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Giuseppe Parini.

Giuseppe Parini nacque nel 1729 in Brianza, da una famiglia della piccola borghesia; a 10 anni si

trasferì da una prozia, la quale, morendo, gli lasciò una piccola eredità, a patto però che continuasse

gli studi per diventare sacerdote. Qualche anno dopo si trasferì con i genitori a Milano, dove iniziò

la scuola presso i barnabiti di Sant’Alessandro, dove però non riuscì a distinguersi a causa delle

molte assenze, sia per via della salute cagionevole sia perché aveva bisogno di lavorare per aiutare

la famiglia, riuscendo a farsi ordinare sacerdote nel 1754. 56

I suoi interessi si rivolgevano soprattutto alla cultura classica e alla poesia; nel 1752 pubblicò una

raccolta di poesie di vario genere, Alcune poesie di Ripano Eupilino, in cui prevalevano i modelli

arcadici e quelli della poesia bernesca.

Grazie a questo libro e all’amicizia con Passeroni, venne ammesso nel 1753 all’Accademia dei

Trasformati, alla cui attività lavorò intensamente con componimenti poetici, in merito agli

argomenti trattati dall’accademia stessa, e alcuni in prosa, tra cui Dialogo sopra la nobiltà e il

Discorso sopra la poesia, e alcuni scritti polemici.

Negli anni seguenti prestò servizio presso i Serbelloni in qualità di precettore, riuscendo quindi a

rimanere in contatto con la cultura più moderna dell’epoca, ma dopo poco si allontanò a causa di un

piccolo dibattito; fu precettore anche di Carlo, figlio di Giuseppe Maria Imbonati, per cui scrisse

l’ode L’educazione.

Nello stesso periodo vennero pubblicati Il Mattino e Il Mezzogiorno, anche senza la firma

dell’autore, tutti lo riconobbero come tale, e cominciò ad acquistare prestigio, tanto che il governo

austriaco gli rivolse la sua attenzione, entrando anche a far parte degli intellettuali riformatori.

Divenne poeta del Regio teatro ducale, per cui esordì con l’adattamento alla scena milanese di un

recente libretto di Calzabigi, Alceste; scrisse anche dei prologhi alle opere di Metastasio, e compose

due opere per delle feste, Iside salvata e Ascanio in Alba (per il matrimonio di Ferdinando e

Beatrice d’Este).

Nel 1769 venne nominato dirigente della Gazzetta di Milano, a cui il governo austriaco desiderava

dare un aspetto riformatore, e professore di belle lettere nelle Scuole palatine. Si ritrovò a insegnare

in diverse scuole dopo il trasferimento di quelle palatine a Brera; scrisse in onore di Giuseppe II La

tempesta, e nello stesso anno uscì la raccolta delle Odi, rimanendo invece incompiuta la stesura

finale di Il Giorno.

Si ammalò, non venne perseguitato con il ritorno degli austriaci a Milano e morì nel 1799.

Ideologia classicistica e posizione sociale del Parini.

La cultura di Parini, che, per la sua stessa posizione sociale, era lontana dal cosmopolitismo

illuminista, si basava su una fedeltà alla tradizione classica greca e latina e all’uso che di essa aveva

fatto la letteratura del ‘500. A differenza del classicismo arcadico, quello di Parini è un classicismo

integrale, aperto all’analisi della realtà, che intreccia la cura per la forma e l’equilibrio espressivo

con una animosa tensione morale. Quest’ultimo elemento veniva ripreso da Orazio, nel quale natura

e ragione si incontravano; Parini affrontò questo problema ricollegandolo anche al dibattito

dell’Illuminismo. Lo scrittore si vedeva in questo movimento in particolar modo nella prima fase

della sua produzione, considerandolo forse un valido strumento per il recupero della razionalità

della natura; facendo convergere questo ragionamento illuminista e i principi del classicismo, Parini

si presentava come poeta civile, impegnato a diffondere modernità nel contesto sociale.

L’aspetto più interessante della sua cultura rimane comunque il confronto tra l’ideologia basata su

un modello sociale positivo, classico e razionale-naturale, e la società nobiliare contemporanea;

infatti durante la sua esistenza di sacerdote, si relazionò con la nobiltà settentrionale, e fu costretto a

confrontare costantemente la propria cultura con le più disparate gerarchie sociali.

Anche se in questa difficile condizione, l’autore non voleva una rivoluzione contro la nobiltà,

semplicemente la criticava, perché dalla loro superiorità non ricavava altro che boria e alterigia,

conducendo una vita di lussi e dissipazione; gli oppone quindi gli antichi classici di severità,

laboriosità e autentico eroismo. Questo tipo di comportamento era per lui inaccettabile, e spesso li

ha criticati, in particolare nell’ambiente educativo, anche se con gli anni è sempre più accresciuta in

lui l’idea di una nobiltà corretta e giusta, per via di alcuni personaggi che conosceva. 57

La poetica di Parini.

Sulla funzione mediatrice della poesia e del poeta Parini insiste in ogni momento della sua attività,

legando il suo interesse per la realtà contemporanea alla rivendicazione del valore della poesia e

della tradizione classica, in quanto uniche forme culturali in grado di proporre una via sociale

autenticamente razionale e vicina alla natura. Da questo punto di vista si comprende che Parini

ripropone, anche se in maniera più logica e lineare, la poetica oraziana dell’utile dulci.

Nel Discorso sopra la poesia si unisce questa tradizionale poetica alle esigenze dello spirito

filosofico contemporaneo e ai principi dell’estetica sensistica; in De’ principi fondamentali e

generali delle belle lettere applicati alle belle arti la poesia è inserita nel sistema delle belle arti

secondo una impostazione neoclassica che caratterizza tutta l’ultima fase del lavoro del Parini.

L’aspetto più moderno delle sue proposte risiede nelle esperienze in cui le diverse forme d’arte

possono unirsi.

Storia e struttura generale de Il Giorno.

Il capolavoro del Parini, Il Giorno, ha una storia complessa e variamente intrecciata; infatti pubblicò

singolarmente due poemetti, Il Mattino (1763) e Il Mezzogiorno (1765), e in seguito decise di

pubblicare un’opera unica divisa in quattro parti, Il Mattino, Il Meriggio, Il Vespro e La Notte, in

endecasillabi sciolti, che rimase però incompleta.

Lavorò molto sulle prime due parti, quali Il Mattino e Il Mezzogiorno, facendo diventare

quest’ultimo Il Meriggio, e facendone confluire una parte in Il Vespro; quest’ultima rimane la parte

su cui meno lavorò l’autore, che cercava di terminare La Notte, senza però riuscirci.

Il Giorno, comprendente tutte le parti, venne stampato nel 1801 per opera, molto arbitraria, di uno

studente del Parini; solo nel 1969, Dante Isella, distinse il corpo dei primi poemetti da quelli del

Vespro e della Notte, mai portati a termine.

Nei primi due si riscontra un messaggio morale e una scrittura satirica, molto vicini allo stile che

egli aveva nella prima fase della sua vita, presso l’Accademia dei Trasformati.

Nell’edizione del 1763, Il Mattino, era preceduto da una dedica alla Moda, in prosa, nella quale,

ambiguamente, si spiega la decisione dell’endecasillabo sciolto proprio perché molto usato in

quell’ultimo periodo; del resto, l’obbiettivo de Il Giorno è quello di narrare la vita di un giovane alla

moda. Parini però evita completamente lo scontro, e usa l’ironia per dire di essere un Precettor

d’amabil Rito, che intende spiegare al giovane nobile come organizzare al meglio la propria

giornata; quindi il finto insegnamento si risole in una descrizione particolareggiata della giornata

dei nobili contemporanei. Se ne sottolinea il vuoto e l’assurdità, e il suo intento eroico è rivelato dal

tono quasi eroico e sublime, ma anche dal costante confronto con gli altri modi di vivere.

Il Giorno quindi è un libro battagliero che critica gli usi e i costumi della nobiltà, più o meno come

già si era fatto in Discorso sopra la nobiltà; però si coglie che dietro l’ironia si nasconde del

risentimento e forse anche della nostalgica partecipazione.

Il Mattino e Il Mezzogiorno.

Nel Mattino vengono descritti i più minuti movimenti personali del giovane signore, ovvero le

azioni seguiti il risveglio; più che in ogni altra parte del poema qui sono evidenti l’accozzaglia di

oggetti preziosi e inutili, che cercano di riempire il vuoto intorno al personaggio, che né ha nome

né, in tutta l’opera, proferisce una sola parola.

Anche il tempo si concentra in una monotona routine, descrivendo le varie azioni che,

alternativamente, conduce il giovane tutte le mattine; il tempo risulta impossibile, come se non

scorra, fin troppo lungo anche per tutte quelle azioni vane. Grazie però ai vari intrecci presenti nella

narrazione, spazio e tempo si dissolvono, e così la prima parte si conclude con un’immagine di 58

distruzione; ovvero, con il giovane che esce di casa per andare presso la sua dama, e la descrizione

delle ruote del cocchio, e delle pedine che spesso sono state schiacciate.

Nel Mezzogiorno Parini passa da essere precettore a essere cantore, spostando l’attenzione a un

ambiente più vasto, popolato da presenze diverse che si raccolgono presso la mensa; il primo

momento è costituito dall’ingresso di una dama, a cui il signore va incontro e conduce verso il

banchetto. Qui l’ironia del Parini sembra quasi scansarsi, descrivendo la tranquillità dei giochi di

sguardi e di carezze che si scambiano i due, alla luce di quella che sembra totale indifferenza da

parte del marito di lei.

Questa relazione costituisce però una specie di specchio di tutte le relazioni nobiliari; al contrario

del Mattino, Il Mezzogiorno risulta essere molto più movimentato, vi sono molte più scene corali,

variazioni, spunti di discussione morale e culturale. Anche i momenti di polemica sociale tendono a

presentarsi come prove si sapienza stilistica e letteraria che sorgono dal rumoroso universo del

convito. Viene introdotta a quest’altezza, sapientemente, la favola del Piacere, che fa risalire la

distinzione tra nobiltà e plebe a un raffinamento dei sensi e a una capacità di godere propria dei

nobili; vi è anche una digressione molto famosa (vergine cuccia) in cui si parla di due commensali,

uno carnivoro e uno vegetariano, e si mostra la crudeltà della graziosa damina nei confronti del

povero servitore.

Nuove edizioni e La Notte.

Nelle nuove edizioni Parini diminuì le asprezze sintattiche e cercò di dare più linearità al testo,

alleggerendo il suo modo di scrivere così classico; il suo intento era quello di costruire una più

organica struttura generale, inserendo ulteriori episodi e qualche nuova parantesi descrittiva.

Nonostante i vari cambiamenti apportati, Il Matti

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A.A. 2017-2018
133 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Muriko95 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana II e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Russo Emilio.