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II
2. CAPITOLO - Regole europee sulla tutela del
consumatore nel contratto e caratteristiche dei prodotti
“Al giorno d’oggi, i governatori non
concedono la loro approvazione a nessun
gioco nuovo se non si riesce a dimostrare
che questo esige una quantità di accessori
almeno uguale a quella del più complicato
dei giochi esistenti”.
14
Aldous Huxley
Quando si parla di tutela del consumatore si intende l’insieme di disposizioni atte
a difendere i diritti e gli interessi del cittadino, inteso come possibile fruitore di
servizi e/o utilizzatore di beni materiali per uso privato.
La definizione appena proposta fa riferimento al consumatore definendolo come
Cittadino, evidenziando il fatto che, il diritto, ha come scopo ultimo quello di
tutelare l’individuo in quanto facente parte di un sistema che lo considera, spesso,
solo come un consumatore e, quasi mai, come un cittadino.
L’elemento maggiormente significativo ed innovativo del pensiero degli
ultimi anni è costituito proprio da un cambiamento radicale di quest’ottica,
passando da una logica di mera tutela dei diritti, ormai non più sufficiente, ad una
logica di soddisfazione del cittadino, sempre più incluso nel sistema produttivo,
non più solo come output, ma anche come input. Spesso però le aziende tendono
ancora a traslare il significato di tutela, orientando il consumatore verso acquisti
che, in realtà, mirano a tutelare soprattutto gli interessi economici delle aziende,
consentendo a queste ultime di continuare a vendere i loro beni che, oltretutto, a
causa del loro metodo di produzione, distribuzione e smaltimento, non si prestano
adeguatamente al servizio di tutela dell’ambiente. Il fenomeno dell'obsolescenza
programmata procede, in questo senso, di pari passo con il graduale
deterioramento della qualità dei prodotti a danno del cittadino e con la
14 Aldus Huxley, Il mondo nuovo/ ritorno al mondo nuovo, Oscar Mondadori, Milano, 1971
15
massimizzazione dei profitti da parte dei produttori. La mancanza di qualità,
infatti, viene ampiamente ricompensata dalla crescita degli utili nel breve-medio
periodo. L’obsolescenza programmata non rappresenta soltanto una strategia di
business per aumentare i profitti, ma può essere anche conseguenza dei modelli di
consumo dei consumatori, definendone tempistiche e modalità.
In Italia, ad oggi, non esistono norme riguardanti la tutela del consumatore
che si pongano come obiettivo il contrasto del fenomeno dell’obsolescenza
programmata in quanto tale. Di fatto, non viene mai menzionata. Scopo del
capitolo è quello di dimostrare l’esistenza, all’interno delle normative attuali, di
strumenti in grado di difendere il consumatore dalla suddetta pratica, punendo il
produttore ed informando il cittadino.
2.1 La direttiva 99/44/CE - I diritti del cittadino
La direttiva europea 99/44/ CE, regolamenta la garanzia dei beni di consumo, ed è
stata recepita dall’Italia con il decreto legislativo n. 24 del 2002 ora confluito nel
Codice del consumo.
Relativamente all’applicazione della direttiva 99/44/CE in Italia, si segnala il
contenuto di un comunicato stampa diffuso dal Centro Tutela Consumatori Utenti
(CTCU) il 04/04/2013, dove si legge:
«Italia e Germania applicano in modo restrittivo la direttiva europea sulla garanzia.
Secondo il parere degli esperti del settore, ambedue i Paesi non hanno infatti recepito
nella propria legislazione nazionale, in modo adeguato, i princìpi ispiratori
comunitari della garanzia per i beni di consumo. Ad esempio è previsto che già dopo
sei mesi dalla data di acquisto l’onere della prova si inverta, a svantaggio del
consumatore. Ciò significa che in caso di vizi occulti che si manifestino dopo sei
mesi dall’acquisto, è il consumatore a dover provare che il vizio esisteva già al
momento dell’acquisto» la Commissione europea non è d’accordo con questa
15
impostazione» .
15 Centro tutela consumatori utenti, Guasti programmati a danno dei consumatori. L’invecchiamento
“pianificato” causa enormi problemi. Già oggi è spesso difficile farsi riconoscere la garanzia (ultimo
accesso: 30/07/2016) link: https://www.centroconsumatori.it/48v62166d81840.html
16
Nello stesso comunicato stampa, Walther Andreaus, direttore del Centro Tutela
Consumatori Utenti commenta: «se si apre la strada al commercio di prodotti di
16
infima qualità, l’Europa e i suoi cittadini non potranno che rimetterci» .
La direttiva considera il venditore come responsabile diretto della conformità del
bene al contratto nei confronti del consumatore. In caso di non conformità dei beni
al contratto, riconosce al consumatore il diritto di ottenere il ripristino gratuito di
tale conformità, mediante riparazione o sostituzione (a scelta), o, in mancanza di
ciò, una riduzione di prezzo. Il consumatore può, quindi, chiedere al venditore di
riparare il bene o di sostituirlo.
Risulta evidente come, nel caso in cui sia tangibile la pratica di
obsolescenza programmata, il consumatore possa richiedere la risoluzione del
contratto con le stesse modalità descritte nella direttiva di cui sopra. Questa
precisazione vuole fare intendere che, nonostante all’interno della direttiva 99/44
CE non vi siano riferimenti relativi alla pratica di obsolescenza programmata in
quanto tale, tuttavia questa rientra pienamente nell’insieme delle pratiche scorrette
che la norma sanziona e regolamenta, con modalità differenti che verranno di
seguito brevemente trattate.
La direttiva 99/44 CE garantisce al consumatore i seguenti diritti:
• Il venditore risponde al consumatore di qualsiasi difetto di conformità
esistente al momento della consegna del bene.
• In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza
spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione o ad
una riduzione adeguata del prezzo.
È lecito pensare che la pratica di obsolescenza programmata rientri nei difetti di
conformità qui elencati e che possa quindi essere trattata con le modalità di tutela
del consumatore che la norma predispone.
Consideriamo a titolo di esempio una comune stampante: essa incorpora al suo
interno, a insaputa del potenziale consumatore, un chip (chiamato EEPROM) con
il quale viene presentata sul mercato. Questo tipo di chip, “conta” letteralmente le
16 ibid. 17
copie e perciò, raggiunto il numero prestabilito al momento della produzione, si
rompe. Oltretutto, il costo di un’eventuale riparazione sarebbe superiore al costo
della stampante, quindi non conveniente. Questo rientra, a mio avviso, sia in un
difetto di conformità sia in una forma di pubblicità ingannevole. È necessario
pertanto fermarsi a riflettere: “Se fossi stato a conoscenza dell’esistenza di quel
chip, avrei comunque scelto la sopracitata stampante apparentemente comune o
avrei rivolto la mia attenzione su un altro modello?” e ancora: “perché il venditore
non ha accennato nulla a riguardo?”
2.2 Conformità al contratto
Il venditore è tenuto a consegnare al consumatore beni che siano conformi al
contratto di vendita. Nella direttiva, i caratteri di tale conformità sono riassunti in
quattro punti, di cui ne verranno analizzati due, poiché ritenuti più confacenti al
tema proposto in tesi. Si presume quindi che i suddetti beni di consumo siano
conformi al contratto se:
• sono conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualità
del bene che il venditore ha presentato al consumatore come campione o
17
modello ;
• presentano la qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo,
che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della
natura del bene e, se del caso, delle dichiarazioni pubbliche sulle
caratteristiche specifiche dei beni fatte al riguardo dal venditore, dal
produttore o dal suo rappresentante, in particolare nella pubblicità o
18
sull'etichettatura .
Il primo punto ha come obiettivo principale quello di difendere il consumatore
dalla perniciosa pratica dell’obsolescenza programmata, che, di fatto, inficia la
qualità del bene. Inoltre, è chiaro come il venditore, essendo per obbligo tenuto a
“presentare” il bene al consumatore, debba di conseguenza metterlo a conoscenza
17 direttiva 1999/44/ce del parlamento europeo e del consiglio del 25 maggio 1999, articolo 2, a.
18 ibid. articolo 2, d. 18
di ogni aspetto qualitativo del bene in questione, ivi compreso difetti di conformità
appartenenti alla pratica dell’obsolescenza programmata.
Il secondo punto risulta invece di fondamentale importanza se si considera
il riferimento finale al tema della pubblicità e dell’etichettatura, analizzati nei due
sotto-paragrafi seguenti. Bisogna tuttavia considerare anche la prima parte del
testo, ove si fa riferimento alla qualità del bene che il consumatore può
ragionevolmente aspettarsi tenuto conto della natura del bene. Ovvio che se il
prodotto viene presentato come meno durevole poiché molto meno costoso rispetto
ad un altro bene dello stesso tipo ed il consumatore decide ugualmente di
acquistarlo, lo scambio commerciale è da considerarsi lecito. Tuttavia bisogna
domandarsi quanto sia eticamente lecito il fatto di vendere qualcosa destinato a
rompersi prima del dovuto in un mondo in cui la gestione dei rifiuti e il riciclaggio
non permettono un pieno (o quasi) reinserimento delle materie prime necessarie
alla produzione di beni altri.
Se i rifiuti diventassero una risorsa da reintrodurre nell’economia come
materia prima, ciò avverrebbe solo grazie ad una attribuzione di priorità assoluta
al riuso e al riciclaggio. Una combinazione di varie politiche contribuirebbe alla
creazione di una vera e propria economia del riciclaggio, inserendo nel mercato
prodotti che integrino non solo un approccio basato sul ciclo di vita, ma anche una
migliore cooperazione tra gli operatori del mercato lungo l’intera catena di valore:
processi di raccolta perfezionati, un quadro normativo adeguato, incentivi per la
prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti, investimenti pubblici in impianti moderni
per il trattamento dei rifiuti e il riciclaggio di alta qualità etc.
2.2.1 Pubblicità ingannevole
Il tema della pubblicità ingannevole è ampiamente trattato all’interno del Decreto
legislativo 25 gennaio 1992, n. 74 che, associando l’aggettivo ingannevole al
sostantivo pubblicità, sottolinea lo scopo di quest’ultima di indurre in errore il
consumatore, impedendogli dunq