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La colpa generica e il rischio di sconfinamento

La colpa generica porta con sé un rischio elevato, ovvero che si amplifichi la condotta colposa al punto da includere anche comportamenti non rilevanti penalmente. Per evitare che ciò accada, è fondamentale ricordare che il cuore di qualsiasi reato colposo è la violazione di una regola di diligenza.

D'altro canto, il rischio appena citato è più facilmente scongiurato. Ad esempio, anche la giurisprudenza della Corte costituzionale ha sottolineato che, nel caso di esposizione ad attività lavorative rumorose, l'imprenditore non dovrebbe fare altro che garantire ai lavoratori le misure di sicurezza che essi stessi adottano. Questo comporta un duplice vantaggio: da un lato, si riducono i costi economici delle misure tecnologicamente più avanzate e, dall'altro, si riesce a stabilire con maggiore certezza i doveri che l'imprenditore ha nei confronti degli operai.

nell'ipotesi di colpa specifica, poiché la regola di diligenza è di facile individuazione in quanto esplicitamente contenuta in una norma. L'art. 43 c.p. fa riferimento, in primis, a una "norma di legge", della quale è necessario specificarne il significato. Parte della dottrina sostiene che, poiché alla norma penale può essere attribuita una duplice funzione, repressiva e preventiva, essa, oltre a incriminare una data condotta, previene ulteriori condotte simili, ammonendo circa la loro pericolosità. Si avrebbe, ad esempio, che l'art. 575 c.p., nell'incriminare la condotta di omicidio doloso, ammonirebbe anche di non compiere azioni colpose dalle quali potrebbe derivarne la morte di un soggetto. Tuttavia, come poc'anzi accennato, bisogna tener presente che la condotta colposa rilevante penalmente non è quella posta in essere da chi causa un evento violando una generica norma di legge, ma quella realizzata.violando una specifica norma con finalità cautelare; più precisamente "una norma avente a contenuto l'impedimento di eventi involontari connessi allo svolgimento di attività lecite". Dunque, nel concetto di "leggi", vanno fatte rientrare solo quelle norme penali che hanno tale specifica finalità preventiva. Infine, l'art. 43 c.p. prevede quali possibili fonti della colpa specifica "i regolamenti, gli ordini o le discipline", atti che costituiscono oggetto di studio nel diritto costituzionale e amministrativo. Occorre precisare che, qualora i regolamenti o altri atti scritti dovessero risultare viziati da invalidità formale, non viene meno la responsabilità colposa poiché, affinché essa si configuri, sarà sufficiente la violazione della regola di condotta. FIANDACA, G.; MUSCO, E. (2019), op. cit., 581 La "positivizzazione" delle regole precauzionali all'internodi norme, regolamenti, ordini o discipline, presenta nondimeno un grave inconveniente, ossia il rischio di un ritorno alla responsabilità per il mero versarsi in re illecita. Infatti, il solo violare la regola di condotta e il realizzarsi dell'evento non possono essere di per sé sufficienti a integrare la responsabilità colposa. Si pensi al caso tratto da Cass., 18 settembre 2008: un automobilista percorre una strada provinciale a una velocità superiore a quella consentita e, dopo due sorpassi, investe mortalmente un ciclista che stava attraversando la strada da destra verso sinistra; tuttavia, è verosimile che l'incidente si sarebbe comunque verificato, anche se l'automobilista avesse viaggiato alla velocità consentita. Ebbene, in tal caso, ritenere l'automobilista responsabile di omicidio colposo, significherebbe attribuirgli una responsabilità a titolo di colpa solo sulla base della sussistenza di un nesso causale tra.

la condotta e l'evento e per la violazione della regola dicondotta. FIANDACA, G.; MUSCO, E. (2019), op. cit., 582 153.3.

Il limite del rischio consentito

Tutte le attività di vita quotidiana che ogni soggetto svolge portano con sé una percentuale di rischio, nel senso che, anche le attività comunemente considerate lecite, come guidare un'automobile o fare un pic-nic in un bosco, possono essere potenzialmente pericolose. L'ordinamento non potrebbe incriminare qualsiasi condotta relativa all'agire umano altrimenti si creerebbe una situazione di immobilità totale; tuttavia, è pur vero che ogni condotta porta con sé la necessità di essere svolta mediante l'adozione di misure di prudenza e diligenza. Vale a dire che sussistono alcune tipologie di condotte per le quali l'ordinamento, nonostante preveda che possano essere potenzialmente pericolose, ne consente comunque lo svolgimento poiché considerate

Socialmente utili o necessarie, purché non venga superato il limite del "rischio consentito". La verifica circa l'eventuale superamento di tale limite è data dal bilanciamento tra il grado di pericolosità di determinate azioni e la libertà di realizzarle, tenendo sempre presente, per entrambi gli "aghi della bilancia", i beni giuridici che di volta in volta vengono in gioco.

Nei reati di evento, il verificarsi dell'evento stesso deve essere non solo conseguenza dell'azione materiale - secondo il nesso di causalità - ma deve essere anche frutto di un'azione contrastante con il dovere oggettivo di diligenza. L'evento deve apparire come una concretizzazione del rischio che la norma tendeva a prevenire, deve sussistere il c.d. nesso di rischio. L'evento causato dalla condotta colposa deve rientrare nello scopo di tutela perseguito dalla norma cautelare violata; vale a dire che la norma cautelare

deve avere, tra i suoi scopi, la tutela del bene giuridico che risulta leso o messo in pericolo dalla condotta colposa. Tuttavia, come già precisato, la "colpa penale" dei giuristi ha subito negli ultimi decenni un processo di normativizzazione e oggettivizzazione, nel senso che il suo fulcro è stato ormai individuato nella violazione di regole cautelari disciplinanti le attività sempre più pericolose. In questa direzione si è mosso altresì il legislatore, tentando di contenere un "rischio" sempre più diffuso e mutevole, al fine di consentire alla società moderna e tecnologica quale quella odierna di non soccombere al rischio. La predeterminazione della regola cautelare e il dovere di agire con la diligenza propria dell'ideale agente modello, hanno contribuito alla riduzione del rischio ma, ne hanno contemporaneamente generato un altro, ovvero quello di creare il c.d. capro espiatorio pur di.individuare un soggetto responsabile.
  1. Ulteriori osservazioni sull'illecito colposo
    1. L'antigiuridicità

In linea di massima, la dottrina italiana non ha dedicato molta attenzione al tema dell'antigiuridicità degli illeciti colposi, lasciando dunque intendere che, a parte qualche caso isolato, non vi siano problemi di applicazione delle cause di giustificazione diversi rispetto a quelli che si prospettano per gli illeciti dolosi. È tuttavia opportuno precisare che, le differenze strutturali tra le due tipologie di illecito, condizionano in qualche modo l'applicazione pratica delle cause di giustificazione, nel senso che nel reato colposo non possono essere applicabili tutte le esimenti previste dall'ordinamento. In particolare, la giurisprudenza ha messo particolarmente in discussione l'applicabilità di tre esimenti agli illeciti colposi: il consenso dell'avente diritto, la legittima difesa e lo stato di

necessità. L'analisi di tali questioni non sarà oggetto della presente trattazione, il cui focus resta sempre la realizzazione plurisoggettiva di fattispecie di reati colposi. 33

174.2. La colpevolezza: la struttura psicologica della colpa Nella concezione tripartita del reato, la colpevolezza costituisce l'ultimo grado di valutazione dell'illecito e ha la funzione di racchiudere i presupposti dell'imputazione soggettiva del fatto all'agente. La dottrina tradizionale è solita effettuare la distinzione tra colpa propria e colpa impropria; con la prima si fa riferimento alla classica ipotesi di colpa - caratterizzata dall'assenza di volontà diretta a commettere il fatto; con la seconda, viceversa, ci si riferisce all'ipotesi il cui l'evento, pur essendo voluto dall'agente, genera comunque una responsabilità per colpa,

Poiché l'autore oeccede colposamente nelle cause di giustificazione (art. 55 c.p.) o suppone erronamente l'esistenza di una scriminante (art. 59, ultimo comma c.p.) o cade in errore di fatto, determinato da colpa (art. 47 c.p.). Quest'ultima è sicuramente un'ipotesi eccezionale ma, parte della dottrina, ha notato come, con l'utilizzo del termine "impropria", si possa incorrere nel pericolo di generare confusione; il rischio è quello di generare il dubbio che si tratti di reati dolosi - essendo l'evento "voluto" dall'agente - che tuttavia vengono trattati "come se" fossero colposi. In realtà, a ben vedere, si tratta di veri e propri reati colposi anche dal punto di vista dell'elemento psicologico poiché, pur sussistendo la volontà e la previsione dell'evento, l'autore non si rappresenta l'intero fatto tipico, "stante

l'erronea rappresentazione di elementi non corrispondenti alla realtà". Conseguentemente l'agente ha realizzato il fatto tipico tenendo una condotta negligente o imperita.

Inoltre, nei precedenti paragrafi si è accennato a un'ulteriore divisione trai "tipi di colpa", che si fonda sull'elemento conoscitivo, vale a dire la previsione dell'evento. Si configura pertanto la tipologia di colpa c.d. cosciente - o con previsione - quando l'agente non vuole commettere il reato ma si rappresenta, come possibile conseguenza della sua azione, la realizzazione dello stesso.

Ciononostante, i casi più frequenti sono quelli caratterizzati dalla colpa c.d. incosciente: il soggetto agente non soltanto non vuole che l'evento si realizzi ma non se lo rappresenta neppure. Pertanto, la struttura della colpa incosciente sembra essere completamente svuotata di qualsiasi elemento.

è necessario valutare attentamente la sua condizione mentale al momento del reato. Inoltre, è importante considerare che il giudizio di imputazione può variare a seconda del sistema giuridico adottato nel paese in cui si svolge il processo. Nel caso in cui l'autore del reato sia ritenuto incapace di intendere e volere a causa di una condizione psicologica, potrebbe essere considerato non imputabile e quindi non responsabile penalmente. In questo caso, potrebbe essere sottoposto a misure di sicurezza o trattamenti terapeutici. D'altra parte, se l'autore del reato viene considerato capace di intendere e volere, ma la sua condizione psicologica ha influenzato la sua capacità di valutare la gravità delle sue azioni, potrebbe essere ritenuto colpevole a titolo di colpa incosciente. In questo caso, potrebbe essere condannato a una pena ridotta rispetto a quella prevista per un reato commesso con dolo. In conclusione, la valutazione della responsabilità penale di una persona con problemi psicologici dipende da diversi fattori, tra cui la sua capacità di intendere e volere al momento del reato e l'influenza della sua condizione psicologica sulle sue azioni.
Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
30 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ZoeleLux di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Amarelli Giuseppe.