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Realismo e guerra

Tanto più uno Stato è potente, tanto più è probabile che il suo obiettivo di realizzare la sicurezza dello Stato venga realizzato. In questo modo, per i realisti, la potenza diventa il mezzo della politica ne diventa il fine: la potenza diventa il mezzo per fare la politica o il fine stesso per fare politica. Se la potenza è l'obiettivo, bisogna riconoscere che la ricerca del potere sia la variabile fondamentale che orienta la condotta dello Stato. È chiaro che se ogni Stato concentra una maggiore potenza nel sistema, ogni attore razionale praticherà, inevitabilmente, la politica di potenza. Questo ragionamento porta alla conclusione che la guerra sia inevitabile: se la politica è lotta per il potere, il dilemma della sicurezza è insuperabile perché ciascuno cerca maggiore potere e sicurezza.

Per i realisti la guerra è inevitabile e l'idea di conseguire una pace stabile è un'illusione.

anche quando la guerra non è presente perché gli Stati ragionano sempre come se una guerra potesse scoppiare. Quando gli Stati si trovano in una condizione in cui non hanno questa percezione, è perché c'è stato un cambiamento strutturale della politica internazionale. Per questo motivo, il dilemma della sicurezza è il meccanismo che si riproduce storicamente e che spiega le ragioni strutturali del perché scoppiano i conflitti. Per i realisti, l'unico strumento che lo Stato ha a disposizione per evitare di essere coinvolto in un conflitto è l'equilibrio di potenza e quindi dissuadere chi potrebbe attaccarlo. L'unico modo per dissuadere uno Stato dall'attaccare un altro Stato è adottare il bilanciamento come dottrina di politica estera: apparire così potente da non poter essere sconfitto. Equilibrio di potenza e la sua logica L'equilibrio nelle relazioni internazionali è un termineÈ un concetto chiave The Balance of Power, del lessico internazionalistico realista. Nell'opera Hume afferma che l'equilibrio di potenza, essendo un principio di buon senso, è sempre esistito: è uno dei meccanismi fondamentali delle relazioni internazionali. In una situazione di equilibrio di potenza, non c'è un accordo fra le parti a non ricercare l'egemonia. Il sistema, per come funziona, rende difficile, per qualsiasi potenza, ottenere l'egemonia perché esiste una tendenza spontanea dei paesi ad unirsi contro una potenza forte che rischia di diventare dominante. Però, al contempo, l'equilibrio fa poco per ridurre l'intensità della competizione. Un'organizzazione internazionale istituzionalizzata sarebbe una soluzione ideale. Tuttavia, in mancanza di quest'ultima si fa riferimento, prima al in estremisconcerto ossia una forma di gestione non istituzionalizzata e all'equilibrio, condizione.

In cui il rischio di guerra e competizione è più alto. L'equilibrio di potenza emerge spontaneamente se le grandi potenze di sistema falliscono nel concordare una forma di concertazione: se ci si accorda per gestire i problemi, allora si è in una dinamica di tipo concertato, se, invece, non ci si riesce a mettere d'accordo, allora la soluzione (di ripiego) è l'equilibrio.

Definizione di equilibrio

Una situazione è in equilibrio quando nessun attore, da solo o attraverso nessuna alleanza, può dominare tutti gli altri. La dinamica dei rapporti in condizione di equilibrio è il bilanciamento che può essere una vera e propria dottrina di politica estera direttamente o indirettamente.

L'offshore balancing è una strategia attraverso la quale un attore al posto di bilanciare direttamente fa bilanciare da attori che sono suoi associati: l'idea che l'Europa possa bilanciare la Russia.

Equilibrio e i rapporti

tra attori Secondo la logica del bilanciamento, le guerre non dovrebbero mai esserci perché i paesi, auto-bilanciandosi fanno venire a meno la possibilità di un scontro. Tuttavia, le guerre si presentano lo stesso perché esse sono il prodotto di un vuoto di potenza ovvero di uno squilibrio. I limiti dell'equilibrio di potenza sono il fatto che sia un approccio descrittivo che non ci aiuta, di conseguenza, a capire come si realizzano queste dinamiche e la sua ambiguità determinata dal fatto che assume molti significati. Per equilibrio si può infatti intendere: 1. Un'eguale distribuzione della potenza: il potere è distribuito in modo equilibrato tra più attori. 2. La distribuzione di potenza esistente: l'assetto dei rapporti internazionali. 3. Dottrina di politica estera con una logica prescrittiva: la potenza dovrebbe essere distribuita in modo uniforme perché questo preserva dal conflitto. 4. Un'intrinseca tendenza della potenza a bilanciarsi tra gli attori. In conclusione, l'equilibrio di potenza è un concetto complesso che può essere interpretato in diversi modi, ma che comunque cerca di evitare conflitti attraverso una distribuzione equilibrata del potere tra gli attori internazionali.politica internazionale: produce un’eguale distribuzione di potenza. Uno dei grandi problemi dell’equilibrio è che non spiega quali sono i fenomeni che determinano il passaggio dal bilanciamento al vuoto di potenza e che produce il conflitto.

The origins of alliances (1987) Stephen Walt propone una versione rivisitata della teoria balance of threat balance of power. dell’equilibrio in termini di invece di Oltre alla potenza aggregata (capacità, come in b. of power), alla tecnologia militare (capacità offensive, funzione della tecnologia posseduta), alla geografia (distanza/vicinanza dell’antagonista), li fattore che incide profondamente sui comportamenti volti al bilanciamento sono le intenzioni (aggressività percepita). Se le intenzioni sono aggressive, allora la percezione di una potenziale aggressività fa aumentare la propria preoccupazione. Se invece le intenzioni non sono aggressive, allora la percezione dello squilibrio viene

ridimensionata. Restraint, Nel libro Posen sostiene la tesi per cui gli USA non hanno nessun obbligo a bilanciare la Cina perché se la Cina dovesse essere percepita come pericolosa a livello regionale, ci sarà sicuramente una mobilitazione degli attori locali. L'idea di Posen è quella di lasciar perdere le alleanze e organizzazioni internazionali per favorire il bilanciamento fra i paesi che stanno nelle regioni interessate.

Le critiche al realismo in 5 punti:

  1. L'ambiguità nell'utilizzo del concetto di potere: il potere è il concetto centrale per il realismo ma non si capisce se il potere è un mezzo dello Stato per raggiungere l'interesse nazionale o non coincide con l'interesse nazionale. Se il potere è il mezzo per raggiungere gli obiettivi dello Stato, allora si attribuisce agli Stati una naturale propensione di perseguire egemonia.
  2. Equiparazione di tutte le forme di azione

esterna dello Stato: il realismo non dà una valutazione sulla base di criteri esterni ma sulla base del criterio di efficacia. Questo permette ai realisti di essere oggettivi. L'unico parametro valido per valutare azione esterna dello Stato è l'efficacia. Il grande peccato del decisore è fare qualcosa che sia inefficace e che danneggi lo Stato.

3. Mettere al centro l'interesse nazionale: i realisti non studiano come viene elaborato l'interesse nazionale. L'attore razionale infatti ricerca il potere e non entra in aspetti come forme di partecipazione organizzata all'interno dello Stato perché il contesto per i realisti è pericoloso. Se l'interesse nazionale viene descritto in questo modo, il contesto nazionale non cambia mai. Il realismo non ha strumenti per indagare le dinamiche interne perché i realisti ragionano in termini di politica di potenza. Nel caso in cui, il cambiamento dell'interesse nazionale

Mutasse allora bisognerebberagionare in termini del terzo livello sistemico. La sferainternazionale per i realisti classici è il prodotto della proiezionedelle singole politiche estere (politiche di potenza).

Non è una teoria della politica internazionale: è una dottrina dipolitica estera. Si propone di dire agli Stati come si devonocomportare. In questo modo non si comprende quali siano ledinamiche esterne agli stati che ne condizionano il comportamento.

Non è una teoria scientifica: il realismo parte da un giudizio divalore: la natura egoista dell'uomo. Se si accettano le premesseper cui la natura dell'uomo è egoista, allora lo sviluppo diventacongruente alle premesse.

Il realismo classico oggi

Alcuni recenti scritti ci fanno pensare che l'idea di una teoria realista nonevolva sia fondata. Tuttavia, nella riflessione teorica vi si trovano unnotevole pluralismo punti di vista.

La potenza conta, sia l'esercizio del potere da

partire dagli anni '90, che questa situazione sarebbe stata temporanea e che sarebbe tornata la competizione tra le grandi potenze. E infatti, negli ultimi anni, stiamo assistendo a un aumento delle tensioni tra Stati Uniti, Cina e Russia, che sono considerate le principali potenze mondiali. Questo riporta l'attenzione sulla politica di potenza e sull'equilibrio di potenza, che sono concetti fondamentali nelle relazioni internazionali. Tuttavia, c'è ancora una parte della società americana che è a disagio con l'idea di esercitare il potere e preferisce cercare la legittimazione internazionale. Questo significa che gli Stati Uniti cercano di agire in modo da ottenere il consenso e l'appoggio della comunità internazionale, anziché agire unilateralmente. Questo approccio è stato evidenziato da Condoleezza Rice nel suo articolo "Promoting the National Interest" del 2000. In conclusione, la questione del potere e dell'equilibrio di potenza è ancora un tema centrale nelle relazioni internazionali. Gli Stati Uniti, come una delle principali potenze mondiali, devono bilanciare la loro capacità di esercitare il potere con la necessità di ottenere legittimazione internazionale.quel tempo, circa il fatto che tale condizione non sarebbe durata a lungo, che la competizione internazionale era parte della natura dell'uomo e sarebbe tornata. E benché le loro previsioni circa un'imminente transizione verso un assetto multipolare [...] si siano rivelate sbagliate, i realisti avevano una chiara consapevolezza dell'immutabilità della natura umana. Il mondo non stava sperimentando una trasformazione, ma semplicemente una pausa nell'interminabile competizione tra paesi e genti. Nel corso degli anni Novanta la competizione è ripresa". Il ritorno della storia e la fine dei sogni, - R. Kegan, 2008. Tutti i vecchi giochi della politica di potenza sono tornati. Essere trascinati nelle lotte della "vecchia scuola" non provoca solo un consumo di tempo ed energia allontanandoci dalle questioni che sono importanti ma cambia.
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
133 pagine
2 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/06 Storia delle relazioni internazionali

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Matte9500 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Relazioni internazionali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Caffarena Anna.