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IL CICLO DI KOLB
Questo ciclo di apprendimento può avere inizio da uno qualsiasi dei
quattro punti!
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L’apprendimento esperienziale deve coinvolgere in maniera globale
l’individuo, renderlo più partecipe e parte integrante dell’attività
compiuta, in modo tale da affiancare all’apprendimento semplice di tipo
cognitivo un segno derivato dall’esperienza vissuta.
Questo ciclo di apprendimento si compone di quattro fasi:
1. Esperienza concreta: coinvolgersi pienamente e apertamente in
esperienze nuove.
2. Osservazione riflessiva: riflettere su queste esperienze ed osservarle
da molteplici prospettive.
3. Formazione di concetti astratti: creare concetti che integrino le
osservazioni teoriche valide.
4. l’ipotesi e le sue alternative vengono testate
Sperimentazione attiva:
attraverso l’azione. Il risultato delle prime, diventate azione produce
delle conseguenze, ovvero delle nuove situazioni o dei nuovi
problemi.
In questo iter risulterà fondamentale l’intervento di un adulto.
A livello scolastico, sarà il docente ad avere il compito di aiutare l’allievo
a rielaborare ed interpretare l’esperienza; il ciclo dell’apprendimento non
sarà completato sino a che la nuova esperienza non verrà applicata.
Questo percorso può avere anche risultati negativi: se l’educatore sceglie,
infatti, attività inappropriate per le caratteristiche dei suoi bambini,
l’apprendimento per esperienza può condurre ad un livello di autostima
inferiore.
Quindi, in educazione, molto importante non è tanto l’attività in sé, la
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quale è solo un mezzo, ma piuttosto quanto l’adulto sappia utilizzarla in
forme responsabili, efficaci ed eticamente corrette.
è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il
«L’educazione mondo»
Nelson Mandela
“Lo scopo dell’educazione è quello di trasformare gli specchi in
finestre”
Sydney J. Harris
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3. IL GIOCO
Cos’è il gioco?
3.1
L’essere umano è fatto per muoversi: ha bisogno di essere attivo, di
sviluppare i propri sistemi organici e di stimolare il benessere psico-fisico.
A maggior ragione il bambino che nella fase di crescita è vivace, ha un
forte impulso evolutivo e necessita di sviluppare il proprio movimento con
attività vitali e vigorose; per questi motivi è importante che il movimento
non sia contenuto, ma educato, soprattutto durante la fase di sviluppo.
L’attività che riesce a soddisfare queste condizioni è il “Gioco”!
Il gioco è un concetto polisemico: riesce ad impegnare pienamente il
soggetto e al contempo lo stimola sia a livello psicologico, sia fisiologico.
Il gioco è un’attività umana, non infantile: la differenza tra bambini e
adulti è che, mentre per i primi rappresenta un bisogno primario, poiché
vi è un concreto bisogno di giocare e senza di esso non può raggiungere
l’apice del suo sviluppo psico-fisico, per i secondi si limita ad essere un
passatempo.
Oggigiorno tutto ciò è molto limitato a causa di vari “problemi moderni”.
Uno dei principali tra essi è rappresentato dal rischio/pericolo.
Russel scrisse “Children and dangerous sport and recreation” nel quale si
spiegano due differenti visioni:
1. The common sense view: il gioco comporta normalmente la
dimensione del rischio.
2. The uncommon sense view: la ricerca intenzionale del rischio.
Russel spiega come il gioco, in quanto tale, comporti la dimensione del
rischio: il bambino giocando corre dei rischi, ed essi non possono essere
eliminati, perchè sono elementi fisiologici del gioco.
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L’adulto deve prevenire, ma senza un comportamento d’iper-
protezionismo (paternalismo), poiché rischiare è educativo e pertanto
impedirlo danneggia il bambino.
Benché originariamente il rischio nel gioco del bambino non fosse
percepito come problema, recentemente è iniziato a diventarlo a causa di
questo paternalismo. Per questo motivo ho scritto “problemi moderni”, per
enfatizzare come questa percezione non sia da accettare in modo
dogmatico e, anzi, appaia piuttosto confutabile.
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3.2 Studi sul gioco
Sebbene i bambini siano sempre esistiti, non vale la medesima
affermazione per “l’infanzia”, intesa da un punto di vista sociale. Una
volta questa era solamente un’età precaria, in cui il bambino non era
importante e si attendeva che diventasse grande.
Nell’età moderna, ovvero tra il XV e XVI secolo, con la prima rivoluzione
industriale, se ne scoprì il valore sociale da cui conseguentemente dipende
il valore conferito al gioco, poiché durante questa attività il bambino
s’impegna tantissimo. a Mantova la “Ca’ Zocosa”, una scuola
Nel 1423, Vittorio da Feltre, aprì
fondata sul valore del gioco e delle attività all’aperto; questa istituzione
educativa durò pochi anni, ma lanciò un seme con fertilità futura.
Nel 1898, infatti, Carl Gros scrisse “The play of Animals” e, due anni
“The play of man”. Gros fu il primo a studiare sistematicamente il
dopo,
comportamento animale dal punto di vista ludico: per lui il gioco era un
comportamento naturale. Configurò nove categorie di giochi, quali:
1. Giochi di sperimentazione: sperimentare per capire gli errori;
2. Giochi di movimento: movimenti finalizzati per il piacere;
3. Giochi di caccia: per la sopravvivenza;
4. Giochi di lotta: anch’essi per la sopravvivenza;
5. Giochi d’amore: nel mondo animale si lotta per amore;
6. Giochi di costruzione: costruire per il piacere;
7. Giochi per curare: prendersi cura dei più piccoli;
8. Giochi d’imitazione: imitare i più grandi;
9. Giochi di curiosità: in natura la curiosità t’insegna a difenderti.
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Oltre alla divisione dei giochi in categorie, egli scrisse un libro in difesa
sostenendone l’essenzialità, imponendo però al
dell’aggressività,
contempo la capacità di gestione. Secondo Gros se l’uomo non avesse
coltivato l’aggressività, non sarebbe, infatti, sopravvissuto a specie
animali più forti.
Un’altra importante considerazione sul gioco viene esposta da J.
Huizinga, autore del libro “Homo Ludens”, scritto nel 1939, il quale
dimostra come la nostra civiltà si regga sugli stessi principi/regole che
animano il gioco.
Huizinga descrive il gioco come attività normale e biologica dell’essere
umano: i bambini giocano in quanto predisposti a farlo. Ogni attività
ludica è un atto di libera scelta: si è liberi di giocare, ma non si è liberi
nel giocare.
Questa differenza di libertà spiega come il bambino è si libero di giocare
quando vuole, ma a patto che siano rispettate delle regole, poiché se si
trasgredisce, l’attività crollerebbe e non esisterebbe più. Affinché
questo possa esistere, occorre rispettare i suoi principi basati sulla
condivisione.
Le norme del gioco sono elementi che caratterizzano la vita sociale.
Roger Caillois, autore del libro “I giochi e gli uomini”, definisce il gioco
un’attività:
• Libera: nessuno ci obbliga;
• Incerta: non si può determinare in anticipo il risultato finale;
• Improduttiva: non crea né beni né ricchezza;
• Regolata: sottoposta a convenzioni (parola meno rigida di regole) più
o meno vincolanti;
• Separata: il gioco è definito entro limiti di tempo e spazio;
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• Fittizia: sinonimo di “Separata”, solamente che è un termine più
soggettivo; il bambino ha la consapevolezza di entrare in una diversa
realtà rispetto alla vita quotidiana.
A differenza di Huizinga, Caillois fece una classificazione dei giochi in
due macrocategorie:
PAIDIA: esuberanza irrequieta, divertimento libero, disordine e
fantasia. Tale categoria si pone in contrasto rispetto alla teoria di
Huizinga per il contesto delle regole. Secondo Caillois questa
macrocategoria è universale per tutti i bambini del mondo e
talvolta si presenta anche per gli adulti.
LUDUS: ordine, disciplina e regole. Nella concezione di
Huizinga esisteva solo questa macrocategoria.
All’interno di questi due poli antagonisti, Caillois distinse anche quattro
tendenze che determinano le categorie del gioco: “Agon”, dal greco
“spazio alla lotta”, in cui vince il migliore; “Alea”, dal latino “dado”,
che si basa sulla scommessa e pertanto si vince o si perde per fortuna;
“Mimicry”, che si basa sul concetto di credere e far credere qualcosa
che non è vero agli altri, ed attinge dal mimetismo degli animali; infine
“Ilinx”, che significa “vertigine”: è il desiderio di sprofondare
nell’incoscienza, di provare piacere nel perdere il controllo del proprio
rapporto con lo spazio, qui la dimensione del rischio è fondamentale.
21
Figura 3
MAPPA LUDICA
È importante che i bambini nel corso della loro età evolutiva pratichino
tutti questi tipi di gioco!
22
all’aperto
3.3 Il gioco l’attività
Alla fine del Cinquecento, fisica e la ricreazione iniziano
“medicina”
a essere considerate come una necessaria per i giovani.
Silvio Antoniano, con la sua opera “Dall’educazione cristiana de’
figliuoli”, si concentra sullo sviluppo fisico, intellettuale e morale
del bambino. Egli, infatti, consigliava agli insegnanti di portare i
propri fanciulli in luoghi nei quali la solitudine fosse in grado di
quest’ultimi.
dare maggior libertà ai giochi di
Nel Seicento poi le istituzioni scolastiche iniziarono a diffondersi,
e con esse anche il gioco, il quale doveva però essere di una certa
eleganza. Per tale motivo ne erano proibiti molte tipologie, tra cui
quelli violenti e scomposti, in quanto il fine era quello di concedere
ai docenti riposo e tempo per distendere la mente.
Tutto ciò portò alla nascita di giochi di abilità e destrezza.
“lasciare ai fanciulla la libertà
di giocare all’aria aperta così
da fortificare il fisico; saranno
accolti i giochi divertenti che si
fondano sulla fantasia più che
sulla ragione e che sono utili
per scoprire il loro
temperamento” J. Locke
Alla fine del Seicento, John Locke, ebbe una forte influenza
nell&r