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Uno 2
Tra le prime opere troviamo i saga-
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bon , ambizioso progetto di ristampa in
edizioni di lusso di classici giapponesi
quali Ise monogatari, Genji monogatari,
Hōjōki, vari drammi Nō, e diverse opere
della letteratura cinese; l’ideatore è il
ricco mercante e studioso di letteratura
Suminokura Soan (1571-1632). Kōetsu,
probabilmente spinto anche dal desiderio
di diffondere la cultura da lui amata, si
occupa del ricco design e di creare i
modelli per i caratteri mobili usati per la
stampa (tecnica introdotta pochi anni
prima dalla Korea). In un atto
consapevole di “modernizzazione” del
passato, Kōetsu riprende temi e stili
tradizionali rielaborandoli attraverso il un esempio della calligrafia di Kōetsu da
Figura 2: insieme a Sōtatsu.
uno shikishi realizzato
suo gusto squisito e creando qualcosa di
assolutamente nuovo; così nasce il suo personalissimo e godibilissimo stile
calligrafico, che lo renderà famoso. L’artista rivoluziona lo stile ufficiale oie-ryū (“stile
del clan”), rifacendosi ad alcuni maestri del 9° e 10° secolo come il monaco
buddhista Kūkai (794-1185) e Ono no Tōfū (894-966). È anche evidente
l’ispirazione all’opera di uno dei più grandi calligrafi cinesi, Wang Xizhi (303-361).
Da questa rielaborazione di stili dai forti echi classici nasce una scrittura aggraziata e
libera, decisa e raffinata, allo stesso tempo tradizionale e nuova (fig. 2). La
predilezione di Kōetsu va quasi automaticamente al corsivo (sōsho, in cinese caoshu,
“scrittura erba”), difficile da leggere ma particolarmente poetico ed espressivo,
perché la sua estrema flessibilità gli permette di fondersi con il disegno; è anche lo
stile che meglio si adatta alla scrittura giapponese, armonizzandone il misto di kanji e
kana, dal peso diverso. Inoltre i kana sono nati proprio dall’antica forma corsiva di
alcuni caratteri cinesi, quindi ci sono profonde connessioni tra la scrittura nipponica
e lo stile sōsho. Kōetsu non poteva che amare questo stile calligrafico dal sapore
classico e nazionale; inoltre è stato detto che l’arte giapponese nel suo intero sia
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caratterizzata da una sensibilità di tipo sōsho . Trovo che per l’arte di Sōtatsu e
Kōestu ciò sia particolarmente vero.
Anche nei lavori di artigianato Kōetsu dimostra grandi capacità ed è forse qui
che la sua individualità emerge con maggiore forza. Nelle lacche esprime il gusto per
le linee decise, i temi yamatoe, la decorazione ricca ottenuta utilizzando in modo
innovativo diversi materiali (metalli, pelle, madreperla): la sua scatola da pietra da
inchiostro con disegno di barche (fig. 1) deve avere colpito molto i suoi
contemporanei per la forma inconsueta e il largo uso dell’oro. La passione per la
3 Kyōto dove erano pubblicati.
Libri di Saga, dal nome della cittadina vicino
4 Cfr. Yujiro Nakata, The art of Japanese calligraphy, pag. 124. 3
cerimonia del tè lo porta a sperimentare anche con la ceramica; accostandovisi con
un approccio libero e non da professionista, non pone limiti alla propria creatività e
anche in questo campo dà il suo personale contributo con opere originali e di geniale
concezione (da molti considerate l’apice della ceramica raku) come la tazza da tè
“Monte Fuji” (fig. 3).
Nel 1915 Kōetsu riceve da Tokugawa Ieyasu
un grande appezzamento di terreno a Takagamine,
a nord-ovest di Kyōto. Qui l’artista fonda una
comunità artistica composita, nominalmente basata
sul culto del buddhismo Nichiren. Qui pittori,
calligrafi, poeti, ceramisti e altri artisti e artigiani si
riuniscono spinti dal comune interesse per la
cultura e l’estetica, ed è qui che Kōetsu sviluppa
appieno il suo stile personale. ciotola per tè detta “Monte
Figura 3:
Fuji”, ceramica raku, h 8,5 cm.
2. Il misterioso “Tawaraya” Sōtatsu
A differenza del suo collaboratore, la figura di Sōtatsu è quasi del tutto avvolta
nel mistero. Le opere datate sono poche, e ci permettono solo di collocare la sua
attività artistica tra il 1600 e il 1640; non sono note le date di nascita e di morte, nulla
si sa sulla sua prima formazione artistica, né sulla sua famiglia. Pare fosse in qualche
modo imparentato con Kōetsu (forse per aver sposato una sua cugina) ma quello
che spesso è indicato come cognome, “Tawaraya”, era in realtà il nome del suo
negozio di ventagli. La quantità di informazioni è tanto scarsa, per un artista di
epoca relativamente recente, da poterlo quasi paragonare a Sharaku, il celebre quanto
enigmatico autore di stampe teatrali del secolo successivo.
Sappiamo che la sua “bottega di pitture” (e-ya) a Kyōto era molto rinomata per
la qualità dei suoi prodotti, specie per i ventagli, ed è qui che Sōtatsu comincia la sua
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carriera. L’artista ed i suoi collaboratori creano, oltre ai ventagli, shikishi e tanzaku ,
rotoli orizzontali con poesie waka, pitture da appendere o da montare su paraventi,
ed altri oggetti dipinti sia su commissione che su iniziativa dell’atelier; si cerca
ovviamente di andare incontro al gusto del momento, ed eventualmente
influenzarlo. I soggetti privilegiati di questa produzione, come della produzione di
Sōtatsu in generale, derivano dalla letteratura classica del periodo Heian, e lo stile è
ripreso in parte da quello della scuola Tosa e dei primi emakimono, che evidentemente
ebbe la possibilità di studiare. Altri soggetti yamatoe, come i temi stagionali e i
paesaggi famosi, molto di moda nel periodo, erano sicuramente presenti, ed è
possibile che la bottega producesse anche delle xilografie.
5 Piccoli fogli quadrati di carta decorata, spesso usati per ricopiarvi poesie.
6 Come gli shikishi, ma di formato verticale. 4
Il difficile formato pittorico del ventaglio stimolerà il suo controllo della
composizione, uno dei motivi per cui è spesso definito un artista “moderno”: in
ogni formato successivo si possono evidenziare uno o più archi che si irradiano da
un punto centrale, al quale ogni elemento fa riferimento; inoltre c’è un movimento
progressivo da destra a sinistra, come accade nei rotoli orizzontali. Nessun altro
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artista ha mai combinato così abilmente questi tre elementi . 8
La sua prima opera datata è il frontespizio di uno dei rotoli dell’Heike nōkyō ,
detto comunemente “frontespizio dei cervi”. Venne chiamato a lavorare al rotolo in
collaborazione con altri pittori e calligrafi, che dovevano restaurarne alcune parti e
ricreare ex-novo quelle troppo rovinate, tra cui questo frammento; Sōtatsu doveva
essere già un artista conosciuto e stimato perché gli venisse affidato un compito di
tale pregio. Sicuramente lavorare su questo capolavoro del primo stile yamatoe deve
aver influenzato profondamente il suo gusto.
Di Sōtatsu sappiamo inoltre che incontrò Kōetsu intorno al 1605; che ricevette
commissioni importanti, anche dall’imperatore Go Mizunoo (1596-1680); che come
il collaboratore era esperto di cerimonia del tè; infine, che gli fu concesso
l’importante titolo buddhista di hokkyō, generalmente riservato ai pittori di alto
livello. Non sappiamo nulla del suo status sociale, e riguardo a carattere e poetica
possiamo solo cercare di scoprirli tramite l’osservazione delle sue opere. Certo è che
l’estetica di Sōtatsu era molto vicina a quella di Kōetsu: insieme contribuirono alla
rinascita dell’arte e della cultura del periodo Heian, traendo ispirazione da poesia,
pittura e calligrafia classiche e riportandone in auge il gusto molto autoctono, in un
Figura 4: Dio del Tuono (Raijin) e Dio del Vento (Fujin), coppia di paraventi a due pannelli. Colore, oro e
argento su carta.; ogni pannello 152 x 177,2 cm.
certo senso operando un processo di democratizzazione di quella che era stata una
cultura di corte.
7 Cfr. Hiroshi Mizuo, Edo painting: Sotatsu and Korin, pag. 40.
8 Serie di 34 rotoli illustrati del Sutra del Loto, realizzata da vari membri della famiglia Taira nella seconda metà
del 12° secolo, e donata al santuario di Itsukushima (isola di Miyajima) dal leader Taira no Kiyomori. 5
Ad un certo punto le strade dei due autori si separano; la causa è stata
individuata da alcuni nel fatto che Kōetsu parte per Takagamine, mentre Sōtatsu
intraprende la carriera di pittore professionista. Altri studiosi invece collocano
proprio a Takagamine l’inizio della collaborazione tra i due. Le scarse informazioni
in merito non permettono un’analisi certa del periodo; in ogni caso, la carriera di
Sōtatsu procede con successo, e con la fama i formati si allargano: è il periodo dei
grandi paraventi, dipinti in ricca policromia e spesso con fondo dorato. Tra i più
rappresentativi, la coppia di paraventi di Raijin e Tenjin (fig. 4); i paraventi di
Matsushima; il Sentiero dell’edera, opera in cui l’autore raggiunge il massimo grado di
astrazione dell’immagine. Le sue composizioni rimangono ben bilanciate e
dinamiche anche nei grandi formati; è di sua invenzione anche una tecnica
innovativa, detta tarashikomi, che crea un effetto “fumoso” facendo gocciolare del
colore scuro su di una superficie già tinta di colore più chiaro e ancora umida.
Sōtatsu dimostra grandi doti anche nella pittura monocroma a inchiostro, visibili in
alcuni fusuma. Anche in questa fase della sua produzione sono forti i richiami agli
antichi emakimono e la ripresa di temi della letteratura classica, rielaborati in senso
decorativo invece che narrativo. All’incirca allo stesso periodo sono fatti
risalire i paraventi del Genji Monogatari e la serie
di 42 shikishi raffiguranti a colori vivaci alcuni
episodi dell’Ise Monogatari (fig. 5). Si tratta di un
notevole cambiamento stilistico, il passaggio a
scene narrative popolate di figure umane, anche
se l’autore conserva la predilezione per le forme
pure e i colori vivaci, e si può notare (specie
negli shikishi) una generale sinteticità e velocità
nell’esecuzione che, insieme all’uso dell’oro,
conserva molto del fascino delle opere realizzate
con Kōetsu. L’autore scompare all’apice del
successo; il suo decesso non è registrato in alcun
documento ufficiale ma viene fatto risalire
intorno al 1640, quando un artista di nome
Sōsetsu eredita il titolo di hokkyō.
Figura 5: illustrazione del capitolo 87
dell’Ise Monogatari, dalla serie di 42 Dopo uno sguardo al percorso artistico di
shikishi. Colore e oro su carta.
entrambi, appare chiaramente che Sōtatsu e Kōetsu erano profondamente legati al
passato, al punto di non considerare mai l’idea di rapp