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UALI INDIGENI
A quali gruppi etnici appartenevano gli indigeni incontrati da
Cristoforo Colombo durante i suoi quattro viaggi nel continente
americano? Essendosi egli mosso soprattutto fra le Antille,
principalmente a due: e (o Caribi).
Arawak Caraibi
Gli Arawak, " " (1), come dice
(...) gruppo piuttosto misterioso (...)
Lévi-Strauss, e più precisamente un ramo etnico di questi, i
, furono i primi in assoluto a venire in contatto con gli
Tainos
europei.
Guanahanì, punto di approdo di Colombo, era territorio Tainos,
così come Arawak erano tutte le altre Bahamas, Cuba, Portorico,
Santo Domingo, Jamaica e Haiti, dalla quale nel secolo precedente
all' arrivo degli europei si erano irradiati verso le altre isole,
soppiantando e riducendo in limitati territori i più primitivi
. (2) Nel periodo in cui Colombo giunge alle Antille, gli
Siboney
Arawak però stavano subendo una forte pressione da parte dei
Caribi.
Nell' ambito di vasti movimenti di popolazioni del continente
sudamericano, comprendenti anche i Tupi, i Caribi, scrive Chaunu,
stavano intraprendendo una
"(...) grande marcia verso il nord e l'ovest. Si insediano nell'arco delle
piccole Antille subito dopo essersi impadroniti di Puerto Rico." (3)
Si erano altresì già insediati a Cuba, continua Chaunu,
"(...) nella zona relativamente poco popolata di Baracoa. L' attacco caraibico
spiega l' accoglienza che gli Arawak riservano agli spagnoli, che sono un aiuto
insperato contro un pericolo imminente. Spiega anche in parte la stupefacente
concentrazione umana nell'isola di Santo Domingo, quarta zona densamente
popolata nell'America precolombiana (...)". (4)
Si legge in Lévi-Strauss che le popolazioni dell' America
tropicale
"(...) della costa e del sistema Orinoco - Amazzonia si caratterizzano per un
habitat forestale, o rivierasco nelle vicinanze della foresta; un agricoltura
dalla tecnica rudimentale, ma con estese zone dissodate, e la coltivazione di
numerose specie; un' organizzazione sociale differenziata, che delinea o afferma
una netta gerarchia sociale; ampie abitazioni collettive che testimoniano nello
stesso tempo del livello dell'industria indigena e del grado di integrazione
della società. Arawak, Tupi e Carib presentano in misura diversa e con
variazioni regionali, queste tre caratteristiche." (5)
Colombo ebbe modo di entrare in contatto anche con i in
Cigayos
Haiti, (6) e quando raggiunse il continente americano, con i
, con i o dell' Honduras e forse con alcuni
Talamanca Jigaque Paya Maya
yucatechi, (7) oltre che con altri gruppi Arawak e Caribi
stanziati in terraferma. (8)
3.4.2. I L CORPO FISICO SIGNIFICANTE
Il corpo degli indigeni è uno dei primi approcci possibili per
l' analisi delle culture amerindie viste attraverso i resoconti
delle imprese colombiane.
Un corpo duplicemente inteso e che corrisponde a una duplice
visione: in un primo senso inteso come fattezze fisiche, come soma
naturale. In un altro senso invece visto come strumento e prodotto
di un agire culturale.
La distinzione serve, in quanto risulta spesso, dalla lettura
delle fonti, un diverso atteggiamento a secondo di come è stato
visto il corpo degli indigeni.
Mentre è distaccato e obiettivo quando si esamina il corpo per
così dire "naturale", il giudizio è logicamente, più profondamente
intaccato da schemi culturali occidentali quando il corpo "altro"
è visto alla luce dell' azione culturale - si potrebbe dire "abito
culturale" - su di esso o con esso manifestata.
Naturalmente le due visioni sono sovente fuse e confuse, ma la
separazione risulta ciò nonostante ugualmente giustificata e
significativa.
3.4.2.1. G LI INDIGENI BEN FATTI
Partiremo anche questa volta dal Giornale di bordo di
Cristoforo Colombo. Abbiamo già detto che la nudità fu la sua
prima significativa osservazione e annotazione a proposito degli
indigeni. Ma abbiamo anche già detto che perlomeno Colombo era
abituato a popolazioni nude per l'aver partecipato alle spedizioni
in cerca di schiavi in Guinea per conto del Portogallo.
Lasciando dunque da parte i suoi accenni alla nudità, che comunque
cercando l' India forse non si aspettava, Colombo così si esprime
sugli abitanti di Guanahanì giunti sulla spiaggia a veder le navi:
"(...) son tutti assai ben fatti, bellissimi di corpo e di graziosa fisionomia
(...) generalmente sono di bella statura, di graziosi movimenti e ben fatti."
(9)
Il 13 ottobre, il giorno dopo l'arrivo, li osserva meglio:
"Sorto il giorno vennero alla spiaggia molti di questi uomini, tutti giovani
come ho detto e tutti di buona statura e assai belli. I loro capelli non sono
crespi, ma lisci e grossi come crini di cavallo. Hanno la fronte e la testa
molto larghe, assai più che qualunque altra razza che fin qui io abbia vista, e
gli occhi bellissimi e non piccoli. Di essi nessuno è di colore scuro, ma hanno
il colore dei Canariani (e non può essere diversamente perché quest'isola si
trova a Ponente, sulla stessa linea di latitudine dell'isola del Ferro), le
gambe generalmente molto dritte e hanno il ventre non grosso e ben fatto" (10).
In questo passo, come altrove, Colombo insiste sul colore
della pelle e sui capelli " " degli indigeni (11). A questo
non crespi
proposito Morison osserva:
"Il quadro in cui Colombo li collocava, è interessante notare, era in parte
composto di riferimenti africani, in parte tratto da reminiscenze classiche.
Egli si attendeva di trovare dei negri dai capelli crespi, come quelli che aveva
incontrato sulle coste della Guinea, perché Aristotele insegnava che la fauna e
la flora erano a uguale latitudine, uguali; ma rifletté che, poiché Guanahanì
giaceva alla stessa latitudine di Ferro (un errore di soli 3°41') non era da
sorprendersi se i suoi abitanti avevano lo stesso colore bruno dei Guanaches,
gli autoctoni delle Canarie" (12).
Dunque il primo impatto è dopotutto positivo, il corpo degli
indigeni non ha nulla che possa turbare gli schemi antropici
occidentali.
Anzi più ci si inoltra nel mondo amerindio e più i giudizi si
fanno entusiastici per questa nuova umanità scoperta.
Valga qui fra i tanti riportabili (13), un solo esempio;
giunti ad Haiti gli spagnoli osservano che, racconta Las Casas
(dagli scritti di Colombo),
"In quanto alla bellezza degli indigeni, affermavano quegli esploratori che non
era da paragonarsi a quella delle altre isole, e che erano più bianchi degli
altri, e avevano inoltre osservato tra le donne due ragazze di pelle così chiara
da poter essere scambiate per Spagnole" (14).
Resta solo il colore della pelle, un po' troppo scuro per
rientrare nei canoni occidentali, ma Las Casas osserva (sempre
riassumendo dal Giornale di bordo di Colombo) che: " (...) se usassero
vestirsi e ripararsi dal sole e dall' aria sarebbero tanto bianchi quanto lo
". (15)
sono in Ispagna
E' dunque il colore della pelle un fattore accidentale, (16)
un difetto rimediabile con l' apporto della "cultura", i vestiti,
che riparano dal sole, "natura".
Insomma il corpo degli indigeni è perfettamente ricuperabile e
rassicurante (almeno, come vedremo, per quanto riguarda i Tainos),
tanto che Colombo, al suo ritorno dal primo viaggio, potrà
scrivere sollevato a R. Sanchez: " In fra costoro niuno rinvenni da
" (17)
poterlo dire mostro, come da molti supponevasi.
G. B. Torre, curatore ottocentesco di una raccolta di scritti
colombiani, anticipando l' antitesi lévi-straussiana natura-
cultura, commenta un' identica affermazione di Colombo contenuta
in una sua lettera a Luis de Santangel:
"Era naturale che uomini non istrutti, ed amanti del maraviglioso, approdando a
lidi cosi rimoti, si immaginassero di trovare dei mostri. Tanti ne avevano
citati gli antichi Viaggiatori fino dai tempi di Ctesia, letto e compendiato da
Fozio, e di Plinio che non riuscirebbe strana in alcun modo questa aspettativa
nei compagni di Colombo. Ma (...) Colombo non parla di uomini mostruosi o
conformati diversamente dal rimanente della specie, ma bensì di uomini barbari,
snaturati per ferocità e crudeltà, in una parola di mostri morali: giacché poco
dopo dice di non aver trovato mostri se non nell' isola degli antropofagi, ossia
de' Caribi o Caraibi dei quali dice pure che quanto alla loro conformazione
differenti non erano dagli altri uomini, ma lo erano solo pei loro costumi
feroci e inumani" (18).
E' significativo però notare che i giudizi positivi restano
relegati alle prime impressioni, ai primi impatti con le
popolazioni indie e soprattutto limitati a chi ha effettivamente
partecipato alla scoperta.
Autori anche solo immediatamente successivi alla prima impresa
colombiana, e dunque già in un' ottica coloniale sostituiranno, ai
favorevoli commenti di Colombo, polemiche e astiose osservazioni
incentrate soprattutto sulla cultura indigena e che si
riverseranno ovviamente anche sul fisico degli autoctoni, secondo
un processo denigratorio usuale. Si fonda il disprezzo culturale
sulle presunte caratteristiche somatiche deformi (19).
E tutto ciò con generalizzazioni che Colombo stesso non fece
mai tenendo sempre distinti i Tainos dai Caribi.
3.4.2.2. D ' P
ELL USO ABOMINEVOLE EVIDENTE ROVA
I resoconti colombiani mutano significativamente tono quando
dai Tainos, da subito passivi e docili spettatori dell' avvento
europeo, si passa alle descrizioni di esponenti dell' altro
principale gruppo delle Antille: i Caribi.
Sia per come vennero dipinti dai Tainos a Colombo, ovvero
mostruosi e antropofagi, sia per l' ostile accoglienza agli
intrusi europei, i Caribi attireranno su di loro e sul loro corpo
le macchie delle loro presunte o reali malvagità. (20)
Pietro Martire scrive che sono " (...) scuri di pelle e di fiero e
" (21) così come Simone Verde racconta che, pur non
terribile aspetto
differendo per fisico dagli altri indigeni hanno " (...) le loro carni
". (22)
(...) più incotte e più aspre (...)
Negli esempi qui riportati, come altrove si insiste dunque sul
colore della pelle che più tende al nero più connota un' umanità
aliena, diversa, sprezzabile (come i negri) (23); mentre più si
avvicina al bianco (come nei Tainos) più ottiene consensi; per
poter distinguere il "sé" dall' "altro" occorre un punto su cui
far poggiare la