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L'esperimento di Northfield consiste in una sperimentazione che Bion ed i suoi collaboratori fecero

nella struttura psichiatrica in cui operavano come medici militari. Vennero chiamati nell’autunno del

1942 a dirigere il Training Wing, cioè il Reparto militare di addestramento e riabilitazione, dedito alla

cura dei soldati vittime di nevrosi di guerra, allo scopo di migliorarne il morale e di restituirli ai loro

doveri militari. Bion avverte che il gruppo, se si mobilita come totalità, attiva risorse e possibilità di

gran lunga superiori a quelle messe in moto dalla cura del singolo. Da qui consegue la regola

fondamentale per cui la terapia deve essere considerata sempre come un problema di gruppo e gli

interventi del terapeuta devono dunque essere centrati sul gruppo. L’aspetto innovativo e

rivoluzionario consiste proprio in questa lettura psicodinamica della vita gruppale, intuendo che un

gruppo ha ragione di esistere in quanto ha un compito, nei confronti del quale si sviluppano

inevitabilmente tensioni contrapposte, alcune facilitanti ed altre ostacolanti la sua realizzazione.

Pertanto Bion pensa che, per individuare ed eliminare le resistenze interne all’obiettivo dichiarato del

gruppo, sia fondamentale sviluppare, all’interno del reparto, una situazione gruppale centrata sul

compito, che per sua stessa natura fa scattare ed emergere anche le forze oppositive sotto forma

difensiva (per esempio di attacco/fuga) consentendo di coglierle dal vivo e di affrontarle con gli

strumenti della psicologia. Tali resistenze nel caso “primo esperimento di Northfield” assumono

l’aspetto del caos, della sporcizia e dell’ammutinamento. Secondo questa logica, Bion aveva stabilito

che tutti gli uomini effettuassero un’ora al giorno di addestramento fisico e fossero membri di uno o

più gruppi destinati allo studio di un mestiere. A seconda degli interessi che di volta in volta si

manifestavano, gli individui potevano formare nuovi gruppi per lo sviluppo di un’attività particolare. Si

effettuavano riunioni giornaliere di tutti i pazienti, del personale incaricato e dei direttori, per la

discussione dei programmi, degli eventuali problemi e dei provvedimenti da prendere. Quest’ultimo

punto del programma è stato il primo passo per l’organizzazione di seminari terapeutici. Bion e

Rickman purtroppo sottovalutarono l’importanza delle resistenze sotterranee al progetto presenti a

livello del gruppo dirigenziale dell’ospedale, il conflitto tra la cultura e il compito di impronta militare del

gruppo da loro istituito e la cultura e il mandato dell’ospedale, orientati invece a privilegiare il

benessere del singolo. Per questa ragione vennero presto sollevati dall’incarico.

Siegmund Heinrich Foulkes, psichiatra e psicoanalista inglese di origine tedesca, emigra a Londra

nel 1933 per sfuggire alle persecuzioni naziste, si forma a Vienna, lavora per breve tempo a

Francoforte e agli inizi degli anni quaranta inizia le prime esperienze di terapia di gruppo in Gran

Bretagna. Quest’ultima esperienza gli consente di andare a Northfield (fra il 1943 e il 1946) come un

autorevole esponente della terapia di gruppo (a questo tempo è “l’autorità nel campo”). Egli dunque

arriva a Northfield, poco dopo la partenza di Bion nel dicembre 1942, e qui prosegue la sua attività e

indagine sulla teoria e la tecnica di gruppo analitica, o gruppoanalisi, concepita sempre più come “una

forma di psicoterapia praticata dal gruppo nei confronti del gruppo, ivi incluso il suo conduttore”. Sulla

scorta di un background medico-analitico, peraltro più coerente con il regime ospedaliero, Foulkes

vuole dare un’impronta psicoanalitica al reparto che dirige, ed è persuaso che attraverso l’intervento

sulla comunicazione conscia e inconscia, i membri del gruppo possano trasformare il gruppo stesso in

un’esperienza terapeutica per se stessi: in quanto nevrotici interferiscono con la comunicazione nel

gruppo, nel contempo tramite il gruppo imparano a comunicare e a socializzare nonostante i loro

problemi relazionali. Insomma se Bion concepisce il gruppo sempre e solo in funzione di un compito,

Foulkes lo considera sempre e comunque strumento terapeutico. Inoltre, per Bion la tensione è

l’elemento naturale che occorre fare emergere e il terreno su cui lavorare, per Foulkes è invece indice

di resistenza e conflittualità, che si devono allentare per permettere il fluire della comunicazione.

Foulkes suddivide la sua esperienza in 4 fasi principali:

1. Fase A: (dal 1943 agli inizi 1944) A quell'epoca i pazienti erano impegnati in numerose

attività, che svolgevano di malavoglia, preferendo di gran lunga lo svago. Ciò perché la

maggior parte dei pazienti aveva lo scopo principale di sottrarsi al servizio militare, "usando" i

propri sintomi, e addirittura informandosi con i più anziani su quali cose si sarebbero dovute

dire agli psichiatri per poter aspirare più facilmente alla libertà civile. A ciò si aggiungeva il

deterioramento dell'atteggiamento militare, potendo i soldati sfidare le norme disciplinari

facendosi scudo della propria malattia. I soldati avevano come obiettivo primario di rimanere

malati. Una delle caratteristiche dell'ospedale, in questa fase, era la scissione netta tra i vari

reparti; veri e propri compartimenti stagni, i cui effetti erano frustrazioni e anche per tutti ma

soprattutto incertezza nel paziente stesso.

2. Fase A1: (giugno 1944) Caratterizzata da un nuovo schema pedagogico militare più attivo. Ii

pazienti furono stimolati ad interessarsi e a praticare varie attività, anche con la creazione di

strutture apposite. Molte delle barriere dell'ospedale si infransero, il personale guadagnò in

motivazione, la collaborazione tra i membri andò aumentando, gli psichiatri dedicarono più

tempo ai pazienti, l'amministrazione divenne più funzionale.

3. Fase B: (fine 1944) Venne selezionato uno staff militare il cui scopo era acquisire

competenze dal punto di vista psichiatrico e in particolare dell'orientamento psicologico

gruppale, in modo da trattare i problemi della struttura ospedaliera come una faccenda

collettiva. Il reparto training fu chiuso e sostituito da un'organizzazione avente lo scopo di

implementare attività di ogni tipo. I pazienti residenti cominciarono ad occuparsi di introdurre i

nuovi pazienti a NorthField, producendo e distribuendo ai nuovi arrivati un opuscolo. Inoltre,

dal momento che le attività erano organizzate e mantenute dagli stessi pazienti, essi ne erano

responsabili in caso di fallimento: i loro interessi iniziarono lentamente a coincidere con quelli

dell'ospedale. L'atmosfera generale cambio in ragione di una maggiore spontaneità, e il

lavoro comune e il contatto tra gli individui aumentarono.

4. Fase B1: (subito dopo la fine della guerra in Europa) Fu un periodo contrassegnato dalla

mancanza di entusiasmo per la guerra giapponese e dal desiderio di una smobilitazione

precoce, con influssi decisivi sul morale degli uomini. I nuovi pazienti erano demotivati, i

vecchi medici e psichiatri in servizio cominciarono ad essere smobilitati, e con essi le varie

attività svolte. Il nuovo personale che si insediò a Northfield dovette cominciare tutto da zero.

Foulkes decise, per risolvere la situazione che stava precipitando, in seguito al suo

trasferimento al reparto attività, di formare dei gruppi il cui compito doveva avere valore per

l'ospedale nel complesso, e i cui membri dovevano essere costretti al contatto e alla

collaborazione con gli altri. Creò un gruppo di coordinamento dando, in tal modo nuova linfa

ai gruppi e agli individui tutti, ricreando il clima giocoso dato dal contatto e dalla mutua

collaborazione.

Sistemi di autorappresentazione

Lotman mostra come il comportamento e anche i sentimenti, che le persone appartenenti a una certa

società e a una certa cultura vivono nella loro vita di tutti i giorni, siano in costante relazione con

diversi sistemi di autorappresentazione. Più precisamente, egli afferma che nella vita di ogni gruppo

sociale sono attivi diversi sistemi di autorappresentazione che, entrando in interazione tra loro e con il

linguaggio della vita quotidiana, sviluppano una funzione di riflessione e più in generale di produzione

di senso. Lotman esamina, in particolare, la funzione svolta dal teatro, dalla letteratura, dalla pittura,

dal cinema, dalla moda. Le sue ricerche mostrano che:

● Il teatro e le altre forme di espressione artistica danno una rappresentazione (a diversi livelli)

della realtà sociale;

● la rappresentazione può avere come oggetto anche abbozzi ancora informi di

comportamento ed embrioni di sentimenti;

● l'attività di rappresentarli, agendo su di essi, ne promuove la formalizzazione;

● Ciò comporta anche il fatto che tali comportamenti è sentimenti raggiungano un maggior

grado di espressività e comunicabilità.

Nel modello di lottman la funzione di autorappresentazione non è svolta da un singolo film o Lavoro

teatrale, ma dall'insieme della produzione di un certo periodo.

Ruolo del sogno nel gruppo

Nel piccolo gruppo i sistemi di autorappresentazione sono costituiti dai sogni, dalle fantasie, dalla

speculazione immaginativa. Considerare il sogno come un sistema di auto rappresentazione significa

intendere il sogno non soltanto come un “prodotto" che può essere interpretato, ma anche come una

rappresentazione veritiera di "qualcosa" che la persona ha accolto ed elaborato (in modo inconscio e

preconscio). Più precisamente, un'espressione, rappresentazione ed elaborazione di ciò che accade

nel mondo interno e anche nella situazione analitica in cui la persona è impegnata. Questo modo di

intendere il sogno non è del tutto distante da Freud se non per un punto che però abbastanza

sostanziale e cioè l'idea che il contenuto del sogno subisca una considerevole opera di deformazione

e di mascheratura da parte della censura. Meltzer suggerisce di considerare il sogno non come

un'espressione deformata, ma piuttosto come un'espressione vera dei desideri e delle fantasie

inconsce, che viene però proposta attraverso un linguaggio diverso da quello verbale. Più

precisamente, l'idea di Meltzer è quella di estendere il concetto di linguaggio, così da includervi anche

il sogno inteso come linguaggio interno o meglio come un linguaggio poetico (nel senso di poietico,

cioè di creativo) che descrive il mondo interno.

Tutti i sogni che vengono raccontati nel corso di un'analisi di gruppo offrono contributi a due versanti:

individuale e di gruppo. Il fatto che una persona porti un sogno a un gruppo non implica che il sogno

diventi un sogno del gruppo, anche se è il gruppo a recepirlo ed elaborarlo. E’ i

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
5 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/01 Psicologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher m.eletti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cagliari o del prof Lampis Jessica.