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Estratto del documento

Abbandono

abbandonati a se stessi, obbligati a crescere così come viene. che si

riflette come abbiamo visto anche nelle istituzioni, i bambini lo sentono, ne sono

consapevoli. Infatti nel momento del film dove vi è la passeggiata di Sperelli ed i

suoi “nuovi” alunni, ripescati in giro per il paese, i commenti dei ragazzi

dimostrano quanto ho scritto: l'insegnate riflette a voce alta e dice che loro a

scuola ci dovrebbero venire contenti allora una bambina dice si chiede se la loro

scuola è una vera scuola, a questo punto Tommasino dice: “E' vecchia, scassata,

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piena di buchi dentro ai muri” . Inoltre sanno bene che a comandare li dentro

non è la preside, non è il Ministero, non è lo Stato Italiano ma è Mimì il custode,

che Totò definisce così : “E' nu camurrista e tutti tremano davanti a lui!”.

L'atteggiamento camorrista è entrato anche in quel luogo che dovrebbe essere un

posto protetto, che tuteli i bambini. Invece la scuola viene dipinta come un luogo

terribile, un luogo immondo. Effettivamente il luogo è in mano del custode che

vende la carta igenica a strappi, i gessi e le brioche. Si occupa anche di far

compilare i moduli al maestro al suo primo arrivo nella scuola ( fogli che sono i

bianco) poiché la preside non c'è. Quest'ultima è sicuramente la figura più

emblematica, l'opposto del maestro Sperelli, fin dal loro primo colloquio la regista

ce lo sottolinea: nel loro dialogo, che si svolge nello studio della donna, non sono

mai inquadrati insieme e se lo sono risultando divisi dalla cattedra simbolo di

una grande distanza tra i due, addirittura ella insinua che Sperelli sia

raccomandato “ Tiene i santi in paradiso”. Inoltre anche lei pronuncia con diverso

accento il nome nella scuola, “De Amicis”, il maestro in un certo senso quasi la

corregge, allora la preside gli dice che deve mettersi in sintonia, adeguarsi, non

può risolvere tutto lui. Effettivamente il povero maestro si trova davanti una

realtà che non gli appartiene (ancora), però combatte a testa alta per quello in cui

crede. Purtroppo però quei ragazzi sono così radicati in quella società che

vengono, addirittura, imprigionati anche da quelli che sono i lati più negativi, la

Camorra stessa. Faccio riferimento al primo incontro del maestro Sperelli con il

suo alunno “più difficile” Raffaele: la macchina da presa inquadra

improvvisamente la porta d'ingresso alla classe ed entra il giovane, il maestro si

gira, la classe è vista dalla prospettiva di Raffaele ( inquadratura angolata), subito

dopo vediamo la scena dal fondo e poi di nuovo Raffaele; il bambino ha ordinato

perentoriamente a Totò di seguirlo, il maestro allora gli dice che ovviamente non

deve andare con lui, Raffaele rivolge parole, in dialetto, poco rispettose al maestro

il quale si gira verso la classe chiedendo aiuto perché non aveva capito, Sperelli

allora gli dice uscire dall'aula e il bambino risponde che se ne andrà quando vorrà

lui. La sequenza è drammatica come lo è la reazione del maestro, descritta dalla

macchina da presa nei minimi dettagli: la telecamera si alza di botto

diagonalmente a vedere la reazione dell'insegnate, sembra seguire il gesto del

maestro il quale dà uno schiaffo al bambino, la macchina segue poi il fanciullo

che è a terra, poi si focalizza di nuovo sul maestro che ha il volto sconvolto, dopo

poco la macchina da presa si riavvicina al ragazzo a terra quasi seguendo lo

sguardo del maestro, il fanciullo è prima girato poi si volta, gli fuoriesce sangue

dal naso, il suo volto è arrabbiato e spaventato. La classe è sconvolta per esempio

12 Marcello D'Orta, io speriamo che me la cavo ( sessanta temi di bambini napoletani), Mondadori, 1990 p. 51-52 (“

Descrivi la tua scuola”)

Rosinella ha le mani sulla bocca in espressione di spavento. La macchina da

presa inquadra di nuovo il ragazzo e le mani e le braccia del maestro che cerca di

rialzarlo da terra, la macchina segue il ragazzo che si alza e poi va diretta

(scorrendo) sul volto del maestro, le immagini sembrano quasi sfocate, poi torna

su Raffaele che fugge. Il dramma è elevato, anche il fatto che il maestro continui a

chiedere scusa a Raffaele e che resti immobile per un po' sullo stipite della porta

rende a pieno le forti emozioni di questo momento. Sperelli è incredulo, si va

infatti a lavare il viso come volesse risvegliarsi da un brutto sogno. Il colloquio

che segue poi con la direttrice è peggiore del primo, la donna descrive la scuola

come una grande trincea e dice all'insegnate che lo schiaffo è la miglior cosa che

ha fatto da quando è arrivato: << Ehh! Embè certo, l'ambiente è questo, Sperelli.

Non siamo mica in Svizzera. Gli schiaffi te li tirano dalle mani!”. Così Sperelli

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capisce che ci sono altre cose del Sud per le quali ci si deve sentire colpevoli.>>.

L'animo dell'insegnate è così cupo che questo si riflette anche nel momento della

cena: la stanza ha un'illuminazione scarsa, la musica suonata da Esterina al

pianoforte è lenta e triste, il maestro è silenzioso, pensoso (egli infatti ha

abbandonato i ragazzi in aula, ha detto loro che non sarebbe stato bene fino al

giorno del suo trasferimento). Suonano però improvvisamente alla porta, altra

scena cardine del film: il colloquio di Sperelli con la madre di Raffaele. L'incontro

si svolge dentro la stanza del maestro tutto molto buio, l'unico punto di luce è la

lampada sulla scrivania del maestro, la scena esprime tutto il dolore e la

sofferenza di questa povera donna: la macchina da presa ad un centro punto la

inquadratura molto dal basso, la luce illumina solo metà del suo volto, anche lo

sfondo è scuro (la tappezzeria e quadro in bassorilievo di legno quasi nero). La

dichiarazione della donna è straziante, dice al maestro: “ Voi per me siete l'ultima

speranza”, che sarà poi una sorta di profezia. Qui il maestro dichiara di non voler

più abbandonare la scuola, forse conosciute le vicende, si è fatto coraggio, sta

cambiando sta crescendo, sta diventando una persona nuova, forse un po' più del

Sud.

La regista sta lentamente “scrivendo” per il maestro Sperelli una sorta di

di formazione”,

“romanzo che vede nel momento dello schiaffo il suo “ rito di

passaggio”, e nel colloquio con la madre di Raffaele la sua presa di coscienza

verso questo nuovo “viaggio”, l'insegnate da qui in poi farà cose che non avrebbe

mai pensato di fare. Il rapporto con il ragazzo lo farà così cambiare da compiere

due atti conto la legge. Raffaele, infatti, lo andrà a cercare nel momento del

bisogno: la madre sta molto male. Il maestro, nonostante il bambino gli dice non

farlo perché inutile, prova a chiamare l'ambulanza ma questa non può venire

perché come dice Raffaele “[quelli dell'ospedale] stanno abbacchiati con la

camorra”, Sperelli allora si fa guidare dal ragazzo nel rubare una macchina, ma

viene scoperto, per fortuna il proprietario conosce il giovane e portano così in

ospedale la madre sofferente di Raffaele. Qui accadrà una cosa inaudita a quello

Sperelli appena arrivato a Corzano che troviamo all'inizio del film, picchierà una

suora per far visitare e curare la madre del suo alunno. L'epilogo del

cambiamento di entrambi ma soprattutto di quello di Sperelli si ha nel dialogo

finale tra i due, il giovane consegna il tema al maestro che è già sul treno pronto

per partire per la sua Corsano con la “s” : <<Quando il professore che è

dispiaciuto di dover tornare al Nord perché era quasi riuscito a cambiarlo, il

ragazzo risponde: “Io!?! Ma tenete proprio una bella faccia tosta. Lei sta

13 Claudia Cascone, Il Sud di Lina Wertmüller, Guida ( da collana Lettere italiane), Napoli, 2006 p.88

cambiando. E' venuto con me a rubare un furgone, ha aggredito la suora, altre

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due settimane con me e imparava a campare anche lei”>> . Sarà forse, in virtù di

questa trasformazione/crescita interiore che la regista ha voluto intitolare il film

proprio con la frase conclusiva del tema del piccolo Raffaele “ io speriamo che me

la cavo. << Il fatto nuovo è che Sperelli è costretto a imparare il gioco senza regole

d'una società violenta, a mali estremi si rivela disponibile a tentare estremi

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rimedi[...]>>.

Il maestro parte, è vero, ma è colui che ha saputo ascoltare la voce dei bambini,

didattica

così poco interpellati. La sua non è del tutto innovativa ( come quella

che si può vedere in “ Diario di un maestro” ) ma egli ci prova comunque a

coinvolgere i ragazzi. Vuole partire dalle loro conoscenze: dal nome dei personaggi

delle loro vie o da ciò che già conoscono di storia, i bambini con lui parlano come

sanno, non si vergognano; il maestro è per loro fonte si sfogo sia nel bene che nel

male. Egli li ascolta in silenzio, con rispetto, nonostante le loro parole

“sgarruppate” e a volte un po' di troppo. Il comico inevitabilmente fuoriesce da

questi temi e dialoghi, basti solo pesare ad esempio come Rosinella spiega il fatto

che gli uomini della preistoria disegnino nelle caverne: “Non sapevano come

passare il tempo (non avevano la televisione) allora disegnavano spiringuacchi sui

muri” . E che dire del suo tema sulla Svizzera? La regista lo ripropone identico a

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quello che c'è nella raccolta di Marcello D'Orta. L'effetto del comico si va a

povertà

mescolare con quello del dramma della nella quale queste piccole

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creature vivono, emblematico è il tema di Gennarino che descrive la sua casa .

Qui la regista utilizza un'immagine incrociata del volto di Gennarino che si sveglia

in classe e del suo tema, si torna poi sul testo scritto, vi è uno stacco e la

telecamera punta il soffitto a volta della casa, con l'intonaco malandato e la luce

pendente di una sola lampadina. L'immagine che mi è rimasta più impressa nella

mente è quella di questo piccolo bambino accoccolato dentro un cartone, forse

per il freddo, in una posizione quasi fetale; è dentro quell'oggetto che va a

raccogliere tutte le notti, che per lui è ricchezza ed identità. La macchina da presa

si sofferma così sul fanciullo trasmettendo così la piccolezza del bambino quasi

intrappolato in quella realtà più grande di lui, infatti ci sta stretto nella sua

piccolezza e ten

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
9 pagine
1 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alicer1992 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Educazione mediale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Perugia o del prof Bono Francesco.