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Santo del 1549, aiuta a comprendere come anche Laura potesse essere
entrata a contatto e aver conosciuto, nei primi anni del suo trasferimento
fiorentino, il contenuto eretico di questo testo e che, inconsciamente o
meno, il pensiero divulgato dalla setta valdesiana potesse essere entrato
nelle sue opere. Una prova ulteriore che Laura abbia avuto a che fare con
il contenuto del Beneficio di Cristo è un suo lavoro giunto in forma
132 126
manoscritta, intitolato l’Orazione sopra il natale di Nostro Signore , in
cui si possono leggere due brevi brani che sembrano parafrasati dal
libretto valdesiano: 133
Quella infinita, et immensa chiarità, che ti mosse a creare il mondo,
Padre infinito, et immenso ti mosse anco a mandare il tuo unigenito
134 127
figliuolo in terra per salvarla e redimerla.
Veggendo venuta la pienezza del tempo, secondo, che nell’eterna mente
era ordinato. Nasce da Vergine fatto secondo la legge, et in similitudine
135
di carne peccatrice, acciò che tutti quelli, che erano sotto essa legge
136
128
fossero salvati, et liberati.
Tali brani, estrapolati dal testo manoscritto di Laura, sono stati messi a
confronto da Guidi con altri due del Beneficio di Cristo, sempre per
dimostrare l’influenza del pensiero di Benedetto da Mantova sulla
spiritualità della poetessa: 137
Volendo adunque il Nostro Iddio, per la sua infinita bontà e
misericordia, mandar il suo unigenito figliolo a liberar i miseri figli di
138
129
Adamo. 139
Dico che ci ha liberati dall’imperio della Legge, perché ci ha donato lo
spirito suo […] essendo vestiti della Giustizia del suo Cristo e liberati
140 130
per lui dalla maledizione della Legge.
Dunque, se Guidi ha potuto confrontare l’Orazione di Laura con alcuni
brani del Beneficio, non dovrebbero essere del tutto fuori luogo i
confronti fatti tra il trattato eretico e i due sonetti studiati in questa sede.
Come è stato già detto, queste due composizioni, sulle quali è stata posta
la nostra attenzione, fanno parte del blocco tematico più intimista e
spirituale, che sarà succeduto «da un corposo nucleo di sessantasette
componimenti (LXXII-CXXXIX) di corrispondenza poetica, un vero e
141 131
proprio carteggio con poeti e personaggi illustri» . In questi ultimi
sonetti viene messo da parte il messaggio religioso e spirituale della
poetessa, infatti si nota una minore attenzione alla questione della
salvezza dell’anima e dell’inquietudine interiore perché Laura tende ad
esaltare i rapporti di amicizia e di stima che intratteneva con i destinatari
del proprio carteggio poetico. Fra i nomi più importanti, oltre al Varchi,
di cui è stato ampiamente discusso, troviamo Lanza, Cellini, Bronzino e
lo stesso marito di Laura, cioè Bartolomeo Ammannati. Come è stato
evidenziato nelle Lettere, molto forte fu il rapporto tra Laura e Benedetto
Varchi e tra questi sonetti di «corrispondenza poetica» interessanti sono
appunto quelli fra i due amici e letterati, che citano la Duchessa di
Camerino, Caterina Cybo, e la ricordano onorando la sua memoria.
Sono quattro i sonetti di reciprocità fra Varchi e Laura, i LXXXVa
-LXXXVb e LXXXVIa - LXXXVIb: i primi due rispecchiano l’infinita
stima della discepola nei confronti del suo maestro, che era già stata
evidenziata nella numerose missive inviate al Varchi tra il 1556 e il1563.
Invece, gli ultimi due sonetti di questa breve «corrispondenza poetica»
esprimono il dolore di Laura per la morte della Duchessa di Camerino, e
ad essi si aggiunge la partecipazione commossa del Varchi. Siamo in
grado di datare un sonetto poiché coincide con la data di morte di
Caterina Cybo, avvenuta il 17 febbraio 1557, anno in cui la politica di
Cosimo I si stava avviando ad una svolta che sarebbe stata fondamentale
per il futuro dei credenti eterodossi presenti in Toscana e, soprattutto, a
142
Firenze. Ma, nonostante tale mutamento politico e religioso, legato al
progressivo avvicinamento del Duca al potere papale e dunque
all’indirizzo controriformista, nel sonetto LXXXVIa Laura definisce la
Cybo una «terrestre Dea», anche se tutti, all’interno dell’élite culturale
fiorentina, erano a conoscenza delle sue inclinazioni religiose eterodosse.
Era noto, infatti, che nel 1535 la Cybo era stata anche accusata di eresia
per aver facilitato la fuga di Ochino, seguace della setta di de Valdés.
Certo Laura fu più cauta del Varchi che, come abbiamo già visto, nel suo
sonetto commemorativo per Caterina aveva accostato il nome della
143 132
defunta a quello di Vittoria Colonna e del «buon valdelsio» . Laura,
invece, si limita a definirla:
una gran donna, anzi terrestre Dea,
raro del ciel e di natura mostro,
che di Cibo immortal l’alme pascea,
cantate voi, ché al benedetto inchiostro
maggior soggetto dar non si potea
144 133
per far eterno il suo bel nome e ‘l vostro.
Anche se in queste terzine non è presente alcun riferimento esplicito al
credo religioso della Cybo, Laura afferma, usando la figura retorica del
Senhal, che la Duchessa «pascea l’alme di Cibo immortal», e per questo
desidera che il nome della nobildonna, insieme a quello del suo maestro,
divengano eterni tramite il «benedetto inchiostro», ovvero l’inchiostro di
Benedetto Varchi. Questo sonetto è utile alla nostra trattazione poiché
conferma l’amicizia tra Laura e Caterina Cybo, che era stata già messa in
evidenza nella lettera II inviata nel 1556 al Varchi.
Dunque, in questo breve studio rivolto al Primo Libro delle opere
Toscane, pur non avendo potuto indagare più approfonditamente le
caratteristiche spirituali di Laura, si è cercato di mettere in luce i
principali indizi che, più di altri, possono accostare la poetessa urbinate
alla setta dei valdesiani. Nei sonetti brevemente analizzati abbiamo
cercato di dimostrare la vicinanza di Laura al pensiero religioso
eterodosso che, negli anni 1540-1550, sotto la guida di Varchi, Caterina
Cybo, Vittoria Colonna, Flaminio e altre figure di spicco già ampiamente
nominate, aveva preso piede a Firenze, influenzando molte delle opere
degli artisti del tempo, come celebrano i celebri affreschi laurenziani
commissionati al Pontormo. Non possiamo dire con certezza che Laura
avesse letto il Beneficio di Cristo, il testo fondamentale per la diffusione
del pensiero valdesiano in Italia e all’estero, ma le influenze prodotte da
145
quest’ultimo negli ambienti frequentati dalla poetessa hanno sicuramente
avuto un grande ascendente su di lei. Tali influenze possono essere
evidenziate maggiormente nella seconda opera di Laura, stampata
sempre presso i Giunti nel 1564, in pieno clima controriformista.
3.2 I sette Salmi penitenziali di David con alcuni sonetti spirituali
146
Guidi, curatore di entrambe le opere di Laura, afferma che il volume
147
intitolato I sette Salmi penitenziali di David con alcuni sonetti
148
134
spirituali , pur essendo stato composto tra il 1560-1564, ovvero nel
periodo conclusivo del Concilio di Trento, che vide l’entrata in vigore
149
135
del secondo Indice universale , è quello che contribuisce maggiormente
a rintracciare le influenze spirituali eterodosse presenti nella religiosità di
Laura. Infatti, se nella prima opera era nettamente superiore il numero di
sonetti encomiastici e di corrispondenza poetica, in questo nuovo libro
Laura non si esprime attraverso questi motivi. Come spiega Guidi:
quando si fa riferimento alla lirica italiana del XVI secolo, si è soliti
pensare alla produzione petrarchista […], a quella sconfinata
produzione di raccolte poetiche dedicate a nobildonne e sonetti
encomiastici o di corrispondenza […]. Solo di recente si è prestata
attenzione ad un altro filone[…]: la poesia spirituale, moralistica e
150
cristiana. […] A questa tradizione appartiene la traduzione in versi de I
151 136
sette Salmi penitenziali del Santissimo profeta David [...].
Dunque, questa secondo opera di Laura è introdotta nel filone spirituale
che, in qualche in modo, era già stato proposto dalla poetessa anche in
alcune opere del Primo libro, cioè nel gruppo di sonetti che va dal
152
137
numero XXXII al LXXI . Ma, se nel libro precedente queste
composizioni (XXXII-LXXI) d’ispirazione cristiana costituivano una
parte minima dell’intera opera, nel suo secondo volume Laura si
concentra esclusivamente sul genere letterario spirituale. Tale indirizzo
poetico non si riscontra solo nei sonetti posti nella parte finale
dell’opera, ma si può notare anche nella libera traduzione che la poetessa
fa dei Salmi penitenziali. In essi, infatti, sono messi in evidenza molti
riferimenti nascosti ai fermenti religiosi che circolavano negli ambienti
fiorentini. Come spiega Guidi, nell’analisi posta a introduzione
153
138
dell’opera , «la traduzione dalla Vulgata da parte di Laura è piuttosto
libera […] e ciò ammette una certa tolleranza nella trasposizione dei
154
139
versi» . Infatti, in tutti i Salmi tradotti dalla poetessa, si notano parti
non presenti nel testo latino, inducendoci a pensare che Laura cercasse di
fare riferimenti impliciti al pensiero riformato. Per comprendere la
peculiarità di questa opera, è doveroso ricordare che le traduzioni dei
testi latini dell’Antico Testamento non erano ben viste dall’Inquisizione
negli anni post-tridentini, poiché i volgarizzamenti e i loro commenti
spesso risultavano ambigui agli occhi attenti dei teologi e, dunque,
potevano divulgare con facilità pensieri non in linea con i dogmi della
155
140
Chiesa romana . Ma, nonostante la diffidenza con cui erano visti tali
testi, si può affermare che le traduzioni dei Salmi avessero una grande
tradizione letteraria alle spalle, infatti, i primi volgarizzamenti non
furono realizzati nel corso del Cinquecento, bensì nel Trecento, e tra
156 141 142
coloro che se ne occuparono spiccano, sopra tutti, Dante e Petrarca .
Ovviamente, in questa trattazione, interessano i volgarizzamenti che
furono composti dall’inizio del Cinquecento fino al periodo della
Controriforma. 157
Oltre a Laura, infatti, tra coloro che si occuparono della traduzione dei
158 143
Salmi, si può citare Benedetto Varchi, Antonio Brucioli e lo stesso
159
144
Lutero . Interessante è il volgarizzamento dei sette Salmi penitenziali di
quest’ultimo, poiché fu la prima opera tradotta in tedesco dal monaco
agostiniano, dove poté esporre il proprio pensiero eterodosso, ancora