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AZIENDE NONPROFIT: IL RUOLO DELLE MOTIVAZIONI
INTRINSECHE
2.1 Premessa
Uno dei presupposti teorici del presente capitolo è rappresentato dall’idea (ormai
consolidata all’interno di diversi studi del settore) che i soggetti componenti il board,
all’interno di tali tipologie di aziende, siano guidati da una elevata motivazione intrinseca,
dimostrandosi più attenti e stimolati dalle caratteristiche socio- relazionali piuttosto che da
quelle economiche.
In tale direzione, infatti, appare interessante rilevare, come, nonostante il personale
riceva salari mediamente più bassi, rispetto a quelli del settore pubblico e forprofit, il
livello di soddisfazione e, di conseguenza, la fedeltà all’organizzazione sono maggiori
rispetto a quelle mostrate dai lavoratori impiegati nei due settori sopra menzionati. Tale
può essere spiegato se si tiene conto del fatto che l’aspetto monetario costituisce solo
esito,
una delle variabili che definiscono la remunerazione dei soggetti che operano nelle aziende
senza fine di lucro. Tale remunerazione è, infatti, la sommatoria di una molteplicità di
elementi, il cui risultato determina il grado di soddisfazione dei soggetti operanti in tale
tipologia di aziende nonché le performance delle stesse. 23
2.2 Le motivazioni alla base delle scelte degli individui. Verso un
inquadramento teorico delle motivazioni intrinseche
La teoria economica ha delineato una visione dell’uomo e delle organizzazioni da
esso create, secondo la quale l’unico obiettivo perseguito è il vantaggio personale,
interpretato in termini di massimizzazione di sole variabili monetarie (il profitto per
l’impresa, il guadagno per l’investitore, 21
il salario per il lavoratore) . Questa visione
dell’agire umano, implica che le motivazioni diverse da quelle di auto-interesse non siano
contemplate, o ad esse non sia comunque conferita una rilevanza significativa. Il
presupposto di tale impostazione è che motivazioni diverse da quelle sopra citate, non
siano in grado di spiegare i comportamenti degli individui e comunque di mettere in
22
discussione la rilevanza che questi assegnano al reddito monetario .
Poiché le motivazioni interessano la sfera interna dell’individuo e, di conseguenza,
non sono soggette a valutazioni oggettive e dirette, sono state formulate, all'interno della
letteratura economica (nazionale e internazionale, profit e no-profit), svariate ipotesi e
classificazioni.
Per tracciare il quadro motivazionale del vertice aziendale alcuni autori prendono
23
come base di partenza la teoria delle motivazioni umane proposta da Maslow ,
ipotizzando che il sistema motivazionale in oggetto sia contraddistinto da almeno cinque
bisogni (consci o inconsci) fondamentali: fisiologici, di sicurezza, di amore, di stima, di
autorealizzazione .
In tale direzione, i primi lavori presenti in letteratura hanno articolato le motivazioni
al lavoro suddividendo la componente estrinseca da quella intrinseca, dove la prima è
riferita alle conseguenze materiali dell’attività lavorativa e ai benefici economici che da
essa derivano (tipicamente il salario, ma non solo), mentre la motivazione intrinseca allude
alla volontà di compiere l’azione esclusivamente per l’interesse e la soddisfazione
scrive: “Una persona
24
personali che da essa si traggono. Deci è intrinsecamente motivata
nello svolgimento di un’attività quando non riceve alcun compenso al di là dell’attività
stessa”.
C. Buscarini, Il divenire dell’impresa "responsabile”, Giappichelli, Torino, 2006
21
22 R.M. Cyert, J.G. March, Teorìa del comportamento di impresa, Franco Angeli, Milano, 1970, pag. 32 e
segg.
23 A. H. Maslow, A theory of human motivation, in «Psychological Review», Luglio 1943.
24 E. Deci, lntrinsic Motivation, Plenum Press, New York, 1975 24
Le motivazioni non sono solo parametri dati, ma possono variare nel tempo grazie
al comportamento degli altri
anche alle politiche intraprese dall’organizzazione,
appartenenti al gruppo del contesto aziendale o ai soggetti con cui il soggetto interagisce, a
processi di apprendimento e di maturazione dell’individuo. La formalizzazione delle
motivazioni degli individui deve quindi tenere presente che ci si trova non solo dinanzi a
individui diversamente motivati, ma anche a soggetti diversamente predisposti a
modificare le proprie preferenze, ad apprendere dall’ambiente di lavoro e, in conclusione, a
motivarsi. dell’organo di governo nel settore no-profit
2.3 Le motivazioni
Gli studi di matrice anglosassone che hanno affrontato il tema delle motivazioni
nelle aziende no-profit, hanno focalizzato la loro attenzione sul ruolo che i volontari
svolgono all’interno di tali organizzazioni.
In tale direzione, i contributi prodotti evidenziano, principalmente, due categorie di
volontari, sinteticamente definiti in base alla tipologia di attività svolta: direct service e
25
governance . Nella prima categoria si ritrovano tutti quei soggetti (volontari) impegnati,
sia a breve sia a lungo termine, nelle attività di staff. Nella seconda, invece, sono inclusi
coloro i quali assumono un ruolo di governo (definito da alcuni, ruolo della proprietà),
assumendo responsabilità e doveri fiduciari nei confronti di tutti gli interlocutori. Si tratta
dei membri del consiglio (board) che svolgono la loro attività per un periodo di due - tre
anni, con la possibilità di rinnovo del mandato loro conferitogli.
della letteratura ha dedicato attenzione all’analisi delle motivazioni che
Ampia parte
animano il comportamento dei volontari direct-service, mentre, solo pochi studi hanno
esaminato i moventi che sottendono ai comportamenti dei membri del board.
Siamo concordi con il pensiero di alcuni autori ove si afferma che, capire le
motivazioni e le ragioni che animano i membri del board a cooperare all’interno
dell’organizzazione, è uno dei primi passi per migliorare i processi di governance e
accountability.
25 S. Inglis, S. Cleave, A scale to assess Board Member Motivations in Nonprofit Organizations, in «Nonprofit
Management and Leadership», 17, 1, 2006, pp. 83- 101. 25
, all’interno di un indagine sulle motivazioni dei membri dell’organo di
26
Inglis
governo di alcune organizzazioni no-profit, individua sei componenti delle motivazioni
base che animano il loro agire:
Migliorare l’autostima (opportunità
1. di essere visti dagli altri nel contribuire a una
giusta causa; percezione dell’esterno nell’erogare un contributo importante; l’attenzione
ricevuta all’esterno in quanto membro di un board; opportunità di migliorare le
competenze utili per un avanzamento nella carriera; opportunità di creare nuovi contatti
utili per un avanzamento di carriera, ecc.);
2. Imparare attraverso la comunità (valore delle relazioni professionali che si possono
sviluppare; opportunità di interagire con decision-makers; possibilità di imparare sui
servizi e programmi per la comunità; possibilità di sviluppare nuove competenze; ecc.);
3. Aiutare la comunità (possibilità di rispondere ai bisogni della comunità; possibilità
di lavorare per una giusta causa; possibilità di risolvere i problemi; possibilità di fare la
differenza nella qualità della vita della comunità; rappresentare un gruppo);
4. Sviluppare relazioni individuali (opportunità di incontrare nuove persone;
gratificazione dalle relazioni instaurate; opportunità di lavorare insieme ad altri;
opportunità di aiutare altri membri di un board; ecc.);
Contribuire in maniera distintiva all’operato del board (possibilità di apportare
5.
differenti prospettive ed esperienze all’interno del board);
“Auto-cura” (sentirsi meno
6. soli; possibilità di fuggire dai problemi personali).
, all’interno di uno studio su alcune organizzazioni no-profit
27
Widmer statunitensi,
analizza le motivazioni che spingono i soggetti a entrare a far parte di un board di una no-
che fa leva su un approccio basato all’incentivo/stimolo a partecipare
profit. Il lavoro,
(incentive approach to partecipation), mostra come la partecipazione dei soggetti sia
condizionata da una molteplicità di fattori raggruppabili in quattro categorie:
(correlate all’attività lavorativa remunerata svolta presso altre
1. materiali
organizzazioni e, allo stesso tempo alla fruizione dei servizi dell’organizzazione);
2. sociali (derivanti dalla possibilità di interagire con altre persone e stringere rapporti
che vanno oltre l’attività lavorativa);
personali
26 S. Inglis, L.L. Graff, Policy Development and Physical Activity Volunteer Programme Management, in
«AVANTE», 3,3, 1997, pp. 49-63.
27 C. Widmer, Why Board Members Partecipate, in «Journal of Voluntary Action Research», 14,’1985, pp. 8-
23. 26
3. di sviluppo (intesa come crescita personale e professionale, in termini di sviluppo
di nuove competenze); dell’organizzazione, fornire servizi
4. ideologici (desiderio di sostenere la mission
utili a chi ne ha bisogno, ecc.).
Dallo studio emerge che coloro che sono motivati a partecipare in virtù di due o più
categorie sopra descritte, sono, allo stesso tempo, maggiormente disposti a contribuire con
maggiore impegno all’interno dell’organizzazione, al contrario di coloro, invece, che sono
stimolati da un solo fattore (ad esempio, qualsiasi fattore relativo all’area ‘materiale’).
Infine, secondo Widmer, il grado di soddisfazione espresso dai membri del board dipende
o più incentivi e sia dall’attesa di continue
sia dal livello di conseguimento di uno
ricompense.
In linea con le ipotesi del presente lavoro, la governance (o, meglio, i suoi
meccanismi) influisce, a nostro avviso, in termini di effetto crowding-in e di effetto
28
crowding-out . Da una parte, infatti, gli interventi esterni spiazzano la motivazione
intrinseca se gli individui coinvolti percepiscono tali interventi come vincoli al loro
In questo caso, infatti, l’autodeterminazione,
comportamento (effetto crowdìng-out).
l’autostima e la possibilità di esprimere le proprie motivazioni intrinseche (- rispondere ai
bisogni della comunità; - lavorare per una giusta causa;- risolvere i problemi;- fare la
differenza nella qualità della vita della comunità;- rappresentare un gruppo.) vengono
e l’individuo reagisce riducendo la propria motivazione intrinseca nell’attività
ridotte
controllata, moderando, ad esempio, il proprio impegno nel portare avanti il proprio
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