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per cavalcanti quella aristotelica). L'amore che diventa centro della poesia per i due diventa
occasione per conoscere l'interiorità individuale.
Dante incontra Bonagiunta, un poeta guittoniano, e conia il termine “Dolce stil novo”, per
spiegargli che Cavalcanti i e Guinizzelli seguono ciò che "amore detta”, e così viene creato
questo termine (che viene sempre utilizzato dalla critica letterati, anche grazie a De Santis
che scrive la "Storia della letteratura italiana" nel 1881, fondando un canone tutt'oggi
studiato, arricchito e studiato nel tempo).
Il dolce stil novo si può considerare una scuola? No, è più un’esperienza da confini molto
labili che hanno alcuni aspetti in comune, soprattutto la consapevolezza di questa
esperienza condivisa. I tratti di questa esperienza sono:
- il rifiuto dell'artificiosità guittoniana: rifiuto dell’eccesso del gioco retorico fine a se
stesso che contamina la dolcezza e la musicalità per la ricerca di musicalità anche
grazie alla ricercatezza dei termini usati (che arriverà fino a petrarca, che presenta
un vocabolario ristretto); tutto questo senza eliminare l’artificio totalmente (Dante
“rime tecrose”)
- concentrazione sul tema amoroso: rifiuto dei temi guittoniani
- identifica la nobiltà d’animo che trascende la nobiltà famiglire: NON la ignorano, non
apre le porte a tutto il mondo, lo fa ad un mondo colto e raffinato pur sempre
aristocratico. La gentilezza di cuore risiede in persone con una sensibilità spiccata
che li spinge ad indagare l'amore non come piacere carnale ma nella sua funzione
conoscitiva e nella sua accezione filosofica, dando profondità all'amore che fa ancora
parte della nostra cultura. Questo rapporto intimo con l’amore (nemmeno rivolto alla
persona ma più all’idea della persona) supera anche la centralità che aveva l’amore
nella classicità, che era sì importante ma non così centrale.
Per Dante stilnovista l’esperienza intima dell'amore è un percorso spirituale verso Dio, dove
la donna amata (Beatrice) diventa un mezzo per l'elevazione spirituale. A Dante questo non
interessa, perché per loro il percorso intellettuale che avviene anche attraverso un amore
extraconiugale irraggiungibile è completamente separato dalla loro vita privata. Cavalcanti,
da filosofo burbero, razionalistico, ateo e schivo, legge l’amore in modo filosofico come
dante e guinizzelli, ma in mmaniera atea (ovvero un’esperienza intellettuale senza percorso
verso dio,una distruzione fisica). Cavalcanti dà una descrizione fisica dell'amore di ciò che
fa: un'esperienza che mette in moto gli spiriti che abbandonano il corpo umano e lo
indeboliscono Denota quindi una visione pessimistica che fa arte dell’esperienza umana.
Un'altra figura importantissima è Cino da Pistoia (che insieme a Dante, Cavalcanti e Lapo
Gianni? Sono i 4 maggiori esponenti stilnovisti). Contemporaneo di Dante, della generazione
dopo Guinizzelli ma muore 15 anni dopo Dante. Il più produttivo di poesia stilnovista,
personaggio chiave per il passaggio dalla generazione di Dante verso quella di Petrarca.
Rientra nell'ortodossia dello stilnovo, presta attenzione a dolcezza e musicalità della poesia.
Condivide la centralità e profondità dell'amore e non si spinge oltre. E ancora guinizzelliano,
c’è una donna e una dimensione angelica ma non l'esasperazione religiosa di dante. Il
confine tra concettualizzazione e fenomeno reale non lo troveremo mai.
Guido guinizzelli
Al cor gentil rempaira sempre amore
Fronte che si divide in due piedi
(A-B-A-B) endecasillabi
c settenari
D endec
Cos’è il cor gentile? Nel componimento quasi si da per scontato e oggi facciamo fatica a
circoscrivere, si intende probabilmente la cortesia dei modi e una gentilezza (che non
coincide con la gentilezza odierna) perché una volta i gentili erano i nobili, l'aristocrazia
classica, una nobiltà che ha a che fare con la cortesia (comportamenti adeguati alla corte),
una nobiltà che rende superiore non tanto per il titolo ma per un comportamento rispettoso e
virtuoso. Si pensa anche che l’uomo, nel sistema delle virtù medievali, possiede un’indole
dettata dal cielo, che può essere indirizzata attraverso l’insegnamento verso la virtù
Prima stanza: ragionamento conchiuso in sé, una definizione di “amore” che abbia un
rapporto speciale solo con il “cuore gentile” (non sappiamo se in selva è staccato o
attaccato, secondo Inglese potrebbe essere un verbo unico che crea un chiasmo tra i primi
due versi) “l’amore ritorna/rimpatria sempre al cuore gentile così come l’uccello si rifugia
nella selva”. “E la natura non creò l’amore prima del cuore gentile, né creò il cuore gentile
prima dell’amore” come una coppia indissolubile (altro chiasmo) con soggetto posto in fondo
(natura).
Prima terzina: nuovo enunciato; non appena fu creato l sole, subito (tosto) lo splendore fu
luce, e non ci fu prima il sole della luce” amore : cuore = sole : luce
e l’amore trova la sua collocazione perfetta ella gentilezza (il cuor gentile) esattamente come
nel chiarore del fuoco il calore
Seconda stanza: il fuoco d’amore si appicca come la virtù nelle pietre preziose (si pensava
all'epoca che le pietre avessero delle proprietà) perché il sole, col suo calore e la sua luce,
purifica la pietra e la rende possibile ricetto di virtù e al cuore succede la stessa cosa. Dopo
che il sole, con la sua forza, estrae dalla pietra a sua parte grezza (vile) allora la stella
infonde la virtù, come il cuore, reso prescelto dalla natura puro e gentile, una donna come
una stella lo fa innamorare.
Terza stanza: l’amore per questo sta nel cuore come la fiamma sta nel candelabro e non ci
starebbe lì in nessun’altro modo, così “feroce” (impetuoso, incontrollabile) come la fiamma
sta in alto nel candelabro così sta l’amore nel cuore gentile. In questo modo la natura
crudele (opposta al cuor gentile) si scontra all’amore come l’acqua per la sua freddezza al
fuoco caldo (acqua : fuoco = natura crudele : amor gentile). L’amore prende dimora nel
cuore gentile come il “diamante” (per la filosofia medievale indica anche inerali con poteri di
attrarre il ferro)
Quarta stanza: il sole colpisce il fango tutto il giorno ma questo rimane vile (non basta
essere colpiti dal sole come le pietre per essere virtuosi) ma non per questo il sole perde il
suo colore. L’uomo superbo dice di essere nobile di stirpe: lui è come il fango, mentre la vera
nobiltà d’animo è il sole. L’uomo non deve credere che la nobiltà stia fuori dal cuore
(“coraggio”, francesismo), solo nella dignità ereditaria. L’uomo non può credere che la
gentilezza stia fuori dal cuore e nel titolo, se non ha il cuore predisposto a virtù: così come
l’acqua lascia passare il raggio di luce, mentre il cielo tiene per se le stelle e lo splendore
(fisica medievale: si studiava se i raggi vengono rifratti o meno dai liquidi, ma nell’acqua
passano, l’acqua non è capace di mantenere la virtù, il cielo sì perché mantiene le stelle e il
loro splendore).
Quinta stanza: Subentra il tema della donna Angelo. Dio creatore splende nelle intelligenze
del cielo (fa parte delle teorie emanatistiche (?) secondo le quali i cieli sono emanazioni di
Dio). Quindi Dio infonde nei cieli le virtù e il movimento (ai singoli cieli corrispondono le
singole intelligenze angeliche) e a loro queste le infondono e le emanano sugli uomini e sulla
terra distribuendo le virtù. Dio splende nell'intelligenza del cielo più del Sole i nostri occhi.
Dio creò i cieli, vi infonde l'intelligenza angelica, e il cielo sentendo la volontà di Dio ha
iniziato a girare e obbedirgli, e immediatamente si compie la volontà di Dio. Guinizzelli
lentamente ha alzato l’asticella: dagli uccelli, al cielo che colpisce le pietre, a Dio (percorso
gerarchico teologico). Come dio infonde i movimenti nei cieli, la donna fa la stessa cosa
all’amante dopo essersi scambiata uno sguardo col cuore gentile, facendo partire un
desiderio (“talento”) di obbedire (donna angelo)
Sesta stanza: un giorno Dio chiederà al poeta, quando sarà davanti a lui, “Fin dove ti sei
spinto? Hai passato il cielo e sei arrivato fino a me e paragoni un amore terreno a me?”
(Rimprovero) “perché solo a me e alla regina (la madonna) spettano le lodi degne del
paradiso. il poeta risponde che la donna assomigliava ad un angelo mandato da Dio, quindi
non ha sbagliato quando ho riposto in lei il mio amore
Canzone filosofica che mette dei “paletti” poetici (è un distacco diretto e consapevole dai
Guittoniani, sorgono critiche verso questa poesia).
L’amore è qualcosa di superiore a tutto, che distingue poche anime elette che comunicano
tra di loro (non più poesia per tutti, solo per pochi con gentilezza nel cuore) è un'esperienza
totalizzante conoscitiva di se stessi e della realtà.
”chi e questa che ven…” (ABBA -CDE-EDC)
Testo simbolo di Cavalcanti, mostra in cosa si assomiglia e si allontana dai contemporanei.
La donna amata ha un nome fittizio, un espediente già usato nella lirica provenzale (perché
spesso l’amore delle poesie è spesso extraconiugale promessa sposa ad una persona più
potente). Per Cavalcanti è Giovanna (o Vanna) il cui nome si collega ad alcuni argomenti e
simboli allegorici (tipo S. Giovanni Battista).
SI parla degli effetti dirompenti della donna su chi le sta intorno. Effetti così forti da creare
smarrimento nell’uomo, perché per l'uomo è impossibile averne piena conoscenza. Parole
tecniche: umiltà, piacenza (bellezza, piacere nel vedere qualcosa, che diventa poi gentil
virtute), salute (non fisica ma interiore, salvezza dell’animo per Dante ma non per
Cavalcanti*). Parole tecniche con diverse flessibilità semantiche *come la salute che per
Cavalcanti (a differenza di Dante) è sia interiore che fisica perché quando siamo innamorati
si perde le forze, vulnerabili e incapaci di gestire la situazione, un disfacimento interiore.
L’amore è molto più superiore alla comprensibilità umana, tanto da diventare intangibile (non
posso capirlo perfettamente e non posso spiegarlo, ineffabile)
Il tema è su un piano filosofico e di profondità, l’amore non viene soloo raccontato nel suo
ges