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3. LE COSTITUZIONI SOCIALISTE DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE
Durante la guerra civile, Mao delineò i principi costituzionali e l’indirizzo politico
costituzionale del nuovo regime guidato dalla classe operaia e fondato sull’alleanza di operai e
contadini abbracciando tutte le classi democratiche e nazionali del paese. Inoltre, vennero
aggiunti i principi comuni di anti-imperialismo, anti-feudalesimo e anti-capitalismo e gli
obiettivi di indipendenza, democrazia, pace, unità, benessere e forza della Cina.
Il 1° ottobre 1949 questi principi andarono ad incorporare il Programma comune della nuova
Repubblica Popolare Cinese, un documento provvisorio avente forza costituzionale con il quale
si delineavano le istituzioni e i principi organizzativi del nuovo Stato instaurando la dittatura
democratica-popolare. L’ideologia politica di Mao fece subito intendere che il Partito
comunista avrebbe da lì in avanti preso le redini del paese con la partecipazione delle altre forze
politiche non comuniste, ma gli eventi successivi dimostrarono come questo aspetto fosse di
mera facciata.
Successivamente, la Costituzione del 1954 già indicava la ferma intenzione di instaurare
progressivamente nel paese un sistema di tipo socialista ispirato al prototipo dell’URSS,
evidente nell’affermazione esplicita del ruolo guida del Partito comunista e di principi come il
centralismo democratico e l’unità del potere statale. La volontà del Partito si sovrappone e
deroga di fatto alla stessa Costituzione, soprattutto nel selezionare funzionari e classe dirigente.
La Costituzione del 1954, infatti, non ebbe garanzie particolari, affidando la vigilanza sulla sua
attuazione e il potere di revisione all’Assemblea Popolare Nazionale (APN). Lo stesso Mao, in
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un discorso del 14 giugno 1954 , parlò proprio di “combinare i principi con la flessibilità”,
alludendo al fatto che la Costituzione fosse solo formalmente rigida ma sostanzialmente
derogabile essendo priva di strumenti di garanzia costituzionale.
Per quanto riguarda la struttura istituzionale dello Stato, abolito il principio della separazione
dei poteri, tutto il potere statale venne nominalmente messo nelle mani delle assemblee popolari
titolari della funzione legislativa e di indirizzo degli organi esecutivi e giudiziari. Tutte le
assemblee popolari, cioè i tre livelli di autogoverno locale regionale, provinciale e comunale,
erano sottoposte al controllo dell’APN, responsabile del principio di unità del potere statale.
Allo stesso modo, l’apparato giudiziario prevedeva tribunali popolari paralleli a ogni assemblea
popolare e sottoposti al controllo della Corte Suprema del Popolo.
Similmente a quanto stabilito in URSS, allo Stato cinese era attribuito il compito di redigere i
piani economici nazionali tramite Piani cinquennali approvati dall’APN. Infatti, l’economia
della Costituzione maoista fu caratterizzata da una pianificazione centralizzata di stampo
sovietico che fino alla metà degli anni ’80 diresse non soltanto la politica economica nazionale
ma anche l’attività produttiva delle singole imprese determinando i loro obiettivi e dando
direttive sul come realizzarli.
Dal 1958 Mao, tuttavia, iniziò a mettere in discussione i precetti sovietici allontanandosi
dall’alleato e dando inizio al cosiddetto Grande Balzo in avanti, la campagna di mobilitazione
ideologica e di collettivizzazione radicale dell’economia. Il Grande Balzo produsse, oltre a
un’esaltazione ideologica in cui molti intellettuali furono oggetto di critica e rieducazione
forzata, un decentramento delle funzioni economiche e amministrative e un rallentamento
dell’attività legislativa in favore del Partito.
Con il fallimento del Grande Balzo, durante la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria Mao
esautorò le funzioni istituzionali degli organi dello Stato sostituendoli con organi ad hoc alle
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sue dipendenze . Dal 1966 al 1975 fu un periodo di dura repressione delle guardie rosse che
deportarono centinaia di migliaia di cittadini e uccisero decine di migliaia di
controrivoluzionari. Su questa retorica di continua rivoluzione Mao edificò una nuova
Costituzione nel 1975, la quale però rimase poco in vigore perché le violenze e le repressioni
stavano diminuendo già poco prima della sua adozione.
Infatti, il radicalismo e le violenze iniziarono a ridursi negli anni ’70 con un processo di
stabilizzazione politica e sociale (con il famoso appello di Zhou Enlai e Deng Xiaoping alle
quattro modernizzazioni di agricoltura, industria, tecnologia e difesa), in concomitanza con una
60 J. Luther, Percezioni europee della storia costituzionale cinese, Cit. p. 16.
61 R. Cavalieri, Diritto dell’Asia orientale, Cit. p. 32. 25
politica di apertura della Cina alle relazioni internazionali con altri paesi che portarono la RPC
a sostituire la Repubblica Cinese (Taiwan) nel seggio permanente del Consiglio di Sicurezza
dell’ONU nel 1971.
La Costituzione del 1975, ancora caratterizzata da un forte radicalismo ideologico, ha ridotto il
numero di articoli da 106 a 30, contenendo essenzialmente solo delle generiche direttive con lo
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scopo di guidare la trasformazione dello Stato e della società . Il testo ebbe anche il pregio di
rafforzare ulteriormente la presa del Partito sulle istituzioni, abolendo la carica del Presidente
della Repubblica e inserendo la formula del “pensiero di Mao” così da simboleggiare una
continuità di principi e valori durata fino ad oggi.
La nuova Costituzione riportò notevoli riforme al testo precedente: in più disposizioni sanciva
esplicitamente l’egemonia del Partito (art.2), ridefinì la forma di Stato come “Stato socialista
di dittatura del proletariato” (art.1) e disciplinò una nuova economia caratterizzata da due
proprietà pubbliche (quella socialista del popolo e quella collettiva delle masse lavoratrici) e
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una personale (rispettivamente art.5 e art.9) .
La compattezza del testo in soli 30 articoli lo rese sicuramente più leggibile per i cittadini, ma
soprattutto fu funzionale a lasciare svincolato il potere politico da qualsiasi ostacolo giuridico.
Infatti, l’APN si vide revocato il potere di vigilare sull’osservanza del testo costituzionale.
Tuttavia, quello del 1975 durò solo fino al nuovo testo costituzionale del 1978, suscitato dalla
volontà di cambiamento dell’APN e del Partito dopo la morte di Mao e Zhou Enlai nel 1976.
Il cambiamento lo si vide già nel dicembre dello stesso anno quando la dirigenza provvisoria
del Partito insediatasi alla morte di Mao fu estromessa dalle principali cariche e una nuova
classe dirigente, capeggiata da Deng Xiaoping, assunse il potere e diede inizio alla
trasformazione della società cinese che va sotto il nome di “riforma economica”, sintetizzata
nella ricerca di uno sviluppo «economico pianificato, proporzionato e accelerato» (art. 16).
Principalmente, il nuovo testo cercò di ridare quel minimo di parvenza di valore giuridico,
affermando che è compito dell’APN sorvegliare l’attuazione del testo anche se non vi fu
l’affermazione del potere di annullamento di atti contrari alla Costituzione.
In ultima analisi, il testo del 1978 rispecchiò anche gli sviluppi della situazione internazionale
dichiarando nel preambolo l’obiettivo di estendere il “fronte unito rivoluzionario” a Taiwan,
Hong Kong e Macao. Tra l’altro, la pretesa di avere Taiwan “parte del sacro territorio della
Cina” fu riconosciuta dagli USA alla fine del 1978 come base delle future relazioni
62 P. Biscaretti di Ruffia, Costituzioni straniere contemporanee. Le costituzioni di sette stati di recente
ristrutturazione, Giuffrè Editore, Milano, 1996, p. 154.
63 J. Luther, Percezioni europee della storia costituzionale cinese, Cit. pp. 18-19.
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diplomatiche, precedute dai rapporti stabiliti anche con la Comunità Europea che sempre nel
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1978 diedero luogo a un primo accordo (tuttora la Cina richiede il non riconoscimento dello
Stato di Taiwan come base delle relazioni internazionali).
4. LA COSTITUZIONE DEL 1982: PREAMBOLO E PRINCIPI CARDINALI
L’odierna Costituzione cinese (divisa in 4 capitoli: principi generali, diritti dei cittadini,
organizzazione dello Stato, simboli della nazione) è stata emanata dall’APN il 4 dicembre 1982
e da allora è stata modificata cinque volte: 1988, 1993, 1999, 2004 e 2018.
Per comprendere le similitudini e le differenze con i testi precedenti e rispetto al
costituzionalismo occidentale è necessario prendere in considerazione le modifiche introdotte
nel suo preambolo. Infatti, le revisioni del preambolo sono state necessarie per “re-inventare”
la storia costituzionale cinese, raccontandola in modo selettivo, deselezionando le esperienze
costituzionali nemiche (es. costituzioni del Guomindang) e reinterpretando quelle delle tre
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costituzioni socialiste precedenti .
Innanzitutto, viene sottolineato che la Costituzione pone le sue fondamenta ideologiche su
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quattro “principi cardinali” che meglio garantiscono giuridicamente la dottrina politico-
ideologica della causa socialista: il primato del Partito comunista, le dottrine politiche guida del
popolo cinese, la dittatura democratica del popolo, la via socialista. Tali principi, menzionati
nel preambolo, sono delle importanti chiavi di lettura dei valori ideologici e politici che
influenzano l’interpretazione della Costituzione. 67
Il primo di questi, il primato del Partito comunista , è probabilmente il più rilevante all’interno
del sistema di governo cinese. L’importanza di questa leadership è prima di tutto storica: lo
stesso preambolo ripercorre alcune delle vicende storiche più rilevanti per il paese sottolineando
che siano state prodotte, dal 1949 in poi, sotto la guida del Partito.
Il fatto che il primato di un partito sia sancito direttamente in Costituzione, anche se
inizialmente solo nel preambolo, produce due effetti totalmente contrapposti all’idea di
democrazia: in primo luogo, così facendo, la stessa Costituzione nega ai cittadini, nonostante
affermi il principio di sovranità popolare, una reale libertà di scelta dei propri governanti tra più
partiti in competizione, dato che si ammette la possibilità che solo il Partito comunista può
64 J. Luther, Percezioni europee della storia costituzionale cinese, Cit. p. 20.
65 J. Luther, Percezioni europee della storia costituzionale cinese, Cit. p. 28.
66 A. Rinella, Cina, Il Mulino, Bologna, 2006, pp. 35-44.
67 A. C. Lavagnino, B. Mottura, Cina e modernità. Cultura istituzioni dalle Guerre dell’oppio a oggi, Cit. pp. 61-
80. 27
assumere la guida del paese; in secondo luogo, l’ingente in