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Tornando a Goldoni se si considera che a partire dal 1750 proprio con l’edizione Bettinelli che si

può fare iniziare il fenomeno della pubblicazione sistematica in Italia dei repertori di compagnia,

altrimenti per tradizione segreti è evidente che l’autoritratto della prefazione Bettinelli è

consapevolmente rivoluzionario: io non voglio scrivere per le stampe ma solo per il teatro. Non

cerco per questa strada l’immortalità del mio nome e mi basta vedere pieno il teatro. Tutto ciò l’ho

scritto al solo fine di giustificarmi presso di voi se non do le stampe il Nerone e se lo lascio correre

sul teatro con tutti quei difetti che io stesso conosco ma che non mi lascerei indurre a correggere

essendo io di ferma opinione che se tornassi a vivere Aristotele ai nostri giorni darebbe altri precetti

alla sua poetica.

Con la Paperini in un certo senso Goldoni torna invece a modellare se stesso secondo l’immagine

canonica dell’autore di teatro aristotelico  introduce il concetto di distanza temporale fra scena e

libro: lo ripulisco col tempo. Un simile processo come ammette Goldoni nel manifesto Paperini era

in atto già dal 1750, ma occultato il nome di un peculiare ritratto di drammaturgo che il metaforico

furto del capocomico costringe a ricondurre poi in un alveo più sperimentato in cui il linguaggio

dell’autore privato del controllo delle proprie opere ritrova temi consueti.

È il caso di introdurre accanto al concetto di furto degli attori quello di bugie degli autori, le

edizioni d’autore non sono necessariamente ciò che promettono di essere.

Nel manifesto Paperini Goldoni rinfaccia al Medebach di fa conoscere le commedie non con zelo

ma per l'interesse che lo domina di modo che le stampi non quattro all’anno ma tutte insieme senza

la faticosa correzione di cui avevano bisogno in modo che l’edizione non fosse spuria, imperfetta e

deforme come sarà questa.

È nota l’assenza di autografi teatrali di Goldoni ad eccezion fatta del Giustino, la storia del testo

si fa con ciò che c’è e non con ciò che avrebbe potuto esserci e mancano qui i testimoni propri delle

edizioni.

Il complesso delle edizioni che l’autore curò personalmente delle proprie opere portò varie

commedie ad allineare due o addirittura tre redazioni successive. È quindi chiaro che solo dal

versante delle stampe è possibile procedere a un’edizione critica anche se accanto ad esse

rimangono testimonianze di varia natura sul fatto che quelle redazioni non rispecchiano le soluzioni

originarie.

Basti pensare all’esplicita ammissione di Goldoni nell’autore a chi legge della locandiera: devo

avvisarvi di una piccola mutazione che ho fatto alla commedia. Fabrizio il cameriere della locanda

parlava in veneziano quando si recita la prima volta, l’ho fatto allora per comodo del personaggio,

l’ho convertito in toscano essendo disdicevole introdurre senza necessità in una commedia un

linguaggio straniero.

Questa la realtà dei fatti per Goldoni, una realtà complessa attivata da quel furto del capocomico

che ripropone a distanza il furto del committente di Poliziano o il furto degli attori di Ariosto.

Diverso è il caso di Carlo Gozzi.

Qui non c’è nessun furto in seno alla compagnia Sacchi alla quale il conte contrario a qualsiasi

forma di vincolo mercenario, si limitò a donare le proprie opere

due edizioni d’autore, la Colombani e la Zanardi prive di polemiche.

Eppure certe affermazioni di Gozzi, nella prefazione al Corvo nel primo volume Colombano nel

1772, appaiono in tutto analoghe a quelle utilizzate dalla rivale 22 anni prima: io le do alle stampe

tali e quali furono recitate. Assoggettandole anche in stampa al pubblico, scelgo ben altro giudice

che non è maligno o borioso o sciocco o affamato editore. Poca pena avrei a ridurre tutte le opere

teatrali che scrissi interamente in prosa o interamente in versi ma io le promisi in stampa tali e quali

furono recitate e non sono menzognere nelle promesse.

Ancora nella prefazione al Cavaliere amico ribadisce: ho dato alle stampe le commedie come

furono recitate. Il Cavaliere amico ha molte irregolarità ma deve anche compiere il suo viaggio con

le stampe. Sembra di leggere l’affermazione di Goldoni nella prefazione Del 1750 e anche le

assicurazioni allo stampatore da parte del Medebach nella lettera di prefazione al tomo quattro della

Bettinelli, assicurazioni che dovevano servire soprattutto a tranquillizzare il pubblico sulla perfetta

continuità fra i primi tre volumi: vi mando dunque le 32 commedie che tengo e queste tali e quali

me le ha consegnate l’autore le quali con la sua direzione le abbiamo fedelmente rappresentate.

Il motivo per cui Gozzi mira ad accreditare presso il lettore un’immagine di sé in parte analoga a

quella di Goldoni risiede nel fatto che la sua reazione a Goldoni aveva voluto dispiegarsi sullo

stesso terreno del rivale cioè palcoscenici pubblici veneziani.

Se di Goldoni ci rimangono le discussioni e non gli autografi per quanto riguarda Gozzi mancano le

discussioni ma sono disponibili gli autografi il che separa in modo sostanziale le sorti filologiche

dei due drammaturghi.

Gli autografi delle fiabe Gozziane sono quattro, in aggiunta nel fondo Marciano sono presenti per

alcune opere anche redazioni anteriori a quelle approdate alle stampe.

Re Cervo  Dallo studio dell’autografo MA Che apparentemente si presenta composto di una

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redazione completa in tre atti e di una differente stesura del terzo atto si evince che si tratta di due

redazioni distinte e differenti. Due diverse redazioni per la scena la seconda delle quali è da

identificarsi con ogni verisimiglianza con la copia della prima rappresentazione.

Succede l’autografo siglato MA cioè il manoscritto completamente utilizzato dai tipografi per la

1

prima edizione Colombani, 1772, la quale reca tracce di revisione dovute a mano estranea e rispetto

al quale la stampa presenta varianti riconducibili a interventi d’autore. La presenza di cospicui

interventi fra copione ultimo e princeps anche giusto a carico della distribuzione delle parti in prosa

e in versi decantata come immutata nella prefazione al Corvo accredita l’immagine di un Gozzi

bugiardo.

In più esiste un problema di restituzione della storia del testo, Bosisio introduce il problema con uno

schema che sintetizza strutturalmente il passaggio dal primo al secondo copione + edizione Zanardi

curata personalmente dall’autore in anni più tardi e pur differente solo in pochi dettagli grafici dalla

Colombani certamente rispondere alle ultime volontà dell’autore.

Nell’edizione critica, il testo Zanardi è riportato nella colonna sinistra della pagina e a piede la

quale compaiono le varianti rispetto al manoscritto di tipografia MA mentre a fronte sulla colonna

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destra sono collocate le varianti del secondo copione che assorbe largamente i primi due atti dal

primo. Il terzo e diverso atto del primo copione viene trascritto autonomamente in appendice.

Orfeo  anche in questo caso pur nella diversa situazione si è proceduto a proporre in seconda

posizione rispetto al restaurato testo del Poliziano quella della Princeps.

È probabile che la ft Sia stata allestita dei familiari del cardinale Gonzaga su un manoscritto che

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non ci è pervenuto ma che si può forse identificare con l’esemplare di bo. Dalla Princeps è inoltre

disceso il testo della favola letto fino ad oggi.

È sembrato corretto assumere in toto il testo di bo tranne nei casi di errore sicuro.

Cantieri aperti: Goldoni e Pirandello

La presenza della nota polemica contro la Bettinelli spuria ha per certi aspetti accentuato l’interesse

nei confronti dei copioni del Medebach talmente demonizzati da Goldoni da pervenire

indubbiamente contro le sue intenzioni al ruolo di unica superstite chiave di accesso alla scena

goldoniana stessa; vietata in senso proprio dall’assenza di manoscritti. Due sono le recenti imprese

editoriali:

la prima è la silloge Teatro in tre tomi curata nel 1991 da Marzia Pieri per la serie Il teatro

- italiano diretta da Guido Davico Bonino per Einaudi

la seconda è l’edizione Nazionale in corso delle opere goldoniane diretta da Sergio

- Romagnoli per la casa editrice Marsilio.

Nel 1993 è uscita Una delle ultime sere di Carnovale a cura di Pizzamiglio con le Baruffe

chiozzotte a cura di Vescovo, commedie per le quali non esiste il problema in questione poiché

hanno la loro princeps nella tarda Pasquali.

Nel 1994 invece sono comparse La bottega del caffè a cura di Roberta Turchi e Il bugiardo a cura

di Alessandro Zaniol che presentano tre diverse redazioni,

la Bettinelli spuria

- la Paperini

- la Pasquali. I

-

Inoltre sempre al 1994 appartengono I pettegolezzi delle donne a cura di Paola Luciano che hanno

due attestazioni nella Bettinelli spuria e nella Paperini esattamente come la Castalda, commedia

doppia a causa dell'entità dei rimaneggiamenti cui Goldoni sottopose il testo per differenziare la

redazione legittima da quella spuria.

L’edizione della Pieri ha avuto il merito di porre al centro della moderna problematica di Goldoni la

storia editoriale delle commedie sottolineandone la complessità. D’altra parte la sua non è e non può

essere un’edizione critica data la collana in cui è inserita la silloge. Infatti ammette che la presente

antologia costituisce dal punto di vista filologico una soluzione provvisoria: è il frutto di una scelta

parziale e certo discutibile che risponde in primo luogo a un’istanza di metodo. Proprio

nell’introduzione auspica la realizzazione di un’edizione critica partendo dal presupposto che come

sempre alle prese con il teatro bisogna accontentarsi di avere non il testo ma un testo, l’istantanea di

una fase instabile che rinvia ad infinite possibilità di essere diverso. Si giunge così a dichiarare

l’insufficienza della filologia letteraria affermando nella nota al testo che bisogna riferirsi al

contesto materiale del suo, di Goldoni, lavoro secondo prospettive e adottando strumentazioni

filologiche che non possono essere semplicemente letterarie, né assumere quale unico

parametro di scelta quella della sua ultima volontà. Dunque il problema dell’inadeguatezza del

metodo filologico letterario per affrontare la complessità editoriale di Goldoni.

Siro Ferrone in un suo recente intervento sui problemi della scrittura teatrale, nel saggio Scrivere

per lo spettacolo apre la nuova rivista da lui diretta  Drammaturgia (1994)  il primo numero è

dedicato alla drammaturgia a più mani, cioè alla compresenza nel fare teatro di una molteplicità

di agenti: sempre dietro la firma autorevole dell’autore si nas

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
12 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/13 Filologia della letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Manu8881 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Decaria Alessio.