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LA VITA

Pascoli nasce il 31 dicembre del 1855 a San Mauro di Romagna da una famiglia di

piccola borghesia rurale. Una tipica famiglia patriarcale molto numerosa, Giovanni era

il quarto di dieci figli. La vita serena di questa famiglia viene interrotta da una

tragedia: il padre di Giovanni venne ucciso a fucilate il 10 agosto mentre tornava a

casa dal mercato, i sicari non furono mai identificati. La morte del padre aveva portato

difficoltà economiche ed aveva costretto la famiglia a trasferirsi a Rimini e al primo

lutto ne susseguirono altri come la morte della madre, della sorella più grande e del

fratello maggiore. Giovanni entrò a far parte del Collegio degli Scolopi in cui ricevette

una grande formazione classica. Frequentò l’università di Bologna dove accolse

l’ideologia socialista che andava dilagando nella città, luogo in cui venne arrestato in

seguito ad una manifestazione di piazza. L’esperienza traumatica segnò la fine della

politica militare di Pascoli, divenne insegnante liceale e chiamò a sé le due sorelle

ancora in vita: Ida e Mariù. Si trasferirono poi a Livorno dove ricostruirono quel “nido”

familiare che i lutti avevano distrutto.

Il ritorno al nido e l’attaccamento morboso alle sorelle fanno intendere la fragilità

emotiva del poeta. Pieno di traumi decide quindi di rifugiarsi tra le mura della famiglia

in modo da rimanere lontano dal mondo degli adulti che Pascoli vedeva come un luogo

ricco di dolore e minaccioso. Questo legame impedisce al poeta le interazioni con gli

altri, infatti non intraprese nessuna relazione amorosa. Lui considera l’amore ricco di

fascino ma torbido, proibito e misterioso da contemplare da lontano con palpiti e

tremori. I suoi bisogni amorosi sembravano soddisfatti dalle sorelle, infatti Pascoli

interpretò la volontà di matrimonio di Ida come un tradimento del “nido” provocando

in lui vere e proprie manifestazioni depressive.

Dopo il matrimonio di Ida si trasferisce a Castelvecchio con la fedele sorella Mariù. La

sua vita poteva sembrare serena dall’esterno, ma in realtà il poeta covava in sé

turbamento, angoscia e paura, tra cui quella della morte. Insegnò poi all’università di

Messina, Pisa e nuovamente a Bologna. Vinse per ben 12 anni la medaglia d’oro al

concorso di poesia latina di Amsterdam. Negli ultimi anni della sua vita volle seguire le

orme di Carducci e d’Annunzio gareggiando con loro nel ruolo di poeta vate. Morì nel

1912 a causa di un cancro allo stomaco.

LA VISIONE DEL MONDO

La formazione di Pascoli fu essenzialmente positivistica, in quanto a cavallo tra i due

secoli fu proprio la corrente positivistica ad instaurarsi negli ambienti culturali. Tale

influenza si può trovare nelle sue opere per la sua grande attenzione alla

nomenclatura ornitologica e botanica o le osservazioni particolari sulla vita degli

uccelli o ancora i temi astrali. Ma la crisi di fine secolo delle istanze scientifiche

investono anche Pascoli e si affermano anche tendenze spiritualistiche e idealistiche,

derivate soprattutto dalla sfiducia nella scienza. Si apre l’ignoto, il misterioso,

l’inconoscibile verso cui l’anima si protende ansiosa tesa a captare i segnali che

provengono anche se sono indecifrabili. Questa inquietudine non si trasforma in lui in

amore per Dio, verso la religione lui prova solo tanta nostalgia, il su rapporto con il

cristianesimo si limita al messaggio di fratellanza e mansuetudine evangelica. Il

mondo viene visto da Pasoli come disgregato e frantumato. Se il mondo allineasse le

sue componenti sulla pagina ne uscirebbe fuori una percezione casuale non unitaria e

coerente. Per lui non esistono nemmeno gerarchie d’ordine: il particolare può essere

ingigantito, ciò che è piccolo si mescola a ciò che è grande

I SIMBOLI

Gli oggetti hanno grande valore nella poetica di Pascoli, rimandano sempre a qualcosa

che è al di là da essi, rimandano all’ignoto di cui sono come messaggi misteriosi e

affascinanti. Anche la sua attenzione alla botanica ne è un esempio, dare un nome alle

cose permette di conoscerle meglio come se andassimo al cuore della realtà

raggiungendone le essenze più segrete. Possiamo parlare anche della visione onirica

nelle poesie, in cui troviamo una visione del mondo come attraverso un velo del

sogno. Le cose sfumano le une nelle altre in un gioco di metamorfosi tra apparenze e

illusioni. In conclusione per pascoli non esiste una vera distinzione tra soggetto e

oggetto, ma la sfera dell’io si confonde con quella della realtà. A buon diritto questa

visione del mondo va a collocarsi nel respiro decadente di d’Annunzio.

LA POETICA

IL FANCIULLINO

La poetica di Pascoli è perfettamente definita in un saggio intitolato “il fanciullino”.

Una poetica in cui il poeta si identifica con il fanciullo e come tale vede il mondo: con

stupore e meraviglia come se fosse la prima volta. Il poeta fanciullino, così come

Adamo, deve dare un nome alle cose, usare nuove parole che si scostino dal

meccanismo unificante della comunicazione abituale e sappia andare nell’intimo delle

cose. Non solo, ma il fanciullino scopre nelle cose le somiglianze e i simboli che

sfuggono alla percezione abituale. Solo il poeta può conoscere la voce del fanciullino e

colui che non riesce a sentirla allora non si può definire un poeta. Quest’ultimo diventa

una sorta di “veggente” dotato di una vista più acuta di quella degli altri. Una visione

di radice romantica che Pascoli piega al vento decadente.

LA POESIA PURA

In questo quadro si colloca la sua concezione di “poesia pura”, per Pascoli la poesia

non deve avere fini pratici ma il poeta deve cantare perché vuole cantare senza

proporsi obiettivi morali o pedagogici. La poesia pura deve essere spontanea e

disinteressata. Il sentimento poetico dà voce al fanciullino che ci permette di calmare

l’odio e la violenza tipica del mondo degli aduli per tornare alla serenità e alla bontà.

Nella poesia pura del fanciullino pascoli invita alla fratellanza e all’umanità, rifiutando

la lotta delle classi. Questo rifiuto delle differenze lo si vede anche nei suoi testi in cui

non parla solo di argomenti alti o classici ma anche di quelli umili e dimessi. La poesia

è anche nelle piccole cose che hanno un loro sublime particolare.

L’IDEOLOGIA POLITICA

Durante il soggiorno a Bologna Pascoli viene influenzato dalle ideologie anarchico-

socialiste del tempo, tipico degli artisti italiani del momento. Il movimento nasceva dal

romanticismo, ma aveva motivazioni concrete e sociali, quali le inquietudini di un

gruppo che si sentiva minacciato nella sua identità dall’avanzata della società

industriale moderna, oltre a questo risentimento si univa quello del processo di

declassazione dovuto all’inserimento della classe di produzione moderna (soprattutto

gli intellettuali). Pascoli sentiva gravare su di sé il peso dell’ingiustizia per l’uccisione

del padre, i lutti, la povertà; tutto ciò gli sembrava l’effetto di un meccanismo sociale

perverso contro cui era necessario lottare. Il movimento anarchico-socialista non

aveva delle basi ben definite, ai suoi albori era per lo più un impegno politico da

seguire più con il cuore che con la mente. Dopo essere uscito dal carcere

traumatizzato Pascoli abbandona il movimento. In realtà lo abbandonò anche per le

ideologie marxiste che andavano sviluppandosi all’interno e che si basavano

soprattutto sulla lotta di classe. Il poeta non rinnegò gli ideali del socialismo ma li

spogliò delle ideologie marxiste inserendo le dottrine umanitarie del cristianesimo e

del francescanesimo trasformandolo in una generica fede umanitaria. Alla base vi era

il pessimismo di credere che la vita umana non fosse altro che covo di sofferenze e

dolore: per questo gli uomini devono cessare di farsi del male. Dal cristianesimo

primitivo pascoli traeva l’ideologia secondo cui il dolore e le lacrime possono essere un

dono prezioso. Gli uomini che li sperimentano diventano moralmente superiori, per

questo pur dinanzi ai soprusi e alle ingiustizie non bisogna abbandonarsi alla vendetta:

il dolore deve insegnare il perdono.

Bisogna evitare altresì la bramosia di ascesa sociale, in modo che ogni classe,

contadini, operai, borghesi conservi la sua fisionomia per collaborare con le nuove

classi. Il segreto dell’armonia sociale consiste per Pascoli nel fatto che ciascuno si

accontenti di ciò che ha e che viva felice anche con poco. La proprietà per Pascoli è un

valore sacro e intangibile, la base necessaria per la dignità di un individuo in modo che

la felicità possa essere possibile anche nel piccolo podere. Il mondo agricolo è per il

poeta un luogo in cui vengono preservati i valori della famiglia, della laboriosità e della

solidarietà. Un mondo che ormai stava sparendo, spazzato via dal capitalismo e dalla

concorrenza. La celebrazione del nucleo familiare di Pascoli e della concezione della

protezione del nido, si allargherà poi a tutta la nazione. Diventa geloso così come della

propria proprietà anche della propria nazione e rimane fortemente impressionato dal

fenomeno dell’emigrazione di massa degli italiani all’estero. L’italiano che è costretto

a lasciare la sua patria è come l’uccellino che viene strappato dal nido. La tragedia

dell’emigrazione fa sviluppare in Pascoli un concetto ricorrente nel nazionalismo:

esistono nazioni forti e potenti destinate alla grandezza e altre piccole e proletarie che

non riescono a garantire la sussistenza degli abitanti. Per provvedere a ciò le nazioni

proletarie hanno il diritto di cercare soddisfazione altrove, con la colonizzazione di

nuove terre per fornire nuove ricchezze al popolo. Pascoli definisce queste, non guerre

offensive ma difensive. Elogiando la guerra in Libia nel 1911 Pascoli fonda insieme

socialismo umanitario e nazionalismo colonialistico.

I TEMI DELLA POESIA PASCOLIANA

Abbiamo già visto come la poesia pascoliana riveli dei temi prettamente decadenti.

Tuttavia Pascoli è l’esatto contrario del caratteristico poeta “maledetto”, lui incarna

l’esemplare dell’uomo comune appagato dalla sua vita modesta e dai suoi affetti

domestici, dagli studi e dal lavoro dell’insegnante. Pascoli si presenta come il cantore

della realtà comune e dei suoi valori, di una poesia pedagogica con intenti morali e

sociali. Lo fa attraverso la celebrazione del piccolo proprietario rurale, soddisfatto della

sua piccola terra che gli garantisce la sopravvivenza, la dignità e la libertà. A questo

filone della po

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Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

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