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TRASFERIMENTO GENICO MEDIANTE INIEZIONE STANDARD O JET INJECTION DI DNA NUDO
L’iniezione localizzata di DNA nudo è stata effettuata per la prima volta nel 1990 intramuscolarmente ed in
seguito anche in altri tessuti, tra cui fegato, cute e cervello.
L’uptake di DNA è massimo lungo il percorso dell’ago, suggerendo che il danno sico causato
dall’inserimento dell’ago stesso ne sia la causa. Sostanze quali la transferrina, solventi non miscibili con
l’acqua, polimeri non ionici, surfactanti od inibitori delle nucleasi sono stati testati per incrementare
l’espressione genica complessiva mediante questa procedura.
Da un punto di vista di applicazione questa procedura è particolarmente attraente grazie alla sua
semplicità ed all’assenza di eventuali problemi di sicurezza. L’iniezione diretta di geni terapeutici nella pelle
o nel muscolo si è rivelato un metodo molto utile per la valutazione di vari aspetti legati alla vaccinazione
basata sul DNA.
L’iniezione intramuscolare di DNA plasmidico codi cante per IL-12 e per l‘antigene carcinoembrionale è
stata in grado di implementare l’immunità antitumorale. Un trial clinico di fase I/II intrapreso per valutare
l’effetto terapeutico dell’iniezione miocardica del gene che esprime per il VEGF-2 in pazienti che hanno
sofferto di una ischemia cardiaca grave ha evidenziato alcuni risultati positivi. Fino al marzo 2009 più di 278
trial clininci (il 18.1% del totale) in terapia genica è stato condotto mediante questo approccio.
L’iniezione jet è stata descritta per la prima volta nel 1947, e descritta come una metodica che non utilizza
aghi, in contrapposizione alla iniezione convenzionale.
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La jet injection si ottiene mediante un getto ultra ne ad alta velocità di una soluzione di DNA spinto da un
gas pressurizzato (normalmente CO ). per evitare l’uso dell’ago fare più iniezioni in più sedi, c’è la
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dif coltà della profondità del tessuto dove si vuol far arrivare la molecola di DNA
L’iniezione genera pori sulla membrane delle cellule bersaglio e consente il trasferimento del gene
terapeutico.
Il potere di penetrazione del metodo dipende dalla pressione del gas e dalle proprietà meccaniche del
tessuto bersaglio. La procedura standard per la jet injection necessita di caricare la soluzione di DNA
(generalmente 3–5 µl), selezionare la pressione di carica (generalmente 1–3 bar), mirare direttamente al
tessuto bersaglio e …..schiacciare il grilletto!
Sono stati impiegati diversi tipi di iniettori con capacità differenti, sia nel volume di soluzione impiegabile
che nella modalità di ripetizione delle somministrazioni. Un confronto diretto tra l’iniezione tradizionale
con ago e diversi tipi di iniettori a gas ha mostrato che con questi ultimi i livelli di espressione genica sono
superiori di circa un fattore 50.
In generale, comunque, i modelli di iniettore a basso volume di carica sono più ef caci per
sommininstrazioni multiple.
Il trasferimento genico mediante jet injection è ben tollerato dai tessuti bersaglio e non sono stati riportati
eventi avversi di seria entità. Ciò nonostante dolore localizzato, edema, e sanguinamento possono essere
associati alla tecnica, ma molto dipende anche dal tipo di iniettore.
La tecnica della jet injection è ideale per lo sviluppo di vaccini basati su DNA e per l’immunizzazione topica.
In aggiunta questo metodo è stato utilizzato per transfettare direttamente cellule tumorali del cancro della
pelle per facilitare la chemioterapia convenzionale.
Stein e collaboratori hanno dimostrato che, dopo transfer intratumorale di un vettore short-hairpin ad RNA
contro il gene della resistenza multifarmaco (MDR1), era possibile ottenere una completa reversione del
fenotipo di MDR1 ed una aumentata contemporanea ef cacia della chemioterapia. In aggiunta la jet
injection è allo studio per il suo potenziale impiego in trials clinici di fase I per il trattamento di metastasi
epiteliali del tumore della mammella e di melanoma maligno.
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Studio: pazienti con queste patologie che dovevano comunque andare incontro ad asportazione
chirurgica del tessuto, si sono sottoposti a questo tipo di trattamento iniettato localmente il palsmide
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che portava il gene che codi cava per l’espressione del LacZ permette va di vedere l’espressione della -
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galattosidasi. Lasciare i pazienti dopo il trattamento per tot giorni, il tessuto veniva asportato
chirurgicamente e si vedeva se effettivamente c'era stata distribuzione del transgene inserito con il
meccanismo della jet injection.
Transferimento genico idrodinamico
La procedura idrodinamica è stata descritta per la prima volta nel 1999. Una volta esercitata una veloce
iniezione di un ampio volume di una soluzione di DNA nella vena della coda del topo si è ottenuta una
trasfezione ef ciente a livello epatico, polmonare, renale e cardiaco.
Il metodo idrodimamico impiega l’alta pressione come forza per il trasferimento genico. L’iniezione di un
grosso volume di liquido (pari al 8–12% del peso corporeo) in un periodo di tempo molto breve (3–5 s), porta
ad un cambiamento reversibile della permeabilità endoteliale e la generazione di pori nelle membrane
degli epatociti, consentendo l’ingresso del DNA esogeno. Possono essere trasfettati con questa tecnica no
al 30-40% degli epatociti.
Al momento questa metodica è considerate la più ef ciente tra quelle non virali per il rilascio di transgeni
nei roditori. Con questo metodo è possibile ottenere livelli di espressione del transgene prossimi a quelli
siologici. Mediante perfusione assistita via catetere, lo stesso metodo può essere impiegato per
transfettare ef cientemente rene, muscolo, o lobi speci ci del fegato.
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La semplicità e sicurezza del trasferimento idrodinamico consente un utilizzo ampio in vivo di questa
tecnica per la transfezione di epatociti e lo studio della funzione di promotori e geni terapeutici che
esprimano proteine del fegato.
Fino a poco tempo fa l’idea di impiegare questa procedura per il rilascio di geni nei soggetti umani era
stata scartata essenzialmente in funzione dell’esagerato volume di soluzione da utilizzare, che in rapporto
al peso corporeo umano è ben al di là di quanto possa essere somministrato ai pazienti.
Tuttavia sono state introdotte molte modi che per rendere la procedura meno invasiva. Ad esempio
inserendo un catetere a palloncino nella vascolatura dell’organo bersaglio e facendo seguire l’iniezione a
velocità inferiore e con volume ridotti si è comunque ottenuto un ef ciente trasferimento genico in
modelli animali di grande taglia.
Ciò suggerisce che l’applicazione clinica del trasferimento per via idrodinamica può essere applicata, anche
grazie al recente sviluppo di sistemi di iniezione computerizzati, previe certe limitazioni.
Questa tecnica è stata applicata sui topi, l’enorme massa di liquido fa una pressione enorme sugli epatociti
e consente una ef cienza di trasfezione che non è possibile a nessuna tecnica in vivo 40% epatociti.
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Si può considerare di trasmettere tutti quei particolari organi che abbiano vasi di dimensioni suf cienti e
che siano suf cientemente limitati nella loro vascolarizzazione a una armorizzazione locale (es: rene,
porzioni muscolari, a livello epatico ciascun lobo ha accessi venosi e riceve il 10% del suo peso)
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Gene Gun
Il trasferimento genico mediante “Gene gun”, anche de nito “trasferimento balistico di DNA” o “bombardamento di
particelle ricoperte da DNA”, è stato impiegato per la prima volta nel 1987 per il trasferimento genico nelle piante.
Questo metodo impiega l’impatto di particelle metalliche sul tessuto bersaglio per sfruttare il rilascio del DNA, su di esse
precedentemente depositato, durante il passaggio delle particelle. Le particelle vengono accelerate a velocità elevate
mediante un gas inerte ad alta pressione, di solito elio. Sono state utilizzate macroparticelle di oro, tungsteno o argento.
La pressione del gas, la dimensione delle particelle e la frequenza della somministrazione sono i fattori critici che
determinano l’ef cienza di penetrazione nei tessuti, il grado e l’estensione del danno tissutale risultante e la complessiva
resa di trasferimento genico.
Il trasferimento basato sul “cannone di geni” è stato studiato estensivamente per applicazioni al tessuto intramuscolare,
intradermico o per la sommininstrazione intratumorale. E’ stato dimostrato che questa tecnica è in grado di generare
una risposta immune impiegando dosi inferiori di antigene se comparata all’iniezione classica mediante ago in animali
di grossa taglia in trials dedicati alla comprensione di aspetti immunologici. Goudy e collaboratori hanno mostrato che la
vaccinazione in un modello animale, ad uno stadio preclinico tardivo del diabete di tipo 1, con il gene della glutammico
decarbossilasi ha indotto una immunità relativa al tipo 2 che ha conseguentemente bloccato l’autoimmunità mediate
da cellule β.
Ad oggi circa 0.3% (n = 5) dei trials clinici in terapia genica sono stati condotti con questa tecnica.
Elettroporazione
L’uso di un campo elettrico per alterare la permeabilità cellulare è noto dal 1960. Tuttavia i primi tentativi in
vitro ed in vivo applicati al settore del trasferimento genico risalgono agli anni 1982 e 1991.
L’elettroporazione in vivo impiega stimuli (pulses) elettrici per consentire il trasferimento genico attraverso
la formazione transiente di pori nella membrane cellulare seguita dalla movimentazione elettroforetica del
DNA nel compartimento intracellulare.
Tipicamente l’elettroporazione in vivo viene condotta a seguito di iniezione del DNA nel tessuto bersaglio e
facendo seguire un treno di impulsi, a differenti ampiezza in voltaggio, di diversa durata e frequenza,
attraverso due elettrodi localzzati nello stesso tessuto.
In vivo l’elettroporazione è una tecnica generalmente abbastanza sicura ed ef ciente con una discreta
riproducibilità, se comparata ad altri approcci non virali. Una volta ottimizzati i parametri, l’ef cienza di
trasfezione si avvicina molto ai sistemi virali. In aggiunta alla iniezione locale ed alla elettroporazione Sakai
e collaboratori hanno riportato che la tecnica può essere effettuata in modo localizzato dopo
somministrazione sistemica di un DNA plasmidico. La dimostrazione si è ottenuta somministrando per via
sistemica un DNA plasmidico ed elettroporando solo un lobo del fegato del ratto: solo il lobo elettroporato
risultava transfettato.
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Una delle applicazioni promettenti dell’elettroporazione &egr