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Estratto del documento

R.

tratti di un falegname in carne ed ossa.» (Cit. Pl. X, 598b-c.); «Dunque, ho detto quel che ho

detto avendo di mira la seguente conclusione: la pittura e in generale l’arte imitativa, da un lato

compie l’opera sua restando lontano dalla verità, dall’altro si rivolge a ciò che c’è in noi di più

R.

lontano dall’intelligenza, e gli si fa amica e compagna per nulla di sano né di vero.» (Cit. Pl. X,

603 a-b; traduzione a cura di Radice R., 2000.)

105 ut

Plutarco cita un’espressione del poeta Simonide dalla quale derive poi il diffuse aforisma “

picture poesis ”. Simonide aveva detto “la pittura è poesia muta; la poesia è pittura che parla”. Si

ritiene quindi che è compito della pittura, come della poesia, di rappresentare gli uomini e di

narrarne i fatti estraendo dalla minuta realtà quotidiana una realtà più elevata e di valore

universale. La pittura era, nella civiltà greca classica, non solo la forma d’arte più diffusa, ma

anche quella più apprezzata e determinante tra le altre forme figurative. (Cfr. Bianchi

Bandinelli,1965, pp.207-221.)

106 Traill, n° 141820.

107 L’interesse per il problema del rendimento della figura che si muove nello spazio appare

assai presto nella cultura artistica greca; durante tutto l’arcaismo le testimonianze della pittura

greca mostrano un vigile senso del ritmo e della decorazione, capacità di sintesi formale unita

all’osservazione della vitalità espressiva delle forme naturali. Per quanto riguarda il problema

dello spazio invece non si hanno mutamenti fino alla fine del VI secolo. Durante il V secolo si

sviluppò massimamente la pittura sostenuta dal contorno disegnato, che con Parrasio

skiagraphia

raggiunge l’apice con l’uso della cosiddetta “linea funzionale”. Con la di Apollodoro

ha inizio il mutamento: per la prima volta la pittura si avventura nella via dell’illusione

naturalistica e affronta il problema della prospettiva. Il termine significa esattamente “pittura

prospettica, illusionistica, teatrale”, ed i mezzi prospettici e illusionistici erano penetrati nella

pittura proprio attraverso le scenografie teatrali. Platone polemizza contro questo tipo di arte

“nuova”, illusionistica, la quale invece di afferrare la realtà delle cose, cerca di renderne soltanto

l’aspetto sensibile e perciò crea l’imitazione di un’illusione dei sensi. Perciò la polemica che

contrapponeva l’arte antica a quella contemporanea era ancora sentita agli inizi del IV secolo.

(Cfr. Bianchi Bandinelli, 1965, pp 207-221.)

108 Cfr. Rutherford, 1989, pp. 323-340. 27

sono ateniesi. Egli cita Corinna, poetessa di Tebe, e l’allievo Pindaro,

anch’egli tebano e rinomato poeta lirico. Plutarco cita anche due altri famosi

poeti, quali Omero e Simonide, ma essi sono ricordati soltanto per le loro

affermazioni riguardanti l’arte poetica. Si dice che la poesia ha valore

soltanto quando essa presta attenzione ai fatti, in particolare l’argomento di

cui deve trattare è la mitologia. Infatti «la poesia ha ottenuto onore e grazia

109

per il fatto di esprimere a parole ciò che è stato compiuto» . Si capisce

perciò come Plutarco ritenga che la poesia occupi un posto inferiore rispetto

alle imprese militari. Appare così quasi una conseguenza naturale che Atene,

tanto abile nell’arte della guerra, non abbia avuto insigni poeti, né epici né

lirici. 110

Una menzione di lode, infine, ottiene il commediografo Menandro . Unico

esponente della commedia ateniese citato da Plutarco, egli viene elogiato in

quanto ha compreso che i versi hanno un’importanza secondaria rispetto

all’ordine dei fatti e alla trama concreta di una commedia.

Plutarco presenta al lettore un totale di 26 personaggi biasimati, o

perlomeno ampiamente discussi. Essi sono soprattutto poeti e storici,

oratori, e artisti quali attori di teatro; professioni che hanno visto la luce o

comunque uno sviluppo proprio nella città di Atene. Ma Plutarco asserisce

che non è grazie a queste che Atene ha ottenuto la gloria maggiore. Egli

prende in esame gli storiografi. Questi scrivono di grandi avvenimenti,

111

battaglie e atti eroici; ovverossia basano la loro opera su azioni di altri .

Perciò non sarebbe giusto che a essi siano tributati gli stessi onori di coloro

che tali gesta le hanno compiute. Gli storici, sembra affermare Plutarco,

sarebbero simili ai primi testimoni delle battaglie, cioè a chi assiste ad un

evento memorabile da lontano, incolume su di un’altura o un punto di favore,

semplici spettatori che riferiscono le gesta di uomini caduti in guerra e le

loro vittorie. Tuttavia tali avvenimenti sono troppo grandiosi da poter riferire

a parole; gli storici, attraverso l’arte della parola, divulgano gli avvenimenti,

ma devono il riconoscimento ai primi annunciatori, ai testimoni diretti delle

battaglie. Nonostante ciò, le parole non costituiscono le imprese, anzi,

proprio grazie ad esse soltanto possono esistere e divenire degne di essere

109 Mor.

Plu. [glor. Athen.] II, 347e.

110 Traill, n° 641805.

111 Mor.

Plu. [glor. Athen.] II, 345c-351b. 28

112

ascoltate . Un paragone interessante e degno di nota è appunto quello tra

attori di drammi e gli storiografi, portati su uno stesso piano di attività. I vari

storici descrivono le imprese di altri, e così facendo se ne fanno interpreti:

come attori essi mettono in scena le azioni di comandanti e di re, e sono resi

partecipi, in misura minore, del loro splendore. Le imprese si riflettono su chi

scrive come in uno specchio, così come le opere letterarie conferiscono

113

ulteriore luce e gloria agli uomini d’azione . Tuttavia gli scrittori possono

aspirare a uno stile concitato e vivido che possa rendere al lettore le stesse

sensazioni di sgomento di chi ha veramente assistito a un’impresa dal vivo,

una prosa che sia in grado di creare una narrazione come un dipinto, che

susciti passioni attraverso la rappresentazione dei protagonisti. L’eccezione

114

in tal senso per Plutarco sembra essere il solo Tucidide . I vari storici

115 116 117 118

come Clitodemo , Diillo , Filocoro e Cratippo non sarebbero ricordati

se non per il contenuto delle opere, ossia le imprese di grandi uomini.

Atene non ha avuto un celebre poeta, né lirico né epico; Plutarco cita

119

Cinesia , un ditirambografo deriso dai commediografi contemporanei,

privo di imitatori e gloria, e non è una fama che si potrebbe invidiare. Non era

inoltre rispettabile scrivere commedie, anzi, lo si riteneva tanto volgare che

nessun membro dell’Areopago avrebbe mai dovuto scriverne. Plutarco

120

menziona inoltre Cratino , commediografo ateniese, ma lo biasima

121

riferendosi all’uomo in qualità di sofista .

Non si può al contrario negare la fama che derivò dal teatro tragico, genere

in cui Atene ha conservato il primato assoluto. Plutarco fa il nome di ben

sette tragediografi, insieme ai titoli più celebri dei loro drammi, ma non sono

visti sotto una luce positiva dall’autore. La saggezza e l’eloquenza di uomini

122 123

come Eschilo, Sofocle ed Euripide alleggerirono gli animi dei cittadini, e

contribuirono ad assicurare i successi della città. Così, afferma Plutarco, è

112 Mor.

Plu. [glor. Athen.] II, 347e.

113 Mor.

Plu. [glor. Athen.] II, 345f.

114 Traill, n° 515440.

115 Traill, n° 575165.

116 Traill, n° 368225.

117 Traill, n° 952570.

118 Traill, n° 584555.

119 Traill, n° 569985.

120 Traill, n° 584385.

121 Mor.

Plu. [glor. Athen.] II, 351a.

122 Traill, n° 829200.

123 Traill, n° 444585. 29 124

giusto paragonare quest’arte alla carica di stratego . La descrizione che

figura nel paragrafo successivo è fortemente significativa per decostruire

l’asserzione precedente. Plutarco infatti mette insieme un elenco di tutti gli

oggetti e attrezzature di scena necessari all’allestimento di uno spettacolo,

gli abiti e le maschere, gli attori e i coreuti che accompagnano ogni dramma;

dalle parole di Plutarco traspare l’ironia e lo spregio nei confronti di un

125

fenomeno che costa caro alla città in fatto di spese annuali . Egli insinua

che tale massa di attrezzi e uomini è difficile da gestire e non fa nient’altro

che sottrarre ingenti somme di cui invece potrebbero beneficiare i

comandanti in guerra. E nulla di nobile deriva dal teatro tragico, se non un

passeggero plauso riservato ai vincitori dell’agone.

Plutarco considera quindi l’arte oratoria; contiamo i nomi di sei oratori, tra i

126 127 128

quali i celebri Demostene ed Eschine , ed un retore, Isocrate . Plutarco

riporta l’affermazione di Demostene, il quale avrebbe pronunciato

un’orazione contro la carica di stratego. Quindi vediamo messe a confronto

129

le opere degli oratori con i successi riportati dai generali ateniesi ; e poiché

la città offre gli onori ai grandi uomini che liberarono la Grecia e gli oratori

stessi lodano le loro imprese, risulta palese che, ancora una volta, la carica

di stratego resta inviolata dal confronto, così come è facile notare a chi è

destinata la simpatia dell’autore. Tuttavia vi è un aspetto nobile riguardo

l’arte oratoria: i discorsi pubblici infatti esortano gli uomini all’azione e alle

imprese.

In seguito Plutarco concentra la propria attenzione sulla figura di Isocrate. Il

retore spese la vita intera a casa, dice Plutarco, a «riempire di parole un

124 Mor.

Plu. [glor. Athen.] II, 348d.

125 I costi delle Grandi Dionisie e delle Grandi Panatenee ammontavano a circa 100 talenti

all’anno; gran parte delle finanze inoltre erano destinate agli stipendi di giudici, consiglieri,

cittadini all’Assemblea e vari magistrati. La spesa media annuale relativa alle campagne militari

era invece, nella metà del V secolo, intorno ai 1485 talenti; perciò durante la guerra del

Peloponneso si raggiunsero cifre cospicue e queste furono accompagnate a delle forme più

aspre di tassazione. Dunque, per quanto considerevole la spesa destinata agli agoni teatrali e

alle attività democratiche, la priorità per il popolo ateniese restava comunque l’attività bellica.

La guerra soltanto infatti avrebbe consentito ad un cittadino ateniese di mostrare la propria

ἀρετή e così ottenere onori e meriti di fronte alla propria comunità. (Cfr. Davies, 1978, pp. 124-

126; Marginesu, 2016. )

126 Traill, n° 318625.

127 Traill, n° 115030.

128 Traill,

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
81 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/02 Storia greca

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ilaria.finiel di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia greca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Sassari o del prof Marginesu Giovanni.