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ASOLINI
Mondadori, 2003, p. 13. 12
Prima di darsi alla regia in prima persona, in verità, Pasolini aveva da sempre
coltivato un grande interesse per il cinema. Come spettatore da ragazzo, quando aveva
anche pensato di frequentare il Centro sperimentale di cinematografia a Roma, e poi
facendosi coinvolgere, una volta giunto a Roma nel ’50, anche per motivi di necessità
28
economica, nell’industria cinematografica in qualità di sceneggiatore . Già da qualche
anno, infatti, a partire dal 1954, il Nostro collabora alla sceneggiatura e al soggetto di
film importanti, elabora il commento parlato di diversi documentari e lavora al
trattamento di un film. In seguito, pensa ad un suo film, ma il progetto viene abbandonato
29
per scrivere la sceneggiatura di , che doveva essere prodotto da Federico
Accattone
Fellini, il quale dopo averne visto in anteprima alcune scene, rinuncia alla produzione,
preoccupato per l’inesperienza tecnica di Pasolini e per il suo “dilettantismo” che, al
contrario, Pasolini rivendica, poiché quel ritmo sciatto era, a suo dire, «funzionale, senza
30
coloriture e atmosfere, tutto addosso ai personaggi» . A tal proposito, scrive La Porta,
«imparentata con il gusto dell’incompiuto è la predilezione artistica per il saggio nel
senso di “assaggio”, e dunque di prova, esercitazione sempre un po’ improvvisata,
31
instabile, fatta da un dilettante geniale e onnivoro che intende sfidare gli specialisti» .
Infine, grazie all’aiuto di Bolognini, troverà Alfredo Bini che gli farà da
32
produttore .
Cfr. R. C , Milano, RCS,
Morire per le idee. Vita letteraria di Pier Paolo Pasolini,
28 ARNERO
2012, pos. 84/167 [ver. e-book].
Cfr. i materiali di tali progetti in P. P. P , (a cura di W. Siti e F. Zabagli),
Per il cinema,
29 ASOLINI
tomo II, Milano, Mondadori, 2001, pp. 2133-79, 2195-2243, 2269-2371, 2071-2104.
Cfr. F. L P , pp. 33-34.
Pasolini, cit.,
30 A ORTA
Cfr. Ivi, p. 11.
31 Cfr. A. T , p. 161.
Pasolini, cit.,
32 RICOMI 13
Ma qual è la ragione che spinge Pasolini ad abbandonare, di fatto, la letteratura
per passare al cinema?
In verità sin da quando si piazzò personalmente dietro la cinepresa Arriflex per
girare già coltivava un’idea, quella del «cinema di poesia», in polemica contro
Accattone,
il cinema di mero consumo, ma questa crisi gli era ancora sconosciuta nel disegno. Egli
non faceva altro che realizzare al punto massimo delle proprie energie ciò che l’epoca
chiedeva: essere poeta, scrittore, illimitatamente aperto
homme de lettres,
33 .
all’esperienza
In seguito, sarà lui stesso a confessarlo. In questa fase, relativa all’evoluzione
della sua consapevolezza in merito alle ragioni di questa scelta, egli fa riferimento a
questo passaggio come a un mero “cambiamento di tecnica”.
«Il desiderio di esprimermi attraverso il cinema rientra nel mio bisogno di
adottare una tecnica nuova, una tecnica che rinnovi» scrive il Nostro. «Significa anche
34 .
desiderio di uscire dall’ossessivo»
E nel dichiara: «Credo di poter dire ora che scrivere delle
Sogno del centauro
poesie o dei romanzi fu per me il mezzo per esprimere il mio rifiuto di una certa realtà
italiana, o personale, in un determinato momento della mia esistenza» argomenta il
Nostro. «Ma queste mediazioni poetiche o romanzesche frapponevano tra la vita e me
una sorta di parete simbolica, uno schermo di parole […] Ed è lì forse la vera tragedia di
ogni poeta, di non raggiungere il mondo se non metaforicamente, secondo le regole di
una magia in definitiva limitata nel suo modo di impossessarsi del mondo. Già il dialetto
Cfr. E. S , Firenze, Giunti, 1995, pp. 317-318.
Vita di Pasolini,
33 ICILIANO (a cura di),
L. De Giusti – R. Chiesi Accattone. L’esordio di Pier Paolo Pasolini raccontato
34 Bologna-Pordenone, Edizioni Cineteca di Bologna – Cinemazero, 2015. p. 13.
dai documenti, 14
era per me il mezzo di un approccio più fisico ai contadini, alla terra, e nei romanzi
«romani» il dialetto popolare mi offriva lo stesso approccio concreto, e per così dire
materiale. Ora, ho scoperto molto presto che l’espressione cinematografica mi offriva,
grazie alla sua analogia sul piano semiologico (ho sempre sognato un’idea cara a vari
linguisti, vale a dire una semiologia totale della realtà) con la realtà stessa, la possibilità
di raggiungere la vita in modo più completo. Di impossessarmene, di viverla mentre la
35 .
ricreavo»
In una fase successiva, egli sembra adombrare un significato politico, come gesto
di contestazione nei confronti della lingua italiana, della letteratura e, più in generale, nei
confronti della società italiana. Scrive in «Abbandonando la
Una premessa in versi:
lingua italiana, e con essa, / un po’ alla volta, la letteratura, / io rinunciavo alla mia
36
nazionalità» .
In seguito, con l’evoluzione del suo pensiero e la codificazione teorica di questa
scelta, raggiungerà la consapevolezza che si trattava non di un semplice cambio di tecnica
37
letteraria o di mera contestazione, ma dell’utilizzo di un’altra lingua , la “lingua del
cinema”, dal momento che il segno cinematografico possiede la stessa verginità
38
espressiva della lingua orale primitiva .
Lui stesso, quindi, afferma che questa scelta è stata subordinata alla ricerca di un
linguaggio più universale, un sistema di comunicazione che parlasse della vita, non con
P. P. P , p. 1413.
Saggi sulla letteratura e sull’arte, cit.,
35 ASOLINI
P. P. P , Roma, Associazione Fondo Pier Paolo Pasolini
Le regole di un’illusione,
36 ASOLINI
Editore, 1991, p. 13.
Cfr. M. F , pp. 18-19.
La Grecia secondo Pasolini, cit.,
37 USILLO
A. B , p. 165.
Pier Paolo Pasolini, cit.,
38 AZZOCCHI 15
le parole, ma attraverso la vita stessa, che nel cinema viene resa dall’evidenza delle
immagini. «In realtà», spiega il Nostro, «noi il cinema lo facciamo vivendo, cioè
esistendo praticamente, cioè agendo. L’intera vita, nel complesso delle sue azioni, è un
cinema naturale e vivente: in ciò, è linguisticamente l’equivalente della lingua orale nel
39
suo momento naturale o biologico» . Poi aggiunge: «Se il cinema altro non è […] che
la lingua scritta della realtà (che si manifesta sempre in azioni), significa che non è né
arbitrario né simbolico: e rappresenta dunque la realtà attraverso la realtà. In concreto,
attraverso gli oggetti della realtà che una macchina da presa, momento per momento,
riproduce […]. Esprimendomi attraverso la lingua del cinema […] io resto sempre
40 .
nell’ambito della realtà»
Il discorso, però, sembra più complesso di quello che a prima vista potrebbe
apparire, poiché i due ambiti, quello della letteratura e quello del cinema, per il Nostro,
non vivono in due universi separati, ma si intersecano e comunicano in maniera feconda;
il romanzo-film (1968), ad esempio, nel quale i due linguaggi si intrecciano in
Teorema 41
un’inestricabile combinazione, rappresenta un esempio eloquente .
Pasolini, dunque, teorizza ciò negli stessi anni lo studioso francese Christian Metz
fa con le sue ricerche semiologiche sul cinema, partendo dall’idea di un linguaggio senza
lingua. Giunge a conclusioni simili, il Nostro, ma portando un po’ alle estreme
conseguenze l’identificazione della lingua del cinema con la Realtà stessa, in quanto lo
spettatore decodificherebbe le sequenze filmiche con la stessa struttura mentale con la
quale decodifica le sequenze delle azioni nella realtà. Una occasione ghiottissima per
P. P. P , p. 218.
Empirismo eretico, cit.,
39 ASOLINI
Ivi, p. 241.
40 Cfr. R. C , pos. 84/167 [ver. e-book].
Morire per le idee, cit.,
41 ARNERO 16
Umberto Eco, che subito ne approfitta per attaccare l’ingenuità semiologica di questa
posizione, collocando la visione pasoliniana in quella pista che da Platone, passando per
lo Pseudo Dionigi l’Areopagita, definisce delle «metafisiche pansemiotiche»: “Bisogna
42
culturalizzare la natura, e non il contrario”, gli rimprovera Eco .
Non è stata questa l’unica volta che le teorie pasoliniane sono state accusate di
scarsa scientificità, di essere solo le riflessioni poetiche di un artista. Tuttavia, successive
riflessioni hanno ripreso il concetto di «soggettiva libera indiretta», riabilitando le
intuizioni di Pasolini, mentre Maurizio Viano, a proposito del cinema come «lingua
scritta della realtà», scrive che se la scrittura ha dato all’uomo la coscienza teorica del
linguaggio orale, allo stesso modo il cinema può offrire la coscienza di come la realtà sia
43
strutturata per codici .
La questione, quindi, sembrerebbe andare oltre quell’etichetta di «metafisica
pansemiotica» con la quale Eco liquida la visione di Pasolini, il quale parte da una
considerazione che sembra solo in apparenza banale: il cinema è fatto di immagini. E il
suo sistema di comunicazione è prettamente visivo, e in quanto visiva, questa
comunicazione potrebbe essere definita quasi preumana, pregrammaticale,
premorfologica. E mentre i segni linguistici, le parole, possono essere contenute in un
dizionario, per i segni visivi (le immagini) non si può fare altrettanto, perché non esiste,
44
non può esistere un dizionario delle immagini .
Questo il motivo per cui la semiotica del Nostro, che potremmo anche spingerci
a definire “religiosa”, guarda con interesse alle civiltà contadine, a quelle civiltà
Cfr. M. F , pp. 107-108.
La Grecia secondo Pasolini, cit.,
42 USILLO
Cfr. ibidem.
43 Cfr. P. P. P , p. 169.
Empirismo eretico, cit.,
44 ASOLINI 17
pregrammaticali, non ancora del tutto “contaminate” dal conformismo borghese, le quali
45
non trovano «naturale» la natura , ma «animata», sacralizzata.
Civiltà, tuttavia, delle quali lui annunciava profeticamente l’incipiente estinzione,
la loro eclissi, e con esse il tramonto della civiltà umanistica. Per questo motivo, in merito
a questa catastrofe storica, attraverso immagini liriche intendeva codificarne la
percezione, peraltro per lui già consumatasi, cercando di rendere in qualche modo
intellegibili quelle verità del presente che i contemporane