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VITA

Nacque nel 35 d.C a Calagurris, nella Spagna settentrionale, perfezionando i propri studi a

Roma (Seneca il Vecchio dice che probabilmente prima di lui ci fu un altro oratore in

famiglia, parlando di un certo Quintilianus senex, forse il padre o nonno). Dopo una carriera

da avvocato presso la terra natale (che raggiunse verso il 60), grazie all’amicizia con Galba

tornò a Roma (nel 68), dove poi venne notato da Vespasiano, che quando salì lo promosse

a grammaticus presso la prima scuola pubblica (nel 78), con uno stipendio di circa

centomila sesterzi l’anno. Insegnò per circa un ventennio (dal 70 al 90 circa), e questi anni

furono fondamentali per la stesura dell’ "institutio Oratoria”, trattato sull’educazione

dell’oratore pubblicato solo dopo il suo ritiro (nell’88). Non fu un caso che l’opera venne

scritta solo in seguito alla sua esperienza da insegnante, in quanto è da considerarsi non

come programmatica, ma derivante dall’esperienza diretta come insegnante, che lo

accrebbe gradualmente con il passare degli anni.

L’opera era destinata a scopi pedagogici ed aveva come mittente unicamente i

grammatici del tempo, in quanto trattava anche delle modalità educative che bisognava

attuare con i giovani studenti.

Ad esempio tra le istruzioni fornite dal grammaticus si ha:

● concessione di un momento di pausa ai ragazzi (valore della pausa)

● importanza del gioco (e non solo dello studio)

● non bisogna assolutamente screditare con insulti o violenza fisica i propri alunni

● le eccellenze non andavano esaltate, in quanto si riconosceva il fatto che gli studenti

fossero su una buona strada, ma potevano ancora darsi da fare per migliorare

● In un contesto scolastico è importante avere alunni con caratteri diversi (ad esempio

il timido verrà spinto a parlare, e l’esuberante ad ascoltare. Si aiuteranno a vicenda).

Proprio per questo motivo l’educazione pubblica è favorevole a quella privata, in

quanto si ha la possibilità di interfacciarsi a caratteri diversi, inoltre non è detto che il

grammaticus privato non impone il proprio punto di vista all’alunno, condizionando la

sua capacità di pensiero.

Il modello educativo di Quintiliano verrà poi ripreso dal modello Montessori di Inizio

novecento.

L’opera venne pubblicata nel 96 (anno in cui finisce anche il governo di Domiziano), anno

della sua morte, dandoci così conferma che non fu modificata da altri, ma vi ritroviamo

unicamente la mano di Quintiliano.

OPERE

Di Quintiliano l’"institutio Oratoria” è l’unica giunta a noi ed accertata, ma non l’unica

scritta dall'autore". Ci furono alcune orazioni giovanili andate perdute, ed alcune

declamationes (esercitazioni pratiche assegnate agli studenti delle scuole di retorica, in cui

essi dovevano sviluppare considerazioni ben strutturate attorno ad un argomento dato. Era

una specie di saggio breve), ad oggi conservate , di dubbia attribuzione.

Parliamo di 145 declamationes minores, solo abbozzate (probabilmente appunti presi da

uno scolaro di Quintiliano durante le lezioni e pubblicate poi), e 19 declamationes maiores,

che invece sono complete.

Un’altra opera di Quintiliana andata perduta è “De causis Corruptis eloquentiae”,

composta nel 91-92. l’opera affronta un tema dibattuto nell’epoca di Quintiliano, ossia la

decadenza dell’oratoria a Roma. A parlarne furono:

● Seneca il Vecchio

● Petronio con il suo Satyricon (quando il retore Agamennone parla dei genitori

come causa della cadute dell’eloquenza

● Persio nella sua satira introduttiva in coliambi (afferma che bisogna evitare la

tragedia e l’epica per dedicarsi solo all’esposizione formale

● Quintiliano con “De causis Corruptis eloquentiae”, in cui poneva l’accento sulla

responsabilità che gli insegnanti hanno nei confronti dei propri studenti, e sulla

necessità di attuare una selezione sui modelli letterari da portare come esempio alla

classe (parla più a livello didattico. L’oratoria poteva risollevarsi grazie al nuovo

sistema educativo)

● Tacito con il suo “ Dialogus de oratoribus” (viene attribuito a lui)

INSTITUTIO ORATORIA

E’ il più ampio e dettagliato trattato di retorica in latino. E’ diviso in dodici libri e preceduto da

una breve lettera dell’editore Marziale (Trifone è il vero nome).

● proemio dedicato a Marcello Vittorio, funzionario imperiale amante della cultura

● libro I: educazione elementare con corso completo di grammatica (invita le famiglie

romano a non seguire il modello educativo greco, con nutrici private, in quanto

possono corrompere i giovani)

● libro II: introduzione alla retorica con metodo di insegnamento

● libro III: esposizione tecnica con storia della retorica e presentazione dei tre tipi di

oratoria:

1. celebrativa (conferenza, esponente greco: Demostene)

2. giuridica (arringa, esponente greco; Lisia)

3. deliberativa (comizio, esponente greco: Isocrate)

Libri dedicati alle parti dell’oratoria

● libro IV-V: inventio (reperimento informazioni per discorso convincente)

● libro VII: dispositio (ordinamento argomenti)

● libri VIII-IX: elocutio (elaborazione stilistica con ornatus, abbellimento)

● libro XI: (come si vede non è una spiegazione organica, salta il dieci e passa

direttamente all’undici per la spiegazione delle ultime fasi) memoria e actio

libri X e XII:

● libro X:il suo obiettivo non è scrivere una letteratura, ma di passare in rassegna tutti

gli autori greci e latini (dimostrando che letteratura greca e latina ormai sono al pari e

affermando che vadino studiate simultaneamente, in quanto lo studio delle due

lingue in parallelo non crea ostacoli psicologici ma offre solo grandi vantaggi)

facendo una selezione di quelli che bisogna far leggere agli studenti, e quelli che

bisognerebbe evitare. Evidenzia come modello Cicerone, e critica aspramente

Seneca

● libro XII: viene fornito il ritratto dell’artifex (l’oratore perfetto. Termine utilizzato

anche da Seneca nell’epistola 47 a Lucilio) che deve , come un artigiano, plasmare

gli alunni affinchè diventino “vir bonus dicendi peritus” , ripreso da Cicerone. Per

Cicerone rappresentava l’uomo buono esperto nell’arte del dire, dunque solo al livello

retorico. Quintiliano prende la definizione affermando che per lui il cittadino oltre che

nell’oratoria, deve essere educato nell’ambito dei mores. L'obiettivo principale non è

formare solo un buon oratore, ma in primis garantire grazie all’educazione che lo

studente divenga un buon cittadino (scopo della scuola pubblica per Vespasiano).

ANALISI TESTI TRATTI DALL’ INSTITUTIO ORATORIA

institutio oratoria, II, 2, vr 6-8: (tecniche di educazione)

● Incita i maestri ad invogliare i ragazzi a fare domande, rispondendo ai loro dubbi con

piacere.

● non elogiare troppo le eccellenze, in quanto acquisiscono eccessiva sicurezza, e non

essere troppo duro ed offensivo con i ragazzi in difficoltà (finiranno per detestare

l’apprendimento)

● la “voce viva” (quello del maestro) è un metodo di apprendimento migliore rispetto

alla lettura. (educazione pubblica superiore a quella privata)

Institutio oratoria I, 2

Quintiliano, dopo aver trattato l’educazione dei fanciulli nei loro primi anni di vita (affidati ad

una nutrice la quale deve essere scrupolosamente selezionata, affinchè con contamini il

bambino puro con ideali sbagliati e allontanandosi dalla giusta via dei Mores. Disprezzava

infatti l’educazione casalinga portata avanti dai greci con le nutrici grecale), sostiene

attraverso una dimostrazione ferrata, volta a confutare prima le idee altrui per poter

sostenere le proprie, la maggior convenienza della scuola pubblica. Essendo da poco

Roma avviata al sistema scolastico pubblico, c’era abbastanza scetticismo da parte di una

società abituata fin da sempre all’educazione privata. Quintiliano smonta tutti i dubbi in

maniera diretta:

● “L’educazione pubblica corrompe i giovani.”, forse, ma ciò avviene anche con

l’educazione privata (maestro corrotto, servi mascalzoni…), la solitudine non farà che

aumentare la possibilità di malefatte da parte di un fanciullo cresciuto in maniera

disonesta e viziata

● “il maestro si dedica meglio al ragazzo se questo è l’unico, in una classe non ci sarà

questa attenzione scrupolosa in quanto il maestro deve dedicarsi a più ragazzi”,

anche se fosse , è meglio un ambiente in compagnia piuttosto che una stanza scura

e solitaria (inoltre un maestro può dedicarsi scrupolosamente anche a più ragazzi).

Inoltre il maestro valente necessita di un ampio uditorio, quello scarso non disdegna

un pubblico costituito da un ragazzo solo.

Dopo aver confutato le opinioni contrarie all’educazione pubblica, passa ai vantaggi

di quest’ultima:

● un buon oratore deve essere predisposto fin da subito ad interagire con gli altri,

affinché si abitui fin da ragazzo a non essere timido.

● la sua mente deve essere costantemente stimolata, sia da ciò che insegnano a lui,

sia da ciò che insegnano a chi lo circonda, garantendogli di apprendere non solo dai

propri errori, ma anche osservando il prossimo, tutti i giorni.

● tra molti viene stimolato, affinchè non rimanga dietro gli altri, e affinchè si senta

soddisfatto ad aver superato i migliori.

Institutio oratoria X, 1, vrs 125-131

Il libro X presenta la rassegna di autori che secondo Quintiliano vanno fatti leggere ai

giovani, insieme a quelli che invece vanno evitati. La maggior parte del pubblico si sarebbe

aspettata che Quintiliano parlasse all’inizio di Seneca, considerato dai giovani del tempo

come uno degli autori più in voga (la maggior parte leggeva Seneca, considerata quasi

come una moda). Quintiliano ne parlerà solo alla fine dell’opera, e non di certo in maniera

positiva.

Quintiliano critica Seneca principalmente per motivi di stile. Definisce lo stile di Seneca

corrotto (corruptus) e capzioso, quasi “effeminato” (questo aggettivo era molto

dispregiativo per il tempo. Rappresentava la poca virilità in una società dove il vir, per essere

considerato di valore, doveva essere non troppo curato, soprattutto con un imperatore come

Vespasiano. Si ricorda l’episodio dove Vespasiano, da poco divenuto imperatore, cacciò un

governatore che si presentò al suo cospetto perché troppo curato nell’aspetto. Lui preferiva

gli uomini rudi ,che non si lavano e puzzano di aglio.). Quintiliano lo accusa di “essersi

innamorato troppo del suo stile”, allontanandosi da quello cor

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
10 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/04 Lingua e letteratura latina

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher regina27 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura latina e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Rubinacci Guglielmo.