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5. VITAMINA C NEL TRATTAMENTO DEL CANCRO

I primi studi sul potenziale uso della vitamina C nei pazienti affetti da patologia

tumorale risalgono agli anni ’50, quando William J. McCormick la propose per la cura

del cancro (Roa, 2020). Tuttavia, l’uso di alte dosi di ascorbato (sia per via endovenosa

che per via orale) a supporto della convenzionale terapia antitumorale risale agli anni ’70,

quando furono riportati i primi risultati positivi (Cameron, 1974; Cameron, 1975;

Cameron, 1976; Cameron, 1978).

Studi successivi dimostrarono che la vitamina C è in grado di uccidere

selettivamente le cellule tumorali in vitro e di diminuire la loro velocità di crescita (Roa,

2020). Ad oggi, però, rimane molto controverso il ruolo e le potenzialità terapeutiche di

questa sostanza nel trattamento antitumorale, a causa dei risultati contrastanti e non del

tutto evidenti ottenuti durante la somministrazione di alte dosi di vitamina C nei pazienti

sottoposti a chemioterapia. Molto importante ai fini della comparazione degli studi è la

via di somministrazione; ormai è dimostrato che le concentrazioni plasmatiche

raggiungibili con la somministrazione orale sono molto diverse da quelle ottenibili con la

somministrazione endovenosa.

Nonostante più di cinquant’anni di ricerca, ancora non sono stati del tutto compresi

i meccanismi attraverso i quali questo nutriente interagisce con le cellule tumorali e

soprattutto in che modo viene da queste acquisito, compartimentalizzato e metabolizzato,

processi che sembrano alla base della sensibilità delle cellule tumorali a questo nutriente.

Al contrario, le cellule sane sembrano non essere sensibili alle azioni dannose della

vitamina C. Ulteriori studi saranno necessari anche per comprendere la variabilità

d’azione nei confronti di cellule tumorali diverse e l’influenza delle vie di segnalazione

tumorali coinvolte (Satheesh, 2020).

5.1 Meccanismo d’azione antitumorale della Vitamina C

L’acido L-(+)-ascorbico a pH fisiologico è presente sotto forma di ione ascorbato,

le cui concentrazioni plasmatiche, in un soggetto adulto in buona salute, sono comprese

tra 40 e 80 µM (Du, 2012). Con una dose orale di 200 mg le concentrazioni plasmatiche

si mantengono costanti intorno a 80 µM, mentre con l’assunzione di dosi superiori

l’assorbimento relativo diminuisce, l’escrezione urinaria aumenta e la frazione di

ascorbato biodisponibile è ridotta. I valori di picco plasmatico non superano i 220 µM

nemmeno con una dose orale massima di 3 g per 6 volte al giorno (Padayatty, 2004).

26

Solo la somministrazione endovenosa consente di raggiungere livelli plasmatici

alti, cioè farmacologicamente significativi che corrispondono a concentrazioni

millimolari. L’infusione di 10 g di ascorbato nei pazienti affetti da patologia tumorale

consente, ad esempio, di raggiungere concentrazioni comprese tra 1 e 5 mM (Drisko,

2003; Riordan, 2005).

5.1.1 Azione antiossidante a basse dosi (azione preventiva)

Come ormai è noto, i radicali liberi possono produrre danni alla cellula in diversi

modi, quali attraverso la perossidazione lipidica, che innesca una reazione a cascata che

provoca danni cellulari, attraverso l’ossidazione di proteine o l’alterazione della struttura

delle basi azotate, provocando quindi mutazioni e danni al DNA. In condizioni

antiossidanti dell’organismo sono rappresentati dal

fisiologiche, i principali sistemi

glutatione (GSH), dalla vitamina C e dalla vitamina E (figura 6).

Figura 6. Meccanismi fisiologici di rimozione dello ione superossido

L’ascorbato, grazie alla sua forte azione antiossidante, è in grado di distruggere

. .

specie radicaliche dannose come il radicale idrossile (OH ), i radicali alcossilici (RO ), i

. .

radicali della perossidazione lipidica (LOO ) e i radicali della vitamina E (TO , azione

rigenerante) (Buettner, 1993). L’ossidazione -

dello ione ascorbato (Asc ) porta alla

-.

formazione del radicale ascorbile (Asc ) che è molto meno reattivo, e molto meno

-.

pericoloso, e riducibile nuovamente ad ascorbato dai cofattori NADH e NADPH. Asc

27

Può anche subire una reazione di sproporzione, dipendente dal pH, con conseguente

formazione di ascorbato e DHA (Corti, 2010; Bielski, 1981).

I soggetti malati di cancro mostrano dei livelli di vitamina C nel plasma che sono

significativamente più bassi rispetto agli individui sani e questa carenza sembra essere

correlata con l’aggressività della patologia tumorale. In effetti, nelle cellule tumorali si

verifica un aumento dello stress ossidativo a causa dell’aumentato tasso metabolico e a

causa dei mitocondri difettosi (Satheesh, 2020), che si traduce in un aumentato consumo,

e quindi fabbisogno, di vitamina C (Gillberg, 2017). –

Figura 7. Azione antiossidante cancer preventing

Studi epidemiologici suggeriscono che gli alimenti ricchi di vitamina C svolgono

un ruolo protettivo verso lo sviluppo del cancro. Il fatto che l’ascorbato sia necessario per

mantenere la piena attività di diversi enzimi indica che la sua assunzione ottimizza il

metabolismo. Le concentrazioni plasmatiche di ascorbato sembrano essere inversamente

associate al rischio di sviluppare il cancro (Gonzalez, 2010; Musil, 2005).

Tuttavia, molti studi clinici randomizzati su integratori ad azione antiossidante

o singolarmente (vitamine A, C, E e β-carotene)

somministrati in associazione non hanno

dato un riscontro positivo (Bjelakovic, 2004; Gaziano, 2009; Lin, 2009). Questo potrebbe

essere spiegato con la caratteristica di molti nutrienti di avere un cosiddetto

“comportamento soglia”. Ad esempio, lo scorbuto si sviluppa solo quando i livelli sierici

di ascorbato scendono a meno di 8 μM; tuttavia, un’assunzione di 60 mg al giorno, al di

28

sotto della LARNR, è in grado di prevenire i sintomi fino a 45 giorni cessata l’assunzione

(Heaney, 2006).

5.1.2 Azione pro-ossidativa ad alte dosi

L’anione ascorbato reagisce molto facilmente con lo ione ferrico (Fe 3+ ),

), che a sua volta, in funzione dell’ambiente in cui si trova,

2+

riducendolo a ione ferroso (Fe -.

può reagire con ossigeno molecolare a formare lo ione superossido (O ); lo ione

2

superossido può dismutare generando perossido di idrogeno e ossigeno molecolare,

secondo le reazioni sotto riportate.

Lo ione ferroso può anche reagire con il perossido di idrogeno prodotto, come nella

classica reazione di Fenton, rigenerando lo ione ferrico e un altro radicale pericoloso, il

.

radicale ossidrile (OH ). Dato che lo ione ascorbato può riportare il ferro allo stato ferroso

il ciclo che porta alla formazione delle specie radicaliche viste si ripete.

Il ferro è necessario al funzionamento di diversi enzimi, implicati in numerose

l’epigenetica, i cicli cellulari e la riparazione cellulare.

funzioni come la sintesi del DNA,

Nel tumore al seno, alla prostata e nei linfomi è stata osservata una maggior capacità di

stoccaggio del ferro labile intracellulare rispetto alle cellule normali di uguale

localizzazione. Quindi è lecito pensare che le cellule tumorali dipendano dal ferro (II) per

la loro sopravvivenza e che siano più suscettibili alla vitamina C dal momento che

producono una maggior quantità di perossido di idrogeno (H O ) e di radicale idrossile

2 2

rispetto alle cellule normali (Satheesh, 2020).

In uno studio alte concentrazioni di vitamina C hanno causato stress glicolitico

selettivo nelle cellule di cancro colorettale umano coltivate con mutazioni in KRAS e

BRAF a causa di un maggior assorbimento di DHA da parte di GLUT1. L’aumento di

cellule, causato dall’esaurimento del glutatione (GSH) che è un importante

ROS in queste

enzima che contrasta i radicali liberi, inattiva la gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi

29

(GADPH), enzima necessario allo smaltimento del glucosio, causando così una crisi

energetica e quindi la morte delle cellule tumorali (Du, 2012).

Negli individui sani il ferro è in gran parte sequestrato da proteine leganti il ferro,

come la transferrina e la ferritina. La transferrina è una glicoproteina che viene

sintetizzata nel fegato ed è la principale proteina circolante che lega il ferro nella sua

forma ossidata e lo rende quindi praticamente redox-inattivo.

Figura 8. Omeostasi del ferro nelle cellule.

La transferrina si lega ai suoi recettori sulla superficie cellulare ed il complesso

recettore-transferrina viene internalizzato per endocitosi, rilascia il ferro in condizioni

acide e la proteina di trasporto viene espulsa nuovamente nel plasma. Il ferro (III)

rilasciato viene ridotto a ferro (II) e viene trasportato al citoplasma dove viene utilizzato

per la sintesi di proteine contenenti il ferro oppure viene legato alla ferritina, una proteina

di stoccaggio del ferro. Il ferro immagazzinato nella ferritina può essere rilasciato a

seconda delle necessità (in presenza ad esempio di tioli, ascorbato e flavine ridotte)

oppure a causa della degradazione della ferritina nel lisosoma, ed essere usato per

sintetizzare enzimi contenenti il ferro. Il rilascio del ferro da parte della cellula avviene

tramite la proteina di membrana ferroportina, attività coadiuvata da efestina e da

ceruloplasmina oppure inibita dalla epcidina (figura 8). Se il rilascio di questo ione

metallico risulta aumentato potrebbe risultare aumentata anche la produzione di radicale

ossidrile con conseguente danno ai componenti cellulari (Biemond, 1984; Boyer, 1987;

Keyer, 1996). 30

Livelli sierici e tissutali alti di ferritina sono stati riscontrati in numerose forme

tumorali maligne.

I livelli aumentati di ferritina circolante sono stati ritrovati, ad esempio, nel linfoma

di Hodgking infantile e sono associati a una scarsa sopravvivenza dei soggetti affetti da

questa patologia. Nel cancro cervicale, gli alti livelli di ferritina sierica hanno dimostrato

di essere correlati allo stadio della malattia e al volume del tumore. Inoltre, studi hanno

dimostrato che i microvasi peritoneali e sottocutanei di topi normali risultano in gran parte

impermeabili alla ferritina circolante, mentre quelli di topi con tumori solidi diventano

molto più permeabili, avendo trovato alte concentrazioni di ferritina nello spazio laminale

basale e nello spazio extravascolare (Feng, 2000). Si ritiene che le proteine extracellulari

contenenti metalli svolgano un ruolo essenziale per gli effetti pro-ossidanti della vitamina

C e la ferritina satura di ferro potrebbe essere una di queste. Deubzer e collaboratori hanno

dimostrato che la ferritina rilasciata dalle cellule di neuroblastoma ha aumentato la

citotossicità indotta da dosi farmacologiche di ascorbato, indicando che la ferritina con

un’alta saturazione di ferro rappresenta una fonte di ferro catalitico (Deubzer, 2010).

Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
55 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/10 Biochimica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher cianfris di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biochimica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Siena o del prof Brizzi Antonella.