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LO SCIOPERO UN ARMA A DOPPIO TAGLIO
A seguito dell'unificazione del nostro Paese, il processo produttivo non si concretizzava in modo omogeneo su tutta la penisola, bensì era concentrato nel triangolo industriale ossia Torino, Milano, Genova. Certamente a favorire tale processo produttivo, era ed è la vicinanza con la Francia, Germania e Svizzera ma non da sottovalutare l'Inghilterra, la quale seppur lontana facilitava gli scambi commerciali. Il nostro codice del 1865 era modellato su quello francese del 1804, il quale non regolava in modo circostanziato i rapporti, diciamo, di natura commerciale, nonché i rapporti di lavoro, ma lo stesso si identificava nello spirito liberale dichiaratamente non interventista e i rapporti venivano esclusivamente regolati dalle "leggi" del mercato. Posso aggiungere che il codice del 1865 e il successivo codice del commercio del 1882 amplificava il ruolo dell'imprenditore, aggiungendo ulteriori privilegi.
Vantaggi proprio a favore di questa classe, tutelandola ulteriormente anche da un profilo di natura economica. Il potere dei datori di lavoro assumeva aspetti sempre più deteriori, in quanto la regolamentazione del rapporto di lavoro, non stabiliva l'assunzione a tempo indeterminato e tale fatto era motivo di uno squilibrio fra le parti, poiché dava maggiore forza alla borghesia. Questo periodo viene considerato, da parte degli storici il periodo più alto del riconoscimento del potere borghese. Soltanto con la successiva codificazione del 1942 la realtà precedente viene archiviata. Il nuovo codice abbatte notevolmente le divergenze fra i titolari delle imprese e gli stessi operai, i quali diventano protagonisti e veri attori di un futuro diverso, ove i loro diritti rivestono un aspetto qualitativo certamente più significativo. Sul versante della libertà sindacale vige un sistema di repressione penale. Il primo codice penale italiano (quello sardo
del 1859 esteso dopo l'unità a tutta l'Italia, con l'eccezione della Toscana, dove rimane in vigore il più evoluto codice del 1852) punisce i reati di coalizione, da qualunque parte provengano. Sono puniti quindi tanto le intese e gli accordi dei datori di lavoro stipulati allo scopo di costringere gli operai ad accettare una diminuzione dei salari, quanto le organizzazioni operaie volte alla sospensione o alla turbativa o al rincaro del lavoro (artt. 385 e 386 cod. pen. 1859). Sono pertanto considerate sullo stesso piano, e ugualmente vietate, le associazioni sindacali imprenditoriali e operaie. L'istituzione del codice penale del 1889 (cosiddetto Zanardelli) determina un radicale cambiamento favorendo la possibilità di attuare lo sciopero dei lavoratori, collocandovi precisi paletti, affinché l'astensione del lavoro non potesse degenerare con atti di violenza da creare allarme sociale e turbativa all'ordine pubblico. Si comprende,
A tal proposito, chelo sciopero non viene più considerato reato. Non si tratta ancora del riconoscimento di un vero e proprio "diritto", che sarà previsto solo molti anni dopo dall'art. 40 della Costituzione Repubblicana, ma viene assicurata, quanto meno, una libertà di sciopero, nel senso che lo Stato resta indifferente di fronte ai casi di astensione dal lavoro e non interviene più, come in passato, a reprimere le agitazioni sindacali, anche da un profilo prettamente di natura penalistica. Resta il fatto che lo sciopero, ossia l'astensione dal rapporto di lavoro, da un profilo prettamente di natura civilistica, viene considerato un illecito contrattuale e come tale perseguibile con determinate misure non escluso il licenziamento. I movimenti socialisti che miravano a riformare un assetto istituzionale non certamente in favore delle classi meno abbienti, attraverso le loro lotte, riusciranno a scardinare un sistema che era orientato a
salvaguardare gli interessi della ricca borghesia. Oltre la costituzione del codice Zanardelli, altro decisivo avvenimento è dunque la nascita a Genova nel 1892 del partito socialista. A differenza di quanto si verificò in Inghilterra, il legislatore, non stette ad osservare passivamente la possibile evoluzione di determinati traguardi in difesa della classe operaia, bensì fu lui stesso a farsi interprete delle esigenze di quest'ultimi. I collegi probivirali previsti sull'esempio francese dalla legge 15 giugno 1893 n. 295, non erano altro che degli apparati di conciliazione (composti da membri eletti per metà dagli imprenditori e per metà dai lavoratori) per dirimere le liti sorte fra i lavoratori e gli stessi imprenditori secondo equità data la mancanza di un diritto scritto.
LA REPRESSIONE DELLO STATO NEI CONFRONTI DELLA POPOLAZIONE
Gli organi di mediazione, impersonificati dai probiviri fanno emergere una nuova realtà, che abbatte
definitivamente un sistema non più idoneo a vivere, e un esempio che fa rabbrividire è stato caratterizzato dall'esercizio della violenza al livello governativo che è stato attuato a Milano nel 1898, in occasione di una vera sommossa di tutti i lavoratori. In tale circostanza, il generale Bava Beccaris non esitò a dare ordini ai proprio subalterni di sparare sulla folla con armi pesanti. Fu una strage che mortificò e sensibilizzò notevolmente il popolo, il quale prese sempre più coscienza che, l'assetto politico istituzionale doveva essere trasformato in un entità diversa e più vicina alle problematiche del Paese. Il capo del governo Giolitti, diede notevole impulso alle lotte operaie e favorì un processo di vero rinnovamento, perché non intervenne in alcun modo a reprimere le condotte dei lavoratori nel corso delle agitazioni sindacali e lo Stato, pertanto, stette a guardare, lasciando alle parti laPossibilità di individuare fra loro stessi le migliori soluzioni possibili.
LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE E LA NASCITA DEL DIRITTO DEL LAVORO
La rivoluzione industriale oltre ad aver contribuito a un progresso economico e di natura sociale, indubbiamente ha eretto le basi per la nascita del diritto lavoro. A partire dagli anni ottanta dell'ottocento, aveva preso corpo un dibattito sociale e politico, prima ancora che istituzionale, portato alla ribalta dalla crescente industrializzazione, uno status giuridico e una tutela contro i cosiddetti "fatti nuovi" connessi alla vita lavorativa. Interessante è l'intervento dell'On. Cabrini rivolto agli alunni della scuola pratica di legislazione sociale, così sintetizzato: "Il salario dell'operaio dovrebbe comprendere una quota che gli permetta i risparmi o il pagamento dei premi di assicurazione per i casi di: malattia; di infortunio sul lavoro; di invalidità; di vecchiaia; di disoccupazione; di"
morte ( spese di funerali, sussidio alla vedova e figli minorenni)” . Durante tale rivoluzione una gran massa di lavoratori si era trasferita nelle città industrializzate. Le condizioni di tale classe sociale erano molto precarie e non esistevano norme di diritto che regolavano tali attività. Non esistevano misure di sicurezza a tutela del lavoratore quali Infortuni, invalidità, disoccupazione, emersi su vasta scala, rappresentavano eventi del tutto nuovi per la cultura italiana post-unitaria, perché misconosciuti ad un paese dalla vocazione prettamente rurale. Se il lavoratore moriva la famiglia non aveva alcun sussidio e se restava infortunato veniva licenziato. Questo porto a moti con numerosi scioperi al punto che la questione dei lavoratori divenne un vero problema sociale e di ordine pubblico. Appare pacifico che il codice civile del 1865 prima ancora di essere totalmente revisionato nel 1942, presentava delle vere fragilità poiché priva,
ossia carente di una legislazione che potesse tutelare le fasce più deboli e nel caso in esame la classe operaia. Il codice del 1865 fu articolato in 3 libri cosi intitolati: 1) delle persone, 2) Dei Beni 3) Dei modi di acquistare e di trasmettere la proprietà e gli altri diritti sulle cose. La materia delle "successioni" e quella delle "obbligazioni" e dei "contratti" non ebbero una parte autonoma, ma furono inglobate nel terzo libro, differentemente a quanto sarebbe accaduto nel 1942. Inoltre,non fu prevista una disciplina "peculiare" dei rapporti di lavoro, che venivano fatti entrare nelle obbligazioni; solo nel 1942 il quinto libro sarebbe stato dedicato alla materia, ricomprendendo in essa anche il diritto d'impresa.IL PRIMO MODELLO ASSICURATIVO OBBLIGATORIO
Alla fine dell'800, abbiamo le prime leggi a tutela dei lavoratori. Il Regno d'Italia obbliga i datori di lavoro, ad esempio, di stipulare delle assicurazioni che al verificarsi dell'infortunio, concedessero un indennizzo al lavoratore. Questo, è il primo segnale che farà nascere il diritto del lavoro Italiano; si susseguiranno nel tempo vari interventi legislativi. Il fenomeno degli infortuni sul lavoro, impose prepotentemente all'attenzione delle aule parlamentari e dalle corti di giustizia italiane verso la fine dell'ottocento, in un clima dominato dall'ansia di trovare a tali fatti "dannosi" una consona risposta sociale e un coretto.
Inquadramento giuridico. L'onorevole Finocchiaro - Aprile denunciava che, il moltiplicarsi degli infortuni costituiva non soltanto un disastro economico per le famiglie, ma anche un grave perturbamento sociale e lo Stato non può rimanere indifferente in presenza di questo nuovo ed incalzante fenomeno, che è in gran parte effetto della trasformazione della grande industria, la quale sostituendo le vaste officine e le macchine al lavoro isolato e manuale, ha modificato profondamente le condizioni morali ed economiche delle classi lavoratrici. Tale fenomeno, certamente negativo per quanto riguarda la tutela dei lavoratori, suscitò un ampio ed edificante dibattito fra gli accademici, affinché il legislatore potesse intervenire per meglio tutelare gli stessi lavoratori all'interno dei luoghi di lavoro presso cui espletavano la propria attività. È pacifico, che la classe borghese risultava indifferente rispetto alla summenzionata descrizione,
Ma gli operai, supportati dalle idee socialiste, auspicavano una legislazione nuova.