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In conclusione, fu grazie alla determinazione del questore Sangiorgi che Palizzolo venne
arrestato, e fu sempre lui a stanare il latitante Fontana (killer esecutivo di Notarbartolo),
protetto dal principe Mirto, che si consegnò alla giustizia accompagnato da quest’ultimo
a casa sua e non in questura. Come scrive Lupo questo rituale ricordò alla stampa una
49
trattativa «da potenza a potenza» , che ci permette facilmente di presagire ciò che
succederà successivamente negli anni.
Ritornando al questore Sangiorgi, il suo lavoro viene principalmente ricordato per un
documento che egli ha redatto in quegli anni, ossia un rapporto di polizia di 485 pagine
circa l’organizzazione interna della mafia palermitana. In queste pagine Sangiorgi ha
circa vent’anni di indagini, combinando quelle condotte dal suo
riesumato predecessore,
il questore Farias, con quelle svolte da lui stesso in qualità di ispettore negli anni Settanta
nella zona della Conca d’Oro intorno a Palermo, dando una sommaria descrizione di una
mafia che riconosciamo come evoluta.
50
Nel rapporto si fa riferimento a Francesco Siino, membro influente del gruppo mafioso
49 Ibidem
50 riuscì a rinvenire presso l’Archivio centrale dello Stato un rapporto del questore di
Lo storico Lupo
Palermo Sangiorgi che descriveva l’attività delle varie cosche dal 1898 al 1901, con riferimento al loro
23
di Rigano, descritto all’epoca come
Malaspina-Uditore-Passo territorio unico che risulta
diviso in tre gruppi da una più recente revisione del rapporto, guidati rispettivamente da
Siino, il fratello Alfonso e Giuseppe Giammona. Essendo territori limitrofi era diventato
difficile stabilirne i confini, così capitò che le varie fazioni entrarono in conflitto tra loro.
Il questore descrive una mafia ben organizzata in uno schema e articolata in gruppi,
“cosche”, che prendono il nome dalle borgate di riferimento e operano nei loro territori,
rivendicando una competenza esclusiva. Sangiorgi scrive «in quasi tutti i comuni della
provincia di Palermo esistono da lungo tempo valide ed estese associazioni di malfattori,
fra loro connesse in relazioni di dipendenza e affiliazioni, formandone quasi una sola
51
vastissima» .
Si trattava, cioè, di cosche subordinate gerarchicamente ad un capo legate attraverso atti
illeciti e metodi violenti (come estorsioni e ricatti) e rapporti con famiglie nobiliari
siciliane, le quali si servivano dell’organizzazione mafiosa per tenere a freno
rivendicazioni sociali e salariali dei lavoratori.
Lupo sottolinea ancora una volta l’importanza del network del reticolo mafioso
nell’analisi di Sangiorgi, riprendendo nuovamente le sue parole «sgraziatamente, i
caporioni della mafia stanno sotto la salvaguardia dei Senatori, dei deputati ed altri
influenti personaggi che li proteggono e difendono, per essere poi, alla lor volta, da essi
52
protetti e difesi.»
Il primo quindicennio del XX secolo fu anche il periodo durante cui si ebbe una crescente
emigrazione di lavoratori verso gli Stati Uniti d’America, e che interessò anche numerosi
53
criminali. Dal 1901 al 1914 infatti, emigrarono negli Stati Uniti più di 800.000 siciliani,
parteciparono all’attività
tra questi pregiudicati, ammoniti e latitanti che in America
criminale denominata «Black Hand», ovvero «Mano Nera». La Mano Nera utilizzava una
tecnica estorsiva, usata da bande non specificatamente italiane, non affiliate ad un'unica
organizzazione diffusa nel territorio, come la mafia siciliana. Tali bande si occupavano
campo d’azione, ai delitti, e ai capi. Documento giudicato da Lupo fondamentale per ricostruire e studiare
La Mafia: Centosessant’anni Di Storia.
il fenomeno mafioso. Lupo, Salvatore. Donzelli Editore, 2018, pp.
63
51 Ibidem.
52 Ibidem
53 Emigrazione E Storia D’Italia.
Sanfilippo, Matteo. Pellegrini Editore, 2003, pp. 170.
24
di attività criminali quali estorsione, gioco d’azzardo e prostituzione. 54
L’esperienza della l’evoluzione in senso democratico delle istituzioni con
Grande Guerra,
l’introduzione del suffragio universale maschile nel 1912; la permanenza dei latifondi e
del tradizionale sistema dei rapporti contrattuali nelle campagne, la crisi dell’economia
siciliana negli anni della guerra a causa della riduzione delle esportazioni di agrumi; la
questione del difficoltoso reinserimento nel sistema sociale e produttivo locale dei reduci
le restrizioni all’emigrazione verso le Americhe,
di guerra e rappresentarono tutti fattori
che contribuirono, seppur in modi diversi, ad inasprire le tensioni di classe in un contesto
segnato dall’affermazione dei nuovi partiti di massa cattolico e socialista, e dalle
agitazioni del movimento contadino e, in un panorama in cui i disertori siciliani furono
molti e altrettanti i terreni lasciati incolti, la mafia ne approfittò per espandere la sua
in tutta l’Isola.
influenza
Il partito popolare e quello comunista non furono le uniche novità del mondo politico
italiano del dopoguerra; infatti, a Milano il 23 marzo 1919 si costituì un nuovo movimento
politico, che di lì a poco avrebbe dominato la scena italiana, il movimento fascista
capeggiato da Benito Mussolini. Inizialmente il loro programma era «un misto di
55
dichiarazioni rivoluzionarie antiborghesi e di esaltazione nazionalistica». Diventato
partito nel 1921, assunse in poco tempo caratteristiche che lo avrebbero portato al potere.
La mafia del dopoguerra è da considerarsi una mafia nuova, in quanto si trovò ad agire in
un quadro politico anch’esso nuovo, in cui il liberalismo italiano si dimostrò totalmente
incapace di governare e gestire i traumi e i «rancori collettivi» lasciati dalla Grande
Guerra e non fu inoltre in grado di reggere il nuovo sistema elettorale proporzionale e
l’offensiva squadrista 56
nemmeno di contrastare da parte dei fascisti. Infatti, dopo la
Marcia su Roma nel 1922 i liberali «si adattarono a sostenere un governo di coalizione
guidato dal fondatore e duce indiscusso del fascismo, Benito Mussolini. Si aprì così una
fase che, paradossalmente, stava a metà tra vecchio e nuovo, tra restaurazione e
57
rivoluzione.»
54 Lupo, Salvatore. Storia Della Mafia: La Criminalità Organizzata in Sicilia Dalle Origini Ai Giorni
Nostri. Roma, Donzelli Editore, cit. 2004, pp. 178.
55 Villari, Rosario. Storia Contemporanea. Cit., 1975, Laterza, pp. 469.
56 Ivi, pp. 471-473.
57 Ibidem. 25
Si trattava di un momento delicato, in cui da una parte Mussolini doveva formare il nuovo
governo e decidere a quali gruppi già convertiti al nazional-fascismo affidare la gestione
mentre dall’altra sponda la politica liberale, ossia la
degli organismi del partito, vecchia
politica, ragionava su come condizionare la nuova e guadagnarsi uno spazio di
contrattazione. È altrettanto vero che si trattava di un momento in cui la mafia si sentiva
rinvigorita, robusta e fortificata a tal punto di dipingere la loro società come onnipotente,
capace di controllare e accaparrarsi tutto e farsi servire da tutti. Un esempio, seppur
tutt’oggi dibattuto, fu il Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando, il quale
58
dichiarò in un discorso elettorale nel 1925 «mafioso mi dichiaro e sono lieto di esserlo!»
come rivendicazione identitaria, a causa dell’ostinazione da parte di una sezione della
classe dirigente nel distinguere una mafia “cattiva” ed una “buona”.
È di rilevante importanza anche un collegamento avvenuto tra Mussolini e Francesco
Ciccio Cuccia, mafioso diventato sindaco del comune di Piana dei Greci (oggi conosciuta
come Piana degli Albanesi) servendosi di metodi poco leciti, avvenuto nel 1924 ma reso
nel suo discorso di dell’Ascensione 59
pubblico solo nel 1927 da Mussolini stesso , nel
quale il capo-mafia per eccellenza si sarebbe permesso di offrire protezione al duce, capo
L’organizzazione mafiosa era diventata ormai un sistema capillare in grado,
del governo.
grazie alle sue relazioni esterne, di raggiungere qualsiasi altra istituzione o
organizzazione, a tal punto che in vista delle elezioni del 1924, una delle ultime votazioni
libere in Italia ante svolta dittatoriale, il questore di Cinisi suggerì al prefetto «di restituire
d’armi ad una serie di individui cui era stato precedentemente sottratto dalla
il porto
questura, trattandosi di mafiosi, così da poter garantire maggior impulso alla votazione
favorevole alla lista nazionale, in quanto si trattasse di ricchi possidenti disponibili alla
collaborazione con l’autorità 60
per assicurare tranquillità al paese.»
l’operazione
Ufficialmente, antimafia del fascismo cominciò il 23 ottobre 1925 perché, a
causa dell’avvento del regime, lo Stato era in una fase di cambiamento, e con esso anche
la mafia; Mussolini intendeva porre fine al fenomeno mafioso, al disordine e
all’immoralità derivanti dal parlamentarismo e soprattutto all’idea che i destini delle
58 ID., Storia della mafia, pp. 207.
59 La Mafia: Centosessant’anni Di Storia.
Lupo, Salvatore. Donzelli Editore, cit., 2018, pp. 109.
60 Ibidem. 26 61
nazioni potessero essere decisi in qualche remota periferia ; dunque venne nominato
con l’intenzione di
Cesare Mori come prefetto di Palermo, «dare un senso al fascismo nel
62
Mezzogiorno.»
Il lavoro di Mori fu di così importante rilievo che anche il New York Times citò la sua
guerra contro la mafia in un articolo.
Fig. 3. Mori, the victor over the Mafia.
(The New York Times, 22 gennaio 1928)
61 .
Ivi, pp. 123
62 Ibidem. 27
28
Mussolini puntò proprio su Mori, tralasciando il suo passato politico da liberal-
democratico, in quanto funzionario esperto; aveva infatti già fornito un grande contributo
all’Isola nel 1917 in una 63
lotta al banditismo. Gli vennero inoltre conferiti poteri
e l’azione antimafia non venne presentata come una campagna di polizia,
straordinari come un’insurrezione di coscienze e azione di popolo.
quanto più Mori puntò su tre
64
elementi: il popolo, nel quale cerca sostegno e punti di contatto, i campieri ai quali
applicò un distintivo ed infine i proprietari, dipinti come vittime di uno stato di necessità.
Preso l’incarico di sradicare la mafia con qualsiasi mezzo gli fosse disponibile, Mori
iniziò da una cruenta repressione attraverso le grandi retate messe in atto in Sicilia dal
1926 al 1928. Queste consistevano in solidi nuclei di forza che si spostavano da un paese
all’altro, attuando occupazioni militari in su