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Andreuccio, fingendo di essere sua sorella: la contrada Malpertugio, si
trovava nei pressi dell’area dove ora è situato il Teatro Mercadante e di
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fronte al punto in cui oggi Rua Catalana confluisce in via Depretis .
Oltrepassando l’episodio dell’inganno, il mercante, cercando invano di
rientrare in casa della donna, finisce per camminare in una viuzza angusta,
sporco perché, secondo l’uso del tempo, in ogni città esisteva un vicolo
destinato alla raccolta degli escrementi. Senza saper dove s’andasse
Andreuccio, abbandonato a se stesso, credendo di andare verso il mare per
pulirsi, si dirige invece sulla sinistra, percorrendo Rua Catalana verso
l’alto. Su questa strada il Perugino incontra due ladri che si stavano recando
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al Duomo. Con loro si avvia verso l’alto della città , alla chiesa
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maggiore , e dopo aver lasciato zone in parte non edificate e con spazi
verdi, i tre si addentrano nei decumani che ospitano nuovi edifici religiosi,
in parte ancora in costruzione, da Santa Maria la Nova e Santa Chiara,
Ivi, p. 172: pervenne ala marina e quindi al suo albergo si abbatté.
12 Ivi, cit., p. 155: sì come rozzo e poco cauto più volte in presenza di chi andava e di
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chi veniva trasse fuori questa sua borsa de’ fiorini che aveva.
Ivi, p. 156.
14 Ivi, p. 157.
15 Cfr. N. De Blasi, op.cit., p. 192.
16 Ivi, p. 166.
17 Ivi, p. 168.
18 8
nella zona occidentale della città, a San Lorenzo, e nel centro, nei pressi
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dell’antico mercato, fino, appunto, al Duomo.
Cfr. N. De Blasi, op.cit., pp. 190 – 194.
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IV. Giorno e notte
La trasformazione della città con il calare delle tenebre e il carico di
pericoli che si cela nelle dedaliche stradine è, in entrambe le vicende
narrate, peculiare anche se, per notevoli differenze di estensione e
prospettiche, risulta più palese in Petronio.
Una trasformazione repentina tra giorno e notte divide le due scene
nell’opera di Petronio, mentre una continuità sociale ci è fornita dal
racconto del Decameron.
Lo smarrimento per le strade della Graeca Urbs caratterizza non solo il
tentativo di raggiungere un luogo, ma anche quello di evaderne, come si
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evidenzia nel capitolo LXXIX
In quest’ultimo stralcio i tre protagonisti sono colti nel rocambolesco
tentativo di fuggire dalla casa/labirinto di Trimalcione per immettersi però,
a quanto pare, in un altro labirinto non meno ingarbugliato.
Grazie agli elementi che emergono da queste breve descrizioni possiamo
dedurre l’aspetto che potevano avere le vie della città: viene più volte
ribadita l’oscurità dei luoghi, dovuta sì all’ora tarda in cui avviene la
vicenda ma supponibile anche per gli altri momenti della giornata e causata
dunque dall’ angustia e dall’accavallarsi delle viuzze; la sporcizia delle
strade, piene di cocci di anfore, derivanti probabilmente dalla baldoria
provocata da feste e banchetti notturni; la presenza di pilastri e colonne
Petron. LXXIX Neque fax ulla in praesidio erat, quae iter aperiret errantibus, nec
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silentium noctis iam mediae promittebat occurrentium lumen. 2. Accedebat huc ebrietas
et imprudentia locorum etiam interdiu obfutura. 3. Itaque cum hora paene tota per
omnes scrupos gastrarumque eminentium fragmenta traxissemus cruentos pedes,
tandem expliciti acumine Gitonis sumus. 4. Prudens enim puer, cum luce etiam clara
timeret errorem, omnes pilas columnasque notaverat creta, quae lineamenta evicerunt
spississimam noctem et notabili candore ostenderunt errantibus viam.
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sulle quali Gitone, all’andata, pone un segno con della creta temendo di
smarrirsi al ritorno.
È, tuttavia, già a partire dalle prime battute della sezione dell’opera giuntaci
che la città viene descritta secondo questo profilo:
VI, 3 Sed nec viam diligenter tenebam <quia> nec quod stabulum esset
sciebam. 4. Itaque quocumque ieram, eodem revertabar.
Dalla narrazione di Encolpio, che non riesce a riconoscere tra i vari edifici
quale sia il suo albergo, comprendiamo che questi erano tutti simili tra loro
e ben poca differenza correva tra un deversorium e un fornix se lo stesso
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protagonista non si rende conto di essere stato condotto in un lupanare .
Un altro luogo che esprime la doppia faccia è forum la cui ambivalenza è
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evidente al capitolo XXII : è interessante notare come, al calare del sole e
con l’avvicinarsi delle tenebre quello che di giorno poteva essere un
normale mercato, si trasforma in un luogo in cui si vende merce da quattro
soldi e si tenta di truffare gli stranieri e gli acquirenti meno furbi. Petronio
con l’espressione deficiente iam die utilizzata in tale circostanza, fotografa
il preciso momento in cui avviene questa mutazione e in cui gli abitanti
gettano le maschere di persone per bene per diventare commercianti senza
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scrupoli . L’ambiguità e la promiscuità della strutture riflette
l’atteggiamento di una popolazione che sembra cambiare maschera non
Petron. VII, 4: Tarde, immo iam sero intellexi me in fornicem esse deductum.
21 Petron. XII: Veniebamus in forum deficiente iam die, in quo notavimus frequentiam
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rerum venalium, non quidem pretiosarum sed tamen quarum fidem male ambulantem
obscuritas temporis facillime tegeret. 2. Cum ergo et ipsi raptum latrocinio pallium
detulissemus, uti occasione opportunissima coepimus atque in quodam angulo laciniam
extremam concutere, si quem forte emptorem splendor vestis posset adducere.
È interessante notare quanto poco questo episodio si distacchi dalle scene alle quali
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quotidianamente, tutt’oggi, è possibile assistere in alcuni mercati di Napoli nei quali
commercianti e venditori abusivi di ogni genere tentato di abbindolare e ingannare i
clienti. 11
appena alla luce del giorno e della strada si sostituisce il buio della notte e
dei vicoli: come una semplice camera di albergo può essere trasformata in
un luogo di depravazione, così una sacerdotessa di Priapo si rivela una
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perversa promotrice di orge . Encolpio e Asclito non fanno fatica ad
adattarsi: adocchiato l’oggetto del loro desiderio, un mantello rubato
precedentemente durante un rito in onore di Priapo e che conteneva
presumibilmente cucita all’ interno una discreta somma di denaro, non
tardano ad imparare i trucchi del mestiere e a tentare di ingannare il
venditore.
Il quadro sociale che emerge dall’analisi petroniana non è per niente
felice: la popolazione che abita la Graeca Urbs trascorre la sua vita in un
negotium fatto di imbrogli, di affari loschi, e un otium caratterizzato dalla
lascivia, dalla perversione. Essa rappresenta, verosimilmente, la società di
età neroniana, in balia di una profonda e in certi versi irreversibile
decadenza culturale, caratterizzata dal disfacimento degli antichi valori del
mos maiorum, dall’involgarimento dei gusti e dei modi di fare, dalla
corruzione, e da una rilevante crisi economica nella quale però i più furbi
riescono, con stratagemmi spesso illeciti, a sopravvivere.
Così, soffermandosi a descrivere soprattutto i bassifondi e le zone più
malfamate di questa città, presa come modello di tutte le più importanti
città costiere del sud, Petronio intende trasmettere al lettore un’immagine
alquanto inconsueta di esse in cui prevalga il motivo delle tenebre e
dell’oscurità, aspetti che entrano in dissonanza con quelli su cui si era
finora soffermata la cultura tradizionale.
Il riferimento è a Quartilla. A causa della lacunosità del testo, è incerto se la donna
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venga nominata per la prima volta al capitolo XVII o sia già comparsa nella parte del
testo andata perduta. È probabile che Encolpio, Asclito e Gitone abbiano interrotto un
rito tenuto da Quartilla in onore di Priapo rubando forse un mantello che riappare in
vendita al mercato nel capitolo XII. 12
Diverso è il quadro dipinto dal fiorentino. Una certa continuità negativa
lega il sostrato sociale della Napoli di Andreuccio. Sia di giorno che di
notte non mancano i pericoli. Andreuccio giunge nella nuova città una
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domenica sera in sul vespro e si reca al mercato l’indomani mattina. Tale
luogo è il primo focolare di guai a causa dell’ingenuo gesto del
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protagonista il quale sì come rozzo e poco cauto mostra i suoi cinquecento
fiorini. La scaltra Fiordaliso, attratta dal denaro, utilizza la conversazione
del giovane con una vecchietta per raggirarlo e architetta un piano per
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derubarlo: in sul vespro invia una sua fanticella presso l’albergo del
malcapitato mercante. Lo sfondo cambia, è notte, ma la situazione non
muta: prima in casa della falsa sorellastra, poi per le stradine buie e sporche
il turista non trova aiuti ma solo ostacoli. Lo scarrabone buttafuoco, vicino
dalla ciciliana, lo invita “gentilmente” a non disturbarlo, onde evitare
problemi di altro genere. Se ciò non bastasse c’è da dire che la pericolosità
della città è ribadita dalla prostituta con la frase per ciò che Napoli non era
terra da andarvi per entro di notte, e massimamente un forestiere, sia dai
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ladri stessi. Addirittura Andreuccio ha molto a lodare Idio poiché è
riuscito a cavarsela con una rapina quando avrebbe potuto rischiare di
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essere ucciso. Il dato è molto significativo perché la città è pericolosa a
G. Boccaccio, Decameron, p. 155. Interessante notare come l’espressione “in sul
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vespro” ricalchi in qualche modo il petroniano deficiente iam die.
Ibidem.
26 Ibidem.
27 Ivi, p.162.
28 Ivi, p.167.
29 Ibidem: Buono uomo, come che tu abbi perduti i tuoi denari, tu molto a lodare Idio
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che quel caso ti venne che tu cadesti né potesti poi in casa rientrare: per ciò che, se
caduto non fossi, vivi sicuro che, come prima adormentato ti fossi, saresti stato
amazzato e co’ denari avresti la persona perduta. Ma che giova oggimai di piagnere?
Tu ne potresti cosí riavere un denaio come avere delle stelle del cielo: ucciso ne potrai
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detta di chi la rende tale nei fatti. Nessuna dicotomia, quindi, tra giorno e
notte per quanto riguarda la popolazione che abita l’insidiosa città di
Napoli: l’unica differenza che potremmo trovare è che l’azione di giorno,
alla luce del sole, è recitata soprattutto da personaggi femminili ed in
particolar modo dall’astuta prostituta Firodaliso che intesse una sottilissima
rete di inganni, mentre di notte gli antagonisti del Perugino sono degli
uomini.
È, invece, per il protagon