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OMMARIO

dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e l’art. 18 in tema di libertà religiosa – 2.2. La

convenzione Europea dei diritti dell’Uomo: l’art. 9 e la giurisprudenza della Corte Europea –

2.3. Il Patto internazionale sui diritti civili e politici: l’art. 18.- 2.4 Diritto di libertà religiosa

del fanciullo: dalla Convenzione sui diritti del fanciullo alla Carta europea dei diritti del

fanciullo- 2.5 La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ed affermazione del

principio di autodeterminazione religiosa del minore.

2.1 La libertà religiosa nel diritto internazionale e comunitario

All’indomani della fine della seconda guerra mondiale, il contesto politico-sociale

comprensibilmente devastato dalle risultanze del conflitto, cominciava a ripensare al modo in

cui dovesse ricostruirsi una coscienza sociale e, al contempo, universale, che mettesse al

centro del dibattito l’uomo e le sue libertà fondamentali. L’esperienza della guerra, infatti,

aveva dimostrato come l’attuazione della protezione dei diritti dell’uomo affidata

esclusivamente alla giurisdizione dei singoli Stati, fosse del tutto insufficiente e lacunosa e

come, pertanto, fosse necessaria una protezione universale dell’uomo, inteso come individuo

singolo e come fine ultimo dell’azione internazionale degli Stati. Il primo passo decisivo

verso una protezione internazionale dei diritti dell’uomo è stato fatto nel 1945 con

l’approvazione dello Statuto delle Nazioni Unite alla quale seguì, nel 1948, la redazione della

Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, nella quale trovarono specifico

riconoscimento alcuni fondamentali diritti della persona – come, appunto, la libertà religiosa

– anche se all’interno di uno strumento non giuridicamente vincolante. Dopo il 1948, l’opera

dell’ONU in favore dei diritti fondamentali dell’uomo, proseguì spedita per attribuire un

contenuto più specifico alle libertà richiamate dalla Dichiarazione e per dar vita, al contempo,

a strumenti di controllo e sanzione. Nel 1966, quindi, ad opera del Consiglio per i diritti

umani, videro la luce due atti convenzionali importantissimi: il Patto sui diritti civili e politici

e il Patto sui diritti economici, sociali e culturali.

L’opera dell’Onu, in tema di diritti umani e in particolare di libertà religiosa, si completa poi

con l’adozione, nel 1981, della Dichiarazione sull’eliminazione di ogni forma di intolleranza

e di discriminazione, fondata sulla religione, la quale richiese vent’anni di studio prima di

83

giungere ad una formulazione condivisa .

Sul piano europeo, il momento fondamentale del processo di

internazionalizzazione dei diritti umani fu, infine, la sottoscrizione della Convenzione

Europea dei diritti dell’Uomo, firmata a Roma il 4 novembre 1950 ed entrata in vigore il 3

settembre 1953: con la CEDU i diritti fondamentali dell’individuo non venivano solo

enunciati ma anche e soprattutto attuati, grazie all’istituzione della Corte Europea dei diritti

dell’uomo e di un apparato giurisdizionale in grado di emanare provvedimenti obbligatori e

vincolati per i singoli Stati. Con la CEDU, il Consiglio d’Europa ha posto l’accento sulla

centralità della libertà religiosa nell’ ambito della salvaguardia dei diritti umani, ritenendola

non soggetta a restrizioni diverse da quelle stabilite dalla legge. Si tratta di una fonte

normativa non specificatamente riferita alla tutela dei diritti del fanciullo che, tuttavia, incide

su di essa e sulla stessa condizione di minore, in quanto individuo. Nel vigore dell’obbligo di

rispettare i diritti di ogni essere umano, infatti, il diritto di pensiero, di coscienza, di religione,

analogamente al diritto alla libertà di espressione, di riunione, di associazione, al diritto alla

vita ed alla sicurezza, nonché al divieto di discriminazione per motivi di sesso, di razza, di

colore, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o

sociale, di appartenenza a una minoranza nazionale, di ricchezza, di nascita o di altra

condizione, non può non coinvolgere anche il soggetto in età evolutiva, benchè ai genitori

83 In tema di libertà religiosa, l’opera dell’ONU è stata particolarmente proficua con l’adozione di numerosi altri

trattati e strumenti internazionali. Tra questi possono citarsi solo a titolo esemplificativo: la Convenzione

contro il genocidio (1948), la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne

(1981), la Convenzione per i diritti dei minori (1989) e la Dichiarazione sui diritti delle persone che

appartengono a minoranze nazionali, etniche, religiose e linguistiche (1992).

spetti di educarlo secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche. Ciò che rileva in un

simile contesto è che gli ordinamenti nazionali, non sono in alcun modo legittimati ad

intervenire nell’ambito della dimensione ‘interna’ dell’anzidetto diritto, in quanto esso

concerne la coscienza individuale, dunque un diritto soggettivo assoluto. <<Lo stato,

nell’impossibilità di esercitare alcuna pressione sulle convinzioni fideistiche dei propri

cittadini, non può in nessun modo collegare la fruizione di diritti o privilegi alle specifiche

determinazioni religiose dei singoli individui, né può adottare provvedimenti coattivi di

84

natura discrezionale >>. Viceversa nella sua dimensione esterna (corrispondente alla

manifestazione delle proprie convinzioni fideistiche), la libertà religiosa può essere sottoposta

ai limiti pretesi dalla tutela di valori inderogabili. Tali restrizioni, essendo strettamente

finalizzate alla protezione dell’ordine pubblico, della salute, della morale pubblica, nonché

della salvaguardia dei diritti e delle libertà altrui, devono risultare corrispondenti al principio

di legalità. La CEDU costituisce uno standard minimo di protezione, nel senso che non

ostacola gli Stati contraenti dalla predisposizione di una salvaguardia più ampia dei diritti

fondamentali. La finalità perseguita è quella di garantire la predominanza della più ampia

forma possibile di difesa dei diritti fondamentali tra quelle adottate dagli ordinamenti e quella

prevista dalla Convenzione. Nel documento si è, a tal uopo, delineato un perfezionato sistema

di assistenza mediante la costituzione di un organo giurisdizionale identificato nella Corte

85

Europea dei diritti dell’uomo. Tale sistema ha, carattere sussidiario rispetto alle forme di

protezione vigenti negli Stati comunitari, nel senso che opera la regola del previo esaurimento

dei ricorsi interni. La Corte Europea per i diritti dell’uomo svolge in materia di protezioni

delle libertà fondamentali, una sorta di funzione costituzionale sopranazionale a livello

84 J. MARTINEZ-TORRION, Cfr. La (non) protezione dell’identità religiosa dell’individuo nella

giurisprudenza della Corte di Strasburgo.

85 F. TULKENS, Questioni teoriche e metodologiche sulla natura e l’oggetto delle sentenze della Corte

Europea dei diritti dell’uomo, cit., 89 86

europeo e tende a seguire la regola dello stare decisis. L’anzidetta doppia garanzia è stata

assicurata, per un verso, mediante l’adesione obbligatoria alla Convenzione per la

salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), i cui diritti e quelli

riassunti dalle tradizioni costituzionali comuni agli stati membri sono stati assunti a parte del

diritto dell’Unione, in quanto principi generali, per l’altro, con il riconoscimento dei principi

sanciti dalla carta dei diritti fondamentali dell’ Unione europea, alla quale è stato assegnato

valore vincolante a livello primario. I due sistemi di controllo, interno e internazionale si

87

sommano e dal loro effetto combinato il rispetto dei diritti dell’uomo esce rafforzato . Ne

seguirà un concorso di fonti la cui applicazione sarà regolata dal principio dello standard

massimo di protezione.

2.2 La Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo e l’art. 18 in tema di

libertà religiosa

La Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo rappresenta il primo passo decisivo fatto in

ambito internazionale verso una tutela universale dei diritti dell’uomo. Essa – firmata a New

York il 10 dicembre 1948 – ha natura di Risoluzione dell’Assemblea Generale ONU e proprio

per questo non ha il valore di un trattato internazionale capace di imporsi giuridicamente e

con contenuti vincolanti. Tuttavia, vista la solennità della stessa, la Dichiarazione deve essere

vista come il punto di partenza per l’istituzione di un vero e proprio sistema di diritti

universali alla cui protezione gli Stati firmatari dello Statuto dell’ONU si sono impegnati.

Ecco perché, nella pratica degli Stati, la Dichiarazione viene considerata come una fonte del

86 Ibidem I

87 Ibidem. 88

diritto consuetudinario internazionale in materia di diritti umani . Nella prassi

dell’Assemblea, infatti, la Dichiarazione è stata spesso utilizzata come un codice o modello di

condotta, sulla base del quale rivolgere agli Stati raccomandazioni, inviti o risoluzioni, per

adottare strumenti intensi a tutela dei diritti dell’uomo o delle libertà fondamentali: nella

risoluzione n. 2144 del 26 ottobre 1966, ad esempio, si legge l’invito rivolto dall’Assemblea

agli Stati di «raddoppiare gli sforzi per favorire il rispetto totale dei diritti dell’uomo e per

realizzare gli ideali enunciati nella Dichiarazione Universale». Di contro, però, l’atto è stato

usato molto spesso per accusare gli Stati di aver violato gli obblighi che gli stessi avevano

assunto adottandolo. Ciò dimostra come l’ONU attribuisca un peso sempre maggiore alla tesi

che la Dichiarazione Universale abbia creato, a carico degli Stati, effettivi obblighi la cui

violazione può costituire oggetto di una condanna severa da parte della stessa Assemblea: da

una parte, infatti, la Dichiarazione costituisce una sorta di interpretazione autorizzata dei

principi sanciti dallo Statuto dell’ONU; dall’altra essa rafforza gli obblighi che derivano dallo

89

Statuto stesso con una indicazione più precisa . Gli Stati, quindi, hanno finito per

riconoscere, implicitamente, il carattere obbligatorio della Dichiarazione perché non

essendosi opposti all’estensione graduale dei poteri dell’Organizzazione ma, al contrario,

avendoli appoggiati unanimemente, ne hanno gradualmente affermato il carattere

obbligatorio. Del resto, l’idea che i diritti fondamentali contenuti nella Dichiarazione

dovessero considerarsi parte integr

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A.A. 2017-2018
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SSD Scienze giuridiche IUS/11 Diritto canonico e diritto ecclesiastico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher francodg.fdg di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto ecclesiastico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Salerno o del prof D'Angelo Giuseppe.