GIOVANNI VERGA
Verga nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di agiati proprietari terrieri. Compie i
suoi primi studi tramite maestri privati e si avvicina alla letteratura romantica, a
diciotto anni si iscrive alla facoltà di Legge a Catania, ma non terminò i corsi perché
preferì dedicarsi all’attività letteraria e al giornalismo politico. La sua formazione
irregolare segna inconfondibilmente il suo essere scrittore, che si discosta dalla
tradizione. I testi su cui si forma maggiormente sono quelli degli scrittori francesi
moderni di grande popolarità e consumo, come “i tre moschettieri” di Dumas. Nel
1865 lascia la Sicilia e si traferisce a Firenze, all’ora capitale, consapevole del fatto che
per diventare uno scrittore autentico doveva liberarsi dei limiti della cultura
provinciale. Nel 1872 si trasferisce a Milano dove entra in contatto con gli ambienti
della Scapigliatura dove scrive tre romanzi ancora di stampo romantico (Eva, Eros,
Tigre Reale). Nel 1878 con la pubblicazione di Rosso Malpelo avviene la svolta Verista,
seguita dalla pubblicazione di nuovi romanzi tra cui I Malavoglia. Nel 1893 torna a
vivere definitivamente in Sicilia, dove si chiude nel silenzio letterario per dedicarsi solo
alle sue proprietà agricole e alla sua situazione economica. Le sue posizioni politiche
diventano sempre più chiuse, fu un fervente interventista prima dello scoppio della
Prima guerra mondiale e nel dopoguerra si schiera sulle posizioni nazionaliste.
I ROMANZI
La sua produzione significativa iniziò e si protrasse tra i soggiorni a Catania, Firenze e
Milano:
Una peccatrice (Catania, 1866): romanzo fortemente autobiografico che narra la storia
di un intellettuale piccolo borghese che conquista la ricchezza e il successo, ma
l’amore per la sua donna amata si sgretola fino a portarlo al suicidio.
Storia di una capinera (Firenze, 1871): romanzo sentimentale che narra della storia di
un amore impossibile e di una monacazione forzata.
Eva (Milano): un romanzo che narra la storia di un pittore siciliano, che brucia i suoi
sogni e i suoi ideali per una ballerina che rappresenta il simbolo della corruzione
Eros: un giovane aristocratico corrotto da una società raffinata e vuota.
Tigre reale: romanzo che narra di un giovane innamorato di una donna “fatale” e
divoratrice di uomini
LA SVOLTA VERISTA
Nel 1878 Verga pubblica un racconto che si discosta totalmente dal genere di romanzi
pubblicati precedentemente: Rosso Malpelo. Narra della storia di un giovanissimo
minatore che vive e lavora in un ambiente duro e disumano, narrata con un linguaggio
nudo e crudo. È la prima opera della nuova maniera verista, ricca di una rigorosa
impersonalità. Rispetto alle opere precedenti qui Verga attua una vera e propria
conversione. Prima di questa, l’autore si proponeva di dipingere il “vero” ma
possedeva strumenti approssimativi e inadatti, inquinati dalla maniera romantica.
L’approdo al Verismo è quindi il frutto di una chiarificazione e di un percorso graduale,
non un brusco cambio di rotta. Con la conquista verista Verga non vuole abbandonare
gli ambienti dell’alta società per quelli popolari, ma le basse sfere non sono altro che il
punto da cui partire per lo “studio sui meccanismi della società” perché in esse tali
meccanismi sono meno complicati e possono essere individuati più facilmente
LA POETICA DELL’IMPERSONALITA’
Alla base della svolta verista c’è il principio di impersonalità che va chiarito. Secondo
la visione verghiana, la rappresentazione artistica verista deve conferire al racconto
un’impronta di cosa realmente avvenuta, ma non basta che ciò che viene raccontato
sia documentato e reale, deve anche essere raccontato in modo da porre il lettore
“faccia a faccia con i fatti nudi e crudi” in modo che non ci sia l’impressione di leggere
e immaginare la storia vista con gli occhi dello scrittore. Per far ciò, lo scrittore deve in
qualche modo scomparire e mettersi nella pelle dei suoi personaggi in modo da vedere
le cose con i loro occhi e poterle esprimere con le loro parole. L’opera deve sembrare
come “essersi fatta da sé”, sorta come un fatto spontaneo e naturale. Il lettore avrà
l’impressione di assistere ai fatti con i propri occhi e non di leggerli, per far ciò il
lettore deve essere introdotto nel mezzo degli avvenimenti senza che nessuno gli
spieghi i fatti o gli tracci un profilo dei personaggi. I personaggi si fanno conoscere dal
lettore lungo il racconto anche se Verga ammette che questo a volte può causare
confusione inizialmente.
Questo dà origine ad una tecnica narrativa che si distacca dalla tradizione e dalle
contemporanee esperienze italiane e straniere. A raccontare non è il narratore
onnisciente tradizionale, questo infatti non interviene mai nel racconto per illustrare gli
antefatti o le circostanze o per tracciare il ritratto dei personaggi o i loro sentimenti. Il
punto di vista dello scrittore non si avverte mai e il narratore si mimetizza nei
personaggi stessi. È come se a raccontare fosse uno di loro ma senza entrare mai nella
vicenda e rimanendo anonimo così che il lettore si trovi faccia a faccia con la realtà.
Tutto ciò si impone con grande evidenza agli occhi del lettore perché Verga
rappresenta ambienti popolari e rurali e mette in scena personaggi incolti e primitivi.
Un esempio chiarissimo è l’inizio della novella di Rosso Malpelo: “Malpelo si
chiamava così perché aveva i capelli rossi ed aveva i capelli rossi perché era un
ragazzo malizioso e cattivo”. Questa frase mette in evidenza la grande ignoranza dei
personaggi e degli ambienti culturali, la logica che sta dietro questa affermazione non
viene ovviamente da un ambiente borghese. Questo anonimo narratore non informa
esaurientemente sul carattere e sulla storia dei personaggi né offre dettagliate
descrizioni dei luoghi dove si svolge l’azione, ma ne parla come se si rivolgesse ad un
pubblico appartenente a quello stesso ambiente. Di conseguenza anche il linguaggio
non è quello che potrebbe essere dello scrittore, ma un linguaggio spoglio e povero,
punteggiato di modi di dire, paragoni, proverbi, imprecazioni popolari, sintassi
elementare e scorretta a volte in cui traspare la struttura dialettale.
IDEOLOGIA VERGHIANA
Che cosa induce Verga a formulare il principio dell’impersonalità e ad applicarlo così
rigorosamente? Verga stesso rispose che chi osserva lo spettacolo della lotta per
l’esistenza non ha il diritto di giudicarlo, di conseguenza ritiene che l’autore debba
eclissarsi perché l’autore non ha il diritto di giudicare la materia che rappresenta. Alla
base di questa visione stanno idee pessimistiche in cui la società umana è dominata
dal meccanismo della lotta per la vita, in cui il più forte schiaccia il più debole. Gli
uomini sono mossi non da motivi ideali e morali, bensì dall’interesse economico, dalla
ricerca di cosa gli è utile, dall’egoismo e dalla volontà di superare gli altri. Questa è
una legge naturale e universale valida in ogni tempo e in ogni luogo, anche nel mondo
animale e vegetale, ma soprattutto immodificabile; per questo motivo Verga ritiene
che non ci siano possibili alternative alla realtà presente e futura, neanche con l’aiuto
della religione e che uno scrittore non può proporre giudizi e intervenire per modificare
il reale; ogni intervento è inutile e lo scrittore ha il compito di descrivere la vita così
com’è. Il compito della letteratura è quello di studiare e riprodurre fedelmente la realtà
senza passione e in maniera impersonale, secondo la sua visione pessimistica del
mondo.
IL VALORE CONOSCITIVO E CRITICO DEL PESSIMISMO
Il pessimismo di Verga rappresenta anche la sua ideologia conservatrice che esprime
attraverso il suo rifiuto verso le idee progressiste democratiche e socialiste, ritenute
inutili e pericolose per la stabilità sociale. nonostante questo Verga coglie tutto ciò che
è negativo nella realtà in cui vive: la lotta quotidiana per la vita, l’ambizione, la lotta
tra le classi sociali, l’oppressione dei più deboli che Verga descrive con grande
precisione. Inoltre il pessimismo permette a Verga di allontanarsi da quel tipo di
letteratura contemporanea veicolo del mito del progresso e del popolo. Anche se
l’autore nei suoi romanzi pone al centro la vita del popolo non lo fa descrivendolo
pietosamente, la scelta di “regredire” nell’ottica popolare mette in evidenza l’attacco
al mito populistico progressivo. Inoltre Verga non elogia nemmeno il mito della
campagna nonostante sottolinei la negatività del progresso: anche nel mondo
primitivo della campagna ci sono le stesse leggi di quello moderno, l’interesse
economico, l’egoismo, il forte che domina il debole.
IL VERISMO DI VERGA E IL NATURALISMO ZOLIANO.
Tra il verismo verghiano e il naturalismo di Zola ci sono profonde differenze: nei
romanzi di Zola la voce narrante descrive il punto di vista dell’autore giudicando in
maniera implicita ed esplicita secondo il suo codice morale borghese e tra il narratore
e i personaggi c’è un distacco che nelle opere di Verga non troviamo. Inoltre Zola non
attua la tecnica della regressione dal punto di vista popolare, lui si allontana
dall’oggetto che descrive dall’esterno, mentre Verga si immerge nell’oggetto stesso.
LE DIVERSE IDEOLOGIE
La diversità tra le tecniche narrative rispecchiano le ideologie diverse. Zola commenta
e giudica secondo il suo punto di vista scientifico e pensa che la letteratura
progressiva possa cambiare la realtà. Verga invece ritiene che la letteratura non possa
influenzare la realtà e che lo scrittore debba solo descrivere oggettivamente il
soggetto. Il motivo di queste diverse ideologie sta nelle diverse radici sociali dei due
autori: Zola è uno scrittore borghese democratico di una società moderna. Industriale
e in continuo cambiamento, verga è invece il tipico gentiluomo del Sud Italia,
proprietario terriero e conservatore, rappresentante di un mondo immobile, in cui si
contrastano borghesia e popolo contadino. Nonostante i movimenti di sviluppo Verga
vive in una società in cui ancora esiste l’oppressione e la reclusione del popolo; da qui
la convinzione che nulla può cambiare nella storia umana e che la letteratura può solo
farci conoscere la realtà e non cambiarla.
VITA DEI CAMPI
Verga scrive tra il 1879 e il 1880 una serie di racconti raccolti nel volume “La vita dei
campi”: Cavalleria rusticana, La lupa, Jeli il pastore, Fantasti
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