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DOC.
Aiuta le persone a internalizzare una strategia per resistere al disturbo che avrà effetti benefici a
breve e lungo termine.
La PCC è molto usata, le sue caratteristiche sono:
• Scientificamente testata: è stato dimostrato che i metodi cognitivo-comportamentali sono
molto efficaci in diversi disturbi clinici. È efficace almeno quanto gli psicofarmaci nel
trattamento della depressione e dei disturbi di ansia (come il DOC) ma assai più utile nel
prevenire le ricadute. 22
• Orientata allo scopo: il terapeuta lavora insieme al paziente per stabilire gli obiettivi della
terapia, formulando una diagnosi e concordando con il paziente stesso un piano di
trattamento che si adatti alle sue esigenze. Periodicamente si verificano i progressi.
• Pratica e concreta: si basa sulla risoluzione di problemi di problemi psicologici concreti,
come le ossessioni e le compulsioni, l’ansia, attacchi di panico ecc.
• Concentrata sul qui ed ora: I Ricordi del passato, o i sogni, possono essere utili per capire
come si è venuto a creare il problema del paziente, ma difficilmente aiutano a risolverlo. La
PCC quindi non utilizza questi metodi ma si concentra, indipendentemente dalle cause, di
attivare tutte le risorse del paziente stesso, e suggerisce strategie utili a liberarlo dal
problema.
• Attiva: sia il paziente sia il terapeuta giocano un ruolo attivo nella terapia
• Collaborativa: paziente e terapeuta lavorano insieme per sviluppare strategie che possano
indirizzare alla risoluzione dei problemi. Si tratta di una collaborazione tra esperti, in quanto
il terapeuta è esperto in materia, ma il paziente è l’unico esperto di se stesso.
• A breve termine: il terapeuta deve essere sempre pronto a dichiarare inadatto il proprio
metodo, nel caso in cui non si ottengano in un certo numero di sedute prestabilite dei
risultati positivi, valutati dal paziente stesso. La durata della terapia di solito varia dai sei ai
dodici mesi, a seconda del caso, solitamente con frequenza settimanale.
Tecniche usate nel trattamento cognitivo-comportamentale
Psicoeducazione
L’obiettivo è quello di aiutare il paziente e la famiglia a diventare un “esperto” nella comprensione
del suo disturbo. Il terapeuta spiega cosa sono le ossessioni e le compulsioni (in questo modo
quando il paziente è assalito da un ossessione o da una compulsione potrà riconoscerla e
affrontarla). Vengono inoltre spiegate cause, prevalenza, prognosi ed efficacia del trattamento.
Il primo passo che compie il terapeuta perciò è psicoeducativo: viene spiegato che per fronteggiare
il DOC è importante chiamare i pensieri ossessivi e gli impulsi con il loro nome e non confonderli
con desideri e intenzioni.
Quindi la modalità di pensiero non sarà quella disfunzionale: “Mi sono contaminato e mi devo
lavare le mani” ma sarà “Poiché soffro di DOC penso sempre di essermi contaminato e non lavarmi
le mani adesso mi farebbe provare un gran malessere”. Esprimersi in un modo corretto e funzionale
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è utile per prendere coscienza del disturbo e iniziare a considerare ossessioni e compulsioni solo
come pensieri terrorizzanti che invadono la mente ma non hanno molta base logica. Questo è un
primo modo per controllare i sintomi del DOC.
È necessario imparare a fermarsi un attimo prima di correre a mettere in pratica un rituale, e
ripensare alla paura che ha preso il sopravvento, ridefinirla come una delle solite paure ossessive e
l’impulso a compiere qualche gesto o azione mentale come un atto compulsivo automatizzato quale
è. Ogni volta che ci si trova in una situazione problematica bisogna richiamare alla mente la
concezione di ossessione e compulsione, ricordarsi che fanno parte di un disturbo, e quindi non
fargli prendere il sopravvento.
L'esposizione e prevenzione della risposta (E / RP)
Questo esercizio permette di affrontare le situazioni ansiogene senza evitarle, sia direttamente
(esposizione) o attraverso l’immaginazione (esposizione marginale), e contemporaneamente si
impara a ridurre la trasformazione del pensiero intrusivo in compulsioni (prevenzione della
risposta). Si identifica una gerarchia di ossessioni e compulsioni (dalla più forte alla più leggera) e
si comincia ad affrontare la meno fastidiosa e si procede verso le esposizioni più forti.
E’ bene sottolineare che L’esposizione consiste nel porsi ripetutamente e intenzionalmente nelle
situazioni che innescano le paure ossessive e la necessità di mettere in atto il cerimoniale
compulsivo, proprio quelle situazioni che si eviterebbero il più possibile.
La prevenzione della risposta consiste nell’astenersi deliberatamente dal fare quello che
normalmente serve ad alleviare il disagio causato dall’ossessione, ovvero qualunque forma di
rituale o richiesta di rassicurazione.
Chi soffre di DOC, non riesce a resistere all’impulso di fare qualcosa perché non riesce a tollerare il
disagio che proverebbe nel non fare una determinata cosa. Nel trattamento è importante riuscire a
tollerare un po’ di temporaneo malessere.
E’ ormai ampiamente dimostrato che l’impiego costante delle tecniche di esposizione e prevenzione
della risposta, quindi di un intervento che modifichi i comportamenti spontanei ma disfunzionali di
chi soffre di DOC, produce a lungo termine una diminuzione della frequenza dei pensieri ossessivi e
soprattutto un netto calo delle emozioni di ansia e/o disgusto ad essi connesse. Questo fenomeno si
può osservare in un ampio margine di tempo. Nei primi periodi si provano emozioni più sgradevoli
e forti del solito, dovute al fatto che improvvisamente si smette di fuggire da certe situazioni, le
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situazioni che da tempo si cercava di evitare, inoltre, all’inizio può presentarsi un temporaneo
aumento della frequenza delle preoccupazioni ossessive. Questi effetti però sono temporanei.
Chi soffre di DOC deve accettare di smettere di lavarsi, pulire, controllare, contare, e così via;
tollerando l’assillante sensazione di non aver fatto le cose “nel modo giusto”.
Pian piano il controllo esterno si renderà sempre meno necessario e si può tornare a fidarsi delle
proprie sensazioni, ma finché il disturbo imperversa è meglio diffidare e cercare di ancorare il
proprio comportamento a regole prestabilite.
Nella terapia è importante stabilire obiettivi pratici, a breve e lungo termine. Occorre passare
attraverso una serie di tappe intermedie per arrivare a raggiungere una buona stabilità. Prima di
iniziare qualsiasi terapia bisogna avere bene chiaro che non è possibile guarire del tutto in una sola
volta, tentativi mossi in questo senso falliscono regolarmente.
Bisogna partire dalle ultime dipendenze che si sono venute a creare, e che quindi apporteranno
minore disagio, per poi raggiungere, per gradi le prime ossessioni e compulsioni che si sono venute
a creare.
Il terapeuta ed il paziente identificano un obiettivo a lungo termine (es. ridurre l’impulso a lavarmi
continuamente le mani, non avere sempre il pensiero di essere contaminata) per poi tradurlo in una
serie di obiettivi a breve termine, da raggiungere tramite esercizi concreti, quali:
• Il paziente è tenuto a stilare una elenco di stimoli ansiogeni, ordinandoli dal meno temuto al
più temuto; elencare una per una tutte le situazioni in cui si cerca di non trovarsi, per non
essere costretti a provare ansia o disgusto o a compiere cerimoniali. Scrivere inoltre una per
una tutte le situazioni che non si possono evitare ma che inevitabilmente attivano i
cerimoniali (lavarsi o lavare, controllare, riordinare, contare, pregare ecc.)
• Individuare almeno 15-20 situazioni problematiche, cercare di pensare/immaginare quanto
disagio porterebbero nel caso ci si trovasse in ognuna di esse, senza poterle evitare
• Dare una valore numerico al disagio immaginato da 0 a 10, dove 0 corrisponde ad assenza di
problema e 10 esprime il massimo disagio mai provato.
• Elencare le situazioni descritte, ordinandole in modo crescente, partendo da quelle con
valore 1, per arrivare a quelle valutate 10.
• Bisogna cercare di inserire anche valori intermedi e non solo valori estremi, quindi bisogna
riflettere bene. 25
• Una volta che la lista è pronta, ripercorrere mentalmente tutte le situazioni, come se si
stessero affrontando, ma considerandosi totalmente liberi di mettere in atto qualunque forma
di rituale tranquilizzante.
• Annotare, quindi, il comportamento che si metterebbe in atto cedendo alle richieste del
disturbo; si tratta in pratica di scrivere dettagliatamente gli aspetti compulsivi che
susseguono lo stimolo ansiogeno.
Successivamente bisogna trasformare ogni punto della lista in un esercizio di esposizione.
Esempio: se il paziente ha inserito nella lista che evita di toccare i lavandini nei bagni pubblici e se
questo accade deve per forza disinfettarsi le mani almeno una decina di volte, e attribuisce
punteggio 7; allora l’esercizio consisterà nel toccare ripetutamente i lavandini pubblici
(esposizione), impegnandosi a non effettuare o almeno a ridurre i lavaggi immediatamente dopo
(prevenzione della risposta).
In pratica si chiede al paziente di fronteggiare una ad una, in modo graduale, tutte le situazioni
scritte nelle liste, senza mettere in atto compulsioni.
La prevenzione della risposta è certamente la tecnica migliore e più efficace, ma talvolta, per quanto
graduale possa essere, le persone che soffrono di DOC non riescono a non effettuare alcun
cerimoniale, perché ritengono che il disagio da tollerare sia troppo grande.
Per rendere l’intervento terapeutico ancora più graduale, quindi, è possibile utilizzare delle tecniche
alternative: quali la dilazione o la modificazione della risposta.
La prima consiste semplicemente nel rimandare, per periodi sempre più lunghi, la messa in atto
della compulsione (aspettare il più possibile prima di lavarsi le mani); aumentando gradualmente i
tempi di dilazione, anche se lo stimolo ansiogeno che innesca la compulsione rimane della stessa
intensità, l’esercizio diventa sempre più difficile. Continuando ad aumentare il tempo di dilazione, il
pz arriva ad un punto in cui può rinunciare a mettere in atto la compulsione, perché il malessere cala
spontaneamente fino a raggiungere un livello di tollerabilità, e quindi si può passare alla
prevenzione della risposta.
La seconda tecnica consiste nel modificare in qualche caratteristica il rituale, rendendolo sempre
meno uguale a se stesso. Ad esempio si può modificare il numero di ripetizioni (controllare il gas
due volte invece che tre), l’ordine e la sequenza delle operazioni (lavarsi prima il viso e poi le
ascelle, al contrario del solito), cambiare il luogo del ritua