che viene messa in atto in reazione a un'intrusione (de Silva, 2003): un esempio di
ruminazione ossessiva è: “Sono pedofilo?”. Tutti i tentativi di soluzione sopra elencati
sono, come le compulsioni, intenzionali e hanno come fine risolvere il problema posto
dalle ossessioni (per esempio, Salkovskis et al., 1997; Rachman et al., 1996).
Una classica modalità nascosta di gestione delle ossessioni è costituita dai tentativi di
sopprimere il contenuto mentale quando emerge: cercare di reprimere i pensieri è non
sono inutile ma anche controproducente, infatti se da un lato non è possibile imporre
alla mente di non pensare a un contenuto mentale, dall’altro lato più si cerca di
sopprimere i pensieri, più crescono le probabilità che questi riaffiorino alla mente
(Barcaccia, 2016). Si tratta del cosiddetto fenomeno “orso bianco” (Wegner et al.,
1987): se ci si imponesse di non pensare a un orso bianco, inevitabilmente si
penserebbe a un orso bianco.
Le richieste di rassicurazione dei pazienti DOC, normalmente seguite da effettive
rassicurazioni delle persone intorno, hanno un effetto ansiolitico solo a breve termine,
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mentre portano a un peggioramento della sintomatologia nel medio e lungo termine,
dal momento che i dubbi sono placati dalla rassicurazione per poco tempo e molto
presto ne insorge uno nuovo, rispetto alla risposta ricevuta (Barcaccia, 2016).
Secondo Mancini et al. (2016), per la maggior parte dei pazienti DOC è possibile
definire un evento critico (percepito, ricordato o ipotizzato, oppure un pensiero o una
sensazione), al quale segue l’attribuzione ad esso del potere di compromettere uno o
più scopi del soggetto (prima valutazione), alla cui base sembra esserci la minaccia di
una colpa “deontologica” (derivante cioè dalla trasgressione di una propria regola
morale); seguono poi i Tentativi di Soluzione di primo ordine (TS1), una reazione
caratterizzata, tra le altre cose, da ansia, disgusto, timore di colpa, compulsioni mentali
e ruminazione, evitamenti, richieste di rassicurazione, compulsioni e neutralizzazioni.
I TS1 sono inefficaci in quanto la completa neutralizzazione di minacce e sensazioni
sgradevoli è impossibile, e anche controproducenti, in quanto rendono l'attivazione
ossessiva più frequente e intensa e inoltre aumentano la resistenza al cambiamento;
interviene poi la critica, spesso colpevolizzante, che il paziente rivolge alla prima
valutazione e ai TS1 (seconda valutazione); seguono infine i tentativi di soluzione di
secondo ordine (TS2), cioè i tentativi di contenere i sintomi del disturbo. Tutti i
tentativi di soluzione adottati dai pazienti ossessivi si rivelano autoinvalidanti nel
medio e lungo termine e sono dei fattori di mantenimento del DOC.
I sintomi DOC, per quanto possano apparire talvolta anche molto bizzarri, si
differenziano dai sintomi della psicosi: Schneider (1959) sottolinea che nel disturbo
ossessivo-compulsivo non vi è perdita di contatto con la realt&a