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TRASPARENZA GIURIDICA.
Il mondo romano dedicava molte attenzioni alle cure degli archivi, esso non si sarebbe potuto
sviluppare così tanto senza gli archivi.
GLI ARCHIVI NEL MEDIOEVO
Alto Medioevo: scompare la grande produzione archivistica, caratteristica del mondo romani,
e gli archivi rimangono presenti solo presso alcune categorie ecclesiastiche (monasteri,
vescovati, chiese, cattedrali ecc). I sovrani e i grandi feudatari ebbero archivi poco
consistenti. Con la formazione dei comuni e la rinascita del diritto romano si tornò alla
produzione sempre più ampia di documenti, soprattutto dopo l’introduzione di una nuova
materia scrittoria: LA CARTA.
Uno degli aspetti più importanti dell’epoca medievale è l’archivio legato alla figura del
notaio.
IUS ARCHIVI: il diritto alla conservazione dei documenti affinché questi mantenessero la
pubblica fides: tale diritto era strettamente connesso con il potere ed veniva concesso
esclusivamente dalla sovranità. Da qui inizia la pubblica fede del documento redatto dal
notaio (il notatio ha questo potere).
Il notaio poteva essere di autorità imperiale o di autorità della chiesa. Il notaio in Italia ebbe
importanza per molti secoli per la redazione dei documenti e per l’attribuzione di fede
pubblica. In altre nazioni era il signore che autenticava con il sigillo il proprio documento (in
Italia questo compito spettava al notaio). Il notariato è stato il più grande apporto italiano al
Medioevo, soprattutto perché proprio attraverso l’attività del notaio si costruisce
l’ARCHIVIO COMUNALE.
I documenti nel comune hanno pubblica fede in quanto redatti da un notaio; quando il
comune si è sostituito alle autorità pubbliche legittime, dal momento in cui si sono creati i
magistrati, il comune stesso si trovava ancora nelle condizioni di ente privato rispetto alla
documentazione degli atti propri, ovvero essi non avevano valore di atti pubblici per ragione
dell’autorità che li emanava. I comuni si sono dovuti “piegare al notaio”.
Dal XIII secolo il re all’interno del proprio regno ha gli stessi poteri che l’imperatore ha in
tutto l’impero, pertanto gode dello IUS ARCHIVI.
L’archivio è il supremo conservatore di ogni diritto importante sia pubblico che privato,
dei singoli e della collettività.
Le università (per esempio Roma) si rivolgono al notaio pubblico per le loro necessità di
documentazione. Nell’ università di Pavia molte lauree si trovano negli archivi notarili e non
in quello proprio dell’università.
Durante la metà del XII secolo viene introdotta la carta, con questa innovazione alla
prevalenza di documenti singoli si sostituiscono i REGISTRI (sempre redatti da notai). La
carta era quantitativamente più disponibile rispetto alla pergamena (per il costo molto basso).
Si iniziò così a produrre molta più documentazione a ritmo incessante, i comuni iniziarono ad
organizzarsi con sempre più uffici, ogni ufficio aveva il proprio notaio.
A Firenze il comune fa con i notai patti speciali, li lega a sé, li dichiara suoi impiegati e li fa
diventare dei suoi dipendenti.
Questi cambiamenti si presentano in tempi diversi nelle varie zone d’Italia. In molti casi
l’archivio diviene un vero e proprio ufficio tenuto da un apposito custode in grado di seguirne
il funzionamento.
Alla fine del 1300 la conservazione dei documenti viene considerata la prova più sicura
della verità di un fatto.
PRASSI ARCHIVISTICHE MEDIEVALI
LIBRI IURIUM: si intendeva una trascrizione degli atti più importanti degli archivi comunali
in grossi volumi, che conservano i documenti molto meglio rispetto alle pergamene o carte
sciolte. Erano redatti da notai su mandato della pubblica autorità. la loro funzione era sia
giuridica sia archivistica, essi godevano di una considerazione di gran lunga superiore a
quella dei documenti sciolti e avevano una validità assoluta.
La maggior parte della documentazione prodotta dai comuni si disponeva di solito all’origine
per tipologia di documenti, cioè in serie omogenee di documenti simili tra loro nella forma
indipendentemente dal contenuto.
Dal 1400 in poi si iniziarono a formare veri e propri fascicoli per i singoli affari in cui
venivano riuniti i documenti in base al contenuto indipendentemente dalla forma.
Con l’introduzione della carta sorse il timore che i documenti scritti fossero meno duraturi di
quelli in pergamena, per questo motivo continuò ad essere prescritto che determinate scritture
fossero redatte anche su registri in pergamena.
Inoltre la normativa prevedeva che di determinati documenti venissero redatti due o più
originali che dovevano essere conservati in luoghi diversi (una per il comune l’altra copia in
chiese o anche monasteri), per motivi di sicurezza. L’esemplare che rimaneva presso gli uffici
serviva per l’uso corrente, quello che veniva riposto in luoghi sicuri per la garanzia della
conservazione, non l’avevano solo i comuni ma anche le università.
CONCEZIONE DEGLI ARCHIVI NEL PASSAGGIO DAL MEDIOEVO ALL'ETÀ
MODERNA.
La libera consultazione rimane ancora nel passaggio dal Medioevo all’età Moderna e assume
maggior peso quella per fini culturali, da adesso la consultazione non la fanno più solo i
cancellieri ma anche i gestori di altri archivi per scopo appunto di arricchimento.
Nell’ età Moderna gli inventari degli archivi diventarono sempre più numerosi e iniziarono ad
essere fatti anche gli INDICI (molto analitici). Si comincia a sentire l’esigenza di un
ARCHIVIO ORDINATO COLLEGATO ALLA BUONA AMMINISTRAZIONE.
In Toscana la buona tenuta dei documenti era la base di una corretta amministrazione, e ciò
era di interesse sia dello stato che dei privati. La Normativa di Cosimo I de Medici del 1537
contiene numerose disposizioni relative alla formazione ed alla tenuta delle scritture. Questa
normativa voleva assicurare la rapidità dell’utilizzazione delle carte di interesse pubblico,
quindi gli archivi dovevano essere funzionali e precisi.
Interessante è l’indagine condotta dal Granduca Stefano I di Lorena nel 1746. Egli indirizzò
a tutti gli uffici centrali e periferici dello stato minuziose indicazioni per un completo
censimento degli archivi esistenti presso ciascun istituto. Ogni ufficio doveva fornire
innanzitutto un’indicazione riguardo la propria origine, la propria storia, le proprie
competenze e la propria attività. Il totale di tutte le risposte avrebbe garantito una totale
STORIA DELLE ISTITUZIONI. Successivamente dovevano indicare se i documenti erano
tenuti in ordine, se erano in pergamena e dovevano descrivere l’archivio stesso. Questa legge
del Granduca dava anche una sorta di elenco su come si doveva riordinare l’archivio (una
specie di titolario di classificazione).
Nel 1600 furono redatti alcuni scritti dedicati agli archivi. Il Dearchivi di Baldassare del 1632
fu quello che ebbe maggior fortuna. Egli considerava come archivio qualsiasi deposito
ordinato di documenti. Lui sottolinea la necessità della conservazione della storia degli eventi
pubblici. Per quanto riguarda invece l'ordinamento, lui postula un ordine geografico, poi un
ordine per materia ed infine un ordine cronologico. Altri scritti importanti furono il DE
ARCHIVIS ANTIQUORUM di Albertino Barisone e il METODUS ARCHIVIORUM di
NIccolò Giussiani, dedicato specialmente agli archivi ecclesiastici (1689).
L’ARCHIVISTICA NELL’ETÀ DELL’ ILLUMINISMO
L’illuminismo portò con sé uno dei PRIMI CRITERI DEFINITI CODIFICATI di
riordinamento degli archivi, ovvero l’ORDINAMENTO PER MATERIA.
Nella seconda metà del 1700 ci fu la nascita dell’archivistica separata dalla gestione dei
documenti presso gli uffici produttori e all’ordinamento degli archivi in senso proprio. Gli
scritti che furono redatti in quest’epoca soprattutto in Francia e in Germania affermavano per
lo più due metodi di ordinamento: quello per materia e quello cronologico.
Quasi ovunque si formarono GRANDI ARCHIVI provenienti da uffici diversi, prima separati
ognuno nei propri uffici. Nascono delle istituzioni per gestire questi grandi archivi e adesso la
loro valenza culturale veniva prima di tutto.
Sempre nel XIX secolo si sviluppa la separazione tra la fase di creazione e utilizzo e la fase di
conservazione: ora ci sono luoghi che producono solo documentazione storica distinti da
quelli in cui sono custoditi solo documenti che hanno una finalità pratica e a breve termine.
L'archivio come "memoria storica"
Nel corso dell'Ottocento, l'archivio da memoria di autodocumentazione (ovvero ha una
funzione esclusivamente pragmatico-amministrativa per il soggetto produttore) diventa fonte
della memoria collettiva: i documenti, quando smettono di funzionare per il soggetto che lo
produce, assumono un'importanza storica agli occhi di altre persone, in primis gli studiosi,
che non l'hanno prodotto. In quest'ottica, già a partire dagli ultimi decenni del XVIII secolo,
gli archivi furono aperti al pubblico:
24 dicembre 1778. Il granduca Pietro Leopoldo di Toscana crea l'Archivio
1. diplomatico, destinato a raccogliere i fondi delle magistrature soppresse e che
al contempo viene aperto agli studiosi.
12 settembre 1790. L'Assemblea Nazionale, con uno specifico decreto, crea
2. l'Archivio Nazionale «che doveva comprendere - quale sala d’onore, per così
dire, delle opere della Rivoluzione - tutti gli atti relativi alla Costituzione, al
diritto pubblico, alle leggi ed alla divisione amministrativa del territorio
francese» Anch'esso venne concepito per essere consultabile al pubblico.
A Milano, il prefetto delle biblioteche e degli archivi del Regno Italico Luigi
3. Bossi Visconti, con l'aiuto di Michele Daverio, creò, nel 1807, il Museo
diplomatico, fondo conservante i documenti più antichi estrapolati dagli
archivi milanesi e dei territori del Regno, al fine di farli consultare agli
studiosi.
ARCHIVI E OUTSOURCING di ANTONIO ROMITI
Il termine outsourcing, esternalizzazione, gestione in service consistono in operazioni
attraverso le quali un soggetto privato o pubblico chiede la collaborazione di terzi esterni per
affidare loro la gestione di beni e servizi allo scopo di migliorare e sviluppare le proprie
attività.
Outsourcee: il committente
Outsourcer: il soggetto che si assume l’incarico di prestare i servizi richiesti
Foreign outsourcing: si riferisce ai rapporti instaurati tra imprese nazionali ed estere a seguito
di accordi che mirano ad affidare al di fuori del territorio la gestione di beni o di servizi
intermedi.
Offshoring: un&rsq