VIII CERCHIO
- Siamo nell’VIII bolgia del Cerchio VIII
- Vi risiedono i consiglieri fraudolenti. In generale, questa suddivisione in bolge
(sono 10), riguarda i fraudolenti, cioè i peccatori di frode, ingannano.
BOLGE= ciascuna riservata a una categoria di peccatori e con una pena
differente: Dante ne spiega la struttura nel Canto XVIII dell'Inferno, dopo che il
mostro alato Gerione ha portato i due poeti sulla groppa in fondo all'alto burrato
che divide questo Cerchio dal precedente. Dante ci dice che il luogo è tutto di
pietra di color ferrigno, con al centro un pozzo profondo che conduce al Cerchio
successivo e dove sono imprigionati i giganti. La parte restante, che va dalla
ripa dura al pozzo stesso, è suddivisa in dieci Bolge concentriche, simili ai
fossati che cingono per difesa i castelli, sormontate da ponticelli rocciosi che
consentono di attraversarle e guardarle dall'alto (tranne quelli che portano dalla
V alla VI, tutti crollati in seguito al terremoto il giorno della morte di Cristo). Il
termine bolgia è sinonimo di «borsa» e allude probabilmente al fatto che il
fondo di ciascuna è simile a una sacca in cui sono gettati i vari dannati. In
alcune di esse ci sono demoni che custodiscono i peccatori e contribuiscono a
tormentarli in vario modo.
- La pena è quella di vagare per la bolgia, avvolti in una fiamma appuntita a
forma di lingua.
- Siamo nel Canto XVI
- CONTRAPPASSO PER ANALOGIA: come in vita i loro consigli provocarono guai ed
incendi, così sono avvolti in una fiamma a forma di lingua.
- Tra i personaggi principali troviamo Ulisse e Diomede:
Ulisse è un personaggio della mitologia classica (Odyssèus in greco), figlio di
Laerte e di Anticlea, protagonista dei poemi omerici e in particolare dell'Odissea
a lui dedicata. Dante non conosceva il testo originale dei due poemi e ha quindi
appreso la storia di Ulisse da qualche tardo volgarizzamento o
rimaneggiamento, da cui proviene l'episodio narrato dal personaggio che è
totalmente estraneo alla tradizione classica.
Ulisse e Diomede (avvolti dalla stessa fiamma) sono colpevoli di aver escogitato
l'inganno del cavallo di Troia, di aver smascherato Achille a Sciro, nonché di aver
compiuto il furto del Palladio. Dante manifesta il desiderio di parlare con Ulisse e
Virgilio acconsente, a condizione però che sia lui a rivolgersi a loro in quanto,
essendo greci, potrebbero essere restii a parlare col discepolo. Il poeta latino
chiama i due dannati e invita uno dei due a spiegare come e quando morì,
quindi il maggior corno della fiamma antica inizia il suo racconto.
Ulisse narra che dopo aver lasciato la dimora di Circe non volle tornare coi suoi
compagni a Itaca, ma si mise in mare aperto affrontando un avventuroso
viaggio. Giunto con la sua nave allo stretto di Gibilterra, limite delle terre
conosciute, aveva rivolto ai compagni una orazion picciola per indurli a
oltrepassare le colonne d'Ercole ed esplorare il mondo sanza gente. Il folle volo
nell'emisfero australe, completamente invaso dalle acque, era durato circa
cinque mesi, finché la nave era giunta in vista del monte del Purgatorio. A quel
punto si era levata una terribile tempesta, che aveva investito la nave di Ulisse
e l'aveva fatta colare a picco, causando la morte dell'eroe e di tutti i suoi
compagni.
VIII CERCHIO
- Rimaniamo nella stessa bolgia, l’VIII.
- Siamo nel Canto XVII: canto legato al precedente e ne costituisce una
specularità e simmetria.
- Ci concentriamo ora su Guido da Montefeltro: personaggio contemporaneo a
Dante e si soffermerà a lungo nel descrivere la propria colpa, facendo una sorta
di autobiografia.
Veniva da Urbino, era un uomo politico e condottiero, tenace ghibellino.
È Guido a rivolgersi a Virgilio dopo che questi ha congedato Ulisse parlando
italiano (diverso dal canto precedente, dove è Dante a chiedere di parlare con la
fiamma), per cui il dannato lo prega di dirgli qual è la condizione politica della
sua terra, la Romagna. Virgilio invita Dante a rispondere (diverso rispetto al
canto precedente, dove è Virgilio a stabilire un dialogo con i dannati) i
dannati non conoscono il presente fino a che qualcuno non gli riferisce ciò che
succede nella terra dei vivi. Il poeta spiega che le varie città romagnole sono
dominate da altrettanti tiranni e nessuna di queste è attualmente in guerra. Poi
Dante prega il dannato di presentarsi e Guido, credendo di parlare a un altro
dannato, svela la sua identità raccontando la sua storia:
In vita fu un abilissimo condottiero e astuto politico, poi si pentì della sua
condotta e si fece francescano. Bonifacio VIII, in lotta coi Colonna, gli chiese un
consiglio su come espugnare la rocca di Palestrina, promettendogli l’assoluzione
in anticipo. Pur titubante, Guido gli aveva consigliato di promettere il perdono ai
nemici e di non mantenerlo, cosa che aveva permesso al papa di radere al suolo
Palestrina. Dopo la sua morte la sua anima era stata contesa da San Francesco
e un diavolo, e quest’ultimo aveva avuto la meglio sostenendo la sua
colpevolezza con sottili argomenti teologici.
IX CERCHIO
- Il IX cerchio è suddiviso in quattro parti e vi risiedono i traditori:
1) Caina= traditori dei parenti. È la zona più esterna;
2) Antenora= traditori della patria. Prende il nome da Antenore, che era il
troiano che aprì le porte per farci entrare i greci ed è quindi il simbolo dei
traditori della patria. Dante considera più grave tradire la patria che i propri
familiari;
3) Tolomea= traditori degli ospiti. Prende il nome da Tolomeo il re d’Egitto che
aveva fatto prigioniero Pompeo e lo aveva ucciso, oppure il Tolomeo della
Bibbia che aveva fatto la stessa cosa con un rifugiato, che era ospite di
Tolomeo. Questi avevano tradito l’ospite;
4) Giudecca= traditori dei benefattori. Prende il nome da Giuda Iscariota, il
peccato peggiore è tradire chi ti fa del bene. Guida restituì il male a Cristo.
- Siamo sul fondo dell’Inferno. Siamo nei pressi del Cocito, il lago ghiacciato
- In questo caso, concentriamoci sull’Antenora.
- Siamo nel Canto XXXIII, diviso in due parti:
a. Conte Ugolino + invettiva contro Pisa
b. Tolomea + invettiva contro Genova
- La pena è quella di essere immersi nel ghiaccio fino a metà del capo, col viso
dritto.
- CONTRAPPASSO PER ANALOGIA= come in vita ebbero il cuore così duro e freddo
da tradire le persone più care, così ora sono immersi nel duro ghiaccio.
- Tra i personaggi principali troviamo il Conte Ugolino della Gherardesca. Era già
arrivato nel canto precedente.
- Ugolino della Gherardesca fu un nobile pisano, era appartenente a una famiglia
ghibellina pisana, ma aveva dei possedimenti in Sardegna ciò lo portò a
scontrarsi con gli interessi pisani. Le famiglie pisane volevano sottrarglieli:
quindi lui, per proteggerle, comincia ad avvicinarsi ai Guelfi con un matrimonio
(già questo vuol dire tradimento)= fece sposare la propria figlia con un membro
dei Visconti= Giovanni Visconti.
Nel 1285, eletto capitano del popolo per dieci anni, tentò un accordo coi Guelfi
cedendo a Firenze e Lucca alcuni castelli del territorio pisano, mentre la guerra
con Genova proseguiva. Per rafforzare il suo potere si associò il nipote Nino
Visconti, promuovendo alcune riforme popolari; rotta l'alleanza con lui, si
avvicinò all'arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini e alla nobiltà ghibellina. Il
Visconti fu cacciato, ma poco dopo la nobiltà ghibellina insorse sotto la guida di
Ruggieri e delle potenti famiglie Gualandi, Sismondi e Lanfranchi:
Partecipò alla Guerra della Meloria, perdendo clamorosamente. Si ritirò
velocemente, alimentando voci di tradimento. Era ritenuto responsabile del
disastro della Meloria e fu rinchiuso nella Torre della Muda insieme ai figli e ai
nipoti. Questa torre sarebbe stata ribattezzata in seguito “torre della fame”. Vi
risedette per ben 8 mesi. Lui vide morire tutti con i suoi stessi occhi, uno dopo
l’altro: i suoi figli si offrirono a lui per la fame che lui provava. Fu la fame più
forte del dolore a uccidere il conte. Quando aprirono la cella trovarono tutti
morti e rosicchiati. Si ha una cosa simile con Medea, il quale offrì ai nemici i
corpi dei loro figli (tecnofagia).
- Nel canto, Ugolino è sepolto in una buca assieme all’Arcivescovo Ruggieri. Il
conte sta sopra di lui e addenta bestialmente il cranio del compagno di pena.
Dante si rivolge a lui chiedendogli la ragione di un tale odio, e Ugolino (Canto
XXXIII) racconta la sua terribile storia al poeta: non ha bisogno di spiegare in
che modo Ruggieri lo avesse ingannato e attirato in una trappola per
imprigionarlo, ma ciò che Dante non può sapere è la crudezza della sua morte. Il
conte narra di come, dopo vari mesi di prigionia nella Muda, in seguito a un
fosco sogno premonitore fatto da lui una notte, il mattino dopo l'uscio della torre
fu inchiodato e a lui e ai figli non fu più portato il cibo. L'atroce agonia dei
prigionieri durò circa sei giorni, durante i quali Ugolino vide morire i figli uno ad
uno senza poter far nulla per aiutarli; per due giorni aveva brancolato sui loro
cadaveri chiamandoli per nome, poi il digiuno aveva prevalso sul dolore. Alla
fine del suo racconto, il cui scopo è infamare la memoria di Ruggieri, Ugolino
torna ad addentarne orribilmente il cranio.
TOLOMEA= sono puniti i traditori degli ospiti: questi sono imprigionati nel
ghiaccio col volto all'insù. I dannati piangono, ma le lacrime gli si congelano
nelle orbite degli occhi formando come delle visiere di cristallo che non
permettono loro di sfogare il dolore, accrescendo ulteriormente la pena. Dante a
causa del freddo ha il viso quasi totalmente insensibile, tuttavia gli pare di
sentire soffiare del vento: ne chiede spiegazione a Virgilio, osservando che
all'Inferno non ci possono essere eventi atmosferici. Il maestro risponde che
presto Dante sarà nel punto dove avrà la risposta, vedendo coi propri occhi la
causa di un tale fenomeno (cioè Lucifero).
Nella Tolomea Dante incontra Frate Alberigo: Dante è stupito, in quanto crede
che Alberigo non sia ancora morto: il peccatore spiega che non ha idea di come
e da chi sia governato il suo corpo sulla Terra, in quanto avviene spesso che
l'anima destinata alla Tolomea vi finisca prima di giungere alla fine naturale
della vita. Per indurre Dante a togliergli più volentieri il ghiaccio dagli occhi,
Alberigo aggiunge che non appena l'anima commette il tradimento dell'ospite
essa lascia il corpo e il suo posto è preso da un demone, che lo governa fino alla
fine natura
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