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I
dell'esperienza tedesca, con l'introduzione di concetti come il "negozio giuridico", che non
erano presenti nel Codice francese. Quindi, il Codice civile del 1942 rappresenta un tentativo
di sintesi tra il modello francese e quello tedesco, adattandosi alle esigenze di un'Italia che si
evolve sotto il profilo economico, sociale e politico.
I due aspetti principali del Codice Civile del 1942 sono legati a un processo di
modernizzazione del diritto privato.
Il terzo aspetto è strettamente connesso al secondo, poiché si mira a rinnovare il diritto
privato alla luce dei concetti e delle regole provenienti dal diritto commerciale e dell'impresa,
come nel Codice di Commercio del 1882.
Un elemento centrale di questa modernizzazione è il trasferimento dell'attenzione dalla
proprietà immobiliare al credito e alla ricchezza finanziaria, ponendo maggior peso
sull'obbligazione e sul contratto.
Questo approccio si riflette nel Codice tedesco del 1900, che dedica un libro
all'obbligazione, regolando così il contratto come una fonte di obbligazione, distinta dalla
proprietà.
Nel Codice del 1942 si nota la decisione di unire diritto civile e commerciale, eliminando il
Codice di Commercio e facendo confluire le relative discipline nel Codice civile.
Questo approccio unitario era raro a livello mondiale all'epoca, unificando la normativa in
modo radicale.
Il libro V, dedicato al lavoro, include anche il diritto commerciale, mentre l'obbligazione
acquisisce centralità con un libro ad hoc.
Inoltre, le successioni vengono trattate separatamente dalla proprietà, un altro segno della
modernizzazione.
Un aspetto distintivo del Codice italiano rispetto a quello tedesco è la sua scelta di non
adottare una parte generale del diritto privato, evitando il concettualismo tipico del Codice
tedesco.
La volontà era evitare un eccessivo formalismo che rendesse difficile l'applicazione pratica
del diritto.
Il Codice tedesco, infatti, si presenta complesso e analitico, mentre il Codice francese è più
pragmatico.
Il Codice civile italiano trova un equilibrio, risultando più accessibile e facilmente applicabile.
La decisione di integrare il diritto commerciale nel Codice civile riflette un doppio movimento:
da un lato, la "commercializzazione" del diritto privato, in quanto il diritto commerciale del
1882, con le sue regole snelle, era considerato più moderno; dall'altro, la "civilizzazione" del
diritto commerciale, eliminando la separazione tra i commercianti e la società civile.
Ciò mirava a neutralizzare la visione elitaria del diritto commerciale, in linea con l'ideologia
fascista che cercava di evitare classi privilegiate e promuovere l'uguaglianza.
Il Codice del 1942, pur nato sotto il fascismo, non rispecchia pienamente l'ideologia fascista.
Le norme più esplicitamente fasciste furono eliminate, ma il Codice rimase
comunque un codice liberale, espressione di un'economia privata e liberale. Dopo la fine del
fascismo, furono depurate le incrostazioni ideologiche, ma il Codice ha mantenuto la sua
modernità.
La classe giuridica che ha elaborato il Codice era divisa politicamente, ma nel complesso il
lavoro rifletteva un impegno per un diritto equilibrato e funzionale. Il Codice del 1942, pur
rispecchiando l'importanza dei diritti patrimoniali e del contratto, presentava una visione
paternalistica della tutela delle persone, con un'attenzione marginale alla protezione dei
diritti non patrimoniali, come la tutela degli incapaci (interdetti e inabilitati).
Questo codice rimase fortemente improntato su una visione patrimoniale, tipica del periodo.
Dopo la sua creazione, il Codice ha subito mutamenti significativi, sia ordinamentali che
sociali, che hanno influenzato la sua applicazione e interpretazione.
È importante precisare che, formalmente, il Codice civile non ha una forza superiore a quella
di una legge ordinaria, ma la sua caratteristica distintiva è la sua completezza e
sistematicità, raccogliendo i principi fondamentali del diritto privato in un unico corpus
normativo.
Nel periodo pre-costituzionale, il Codice rappresentava il centro del diritto privato.
Tuttavia, con l'entrata in vigore della Costituzione del 1948, che ha posto al centro la tutela
della persona umana, la centralità del Codice è stata progressivamente minata.
La Costituzione ha imposto una nuova lettura del diritto privato, subordinandolo ai suoi
principi, tanto che negli anni '70 si è affermato il principio di interpretare le norme del Codice
civile in conformità alla Costituzione.
A partire dagli anni '80, l'adesione dell'Italia all'Unione Europea ha ulteriormente indebolito la
centralità del Codice, poiché le normative europee, direttamente applicabili, hanno
cominciato a prevalere.
Inoltre, la proliferazione di leggi speciali, in particolare negli anni '60 e '70, ha arricchito il
panorama giuridico con norme che, sebbene complementari, hanno spostato l'attenzione dal
Codice civile.
Questo fenomeno ha portato alla "fuga dal Codice", come lo ha definito il giurista Natalino
Irti.
Le leggi speciali hanno disciplinato numerosi ambiti del diritto privato, come il divorzio (legge
del 1970), la procreazione assistita (legge del 2004) e le locazioni urbane (legge del 1978 e
1998), spesso senza un riferimento al Codice civile.
Negli ultimi decenni, per cercare di coordinare questa proliferazione normativa, sono stati
creati codici settoriali, come il Codice del consumo (2005), il Codice delle assicurazioni
private e il Codice della crisi d'insolvenza, ma questi restano microsistemi che, pur
autonomi, continuano a ruotare attorno al Codice civile.
Le direttive europee, che richiedono l'adozione di leggi speciali, hanno contribuito a questa
moltiplicazione di normative settoriali.
Nonostante la crescente importanza di questi codici settoriali, il Codice civile rimane la base
fondamentale su cui si fonda l'ordinamento giuridico italiano, seppure in un contesto
normativo più complesso e interconnesso, che richiede una lettura e un'applicazione sempre
più attenta alle sfide contemporanee.
“Serve ancora studiare il codice civile oppure è un esercizio fine a sé stesso?”
Nonostante la centralità del Codice civile sia stata ridimensionata nel tempo, resta il fatto
che il nostro sistema del diritto civile è stato storicamente costruito intorno al Codice civile,
prima quello del 1865, e poi quello del 1942.
Anche le norme dei codici di settore si inseriscono in questo sistema centrale.
Il Codice civile contiene la gran parte dei principi fondanti il diritto civile, per cui non
possiamo prescindere da esso.
Anche quando le norme speciali derogano a queste disposizioni, comprendiamo il senso
delle deroghe solo se conosciamo l'istituto generale.
Ad esempio, i contratti dei consumatori si distinguono dal contratto generale, ma per
comprenderlo è fondamentale sapere come il contratto è regolato dal Codice civile.
È importante riconoscere che, pur mantenendo la sua funzione, il Codice civile non è più il
centro del diritto privato, che oggi si fonda principalmente sulla Costituzione, che prevale su
tutte le altre norme, comprese quelle dell'Unione Europea.
L’interprete deve essere consapevole dei limiti del Codice civile e della sua funzione, che è
cambiata nel tempo.
Questo processo continua e cambierà il nostro modo di leggere il Codice civile. La sua
interpretazione rimane fondamentale, poiché una visione sistematica ci aiuta a dare un
senso alle sue norme.
Formalmente, il Codice civile è un decreto legislativo, precisamente un regio decreto del 16
marzo 1942, numero 262.
I decreti legislativi hanno la stessa forza di una legge parlamentare, ma sono emessi in
seguito a una delega del Parlamento, che fissa i principi e i criteri direttivi.
Questi strumenti consentono al governo di emettere leggi complesse come i codici, che non
potrebbero essere redatte in una singola legislatura.
Il Codice civile, quindi, è un atto avente forza di legge, come una legge parlamentare.
Passando al concetto di diritto soggettivo, il Codice civile, insieme ad altri codici, si fonda su
questo concetto:
● Mentre il diritto oggettivo è l'insieme delle norme che regolano i rapporti tra i
privati,
● il diritto soggettivo è la protezione giuridica degli interessi di un soggetto, come nel caso
della proprietà, che storicamente rappresentava la volontà
dell'individuo di possedere, ma oggi è vista come la protezione dell'interesse di
godere e disporre di una cosa.
Il diritto soggettivo è la forma più piena di protezione degli interessi individuali. Ad esempio,
la proprietà è protetta in modo esclusivo e pieno.
Allo stesso modo, un diritto di credito protegge l’interesse di chi ha diritto a ricevere una
prestazione.
Le situazioni giuridiche soggettive, che includono i diritti soggettivi, sono il riflesso soggettivo
delle norme e si possono classificare in situazioni di vantaggio o di svantaggio.
I diritti soggettivi appartengono alla categoria delle situazioni giuridiche soggettive di
vantaggio, mentre gli obblighi e i doveri rientrano nelle situazioni giuridiche soggettive di
svantaggio. I diritti soggettivi tutelano gli interessi attribuendo facoltà e poteri.
Ad esempio, il diritto di proprietà consente non solo di godere della cosa, ma anche di
disporre liberamente, creando effetti giuridici come la vendita o la locazione.
Il diritto soggettivo del creditore consiste nella pretesa di una prestazione, intesanon come
una semplice aspettativa, ma come un diritto che può essere rivendicato.
La pretesa non è un potere giuridico generico, ma la rivendicazione di un diritto specifico,
protetto da poteri ulteriori. I diritti soggettivi si compongono di facoltà, poteri e pretese,
mentre i doveri di svantaggio, come l'obbligo o la soggezione, sono i mattoni delle situazioni
giuridiche di svantaggio.
Si distingue tra:
● diritti assoluti, che sono protetti nei confronti di tutti (erga omnes), come la
proprietà,
● diritti relativi, che si fanno valere solo nei confronti di determinati soggetti,
come il diritto di credito, che consente al creditore di pretendere
l'adempimento solo dal debitore.
Nel caso del diritto assoluto, tutti i consociati sono tenuti a non interferire con il diritto altrui.
In caso di violazione, il titolare del diritto può chiedere il risarcimento del danno ai sensi
dell'articolo 2043 del Codice Civile, che sancisce l'obbligo di risarcire i danni causati da atti
dolosi o colposi.
Anche i diritti relativi, come il diritto di credito, sono