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Età di mezzo
In questo fervido programma culturale è necessario notare, a mio avviso, come la ripresa dei suddetti canoni imperiali non sia da intendere come la lettre. Essa è, piuttosto, la rigenerazione di un'epoca consapevole di stardando vita a qualcosa di nuovo; vediamo insieme cosa.
Il progetto originario. La prima figura ad inserirsi in questo progressivo distacco dalle Arti della Figura tipicamente medievali, è Filippo di Ser Brunellesco, come ci sovvengono le biografie di Vasari e di Manetti.
Ho individuato l'opera dello Spedale degli Innocenti, in questa prospettiva, paradigmatica, in quanto prima vera rappresentazione di una realtà storica fiorentina in profonda trasformazione sociale, apoteosi di una cultura cittadina in avanzata, la classe mercantile borghese, che si pone l'obiettivo di esaltare la Res publica tramite l'architettura. La costruzione, affidata dall'Arte della Seta e adibita all'assistenza ed
al ricovero dei bambini abbandonati, si pone lungo l'asse ideale che congiunge la Chiesa dell'Annunziata alla cupola del Duomo. La presenza nel cantiere di Filippo Brunelleschi è attestata dal 1919 al 1923, progettando e dirigendo finché gli è possibile la realizzazione del portico. Il progetto iniziale, di derivazione monastica, prevedeva la suddivisione in vasti ambienti per l'accoglienza e il sostegno dei malati, la chiesa, gli ambienti di servizio ed una loggia estesa verso la città, fulcro e luogo di prima accoglienza. Al momento del termine dei lavori condotti personalmente dal nostro architetto, si ergevano solenni le due testate simmetriche inquadrate da paraste che permettevano di raggiungere il portico, formato da 9 arcate e 9 campate su colonne. La soprelevazione del loggiato era su un podio e l'edificazione completa sino alla tangenza dei cervelli con l'architrave. Ortogonalmente al portico erano state erette le moli dellachiesae del dormitorio, tra loro paralleli e separati da un cortile quadrato che successivamente diventerà un chiostro porticato costituito di 5 arcate per lato larghe specularmente le 3 campate del loggiato d’accesso. È il principio proporzionale a dettare legge, il quale permette di profilare razionalmente e scientificamente il codice architettonico. Esso è garantito dall’adozione di un modulo che per multipli e sottomultipli determina la dimensione dell’insieme, dando l’impressione che ciascun elemento sia cosciente del posto assegnato. Il modulo fissato è in braccia fiorentine, 10 totali, ciascuno di 0.583m che, moltiplicato per il numero di braccia risulta essere 5.83 m. Da questa misura egli fa derivare tutte le altre, tanto che il suddetto modulo si misura a partire dalla base della colonna fino all’imposta dell’arco sul capitello, medesimo dell’intercolumnio e della profondità del portico; il doppio del modulo
scandisce l'altezza fino al termine della trabeazione e, la metà, l'altezza dall'imposta dell'arco al cervello dello stesso e la distanza tra le finestre del secondo livello.
Sulla base del progetto iniziale e non di quello successivo (che aggiunse 2 campate) la lunghezza totale risulta essere 52,47 m. La profondità del portico, inoltre, ha la stessa misura del modulo di base, 5.83 m: l'altezza del fusto delle colonne e dell'intercolumnio è così uguale alla profondità del portico: ne risultano due quadrati, uno in facciata ed uno volumetrico.
Questa scansione modulare è sottolineata dall'accuratezza nell'utilizzo dei materiali, la pietra serena e l'intonaco bianco, poco costosi ma efficienti; di fatto, diverranno la maglia della nuova Firenze. L'intonaco veste le superfici mentre la pietra serena delinea gli elementi portanti evidenziando la logica compositiva; ritmando le colonne e gli archi.
traccia le cornici orizzontali, le finestre e il timpano. Le volte prendono le distanze dalle vicine tardo-gotiche, a vela, si innalzano gonfiandosi prive di costoloni aggettanti, scandendo così lo spartito della pura ripetizione geometrica degli elementi. È come se ciascuna entità architettonica contribuisse all'immagine di uno spazio in cui le forze fisiche strutturali sembrano annientate. La logica costruttiva è ribaltata: l'architettura paratattica medievale lascia il posto ad una sintattica, basata sulla perfetta juxtaposition delle parti. Se da una parte si può affermare che Brunelleschi opera in continuità con i padri medievali (basti pensare alla bicromia delle modanature geometriche, alla distinzione tra membrature e superfici murarie), dall'altra l'ondata rivoluzionaria della rinascita brunelleschiana va letta, secondo la mia opinione, nei termini di un impianto perfettamente erigorosamente calcolato, razionale, ergo universale,
In una condizione evolutivamente a-storica. Come ho accennato nell'incipit, la ripresa dei motivi architettonici della Roma imperiale è da intendersi nel suo principio universalizzante di conferire al corpus di fabbrica un assetto geometricamente calcolato, piuttosto che nel suo typikos costruttivo. Basti pensare al sistema di edicole nella facciata dei mercati di Traiano nei disegni all'Albertina di Vienna, in cui non vi è parete continua, o al principio colonna-pilastro qui totalmente assente, ma punto di forza di numerosi edifici romani, tra cui la Basilica Aemilia. Possiamo affermare, quindi, che il nostro architetto sì guarda con occhio attento ai modelli classici, ma senza il vincolo della forma, la quale si libra nello spazio disegnando un nuovo linguaggio.
Alterazioni al progetto iniziale. Nel gennaio del 1427, costretto dalla pressione dei lavori al Duomo e al S.Lorenzo, Brunelleschi è deciso a lasciare la direzione del cantiere a Francesco della Luna.
Egli apporta variazioni anche strutturali, tra cui l'espansione del nucleo edilizio - aggiunta di un corpo verso4