Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
“IL NEO-SPERIMENTALISMO”
Nel 1956 esce sempre sulla rivista “Officina” il saggio che prende il titolo “Il neo-
sperimentalismo”, saggio attraverso il quale Pasolini riesce ad interessarsi ed a soffermarsi sulla
poesia contemporanea.
Uno sperimentalismo che non è quello storico bensì uno sperimentalismo che si apre nel
Dopoguerra e che cerca di fare un bilancio del presente e di quanto stia accadendo. È uno
sperimentalismo diviso però in tre categorie:
− neo-sperimentalismo con una forte base di individualità basato su una stranezza oggettiva
− neo-sperimentalismo che continua la sopravvivenza ermetica
− neo-sperimentalismo legato all'idea dell'impegno nei confronti della storia
Pasolini cerca di dare una sistemazione del presente e colloca in queste categorie alcune figure
emergenti: Zanzotto erede di una cultura ermetica, Palmarani erede di una cultura neorealista e
Giuliani che è uno dei fondatori del gruppo 63.
Pasolini in questo momento è l'autore che fa il punto della situazione e cerca di catalogare la poesia
presente. A questo articolo seguo, l'anno successivo, un altro articolo dal titolo “La libertà stilistica”
che riprende tutti questi argomenti già trattati nell'articolo precedente e li analizza con maggiore
profondità.
Ne “Piccola antropologia neo-sperimentale” Pasolini colloca quelli che dovrebbero essere gli autori
più significativi del presente: Sanguineti, Palmarani, Ferretti ed altri. C'è un tentativo di
“colonizzare” la poesia italiana del Dopoguerra.
Edoardo Sanguineti e la raccolta di poesia “LABORINTUS”
Edoardo Sanguineti è stato un poeta e scrittore italiano, che ha fatto parte del Gruppo 63.
Pasolini in un articolo su "Il Punto" definisce la raccolta “Laborintus” un tipico prodotto del neo-
realismo post-ermetico al quale Sanguineti replica sul n. 11 di "Officina" nel novembre del 1957
con un articolo intitolato “Una polemica in prosa”, ironizzando sulle giuste distanze che Pasolini
metteva tra il proprio "sperimentalismo" e quello "non puro sperimentalismo sanguinetiano .
Sanguineti dunque che è un poeta degli anni '30, già nel '54 pubblica una raccolta di poesie dal
titolo “Laborintus” attraverso il quale reca una dedica: a P.P.P questi libretto molto neo-
sperimentale. Laborintus era stato recensito dallo stesso Pasolini sulla rivista, come ricordato prima,
“Il punto”. Il titolo è polemico nei confronti della poesia “Una polemica in versi” di Pasolini, in
quanto c'è la volontà del poeta di contrapporsi al suo titolo (anch'essa è scritto in terzine). Questo è
un poemetto innovativo in quanto punta ad una disgregazione del linguaggio, al fine di mostrare il
caos in cui verte il mondo contemporaneo. Punta in sostanza a compiere una sorta di
attraversamento della contemporaneità, cercando di mettere in discussione tutte le categorie che
Pasolini stava proponendo: Sanguineti si sente infatti preso di mira dalle categorie neo-sperimentali
di Pasolini. In realtà Pasolini non parlava e non si rivolgeva esplicitamente a Sanguineti, ma
quest'ultimo si sente chiamato in causa e decide di fare uscire questa opera.
Riferimento a Magenta: è la casa editrice che fiancheggia Verri e Anceschi; i loro scritti sono letti
da Pasolini e interpretati come la letteratura più di tendenza che emerge.
Il titolo è “Laborintus”, come se il libro avesse un travaglio al suo interno. Questo è il tipico
prodotto neo-sperimentale post-ermetico dice Pasolini, collocando Sanguineti tra gli eredi
dell'ermetismo e facendo di lui un prodotto della vecchia letteratura Novecentesca (Pasolini dice
che Sanguineti finge di essere giovane, lo accusa di proporre la sua poesia come qualcosa di nuovo,
ma in realtà è vecchio. Lo accusa di essere in linea di continuità con gli ermetici del passato a
differenza di lui che sta cercando di segnare una netta rottura con il passato e con ciò che ormai è
stato).
“Laborintus” secondo Pasolini rappresenta una lunga introspezione da parte del poeta stesso, nella
quale opera c'è una presenza ininterrotta dell'io, del soggetto stesso, dice che il libro è solamente
centrato sull'io in modo narcisistico e a-storico. In realtà Laborintus è un tentativo di riflettere sulla
storia, di quanto stava accadendo in quegli anni. Libro come merce vecchia che puzza di cadavere;
c'è un riferimento alla resurrezione di Lazzaro (è un cadavere di 4 giorni). Sanguineti insomma
viene individuato e categorizzato come un prodotto vecchio che è incapace di stabilire un rapporto
con la storia.
In primo luogo l'accusa di Pasolini nei confronti Sanguineti viene respinta in quanto quest'ultimo
non si ritiene un epigono, ma anzi si considera più avanti di tutti gli altri con la sua poesia. Si
considera non un neo-sperimentale ma una vera avanguardia della poesia. In secondo luogo accusa
di nuovo il fatto che Pasolini abbia creato una serie di categorie critiche che tendono solamente a
gettare disorientamento sugli altri poeti, su coloro che generano poesie diverse dalla sua (discorso
critico).
Io sono l'avanguardia, io sono la modernità (pag 453): in sostanza Sanguineti contrappone la propria
modernità con la presunzione di Pasolini di fare una poesia che sia concatenata e collegata con la
storia contemporanea. Laborintus è un libro profondamente innovativo ed infatti segna una
profonda rottura con la tradizione moderna. Pasolini invece si collega con tutta la tradizione
letteraria precedente (Dante, Pascoli, Foscolo → Pasolini riscrive la sita alle tombe a modo suo, ma
alle spalle è come se stesse dialogando con Ugo Foscolo e con la sua opera “I sepolcri”).
In Laborintus non c'è infatti più nessun dialogo con ciò che è avvenuto nel passato; il riferimento a
poeti precedenti a lui rappresentano veramente una quota marginale. Il linguaggio della tradizione
viene emarginato. È vero anche che in questa raccolta è presente anche una figura femminile da
nome Ellie, una presenza femminile che potrebbe ricollegarsi alla Beatrice di Dante, ma in realtà
ciò che fa Sanguineti è trasformare e trasferire il linguaggio dei poeti a lui antecedenti in un
territorio nel quale possono rientrare tutte le diverse lingue (la lingua della filosofia, la lingua
dell'arte etc...). Lui rappresenta la vera rottura in quanto cerca di fare la poesia attraverso i
frammenti delle diverse lingue che si parlano, al fine di montare una riflessione critica sul mondo
contemporaneo basato principalmente dal caos e attraversato da una incertezza complessiva.
In sostanza si scontrano due visioni completamente differenti della letteratura: la visione di Pasolini
come colui che parte dai modelli tradizionali e la visione di Sanguineti come colui che punta a fare
tabula rasa dei modelli tradizioni sostenendo che non servono più a capire la storia e ciò che sta
succedendo nel mondo. Emergono dunque due proposte completamente antagoniste di vedere la
letteratura.
Negli anni successivi per Sanguineti ed il gruppo 63 Pasolini è il nemico, e viceversa, ed è proprio
all'interno di “Una polemica in prosa” che emerge questo duro confronto. “Una polemica in prosa”
esce nel fascicolo 11 del 1957 su “Officina”.
Sanguineti si rivolge a Pasolini (→ lei crede nella storia) e interpreta ironicamente la sua opera
“Libertà stilistica” parlando di immaturità stilistica da parte sua (pag 444/445), rovesciando tutti i
suoi temi e rovesciando continuamente le sue argomentazioni. Pasolini in modo presuntuoso
affermava di sé che la sua poesia era più moderna ed era in grado, attraverso essa, di fare un
confronto con la storia; in realtà dice Sanguineti che Pasolini attraverso la sua poesia parlava sì
della storia, ma non di quella contemporanea in quanto le categorie da lui inventate erano solamente
funzionali al suo discorso e a ciò che voleva rappresentare. La sua poesia era solo in grado di
falsificare la realtà. Quindi Pasolini era bugiardo nel dire che lui era in grado di comprendere la
storia e che era la sua poesia a permettergli tutto ciò (pag 456/457).
Secondo Sanguineti in realtà anche Pasolini è un alienato della storia e che non sopra sopra e
migliore a nessuno, anzi tutti erano allo stesso punto. Non c'è qualcuno che era più avanti degli altri
nella comprensione della storia e non bisognava inventare, come ha fatto Pasolini, trappole storiche
al fine di collocare le persone al posto dove secondo lui doveva stare in modo da potersi sentire
superiore a queste. Lui non era avanti rispetto a nessuno in quanto tutte le persone in questo periodo
storico sono costrette a vivere nella stessa confusione e nella stessa incertezza per il futuro.
Il saggio è poi seguito da una nota nella quale vengono fatte alcune riflessioni riguardo la poesia e
riguardo al fatto che esistono e stanno emergendo sempre più delle posizioni molto diverse tra loro,
e che tra Pasolini e Sanguineti si sta polarizzando un contrasto duro che durerà anche per gli anni
successivi. Sanguineti critica (pag 460) il fatto che Pasolini dice che “Una polemica in versi” è una
novità assoluta e che le scelte formali fatte in quella poesia sono fatte assolutamente in sintonia con
il tempo storia nel quale scrive (socialismo, dramma del '56 etc...). C'è una rappresenta della festa
dell'Unità e Pasolini forza i modelli correnti facendo della poesia una rappresentazione affascinante
di un preciso momento storico, simboleggiato dalla caduta della bandiera rossa durante la festa
dell'Unità.
“Una polemica in prosa” di Sanguineti invece è per la rivista “Officina” un modello negativo in
quanto è un modo per parlare dell'immediatezza storica. Ed oltre a questo l'endecasillabo di Pasolini
rappresenta una allusione metrica (sguardo al passato), mentre l'endecasillabo di Sanguineti
rappresente un preciso ed esatto insieme di 11 sillabe (anche se non realtà spesso non sono
veramente 11); c'è quindi una questione di uso del poemetto per fare polemica che non piace alla
rivista. Essendo che l'endecasillabo allude a quella della tradizione, in Passolini è presente un
modello che cerca di rappresentare la tradizione, mentre a Sanguineti l'assunzione del modello
tradizionale non interessa perché sostiene che sia una cosa ormai passata e si debba guardare al
futuro. Secondo Sanguineti Pasolini è il riflesso di un io che si auto-contempla ed auto-esalta